Tandie e Abu tornano da Marsiglia
Nthanda tornò da Marsiglia dopo quindici giorni e Gigliola andò a prenderla a Camucia, alla stazione. Desiderava molto rivedere l'amica e il piccolo Abu, ma sentiva anche una grande malinconia, perché sapeva che non sarebbero rimasti con loro, ma sarebbero andati a vivere a Marsiglia, dove c'erano gli amici africani e probabilmente, un vero lavoro per Nthanda. Gigliola, con il cuore stretto, chiese a Tandie, perché ormai tutti la chiamavano così, quando sarebbero partiti. La donna la guardò preoccupata: “Vi serve la casa?”
“No no, ma pensavo che sareste andati a Marsiglia...”“No, cioè... solo se la casa vi serve, e anche in quel caso potrei chiedere a Cristina di trovarmi un altro alloggio..”
Gigliola sentì un gran sollievo: “Allora restate?”
“Sì! Credo che questa sia ormai la nostra casa, o comunque la Chianella sia il nostro posto, i nostri SYM dicono che è così, se per voi va bene... certo, solo se per voi va bene..”
“Ma come farai con l'Università? “
“Non so. Ancora non so, mi hanno fatto delle proposte ma niente di preciso. Potrei andare in Francia qualche giorno al mese e poi c'è Internet.. è tutto da pensare, ma sicuramente non posso togliere Abu da qui ora che ha riacquistato sicurezza, anche grazie a te e al dottore. E anche io qui sono a casa mia.”
Era la prima volta che le dava del tu. Gigliola l'abbracciò divincolandosi fra i sedili e i lacci della cintura di sicurezza.
Gigliola si propone come manager
Un paio di giorni dopo Gigliola capitò da Irene accompagnata dalla Chiarina. Chiara era la bambina del doposcuola a cui piacevano di più fiori e piante e Gigliola aveva chiesto al sindaco, la sua mamma, se poteva portarla con sé. Irene non era abituata ai bambini. Si studiarono un po', si presero per mano e ignorando Gigliola andarono in giro mentre la donna adulta spiegava alla donna piccolina molte cose, dai nomi dei fiori alla composizione delle aiuole. Chiara ascoltava, come se capisse tutto.
“Sono affascinata dalla vostra intesa -disse Gigliola che faceva fatica a stargli dietro- ma anch'io avrei bisogno di parlare con te, Irene. Non possiamo sederci … per esempio qui?” disse indicando una bella panchina all'ombra. Irene si sedette e Chiara se ne andò in giro per conto suo.
“Ecco: ho pensato qualcosina. Le cose che desideri sono due: condividere il giardino e fare qualche soldino oppure ottenere un aiuto per la manutenzione del giardino.”
“Sì, più o meno.” convenne Irene.
“Bene. Ho chiamato un fotografo di Camucia, un vecchio amico che ora lavora con suo figlio. Verranno a vedere il giardino, perché spazi di questo genere sono richiesti per le foto di matrimoni e cerimonie varie. Ogni volta se ne possono ricavare un po' di soldi, tipo un centinaio di euro, con loro, che lavorano qua in campagna, ma se poi il giardino si fa conoscere magari se ne ricava di più... per questo ho chiamato la mia compagna di Università, la Serafina Raspoli di Firenze..” Irene fece una faccia come dire “e chi è questa?”.
“La Serafina Raspoli.. eppure leggi Gardenia.. “
La faccia di Irene si illuminò. La signora in questione era appartenente ad una famiglia nobile fiorentina, era presente in quasi tutti i comitati organizzativi delle mostre di giardinaggio toscane e scriveva su alcune riviste specializzate.
“Vedo che ce l'hai presente-disse Gigliola- Ho faticato a farmi riconoscere, questi fiorentini hanno una puzza sotto il naso che li rende … insopportabili! ma insomma capiterà qui anche lei perché deve venire a Lucignano al giardino della signora Crespi, sai la fondatrice del FAI? Lei."
A Irene già girava la testa.
“Dovrò mettere tutto a posto!”
