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SYM 14

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Tiriamo un sospiro di sollievo: la prima difficoltà, la visita di "controllo" del sindaco, è stata superata con un certo successo. Questo succede alla Chianella, chissà in altri luoghi del mondo quali sono i problemi di integrazione...anche se, di solito, ciò che accade nel microcosmo è immagine di ciò che accade in una dimensione più ampia. Andiamo a vedere come si sviluppano le cose fra il SYM, Gigliola, i ragazzini e i loro genitori.

Aprile 2013: GITA AL LAGO

La gita al lago di Chiusi, che era vicino alla Chianella e sempre poco frequentato, fu la prova generale di molte altre uscite successive. I bambini si comportarono molto bene, scesi dalle auto davvero come uno stormo di uccellini, esplorarono la spiaggia e il piccolo molo per tornare poi subito a chiedere aiuto. Il signor Berti e sua moglie si godevano l'uscita.
Il lago di Chiusi è un piccolo bacino incantevole immerso in una campagna coltivata e pacifica e la giornata era soleggiata e molto bella. Nell'acqua della riva intorno ai sassi e alle erbe c'erano moltissimi pesciolini e girini. I bambini si erano accucciati a gruppetti e li osservavano con interesse. 
“Che sono?” Disse Deepak.
Butulicchi!” esclamò Michele. ”Mai visto i butulicchi? Non me lo dire!”
Gigliola osservò che non tutti i bambini avevano avuto occasione di vivere vicino ad un lago o ad un corso d'acqua. 
 “Voi avete la Chianella, ma Deepak, per tanti motivi, finora non ci è potuto venire...Quindi quelli cosa sono?” Chiese a Michele. 
Butulicchi, ma si dice girini, in italiano. Sarebbero i figlioli delle ranocchie. Fra un po' diventano ranocchie. E poi, dopo, c'è chi le prende, gli stacca la testa, le sbuccia e le mangia fritte, ma a me mi fanno impressione, manco morto, le mangerei!”
Tutti risero, e Gigliola li invitò ad osservarli meglio. Avevano portato tre secchielli e con quelli raccolsero acqua, girini, larve d'insetto e altre cose interessanti che si trovavano nell'acqua.
Tutti vedete dentro i secchielli?” 
“Sì!!” risposero i bambini in coro.
Guardate bene, una testa e una coda, sono esserini fatti solo di una testa e di una coda, non è così?”
Però qui, Gigliola, ce n'è uno che ha come delle cosine che escono dalle parti...”
Che siano zampine?” disse Gigliola.
Zampine? Per davvero?”
Sì, dice bene Michele, diventeranno rane, e quelle sono la prima coppia di zampe, che saranno palmate, anche se ancora non si vede, per nuotare.”
"E' strano, però. Sono diversi da noi, tanto. Noi da piccoli sembriamo sempre umani, non un'altra cosa. Questi sembrano più pesci, ora.” disse una bambina.
Proprio così. Sono molto diversi da noi,- disse Gigliola - appartengono ad un altro ordine di esseri viventi, noi come ci chiamiamo, chi lo sa?”
Mammiferi, mammiferi!” disse Chiara.
Ecco, brava Chiarina, e questi si chiamano anfibi e vivono un po' nella terra e un po' nell'acqua. La prima parte della vita la passano nell'acqua. Per questo sembrano pesci.”
E la loro mamma dov'è?” chiese Lisa, che era una gran mammona.
La mamma fa solo le uova, in certi tubi trasparenti dove stanno al sicuro, però poi non si occupa più dei figlioli.”
Poverini...” disse Lisa.
Ma no, ogni forma di vita ha le sue regole, loro vivono molto bene così, anche se, di tutti questi girini, ne sopravviveranno pochi, perché molti altri animali più grandi si cibano di loro, alzate gli occhi ora, e guardate più in là, nel lago, ci sono degli animali che considerano i girini il loro cibo...”
Uccelli!”
Piano -disse Gigliola- sennò se ne vanno!”
Tutti i bambini spalancarono gli occhi e parlarono sottovoce.
Quello con la testa con quella forma strana e quei ciuffi come si chiama?”
Ce lo dice Deepak, che ha fatto una ricerca su Internet e ha preso un libro in biblioteca.”
Deepak infatti portava con sé un grosso tomo che aveva per titolo “Flora e fauna lacustre della Toscana centrale” in cui stava cercando una foto che mostrò a tutti. 
Svasso, si chiama svasso maggiore o po-di-ceps cri-sta-tus -sillabò con difficoltà- accidenti che nome! E ora si dovrebbe immergere...” Lo svasso, come rispondesse ad un comando, si infilò con un tuffo elegante sott'acqua. 
“Lo svasso è uccello solamente acquatico, -lesse Deepak- mediocre volatore, mangia pesciolini e altro che trova nell'acqua, mangerà di sicuro anche i girini - concluse - ...ma dov'è andato?”
L'uccello li costrinse a stare per un po' in osservazione e dopo un tempo che parve loro molto lungo riapparve lontano dal punto dove si trovava prima.
Ma nuota sott'acqua!” Uno dei bambini osservò che quello svasso era diverso dagli altri. Luccicava un pochino.
Gigliola, quello svasso ha il contagio!”
Davvero? Dove?” 
“Eccolo là!” 
Ma anche quegli altri uccelli! E i pesciolini, guardiamo i pesciolini!” Anche alcuni dei pesciolini e dei girini luccicavano debolmente.
Sì, alcuni animali hanno il SYM.” Disse Gigliola.
E' una cosa grave?” chiese Chiara.
No!- disse Michele- Per niente- Si sta meglio col SYM.”
Cosa vorrà dire-chiese Deepak, che vedeva più lontano degli altri- che alcuni hanno il SYM? Cioè: gli animali con il SYM dovrebbero essere più forti, e questo dovrebbe avvantaggiarli...”
Sinceramente, Deep, non so proprio che dirti...credo che ci vorrebbe un biologo, a questo punto, per studiare il rapporto fra il SYM e gli animali..”
Biologo? Che roba è un biologo?”
Uno che studia le forme di vita, da quelle che non si vedono a occhio nudo a quelle molto grandi.”
Una bambina disse: “La mia mamma ha paura che io prenda il contagio. Finora non l'ho preso. Ma lo potrei prendere toccando quest'acqua, se dentro ci sono bestioline contagiate...”
Eccoci- pensò Gigliola- ecco il problema che non abbiamo voluto affrontare.”
No, no, non funziona così!” disse Michele. “Vedi che te stai sempre con noi che abbiamo il SYM e non l'hai preso.”
Ah, per fortuna!” disse la bambina sollevata “Allora posso mettere le mani nell'acqua?”
Ma sì, scema! A parte il fatto che staresti meglio, te l'ho detto, col SYM. In ogni modo se non lo vuoi vedrai che non ti viene, perché è questione di … ora non mi ricordo la parola.”
Affinità. “ disse Deepak.
Ecco, quello lì.” disse Michele. E la questione si concluse così.
Come sono bravi- pensò Gigliola- Non ho neanche dovuto dare spiegazioni, si sono arrangiati perfettamente da soli. Ma prima o poi se ne dovrà parlare.”

