DAVIDE
Davide conosceva Giulia dall'università. Era passato parecchio tempo. Giulia era diventata famosa per un po' come una delle prime ospiti del parassita, ma l'interesse era sfumato e svanito nel contenitore della memoria mediatica, che tutto digerisce rapidamente. Troppo rapidamente. Davide si era chiesto perché le cose fossero state dimenticate, se non ci fosse una volontà occulta di calare il sipario su quella storia che all'inizio era apparsa come un cambiamento epocale. Aveva chiesto a Giulia di intervistarla per una radio e un sito web con cui collaborava.
“Stupido - aveva detto lei - cosa vuoi intervistare? Sono sempre la tua amica e non vedo l'ora di incontrarti.”
Si erano dati appuntamento in un bar di Piazza della Repubblica, si sarebbero seduti ad un tavolino di un bar all'aperto, come avevano sognato di fare da studenti tante volte e avrebbero parlato come gli adulti senza problemi economici che vedevano sedersi lì da ragazzi. Un caffè, in quei bar, costava almeno tre volte che altrove. Era curioso di vedere che effetto gli avrebbe fatto rivedere Giulia, e doveva concentrarsi sulle domande che aveva preparato, cosa voleva dire avere addosso il parassita, rabbrividiva al pensiero, lui non l'aveva preso, nonostante fosse stato a contatto con dei contagiati, ed era molto meglio così.
O almeno lui ne era convinto. Se non era cambiato nulla Giulia avrebbe avuto almeno dieci minuti di ritardo. Si guardò intorno, la vide arrivare, era in orario! E stava parlando al telefono, il vento soffiava contro il vestito e le scompigliava i capelli biondo scuro con il caratteristico riflesso luccicante del parassita... gli sembrò bellissima. Nei pochi attimi che trascorsero finché lei gli arrivò accanto Davide pensò alcune cose: che era bellissima, ma “diversa”, in qualche modo aliena, come non appartenente a tutto il resto della scena, anche se qua e là altre persone erano come lei.
Che lui, Davide, era ancora un po' innamorato di lei ed era bastato vederla per capirlo.
Che gli faceva paura. Sì, gli faceva un po' paura. Giulia chiuse il telefono, buttò la borsa sulla sedia, aprì le braccia e lo strinse forte, mentre gli diceva come fosse stato imbarazzante arrivare fin lì sempre sotto gli occhi della scorta che Alan le aveva fatto assegnare, che non si sentiva più così libera come quando erano ragazzi e passavano di qua senza mai sedersi ai tavolini... poi lo guardò in faccia e gli disse “Dio come sono felice di essere qui!” e si sedette di schianto. Questo sedersi di schianto era abitudine di Giulia, ma questa volta Davide notò che lo “schianto” non era avvenuto, che era come volata sulla sedia, con una grazia che non ricordava.
Davide le chiese se voleva ordinare qualcosa al cameriere che si stava avvicinando.
“Un gelatone? Che dici?” Dopo qualche minuto due coppe di gelato col ricciolo stavano sul tavolino, mentre loro avevano cominciato a chiacchierare: Giulia che raccontava l'arrivo del SYM, Davide che chiedeva se non si sentiva ormai diversa da tutti gli altri esseri umani.
“Ma certo che mi sento diversa! Sono diversa! Nel mio sangue sono presenti particelle luminose, le mie ossa sono rinforzate e rese più elastiche e resistenti agli urti, la mia pelle è mille volte più efficiente di prima, e oltretutto luccica debolmente... ti basta?”
“Ma sei ancora umana?”
“Non mi vedi? Ti pare che mi scappi qualche tentacolo da sotto il vestito? Benché potrebbe ...Guarda un po'..”
Col gioco delle figure di polvere fece spuntare un piccolo tentacolo dall'orlo del vestito. Davide, con gli occhi spalancati per lo stupore, le fece segno di smettere, la gente li guardava già con interesse.
Giulia rise e il suo riso era completamente umano e uguale a quello che ricordava. Davide era perplesso e imbarazzato. La guardava e pensava che era ancora e sempre la sua Giulia con qualcosa in più, ma niente in meno, niente di particolarmente inquietante, a parlarci, se non questo non so che di alieno che permaneva... glielo disse. Lei raccontò.
“I primi giorni era un dialogo ininterrotto, interno, fra me e “lui/loro”. E' strano sentirsi abitati da qualcun altro...”-Davide rabbrividì-” ..ma con un grande rispetto, qualcuno che vuole il tuo bene.. Io l'ho accettato subito e gli ho chiesto di farmi sentire i pensieri degli altri, di connettermi con il resto del mondo.”