“Più di così? No! Non c'è bisogno. Ho accennato anche al sindaco qualcosa, il sindaco è la mamma della Chiarina, perché potrebbe mandarti un operaio o due, giardinieri,eh!, a dare una mano, gratis! Si intende. Se va come penso la Serafina Raspoli dovrebbe fare un servizio su una delle riviste su cui scrive, almeno è questo che le chiederò. Poi naturalmente ci sarebbe la possibilità di affittare tutto come location per matrimoni, cioè non solo foto, ma come sede per delle cerimonie e rinfreschi; sarebbe da valutare, perché pagano bene, ma certo poi c'è l'impatto della gente, la gente è terribile, pagano, ma fanno anche dei danni ed è una cosa che tu non vorresti.. o sbaglio?”
Irene era un po' scombussolata. Era vero che quella donna era un catalizzatore, anzi, un vulcano!
Gigliola continuò: “Poi ci sarebbe il fatto dei concerti, questo non dovrebbe dispiacerti, uno dei collaboratori del doposcuola è violinista e gli piacerebbe organizzare qui un concerto notturno, pensa che bello, benché forse bisognerebbe far tacere le rane!” Gigliola rise. “Per ora è tutto. Che dici?”
Irene prese fiato. “Sono... sono … non so come sono! Ieri non c'era niente e ora tutte queste possibilità! Non so che dire.. non riesco a immaginare una folla che gira per il giardino divorando crostini e mi lascia le aiuole piene di piatti di plastica.”
“Certo, sì, è da prevedere, senza parlare dei bambini che pestano i fiori, e degli adulti mezzi ubriachi che pisciano sui cespugli. “
Irene rabbrividì. “Immagino che sia il rovescio della medaglia .. non so veramente che dire, ma se voglio far conoscere il giardino e avere qualche possibilità in più credo che valga la pena tentare, magari evitando i catering..” Guardò Gigliola con occhi imploranti.
Gigliola aveva lo sguardo fermo. “Non preoccuparti. Vaglieremo le possibilità e scarteremo le peggiori. Intanto però non è che verresti tu da me per darmi qualche consiglio, anzi, fare proprio un progettino per un giardino a casa nostra? Casa mia è peggio del deserto dei Tartari.”
La proposta del sindaco
Il sindaco telefonò a Irene. “Signora Di Segni, sono il sindaco, la mamma di Chiara.. mia figlia mi dice che lei ha un bel giardino, viene molto volentieri da lei, sì, e ho parlato con la signora Giusti, che mi ha detto che lei avrebbe bisogno di un aiuto per la manutenzione… ho una propostina, se vuol capitare da me, diciamo domattina alle undici? Ci vorrà una mezz'oretta... allora ci vediamo.” Irene chiamò Gigliola e la mattina dopo andarono insieme.
Gigliola dette la mano al sindaco e così Irene, poi il sindaco,Annamaria, sedette dietro la scrivania e guardò interrogativamente Gigliola come dire che non capiva il significato della sua presenza e che se ne poteva andare.
“No, io rimango.” disse Gigliola col suo sorriso più gentile.
Non aveva alcuna intenzione di lasciare Irene in balia di quella marpiona. “Bè, ma a che titolo rimane?”
“La signora Di Segni è un'artista.” dichiarò Gigliola, mentre Irene si girava verso di lei e sbarrava gli occhi. “Mi consideri pure la sua agente.”
“Ma..” balbettò Irene e Gigliola le fece cenno di tacere. “Cara, lasciamo parlare Annamaria.”
Annamaria era già in imbarazzo, ma le ci volle un secondo per tornare al centro.
“Mi dicono del suo giardino, signora Di Segni, che è molto bello e originale...”
“Scusi se la interrompo, sindaco. -disse subito Gigliola- Ma è più di questo, glielo assicuro, infatti in questi giorni deve venire una famosa giornalista del settore, la Se ra fi na Ra spo li, -Gigliola scandì bene perché il sindaco lo tenesse a mente- mia compagna d'Università, una vera autorità in fatto di giardini, a visitarlo, per concordare un servizio su una rivista internazionale. Passerà lo stesso giorno in cui visiterà l'altro giardino della signora Crespi, che lei conoscerà senz'altro, quello famoso di Lucignano ..”
Annamaria sbarrò gli occhi e disse ”Crespi? Quella del FAI?”