AFFINITA' (voce dell'Enciclopedia HSS+ universale aggiornata all'anno 2075): criterio di selezione reciproca degli ospiti del SYM e molto altro. L'affinità SYM è considerata uno dei più importanti superconcetti SYM.


Il SYM non attecchì in tutti gli individui. Inizialmente i “contagiati”, come si continuò a dire per un lungo periodo, furono una minoranza della popolazione mondiale. Non si capiva il criterio di selezione usato dalla creatura per scegliere i propri ospiti, se si trattasse di una scelta basata sulle condizioni di salute dell'ospite, su certe caratteristiche psichiche o sull'accettazione del SYM da parte del singolo individuo o su altro ancora. Quando la comunicazione fra il Sym e i suoi ospiti divenne più efficace fu la creatura stessa a rispondere alla domanda che gli era stata posta quasi da tutti.
 Rispose come se la risposta fosse scontata, si trattava semplicemente di “#######”! 
Gli ospiti compresero immediatamente e ne furono rassicurati, ma non furono in grado di comunicarlo a loro volta, perché il concetto apparteneva al pensiero SYM ed era impossibile tradurlo in una qualunque delle lingue umane. Gli ospiti del SYM comprendevano ma restavano incapaci di esprimere un concetto tanto complesso che ne conteneva molti, ma che, nella sua totalità, sfuggiva all'esperienza umana. Ne avevano una parziale comprensione solo perché convivevano col SYM. 
Tentando di raccontarlo agli HSS, cioè gli altri umani senza SYM, provavano a dire che l'individuo per ospitare il SYM doveva essere integro. Che vuol dire integro, chiedeva l'interlocutore. “Integro vuol dire … per esempio... sano, non dipendente, né da alcol , né da droghe, né da sesso, né da potere...ma ci sono molte eccezioni. Oltre che integro deve essere capace di empatia. Ma ci sono molte eccezioni anche a questo. “ 

C'era un elenco abbastanza lungo di caratteristiche di per sé positive, ma anche piuttosto vaghe e difficili da definire con esattezza, quindi impossibili da esaminare con metodo scientifico, e inoltre quest'elenco presentava un numero enorme di eccezioni. Questo perché la “#######” del SYM era un concetto inesistente nell'esperienza umana, che atteneva al modo di essere della creatura, una e molteplice allo stesso tempo. Gli ospiti del SYM si accorsero dalla propria comprensione di questo concetto che effettivamente stavano cambiando non solo nel corpo, per la presenza della creatura, ma anche nella mente.

