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le case di Etirol |
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Epipactis, orchidea spontanea, Etirol |
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Un fato del bosco con una bella angelica |
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orti di montagna |
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il mulino |


Il museo del Petit Monde è fatto di alcune abitazioni risistemate come un tempo e di tanti cartelli esplicativi. Leggendoli, io che fantastico, mi sono ritrovata indietro nel tempo, ancora una volta. Le case sono probabilmente molto simili a quelle dei Salassi. Infatti il cartello dice: dall'anno zero fino a oggi, (o ieri). Non c'è motivo per cambiare un modello che funziona. Sotto, la case sono fatte di un ambiente costruito sulla roccia, in pietra, che serviva da stalla e per lavorare. Sopra l'abitazione, in legno. Abitazioni essenzali, in cui si continuava a lavorare sempre, perché tutto si produceva in casa, dal cibo agli abiti agli utensili. Sopra ancora, o di fianco, il fienile e il granaio. Le parti in legno sono sospese su dei supporti di pietra che hanno forma di funghi, per non far risalire l'umidità, ma anche i topi. I cartelli dicono che guardando i paesini si aveva un'impressione di armonia, cioè di integrazione col paesaggio circostante. Una cosa che non disturba e perfino decora, abbellisce. Questo derivava, dicono ancora i cartelli esplicativi, dal fatto che tutta la vita umana era inserita in un ciclo naturale, le case costruite sulle parti rocciose e i terreni coltivabili lasciati liberi per gli orti immediatamente intorno alle case. I villaggi, fin dove c'è memoria storica, cioè documenti, sono quasi inalterati nel tempo. Nel corso di secoli si sono aggiunte, in periodi favorevoli, solo tre o quattro abitazioni.
Abbastanza vicino, ma non tanto da creare problemi, un corso d'acqua. Questi tre posticini che fanno parte del Petit Monde per secoli sono stati molto isolati e c'è da pensare che qui i Salassi siano restati tali, senza troppe mescolanze. Nei documenti viene chiamato Petit Monde o anche Autre Monde, per sottolineare qualcosa che lo rendeva diverso, più esposto al sole, più caldo, più accogliente, forse perfino con più cibo disponibile. Lungo la via un mulino risistemato, anche qui c'è un cartello che dice di tutte le istituzioni che hanno contribuito, regione e comune e provincia e perfino la comunità europea, per riaggiustare un piccolissimo mulino che funzionava con l'acqua del torrente lì accanto. Un tetto copre il meccanismo quasi interamente visibile; mentre di solito i mulini sono fatti di più stanze chiuse, compresa l'abitazione del mugnaio, qui invece tutto è piccolissimo e aperto e l'uso doveva essere semplice, perchè chiunque potesse usufruirne, e comune, cioè pubblico, e questo mi riporta ad un testo che studiai all'università sulle proprietà condivise e i diritti pubblici ancora presenti in certi luoghi d'Italia, tipo il diritto di far legna, di attingere acqua, di fare fieno...si intitolava, mi pare, "la proprietà non è più una virtù". Adesso il mulino riaggiustato, vera macchina il cui motore è l'acqua, come in altre macchine la benzina o l'elettricità, dorme. L'acqua non passa più. Nessuno lo usa e questo mi fa sempre una tristezza infinita, non so bene dire perché, come una chitarra appesa al muro che nessuno suona o una persona che non ha sviluppato le proprie qualità. E' lì a far Storia, come le case di Etirol, in gran parte crollate, che però testimoniano la vita passata forse meglio di quelle abitate. Fra i ruderi e le poche case ristrutturate, le viuzze lastricate in pietra mi hanno riportato ancora indietro alla val Cerfone degli anni sessanta, non quella di ora con le case a schiera, che è quasi periferia della città. Le pietre sono mese per traverso, nella stessa maniera, e mi pare di risentire il suono degli zoccoli della vacche. Sopra le case di Etirol, lungo il sentiero un rivolo d'acqua scorre e canta e si ricongiunge, in basso, al torrente. Acqua dappertutto, viva, pulita. In una delle case abitate una signora anziana che coltiva, in uno scampolo di giardino terrazzato affacciato sulla valle, delphinium azzurro cielo. In un'altra una giovane mamma un pò scontrosa ma gentile in puro stile montanaro, con bambini di cui sentiamo solo le voci. Questi posti isolati, alla fine delle strade, con solo ancora sentieri che si allungano in alto sulla montagna, sono un'immagine e un paradigma della realtà più grande. Gli uomini hanno vissuto qui per secoli sommati, millenni, senza cambiare troppo i modi. I villaggi si integravano al paesaggio boscoso, modificandolo con la creazione di pascoli. La vita era ritmata, lenta, durissima. C'erano ovunque croci e segni sacri, per raccomandarsi a Dio e agli dei di prima dei cristiani. Nelle decorazioni delle case fiori e cuori, per riscaldare gli animi e ricordare, anche nei lunghi inverni nevosi, le cose migliori della vita.
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reseda accanto ad un campetto di patate |