“Proprio lei.” disse asciutta Gigliola.
Annamaria scrisse su un biglietto “Serafina Raspoli”, per controllare più tardi su Internet ed era proprio ciò che Gigliola voleva.
“In ogni modo, signora Di Segni, Gigliola mi dice che lei avrebbe bisogno di una mano, e io potrei mandarle ogni tanto un paio dei nostri giardinieri, se lei volesse, in qualche modo, ricambiare. - Esibì un largo sorriso cavallino, falso come una moneta di stagno. -La mia mamma diceva “se vuoi che l'amicizia si mantenga bisogna che un panierino vada e uno venga” e in questi tempi di crisi devo, a maggior ragione,giustificare una cosa del genere con chi mi ha eletto... Pensavo che la Coop locale sta ammodernando la sua sede e intendono rifare il parcheggio, e rinnovare le aiole spartiauto. Queste le pagherà il Comune, e se lei volesse dare un contributo di progettazione e supervisione, per noi sarebbe un buon risparmio...”
Irene stava per aprire bocca, quando Gigliola esclamò:
”Vedo che non ci siamo capiti. Aiuole spartiauto? Annamaria, Irene non ha un vivaio campagnolo! Non è neanche una hobbista del fine settimana. No, no. Assolutamente no. Ribadisco: Irene è un'artista!” Di nuovo Irene la guardò stupefatta.
“Non so, se si trattasse di mettere le mani nel restauro del giardino del convento delle carmelitane, che ho sentito si sta prospettando, se ne potrebbe parlare, un luogo storico che ha bisogno di un intervento colto, rispettoso e sensibile, ma un parcheggio della Coop...-la faccia di Gigliola esprimeva profondo disgusto- no, sono io che dico no, non Irene, lei potrebbe sottovalutarsi e accettare... C'è un equivoco, e bisogna ricominciare daccapo. Deve venire lei stessa a vedere il giardino, a rendersi conto con i suoi occhi. Vede, sarebbe come … -ci pensò un attimo- come avere qui Raffaello e proporgli di disegnare i cartelloni pubblicitari del camion dello spurgo delle fosse biologiche. Sono abbastanza chiara?”
Irene stava per mettersi a ridere e quasi non riusciva a trattenersi. Il sindaco era rossa di rabbia. Balbettò che non voleva offendere nessuno, in fondo, disse, non le ho mica chiesto di scavare le buche per le piante, le ho chiesto di fare un progetto. Ma Gigliola non le lasciò il tempo di arrabbiarsi per bene. Invece le disse: “Annamaria, se qui alla Chianella fosse ritrovata in un podere una tomba etrusca intatta lei sarebbe felice? Immagino di sì. Non è che alla Chianella, diciamoci la verità, abbiamo chissà che attrazioni! C'è l'ospedale e solo quello. Qua intorno ci sono Cortona, Montepulciano, Lucignano, Siena, Chiusi, Arezzo! Tutte traboccanti di bellezza e opere d'arte! Ma noi siamo persi nel mezzo della val di Chiana dove c'erano solo paludi e anche ora...Pensi a questo giardino in questi termini: un'attrazione e non per le masse, ma per un pubblico colto, di qualità, per le scuole... potrebbe funzionare esso stesso come scuola pratica di giardinaggio, potremmo collegarci all'istituto delle Capezzine...Insomma lei deve considerare il giardino Di Segni come un'opportunità per il territorio che amministra, e lei stessa potrebbe essere ricordata come il sindaco che l'ha scoperto e valorizzato, perché in fondo si tratta di trovare, o scoprire, o forse è meglio dire svelare, un vero tesoro. Che c'è già, e non c'è neanche bisogno, come per una tomba etrusca, di scavarlo e portarlo alla luce.” Gigliola tacque e Annamaria anche. Irene era sorpresa e anche ammirata. Quella donna era una forza della natura. Ma ad averla nemica ci sarebbe stato da aver paura. Gigliola cercò la sua mano sotto il tavolo e la strinse forte. Il sindaco, stremata come se fosse passata attraverso una breve, ma intensa tempesta, disse che sì, sarebbe venuta di persona a vedere questo tesoro.