Dopo che il SYM si fu riprodotto sulla terra e viveva ormai in milioni di individui cominciò a riaffiorare una sua specifica memoria di esperienze precedenti. Per gli umani era incomprensibile, era arrivato in poche scaglie luminose, era giunto senza “bagaglio”, senza un sistema nervoso, senza un cervello, senza una banca di memoria e ora che si riproduceva la memoria affiorava. Da dove e perché? Era una memoria condivisa in parte con gli esseri umani, che ne diventavano consapevoli come di vaghi sogni. Nei momenti di rilassamento e prima di dormire apparivano nelle loro menti luoghi inimmaginabili esistiti su pianeti con atmosfere composte da gas diversi da quelli dell'atmosfera terrestre, e creature che avevano convissuto con il SYM, che il SYM aveva amato come ora amava loro. Per quello che ne sapevano gli uomini e il SYM, per la lunghezza del viaggio che lo aveva condotto fino alla Terra, tutte quelle creature potevano essere scomparse da millenni o essersi trasformate in qualcos'altro. Alla fine, per risolvere il problema di comunicazione che rendeva impossibile restituire in lingua umana il concetto di “######” si convenne di usare per sostituirlo la parola “affinità”, che era estremamente riduttiva ma si prestava in qualche modo allo scopo.

Quanto all'”affinità” in Italia girò per un pò la storia di un ex presidente del Consiglio, che aspirava all'immortalità e desiderava moltissimo il SYM, ma non era stato “contagiato”, come si usava dire all'inizio. A questo proposito c'è un'intervista a Giulia Giusti raccolta in quel periodo. L'intervista comparve in un sito di satira politica e probabilmente vi sono accentuati gli aspetti politici specifici del momento storico e anche gli aspetti comici, ma Giulia Giusti non si preoccupò di smentirla, per cui si può pensare che sia, nelle linee generali, autentica. E' riportata di seguito.

"E' vero dottoressa, che un ex presidente del Consiglio invitò suo padre a cena dopo l'arrivo del SYM?"
"Certo!" - disse lei ridendo.
"E suo padre ci andò?"
"Oh sì, è sempre stato dotato di senso dell'umorismo e con il suo SYM la cosa è anche più accentuata. Non se la sarebbe persa per niente al mondo, quella cena !"
"Ci può raccontare brevemente?"
"Non c'è molto da dire. Cenarono in modo sfarzoso e il SYM gradì parecchio, poi l'omino chiese a mio padre se poteva passargli il SYM, lui che era stato uno dei primi ad averlo. "
"Perché lo chiama omino?"
" Perché diceva così il babbo. Era un omino piccolo e appariva sempre in televisione velato di una nebbiolina, per non far vedere le rughe, con i capelli rossicci, tinti, ovviamente, aveva più di 75 anni, credo, all'epoca. ..era proprietario di almeno tre televisioni e aveva una vera dipendenza dal sesso,  insomma, ridicolo. "
"E suo padre che gli disse ?"
"Se la rise sotto i baffi tutto il tempo del colloquio. Lui disse che era disposto ad avere la febbre, pur di prendere il SYM. Ma lo sapevano tutti che nessuno ha più avuto la febbre, dopo il primo contatto. Quella volta il SYM aveva fretta di concludere per paura che tutti noi, i primi, fossimo eliminati.
Ma in seguito il SYM ci conosceva intimamente e non c'è più stato bisogno della febbre... Comunque mio padre gli disse che non dipendeva da lui, che il SYM non si poteva passare come un oggetto, che si trattava di affinità. Se non c'è affinità il SYM non può venire. Ma l'omino desiderava enormemente il SYM. Pensava quasi di poterselo comprare. Mio padre gli disse che forse non lo desiderava abbastanza, perché il SYM non va dove non è desiderato, è un'idea dei Sapiens Sapiens quella che il SYM li rifiuti."
"Approfondisca questo concetto."
"Lo sanno tutti che quel 21 dicembre fu una specie di fine del mondo, no? La specie Homo Sapiens Sapiens  adesso è affiancata, anzi risulta in minoranza, rispetto alla specie Homo Sapiens Sapiens +, dove il più sta per " più simbionte."
" Certo certo. E dell'omino che ne è stato? "
"Credo che sia morto. Sa che non  ricordo il suo nome? Mi pare cominciasse per B..."
"Cosa si può dire dell'arrivo del SYM, dottoressa?"
"Credo che negli anni a venire  si scriveranno molti più libri di quelli scritti, pur numerosi, in questo primo anno, ma io le dico due cosine piccole: non siamo più soli e abbiamo trovato la parte mancante. "