“E l'ha fatto? Come è stato?”
“ Non ti puoi immaginare. Io credo che mi sia arrivata come un'eco, perché lui/loro funzionano come antenne, che captano tutto, senza scegliere... credo. Pensi che le persone ti passino pensieri importanti, ma la maggior parte, colti in un qualsiasi momento, pensano solo che hanno fame, paura, che gli scappa la pipì o la cacca, che stanno facendo tardi, che soffrono, pensieri così banali, e orientati sulla sofferenza... e poi è un muro di voci, terribile. Sono svenuta. Ha imparato da me, e si è ritirato da me, c'era ma era in completo silenzio, senza connessione con il sistema neurologico. Lo può fare, se vuole, come anche può lasciare l'ospite, o saggiare e non entrare. Sai quelli che lo desiderano ma non ce l'hanno? Penso che siano loro che in realtà non lo vogliono. Non so bene, ma credo che vada dove l'ospite ha un buon rapporto con se stesso. Con ospiti che non si danneggiano, intanto. Non va dove c'è uso di droghe o alcol. Mio padre ha smesso di fumare, con il SYM. E' quella che chiamiamo l'Affinità. Comunque starne senza è terribile, dopo che l'hai provato e avuto con te. Ora c'è, ma non apre mai i miei canali verso l'esterno, non sono ancora pronta. Provo a dirti... è come se potessi all'improvviso parlare con la tua anima e la sentissi sempre viva e presente. Rinunceresti a questo?”
Davide era in allarme. Giulia gli sembrava il personaggio di un film di fantascienza, un brutto film in cui alieni senza forma avevano preso possesso dell'umanità e glielo disse.
“ Non posso evitare di provare ribrezzo, perdonami se te lo dico apertamente. Ribrezzo e paura. Che ne sai che quest'idillio fra te e quella... “cosa”... non finisca all'improvviso e ti trovi in suo possesso, finita tutta la tua libertà di scegliere, finito... finito il genere umano, una lenta, subdola invasione?”
Lei lo guardò con uno sguardo intenso, le sopracciglia aggrottate. Lui disse: “Che c'è, qualcosa non va?”
“Cerco le parole adatte.” Disse lei.
“Mettiamola così: se fosse accaduto cinquemila anni fa. Prova a pensare a questo. Oppure diecimila anni fa. Ora sarebbe normale, forse tutti avrebbero il Sym. Il Sym e l'uomo sarebbero una coppia inseparabile, simbionti, capisci? La storia avrebbe avuto un altro svolgimento, che possiamo difficilmente immaginare. Forse non ci sarebbero state guerre tanto sanguinarie, non ci sarebbero stati le due guerre mondiali e i campi di concentramento … forse. Per come vivo io col Sym ti dico che è molto probabile. Ma soprattutto ora il Sym sarebbe la normalità.
Prova a pensare adesso che una cosa del genere, diversa ma simile, potrebbe essere già successa. Poni che prima dell'epoca storica ci sia stata una o più mutazioni indotte da elementi esterni, radiazioni solari anomale, un microrganismo, magari un batterio, che ci ha fatto cambiare e diventare quello che siamo ora. Questo tu non lo sai, né io né te lo possiamo sapere, ma potrebbe essere successo, anzi, è successo certamente, moltissimi piccoli eventi che causano il cambiamento e noi siamo qui, siamo quello che siamo, grazie a quegli eventi, non più solo primati ma uomini.”
La mente di Davide era in ebollizione.
“Tu dici che dobbiamo accettare il Sym, come lo chiami te, come un fenomeno naturale, né più né meno di un evento cosmico che se fosse accaduto migliaia di anni fa avremmo subito senza porci domande e ora, invece ci inquieta?”
“No, - disse Giulia- migliaia di anni fa ne saremmo stati terrorizzati, come ora, come te adesso. Ne hai un' enorme paura.”
“Perché? -Davide alzò la voce, ma la riabbassò subito guardandosi intorno- Ho torto secondo te? Dico stupidaggini? Ci stanno invadendo, neanche li vediamo, sono scaglie di silicio sulla pelle e parlano con le nostre menti, potrebbero essere l'avanguardia di un esercito di alieni spaventosi e secondo te non c'è da aver paura? Ma come ragioni? Vedi che sei posseduta?”
Giulia lo guardò con affetto e si abbandonò sulla sedia. Gli voleva bene eppure era così difficile comunicargli ciò che viveva. Come aveva detto Alan? Che lei era l'araldo del SYM. Invisibile, doveva essere invisibile e lasciare tempo al SYM di aggiustare le cose.