Per la Pasqua vi accompagno in un posto speciale: il giardino dell'Irene Di Segni, descritto solo a grandi linee, perché non c'è niente da fare, in un giardino bisogna esserci, vedere, toccare, ascoltare, respirare... Buona festa a tutti.
Primi di settembre 2013: il giardino dell'Irene Di Segni
Primi di settembre 2013: il giardino dell'Irene Di Segni
Nthanda era partita da qualche giorno con Abu. Paolo e Gigliola si sentivano un po' soli, senza Abu e sua madre sempre in giro per casa. Paolo disse a Gigliola che avevano un invito a cena da parte di Guido e soprattutto dell'Irene Di Segni, sua moglie. Gigliola, in tutti gli anni precedenti, quando aveva sentito parlare dell'Irene Di Segni aveva detto “Chi? Quella faccia a topino?”
Stava per ripeterlo anche quella volta ma si fermò a tempo: il suo SYM le suggeriva una maggiore tolleranza. Lei e l'Irene Di Segni erano come l'acqua e l'olio, se si trovavano insieme non sapevano mai di che parlare, erano diverse e non mescolabili, e per niente interessanti l'una per l'altra.
Stava per ripeterlo anche quella volta ma si fermò a tempo: il suo SYM le suggeriva una maggiore tolleranza. Lei e l'Irene Di Segni erano come l'acqua e l'olio, se si trovavano insieme non sapevano mai di che parlare, erano diverse e non mescolabili, e per niente interessanti l'una per l'altra.
Gigliola era estroversa, un po' superficiale, bionda, da giovane, con i capelli mossi, il fisico prorompente, allegra e alla moda. Da quando aveva contratto il contagio aveva lasciato che i capelli crescessero grigi, ma il luccichio del SYM e il suo SYM particolare, che aveva compreso quanto fosse vanitosa, avevano dato alla capigliatura una sfumatura cangiante, alla luce, fra il rosa chiarissimo e l'azzurro pallido, secondo l'inclinazione dei raggi solari, e ora Gigliola sembrava la nonna della Barbie, famosa bambola degli anni sessanta.
Irene era introversa, profonda, castana, occhi scuri, esile, malinconica; era sempre stata carina, ma per niente interessata al proprio aspetto. I capelli di Irene erano rimasti del loro colore, salvo qualche raro filo bianco. Erano invecchiate tutte e due, tutte e due mogli di medici, di due cari amici e da qualche tempo c'era un tratto in comune, tutte e due avevano il SYM.
Gigliola aveva sempre lavorato, Irene invece non l'aveva mai fatto. O meglio non aveva lavorato fuori di casa propria.
I Di Segni abitavano alla Chianella ad un paio di chilometri dalla casa dei Giusti. Gigliola c'era stata una decina d'anni prima, ma non ricordava quasi nulla, solo che l'edificio era ad una curva del canale della Chianella, in una zona ombrosa e bassa dove il terreno declinava verso il corso d'acqua.
Una sera, verso la fine dell'estate, che era stata caldissima e lo era ancora, Paolo e Gigliola andarono a casa dei Di Segni. Gigliola era nello stato d'animo sonnacchioso e disinteressato di chi sa che nelle prossime due o tre ore si annoierà molto e dovrà sforzarsi di tenersi sveglio. L'Irene Di Segni l'accolse con il suo viso da topolino, ma sorrideva molto e questo non era male, Guido era affettuoso come sempre. Gigliola e Paolo entrarono in una stanza abbastanza fresca con delle poltroncine di vimini, e lei si sedette chiacchierando, ma il suo sguardo fu subito attratto dall'esterno: oltre il grande finestrone spalancato c'era una profusione di vasi, disposti in modo simmetrico rispetto al centro, che contenevano piante dalle grandi foglie a forma di cuore, alcune screziate di bianco, alcune di un verde azzurro quasi grigio, altre macchiate di giallo. Hosta, disse Irene quando Gigliola le chiese che piante erano. Gigliola ne fu subito attratta e uscì nel piccolo cortile, circondato da una siepe alta che chiudeva il panorama come se si trattasse ancora di una stanza della casa. Al centro, davanti al finestrone, un cancellino di ferro battuto arricciolato invitava ad andare oltre. “Oh, che posticino delizioso!” disse Gigliola sinceramente sorpresa, guardandosi intorno. Le piante erano fresche e in buona salute, nonostante il lungo periodo di caldo opprimente, l'ennesima ondata di calore africano dell'estate che per fortuna stava per finire. C'erano anche molte piantine fiorite che si alternavano ai vasi di Hosta, e il tutto dava una sensazione di freschezza ed armonia.