SYM 15

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 Capisco che questo capitolo potrà risultare irritante per qualcuno. Anche per me! Mi sono chiesta come sarebbero state le persone che non accettavano il SYM, la novità. Mi servivano nel racconto persone impaurite, e sono andata a cercare esperienze e tipi umani, conosciuti nel corso della vita, pieni di nevrosi, compresa me. I ritratti che seguono sono un collage di impressioni raccolte negli anni. Non ho nulla contro gli omeopati, sia chiaro!

febbraio 2013: L'omeopata

La dottoressa Maria Teresa Ridolfi era in auto quando suonò il cellulare. “Pronto?”
Dall'altra parte silenzio, poi una voce da oltretomba. “Pronto, dottoressa, sono io. Sono Daniela Santillo.” Daniela Santillo era una signora benestante paziente di Maria Teresa da qualche anno. Dentro di sé la dottoressa Ridolfi sospirò, alzò gli occhi al cielo, poi si stampò un sorriso in faccia anche se quella non poteva vederla e fece una voce specialmente allegra e sonora.
Oh, Daniela! Come va?”
Male, dottoressa, male.”
Che si sente? La febbre come l'altra volta?”

No, quella è passata. E' che.. non riesco a mangiare niente.
Mi viene sempre da vomitare, mi fa schifo preparare da mangiare.”
La dottoressa cercò un punto lungo la strada dove accostare l'auto e spense il motore.
“Ecco, ora la posso ascoltare, sa, sono in macchina... Diceva che le viene da vomitare.. ma tutto questo le è già successo.”
“Sì, qualche mese fa, ma stavo meglio.”
Ha di nuovo paura di prendere la tigna?”
No no, quello è passato.”
Qualche mese prima la donna aveva trovato nel suo giardino un cane adulto, ammalato. Non era la prima volta che curava un animale non suo, lo faceva per un obbligo interiore, provava per quelle creature una pietà rabbiosa, uno strano sentimento che la dottoressa Ridolfi non aveva mai incontrato nel corso non della sua carriera di medico, ma della propria vita. Daniela aveva portato il cane dal veterinario e aveva scoperto che aveva la tigna, una micosi che si attacca anche agli esseri umani. Daniela si era maledetta per aver accolto il cane, l'aveva consegnato al canile municipale, e aveva cominciato a provare un'ossessione che la tormentava, aveva paura di ammalarsi anche lei e i suoi familiari. Passava in rivista il marito e la figlia ogni giorno e trascorreva molto tempo ad esplorare il proprio corpo, ogni arrossamento la inquietava e andava subito dal medico di famiglia a farsi esaminare, ma non voleva prendere i farmaci necessari. Daniela prendeva quasi solo rimedi erboristici o omeopatici. La dottoressa Ridolfi aveva faticato non poco per farle riacquistare un minimo di equilibrio. Daniela aveva scelto quel modo di curarsi molto tempo prima, quando aveva scelto anche di essere ambientalista e vegetariana, aveva deciso che era la sua medicina, si curava con prodotti omeopatici anche quando erano evidentemente inefficaci e le era capitato di soffrire molto nell'attesa della guarigione sperata. Sottoponeva anche i familiari allo stesso trattamento. Oltretutto non aveva trovato un medico omeopata che le piacesse nella città dove viveva, che era Arezzo. La dottoressa Ridolfi stava a Siena, quindi era necessario prendere la macchina o l'autobus per andare da lei. Daniela rendeva ogni cosa estremamente difficile e complicata da eseguire, tutta la sua vita si stava trasformando in un grande, complesso rito, che era come un labirinto, una tana della mente.
E allora cosa c'è che la turba, Daniela?”
E' che.. non sto bene." 
Ho capito che non sta bene, ma di solito lei ha dei pensieri che la inquietano, non vuole cercare di individuarli, di esprimerli? C'è sempre un pensiero all'origine dei suoi malesseri. Sa che se lo individua lo può superare..”
Ha sentito di questa pioggia luminosa?”
La dottoressa drizzò le antenne e disse solo ”Sì. E allora?”
E allora.- Ripeté le parole della dottoressa, stizzita- Possibile che lei non si preoccupi? Sono solo io a capire quanto sia … pericolosa e stranissima questa situazione?”
Mi dica invece perché si preoccupa lei.” 
