LA PISTOLA. Ottobre 2013
Il ragionier Barbetti e Daniela si incontravano ogni tanto, ma non più al bar.
“Troppo in vista.” - aveva detto lui- “Meglio cambiare posto.”
Per qualche giorno avevano scelto una piazzola abbastanza vicina al bar, che era lontana dall'ingresso dell'ospedale e quindi quasi sempre semideserta. Sedevano su una panchina all'ombra di un tiglio che non era stato potato da tanto tempo e aveva formato una grande cupola di fronde, che ora erano diventate giallo oro e arrivavano quasi a terra. Lì sotto non li vedeva nessuno, ma loro potevano vedere l'ingresso del bar, che era, dopo l'ingresso dell'ospedale, il posto più frequentato del paesino. Non era più capitato di vedere Giulia, ma Gigliola sì, spesso, e anche suo marito in compagnia del suo amico Guido Di Segni. Daniela non aveva amici, conoscenti sì, ma con nessuno si era confidata come col ragioniere. Gli si era affezionata come ad un padre.
Lui la consolava, la capiva, condivideva i suoi terrori profondi, li alimentava, ma lei non se ne accorgeva. A poco a poco era diventata dipendente da lui, dai suoi consigli, perfino dalla sua voce. Lo chiamava spesso al cellulare e lui era sempre disponibile, aveva sempre qualche minuto per rassicurarla, e lei aveva finito per non chiamare più la dottoressa Ridolfi. Sergio Barbetti durante i loro incontri suggerì a Daniela di procurarsi un'arma.
Lui la consolava, la capiva, condivideva i suoi terrori profondi, li alimentava, ma lei non se ne accorgeva. A poco a poco era diventata dipendente da lui, dai suoi consigli, perfino dalla sua voce. Lo chiamava spesso al cellulare e lui era sempre disponibile, aveva sempre qualche minuto per rassicurarla, e lei aveva finito per non chiamare più la dottoressa Ridolfi. Sergio Barbetti durante i loro incontri suggerì a Daniela di procurarsi un'arma.
“E' matto? Sono sempre stata pacifista! Che me ne farei di un'arma?” Ribatté lei. “Non so sparare e non ho il porto d'armi, quindi non posso usare una pistola, che faccio, prendo un coltello? Mi ci vede ad accoltellare la gente? Neanche per difesa personale...”
“Certo, sì. - Si affrettò a dire il ragioniere- Proprio quello, intendevo per difesa, con tutta questa gente contagiata dal SYM non si può mai dire...”
“A me sembrano pacifici...Dice che sono pericolosi?”
“Un parassita che scende dal cielo, viene da chissà dove nello spazio profondo e prende possesso della mente degli ospiti secondo lei non è pericoloso? Glielo devo ricordare io? Mi pareva che la pensassimo nello stesso modo!”
“Oddio sì! Ogni tanto mi rilasso e mi dimentico!”
“Mai abbassare la guardia! Mai! Posso suggerirle dove trovare una pistola adatta a lei, per signora, col silenziatore, ma efficiente e a buon prezzo, tanto prima o poi, con l'aumento della criminalità, le servirà di sicuro. C'è modo di avere queste cose...sottobanco. Le insegnerò ad usarla.”
In quel periodo un pò dappertutto in Italia, salvo che alla Chianella, avvenivano episodi spaventosi, mariti che uccidevano le mogli, figli che uccidevano i genitori e viceversa, e c'era una diffusione capillare della microcriminalità dovuta anche alla gravissima crisi economica.
“Sa che faccio, Sergio? Prendo le sue informazioni, caso mai mi dovessi convincere...”
Nelle settimane seguenti Daniela si procurò l'arma di nascosto dal marito e dalla figlia, e Sergio Barbetti trovò un posto nuovo per i loro incontri, perso nella campagna, dove Daniela poteva imparare a sparare con comodo senza essere vista. Daniela era esaltata dall'avere un'arma e dall'imparare ad usarla, si sentiva potente e forte come mai le era accaduto. Era stupita dalla metamorfosi di Sergio, che pareva espertissimo nell'uso delle armi, come se le avesse maneggiate tutta la vita. Era anche molto attento a scegliere posti che non potessero essere visti dall'alto. "Lei non sa, non immagina, ma ci spiano, vedono tutto..." aveva detto a Daniela. Aveva detto anche che aveva per le armi una vera passione, da giovane voleva fare il militare di carriera, ma poi aveva avuto una malattia durante il servizio che lo aveva reso inidoneo ed era stato scartato. Daniela in quel periodo cominciò a sdoppiarsi definitivamente: una parte si esaltava e fantasticava sull'eliminazione di almeno uno di questi schifosi “Primi”, per dare l'esempio e incitare alla rivolta contro il SYM e l'invasione aliena, un'altra parte era immersa ormai costantemente in uno stato d'animo scuro e tetro, fra sensi di colpa e timori, che le causava dolore e paura.
Serafina Raspoli
Una mattina Gigliola ricevette la telefonata della Serafina Raspoli. La signora aveva dormito, non troppo bene, in un agriturismo di Lucignano, dopo aver visitato il giardino Crespi, il giorno prima, con un fotografo, e ora, come concordato, era disposta a venire a dare un'occhiata a quello di Irene. Gigliola disse subito di sì e le andò incontro con l'auto. Da Irene, ad attenderla c'era anche Tandie. La Serafina Raspoli era una donna alta e segaligna, con la pelle giallastra, i capelli grigi che teneva lunghi, legati in una coda e tutti spettinati intorno al viso. Girava per giardini da anni e ne era visibilmente annoiata. Vestita in modo sciatto ma molto costoso, scese dalla macchina lamentando un dolorino al fondoschiena (sarà una sciatica?, disse). Si aggirò per il giardino mentre Irene la precedeva, in grande ansia per il giudizio. La Serafina Raspoli non aveva il SYM. Girò e girò e alla fine si fermò davanti a Gigliola ignorando Irene.
“E va bene, l'è un gran lavoro, enorme se è vero che fanno tutto due persone.“ disse ostentando l'accento fiorentino. “Ma il succo, qual'è? Questo è il sogno di un'anziana rimasta all'infanzia, o l'incubo di una vecchietta con la casa piena di bomboniere...niente che sia lineare, coerente, razionale...Sarà che oggi cominciano a farmi male anche i piedi... ma la signora non ha mai visto una rivista di giardinaggio che sia un pochino ATTUALE? Se non si sa fare almeno si imiti! Meglio una modesta imitazione, di una creazione allo sbando!”
Irene si allontanò perché si vergognava a farsi vedere piangere. Gigliola accompagnò la Serafina Raspoli all'ingresso e tornò indietro che pareva una furia. Tandie intanto cercava di consolare Irene.
“E' evidente che quella vecchia strega non capisce niente! E' anche una gran maleducata!” gridò Gigliola.
“Ma se hai detto-disse Irene soffiandosi il naso- che è più giovane di noi?”
La visita della Serafina Raspoli distrusse i progetti di Gigliola e l'autostima di Irene, che si ripresero con fatica.
“Il sindaco non deve assolutamente sapere che quella strega è venuta qui. Men che meno conoscere il suo parere!”
“Quindi siamo fermi all'inizio? Niente di fatto?”
“Non infierire, Irene, ti prego.” Disse Gigliola.