”E di là dal cancellino che c'è?” Chiese Gigliola.
“Il giardino, di là c'è il giardino..” Disse Irene con un sorrisino timido."Se vuoi ti faccio fare un giro...” La precedette ed aprì il cancello.
Si inoltrarono per alcuni passi in una specie di tunnel vegetale che girava e per qualche momento si aveva la sensazione di essere persi in un labirinto. Poi, di sorpresa, Gigliola si trovò in uno spazio vasto delimitato anche questo da alberi e da una siepe bassa che lasciava vedere la campagna intorno. Lungo la siepe un sentiero segnato solo dal taglio dell'erba e in mezzo un'aiola di fiori in tante tonalità del rosa e dell'arancio. Gigliola non ne conosceva i nomi, ma si trattava di gaillardie e rudbeckie, cosmee, gipsophile, dalie e gigli tardivi, tutte un pò spettinate e in parte sfiorite. Al centro dell'aiola un piccolo padiglione in ferro battuto verniciato di un rosa chiarissimo.
“Ma è....” esclamò Gigliola cercando le parole adatte.
“E'?... “ chiese Irene pendendo letteralmente dalle sue labbra.
“Non trovo la parola giusta. Incantevole?”
“Ah!- fece Irene con un sospiro di sollievo. -Credevo che non ti avrebbe interessato. I colori non ti sembrano troppo chiassosi?”
“Chiassosi? Per niente! -Disse Gigliola che amava moltissimo i colori accesi.- E' una meraviglia! Ma chi te lo fa?”
“Io, io lo faccio- disse Irene sempre col suo sorriso da topolino e Gigliola notò per la prima volta il fisico non esile ma asciutto e forte, e i muscoli sotto la pelle abbronzata.
“Lo fai te?”disse Gigliola incredula.
“Sì-disse l'Irene Disegni piena d'orgoglio- Diciamo che l'ho creato io e da qualche anno c'è un ragazzo che mi aiuta per i lavori più pesanti, Francesco. Un giardiniere appassionato come me. Ma non è finito, vieni vieni...” Insieme si inoltrarono nel giardino e quando risalirono chiacchierando, almeno un'ora dopo, erano diventate amiche. In fondo cosa sono due amiche, se non due persone che provano piacere nella comunicazione e nella reciproca compagnia?
Il Giardino di Irene era un pò strano, rifletté Gigliola il giorno dopo. Di solito un giardino si fa per mostrarlo, come un bel vestito o un gioiello. Invece qui dalla casa di Irene non si vedeva niente. Anzi: pareva avesse creato volontariamente degli ostacoli alla visione. C'era quella specie di galleria vegetale, con quella luce verde... la porta stretta del Vangelo? Pensò Gigliola. Un passaggio stretto per un Paradiso. Il terreno, come ricordava, declinava verso il torrente e Irene aveva creato delle terrazze sfalsate con un piccolo dislivello l'una dall'altra, solo alcuni scalini, ma ognuna era diversa. Intorno, grandi alberi proiettavano un'ombra fine.
“Gli alberi,- diceva Irene camminando davanti a Gigliola- sono salici, ontani, magnolie, cercis, querce, meli da fiore, pruni...e mi hanno permesso di fare un giardino ombroso, anzi: mi hanno quasi obbligato. Qui non posso coltivare rose, per esempio, non vengono bene e ci ho rinunciato, ma posso coltivare le camelie...” Le camelie a fine estate non erano fiorite, ma erano ugualmente belle, col loro verde lucente e sano.
“Queste piante sembrano sane e .. felici?-esclamò Gigliola- Il mio SYM ne è incantato!”
“Queste piante sembrano sane e .. felici?-esclamò Gigliola- Il mio SYM ne è incantato!”
“Vieni vieni!- disse l'Irene Di Segni, incoraggiata dal commento di Gigliola. -Questa è la terrazza delle camelie, sotto invece c'è il giardino di primavera.”
“Che vuol dire?”