Era inutile fare un'analisi della cosa se non si capiva prima cosa esattamente angosciasse Daniela, i suoi percorsi di pensiero erano imprevedibili. 
Cosa vuole che mi preoccupi. Mi preoccupa TUTTA questa faccenda, da morire. Dicono che si tratta di un parassita che viene dallo spazio. Ma se lo immagina? Una specie di contagio... poi però dicono che è una cosa buona, che può farci solo bene e far addirittura progredire la razza umana...”
La voce le si incrinò e mentre parlava singhiozzava e piangeva, in preda ad una crisi nervosa. La dottoressa pensò che era peggio dell'altra volta. Pensò anche che i mezzi d'informazione creavano una gran confusione nella testa di queste persone fragili. 
Disse: Ha preso il Rescue Remedy?” 
“Sì sì, l'ho preso. Ma la paura non mi passa. Penso solo a quello e non riesco più a mangiare, ho lo stomaco serrato e l'amaro in bocca tutto il giorno. Sa come mi succede, mi viene una specie di.. fissazione. Me ne accorgo, cosa crede? Fare da mangiare è diventata una tortura, sento tutti gli odori della verdura forti e disgustosi e il mi' marito e la mi' figliola voglion trovare il pranzo pronto quando tornano.”
Quando si agitava parlava in dialetto.
Come faccio, poi, a esser sicura di non venire a contatto con questa specie di...peste? Come faccio a evitare che la mi' figliola la prenda? A scuola ce la devo mandare! Per forza, è la scuola dell'obbligo, ci controllano! E poi ora è grande, se avesse fatto ancora le elementari avrei potuto tenerla a casa, fare come mi pare, dire che era malata, ma ora è lei che ci vuole andare!”
Mi sembra una cosa sana che voglia andare a scuola...” Azzardò la dottoressa.
Sana? Ma è impazzita? Questa cosa è come una polvere nell'aria, non c'è modo di fermarla! E'...è una cosa che entra con l'aria che si respira e prende possesso di noi, ci cambia, ci infetta, forse ci ammazza!” 
Ora piangeva a dirotto. La dottoressa tacque e aspettò un po' prima di rispondere. Poi cercò dentro di sé le parole giuste . “Vede Daniela, ormai lo sa, ha la tendenza a ingigantire le cose che le accadono, o che accadono a tutti in generale, come questa. Non dico che non ci siano motivi di preoccupazione. Poi lei ha questa ipersensibilità per gli aspetti che riguardano la salute. E va bene. Ma proviamo a esaminare le cose. Cos'è successo alla fine? Niente di grave. Quelli che l'hanno preso cosa hanno avuto? Una febbrata, niente di più e alla fine stavano meglio di prima.”
Ma sono morte delle persone!”
E' vero, ma legga i fatti come sono accaduti: erano due donne anziane, già ammalate. Vada a leggere i resoconti dei giornali, o forse no, meglio di no, le mando una mail con alcuni siti dove può trovare informazioni valide e non gonfiate.“
Ho già letto dei siti internet, dottoressa, e sa che dicono? Dicono che si tratta di un'invasione aliena, che arriveranno presto degli invasori in carne ed ossa e che questo serve solo a preparargli la strada. Ecco che dicono! Qualcun altro dice che dopo essere entrati nei nostri corpi ci uccideranno tutti! Sarebbe stato meglio eliminare i primi ospiti, ecco! Ucciderli, meglio uccidere poche persone prima per evitare una strage in un secondo momento, non le sembra?” 
Come è drastica! Vede, non sarebbe servito a niente, perché, come dice lei, si presenta come una polvere e se l'hanno presa degli esseri umani è caduta anche sugli alberi, sugli animali selvatici.. prima o poi sarebbe comunque arrivata all'uomo. Avrebbe voluto che intervenissero con una bomba atomica?” Disse questo con ironia affettuosa. 
Daniela gridò: “E allora come ci si salva? Come si evita? Non c'è modo, questa volta non c'è modo!”
La dottoressa scosse la testa. “ Daniela, Daniela, lei non può vivere con tutta questa paura e rabbia. Le fa male! Fa male a lei e ai suoi, pensi a sua figlia, santo Dio! E' questa rabbia il contagio che avvelena!
Potrebbe essere anche davvero la fine del mondo e noi, lei e io, che ci possiamo fare? L'unica cosa che è in nostro potere è reagire con equilibrio, senza farci portare via la poca serenità che abbiamo!”
La donna si era ricomposta e parlò con rabbia fredda. 