“Bè, semplice, che fiorisce di più a primavera e ci sono tanti bulbi. Fioriscono le kolkwitzie e le spiree, le forsizie bianche, i lillà, i philadelphi, alcune clematidi sulla recinzione, e gelsomini, che sono intervallati da macchie di tulipani e narcisi, un piccolo tappeto di scille azzurre...Vedi, ho dovuto recintare, altrimenti non ci sarebbe rimasto neanche un bulbo a pagarlo oro!”
“Già, anche qui sarà frequentato da cinghiali e istrici!”
“Famiglie intere! Devo tenerle alla larga!”
Gigliola, a sentirle nominare quelle piante, si stupiva. Lei non conosceva il nome di nessuna pianta e d'altra parte non coltivava niente, neanche un cespo di prezzemolo. Fino all'estate scorsa era stata l'Isolina a mettere qualche geranio nei vasi intorno alla casa. Anche casa sua sarebbe stata più bella con un giardino intorno! Ogni tanto, poi, Irene aveva collocato delle sorprese: statue e panchine, campane a vento, mangiatoie per gli uccelli...sembrava quasi il giardino dei giochi di una bambina.
Intanto camminavano verso le ultime terrazze.
“Qui ho lasciato spazio alle piante spontanee. Se guardi bene vedrai già qualche ciclamino fiorito..”
“Qui ho lasciato spazio alle piante spontanee. Se guardi bene vedrai già qualche ciclamino fiorito..”
“E' vero! Oh, che nostalgia! Erano anni che non ne vedevo!”
“Ciclamini, ellebori, anemoni del Giappone... questi non sono spontanei, ma ci stanno così bene.. ajuga, e altre tappezzanti, fra cui una che adoro, la lisimachia vulgaris..”
“Ma come fai a ricordarti tutti questi nomi?”
“E' una passione, che ti devo dire? Mi ricordo e basta.. ora che invecchio qualche nome mi sfugge, faccio fatica a ritrovarlo, a volte... e poi vedi, si arriva fino all'acqua della Chianella, con una spiaggetta, e non ti dico che concerti di ranocchie! Ora è asciutta, ma per il resto dell'anno...Ecco: qua ci sono le salcerelle ed altre erbe acquatiche...” Gigliola notò delle spighe viola alla fine della fioritura, molto fitte e belle. “Vedi, uno dei miei progetti sarebbe di creare una piccola chiusa quaggiù, una specie di diga, per metterci delle ninfee, o dei fior di loto.. sarebbe bellissimo!” Disse Irene che dentro di sé già vedeva tutto.
“Oddio!- esclamò poi guardando il vecchio orologio da polso- Credo che stiamo facendo tardi! Guido e Paolo avranno fame! Ho preparato una cena fredda, perché di solito succede così, che la visita al giardino si prolunga e preferisco aver tutto pronto in anticipo...Torniamo?”
“Sì, solo se mi prometti che posso venire di nuovo a vederlo, questo giardino dell'Eden! Posso portare i bambini del doposcuola?”
Mentre risalivano incontrarono Guido e Paolo.
“Eri già venuto qua, Paolo?” chiese Gigliola.
“Sì, parecchie volte. Irene e Guido mi hanno sopportato spesso negli ultimi anni, a cena o solo a spasso per il giardino.” Irene gli sorrise. Gigliola rimase male. “Ma quando... quando è successo? Io non ne so nulla!”
“Sì, parecchie volte. Irene e Guido mi hanno sopportato spesso negli ultimi anni, a cena o solo a spasso per il giardino.” Irene gli sorrise. Gigliola rimase male. “Ma quando... quando è successo? Io non ne so nulla!”
“Non so se hai presente che per un paio d'anni noi non ci siamo...”
“Certo che ho presente.” fece Gigliola e arrossì.
“E non mi ci hai mai portato!”
“Gigliola! E' la prima volta che ti sento manifestare un interesse per qualcosa di verde che non sia un vestito!” Gigliola scoppiò a ridere.
“E' vero! Però ora l'Irene mi ha conquistato! E' un posto magico!”
“Per me lo è stato davvero. Mi ha curato dalla malinconia e dalla tristezza che provavo, camminare e sedersi e ascoltare il giardino crescere e vivere è stata una medicina..” Paolo tornava ancora lì e Gigliola si sentiva curiosa, invidiosa, e gelosa, perfino.