“Ho capito, ho capito. Lei dice sempre le stesse cose, ma la ringrazio, davvero, la ringrazio tanto. Ha ragione, farò come dice lei, fiori di Bach e calma, tanto se ci invadono, se ci si ammala tutti e si muore o ci si trasforma in qualcos'altro che male c'è?"
Adesso non sia sgradevole! Cosa vuole che le dica? Non ho soluzioni, non ce le hanno i governanti che osservano le cose da un punto di vista tanto più alto e hanno più informazioni, figuriamoci se ce le ho io, il tempo ci dirà come risolvere le cose, se ci sarà bisogno di interventi e se questi saranno possibili. Pensi piuttosto alla crisi siriana, quelli hanno veramente problemi seri, li ammazzano ogni giorno, e che dovrebbero fare? Se lei fosse lì forse non avrebbe pensieri ossessivi!” Era la prima volta che le scappava la pazienza. Tentò di riprendersi. ”Via, su, non si offenda, dico questo per esagerare, per il suo bene. Cerchi di recuperare equilibrio, di mettersi nei panni degli altri e di valutare con distacco la sua condizione. Vive in campagna, in una bella casa che le piace, è in buona salute, ha una bella famiglia, perché non guarda le cose buone che ha? Ha la vita che desiderava e non riesce a godersela. Il problema non è nelle cose esterne, è dentro di lei. ”
Daniela disse “Sì sì, scusi se l'ho disturbata .” 
Si sentiva nel tono della voce la convinzione di aver parlato a vuoto, di non esser stata compresa, e la volontà di interrompere una conversazione inutile.
No, aspetti, -disse la dottoressa Ridolfi- quando ci vediamo? Quando ha il prossimo appuntamento con me? “
Fra un mese.” 
Bene, allora ci vediamo fra un mese. E ne riparliamo, vedrà che tutto si sarà stemperato. Prenda i fiori di Bach e aggiunga Gelsemium omeopatico, si ricorda? Nella stessa dinamizzazione dell'altra volta.”
Si salutarono.
La dottoressa Ridolfi chiuse la comunicazione sentendosi estremamente frustrata. Per un verso era rattristata, non riusciva ad aiutare quella paziente, per un altro verso era arrabbiata, quella donna era il suo più grande insuccesso, intemperante, prepotente, rabbiosa, irrispettosa e disturbata. Si accorse che per la prima volta le saliva alla coscienza una parola. Una malata psichiatrica? In passato l'aveva indirizzata da una collega psicologa di Siena. Non conosceva nessun psicologo ad Arezzo e neanche lei si fidava dei servizi pubblici. Daniela allora era più accondiscendente e c'era andata, ma solo due volte. Aveva detto che era troppo complicato, troppo lontano, troppo grande la spesa nei viaggi, troppo tempo perduto per un'ora scarsa di colloquio. Era tutto vero. Maria Teresa aveva chiesto alla collega cosa ne pensava e quella le aveva detto che la donna era paranoica e doveva soffrire molto, ma non si lasciava aiutare. Forse aveva bisogno di farmaci. Secondo lei Maria Teresa avrebbe dovuto invitarla e anzi spingerla con decisione ad un colloquio con il servizio d'igiene mentale della città dove viveva. Era essenziale che si curasse per la salute propria e soprattutto della famiglia. C'era una figlia minore da tutelare. Maria Teresa si era giustificata, aveva detto che la donna non voleva, che si fidava solo di lei e che lei aveva la sicurezza di riuscire ad aiutarla. La psicologa aveva affermato che non si trattava di una delle sue solite pazienti, donne borghesi con poco da fare che hanno solo bisogno di essere ascoltate, questa era una situazione a rischio, aveva il dovere di intervenire e di mollare questa paziente e lasciare che qualcuno veramente competente l'aiutasse.
Mollare questa paziente”, aveva usato quest'espressione, come se lei non volesse lasciarla andare. E aveva detto “veramente competente”.
E lei cos'era? Avevano finito per litigare al telefono e la collega l'aveva invitata con durezza a darsi una mossa se voleva evitare conseguenze gravi. 
“Di che tipo?” aveva chiesto lei. “Potrebbe far del male a se stessa o a qualcuno della famiglia, ti avverto.” Maria Teresa era consapevole della delicatezza della situazione, della difficoltà anche solo di conservare la fiducia di Daniela, e aveva continuato a incontrarla periodicamente e darle dei farmaci omeopatici. 