Chiacchierarono fino alla fine della cena che era buonissima e lasciò stupita Gigliola. Si sarebbe aspettata un pasto insipido, da dimenticare, e invece mangiò con gran gusto e anche il SYM assaporò i frutti dell'orto di Irene.
“Ma dov'è quest'orto, Irene, l'orto non me l'hai fatto vedere!”
“E' quassù, vicino alla casa, in una zona più soleggiata, l'orto ha bisogno di sole, soprattutto in inverno.”
“Come? Fai l'orto anche in inverno?”“Certo che sì! Sennò come facciamo senza .. porri, cavoli broccoli, cappuccio, cavolo nero, rape, radicchi e insalata invernale? Dimentico di sicuro qualcosa. Ma veniamo al dunque.”
“C'è un dunque?”
“Eh sì... diciamo che l'invito a cena non è privo di uno scopo.”
“E sarebbe?” disse Gigliola curiosissima.
“Vedi, io faccio questo giardino, lo faccio per me, e per il giardino stesso, che in fondo è un essere vivente di per sé...per Guido, a cui piace tanto, per qualche amico che viene a trovarci.. ma credo che sarebbe bello che qualcun altro ne potesse godere, qualcuno tipo i tuoi bambini del doposcuola, o le loro famiglie... E' una grande scuola, sai?Fare un giardino è una grande scuola... Si possono osservare tante cose stando qui, vengono tanti animali, si impara molto... e in fondo, adesso, da quando ho il SYM, sento proprio il desiderio di condividerlo!”
“E' una cosa bellissima, Irene.” disse Gigliola sincera posando la mano sulla sua.
“E poi c'è un'altra cosa, molto più pratica: fare questo giardino ha un costo! Se potessi trovare il modo di guadagnare qualcosa, per contribuire a pagare almeno lo stipendio di Francesco...E' Paolo che mi ha suggerito di coinvolgerti, dice che sei tanto brava in queste cose!”
Gigliola pensava, corrugando la fronte.
“Vedi Guido, - disse Paolo - quando fa così, e aggrotta la fronte, vuol dire che pensa. E quando pensa sono guai grossi, ne scappa sempre fuori qualcosa di pericoloso. Qualcosa che non sarà affatto invisibile, come ci aveva raccomandato Alan.”
Gigliola lì per lì era talmente concentrata che non aveva capito, ma quando capì si mise a ridere.
“E così se penso sono guai grossi? Allora attento a te...”
Guido disse: “Paolo, cosa dicevi a Giulia l'estate scorsa, quando venivate qua insieme? Che Irene è una realizzatrice e Gigliola è...un catalizzatore?”
“Che Irene sia una realizzatrice non c'è dubbio, si vede da tutta questa enorme .. non saprei come dire .. opera d'arte?, che ha messo in piedi, ma io un catalizzatore? Sarebbe un complimento?” Disse Gigliola, che intanto aveva messo da parte l'informazione che anche sua figlia aveva frequentato il giardino dei Di Segni.
“Non so -disse Paolo- come ti sembra? A patto che tu ricordi cos'è un catalizzatore...”
“Mi prendi per un'ignorante? Un catalizzatore è una sostanza che serve per far partire o accelerare una reazione chimica... dico bene? Sì, credo che lo considererò un complimento.”
“Senonché- disse Paolo- a volte tu sei un catalizzatore inconsapevole...”
Era molto tardi quando Paolo e Gigliola si avviarono verso casa. Guido disse loro che, dato che erano venuti a piedi, avrebbero fatto prima prendendo la scorciatoia che usava Paolo.
“Dalla radura delle camelie?..”
“Dalla radura delle camelie?..”
“Sì, non è cambiato nulla, sempre da lì.”
Irene e Guido li accompagnarono fino ad un cancellino nascosto nella siepe. Paolo e Gigliola si inoltrarono nella campagna, che nella luce pallida della mezza luna sembrava un posto nuovo e sconosciuto, mentre Irene e Guido tornavano per mano verso casa.
“Quei due si vogliono un sacco di bene.” affermò Irene.
Irene e Guido li accompagnarono fino ad un cancellino nascosto nella siepe. Paolo e Gigliola si inoltrarono nella campagna, che nella luce pallida della mezza luna sembrava un posto nuovo e sconosciuto, mentre Irene e Guido tornavano per mano verso casa.
“Quei due si vogliono un sacco di bene.” affermò Irene.
“Sì, ma non sono sicuro che lo sappiano.” disse Guido.