SYM 16

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AFRICA

I bambini e i loro genitori erano entusiasti dell'uscita che avevano fatto al lago di Chiusi. Avevano trascorso un pomeriggio bellissimo che aveva funzionato perfettamente come laboratorio di biologia. La sera Gigliola, molto stanca, raccontò a Paolo la gita, felice. Paolo ascoltava con un orecchio solo, preso da certi problemi di lavoro da cui non riusciva a distaccarsi. Si ricordò di una cosa da dire urgentemente a Gigliola: “Mi dicevi che ti serviva un aiuto in casa per sostituire l'Isolina che va in pensione?”
“Sì, l'Isolina ci lascia la prossima settimana. Ma se non abbiamo trovato nessuno rimane ancora un po'...”
“La Cristina, la mia caposala...”
Non c'è bisogno che tu mi dica chi è la Cristina, la conosco benissimo!”
Insomma, la Cristina è la presidente di un'associazione femminile per l'integrazione delle donne straniere.. non mi chiedere come si chiama che non me lo ricordo. Una delle dieci associazioni di cui fa parte. Ha trovato per noi una donna africana, piuttosto giovane. “
Ecco, africana!, sicuro, perché qui ci mancava solo l'Africa, poi siamo al completo.“
Ho pensato esattamente la stessa cosa.” disse Paolo sorridendo.
Perché è questo essere sposati, pensare le stesse cose senza bisogno di dirsi niente.” disse Gigliola mentre si sedevano per la cena. 

NTHANDA

Dopo qualche giorno Paolo, a colazione, disse a Gigliola che quella stessa mattina sarebbe venuta la donna africana per parlare con lei. Alle dieci infatti suonò il campanello e Gigliola andò ad aprire la porta. Si trovò davanti una donna nera, ma veramente molto nera, che le sembrò bellissima, con le treccine e un corpo che, sotto gli abiti larghi, comodi e colorati, si indovinava agile e forte.
“Si accomodi...sono la moglie del dottor Giusti...Gigliola. “ Le diede la mano. La stretta era forte e calda. La donna aveva il 
SYM ma era impenetrabile. “Nthanda, mi chiamo Nthanda.”
Si sedettero in salotto.
Mi trovo un po' in imbarazzo, -disse Gigliola- perché abbiamo avuto l'Isolina per le pulizie da quando abitiamo qui, ormai tanti anni, non abbiamo cambiato mai, è di casa...e ora l'Isolina va in pensione … lei vive qui alla Chianella?”
Sì signora. “
E dove abita?”
Tutti conoscono Menchino. La casa vicino a Menchino.”
Ah.” Fece Gigliola, pensando che era una vera stamberga.
Nthanda parve leggerle nel pensiero e disse che la casa era molto brutta e fredda, ma la stava sistemando: era la prima casa per lei e suo figlio da molto tempo ed era contenta.
Ha un figlio?”
Un bambino di nove anni, Abu.”
Oh! Ma allora potrebbe portarlo qui il pomeriggio, dopo la scuola vengono diversi bambini del paese, di tante nazionalità, ci manca solo l'Africa.”
Lo so, signora, grazie. Lei è famosa in paese. Ma devo chiedere a lui. Non so se fa piacere vedere la mamma che fa i mestieri, non so...”
Che strana donna- pensò Gigliola- si vergogna di fare le pulizie?”
 Senta, io ora le faccio vedere cosa c'è da fare in casa, ma non deve considerare di fare tutto di corsa o tutti i giorni, si organizzerà lei, e io non pretendo granché, molte cose le faccio da sola, per esempio il bagno, non mi fa piacere far pulire il bagno da una persona estranea... per lei, sa, non per me. Non ho paura di prendere una malattia o qualcosa dagli altri... - Gigliola arrossì. - Ma che sto dicendo... faccio sempre della gaffes...è che preferisco fare da sola. Non mi piace che una persona che viene a casa mia pulisca il bagno con tutto quello che... penso che ognuno dovrebbe pulirsi il suo di bagno, non crede? Anche la regina di Inghilterra! - La donna nera stava cominciando a reprimere una risata. - Oh, ma sto dicendo delle cose sbagliate, e forse mi fraintende, la metto in imbarazzo.”
La donna sorrise: “No, capisco, anzi la ringrazio.. per l'orario?“
Non so, può arrivare anche verso le nove e mezzo, così magari prima si occupa di casa sua, accompagna a scuola suo figlio.. poi può mangiare qui con noi, col bambino, lo va a prendere a scuola, o lo fa accompagnare qui col pulmino, tanto portano il bambino dei vicini... il pomeriggio direi fino alle 15, un'ora di stacco pomeridiano, che ne dice? Per il contratto di assunzione andiamo al Patronato..." La donna le prese la mano. Tutta la distanza e la freddezza che aveva sentito si sciolsero. “Grazie signora, lei non sa.. grazie.”

Giulia- disse Gigliola al telefono- non ti puoi immaginare. Questa donna..”
Quale donna?”
L'africana, Giulia!”
Ah, sì, mamma, quella che doveva venire per il colloquio.”
Una vera regina nera, ma molto nera! Bella, Giulia, e regale, sembra di avere in casa una donna nobile, impenetrabile... Parla italiano quasi alla perfezione, con un lievissimo accento francese.. non le ho chiesto da che paese dell'Africa viene, ora che ci penso.”
Quando comincia a lavorare da voi?”
Domani. Dirò all'Isolina che può andare in pensione da subito e tornare a trovarci quando le pare. Sarà qui tutte le sere, ci scommetto, si è tanto affezionata ai bambini.”
Bene. Sono contenta che il problema della collaboratrice familiare sia risolto. Un po' mi dispiace per l'Isolina, quando torneremo andremo a trovarla. Mamma, a proposito, quando torno in Italia, la prossima settimana, vi devo parlare di una cosa.. qui è arrivata notizia di un giovanissimo matematico coreano che sta studiando le probabilità delle crisi, è un po' difficile da spiegare, insomma la probabilità che si verifichino crisi in vari settori, e lui si è concentrato sull'arrivo del SYM, e pare che abbia trovato dei criteri per prevederle... per esempio si verificheranno più facilmente nelle zone periferiche dove il SYM è arrivato inizialmente, come la Chianella, ma ci devo studiare su e quando vengo avrò notizie più dettagliate.”
Bene, perché così mi allarmeresti soltanto, se fossi il tipo che si fa allarmare. Ma non lo sono. A presto, figliola.”

Gigliola disse all'Isolina che dal giorno seguente poteva restare a casa. “Ci mancherà tanto, Isolina." 
“Anche lei signora, mi manca di già ma se non disturbo torno, tanto da casa mia a qui è un attimo, a piedi. Ma che fa, prende quella nera, al posto mio?”
Gigliola sorrise, ci avrebbe scommesso che l'Isolina avrebbe trovato da ridire. “E' difficile sostituire una come lei, Isolina...”
Se non trova altro la faccia provare, ma la tenga d'occhio, mi raccomando!”

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 Cara Sari, mi fa piacere che ti stia appassionando, sarai l'unica. In questo capitolo la donna nera sorprende Gigliola e i bambini. La donna nera è un omaggio alla mia cara amica Antoinette.

Maggio 2013: PEZZI DI PLASTICA E PESCI PREISTORICI 

Dopo qualche giorno che Nthanda era da loro Gigliola la invitò a prendere il tè nel pomeriggio e conoscere i bambini.
Questa è Nthanda, ragazzi, mi aiuta in casa, al posto dell'Isolina.”
I ragazzi la guardarono incuriositi. “Nthanda! Che nome è?”
Africano, disse lei, io vengo dall'Africa.”
Gigliola prese un gessetto e scrisse il nome alla lavagna. La bambina polacca lo sillabò e lo ripeté con la enne iniziale.
Non così difficile, disse la donna nera, si legge Tanda perché la enne non si pronuncia.” 
E che vuol dire?”
Sì, vuol dire qualcosa?”
Vuol dire Stella. “
Bello, però.” disse Chiara.
Luchino la guardò bene “Sei molto nera!”
Molto più nera di me.” Disse Deepak avvicinandosi e accostando la mano alla sua. Chiara le toccò le treccine. “Come mi piacerebbe avere queste!”
Nthanda restava calma e sorridente a farsi osservare quasi come un fenomeno vivente, ma era solo la novità.
Bevvero il tè. Chiara mangiò uno yogurt, buttò a terra il vasetto di plastica, lo pestò, lo ruppe e lo lasciò lì. Tanto poi c'era sempre qualcuno che raccoglieva e puliva. I ragazzi protestarono perché la separazione dei rifiuti era una regola del gruppo fissata dall'inizio. Fra le loro voci si sentì quella profonda di Nthanda. “Nessuno vi ha raccontato la storia del pezzo di plastica e del pesce preistorico?”
Mai!” Disse un bambino. Gigliola era in cucina e sentì che in salotto c'era un silenzio quasi assoluto.
Bene, forse posso raccontarvela io. “
Sì sì, sentiamo!”
Qui vicino, nei dintorni della Chianella, alcuni anni fa viveva una donna che un giorno portò a casa dal supermercato un pollo dentro una scatola di plastica rigida, cucinò il pollo, mise la scatola dentro un sacchetto con altri rifiuti e non lo mise neanche dentro il cassonetto, ma lo lasciò lì davanti, legato, a terra, perché le faceva fatica aprire il cassonetto. Dalla scatola saliva un odore forte di sangue e di carne di pollo che attirò un ratto che di notte passava di lì. Il ratto pensò, con quel poco pensiero che hanno i ratti, orientato al cibo, all'accoppiamento e alla difesa: “Che buon odore, si mangia!” Rose il sacchetto e rosicchiò la scatola. Ne mangiò un po', ma non sapeva di carne, c'era solo l'odore! Ora noi non vogliamo sapere cosa ne fu della sua cacca che conteneva la plastica rosicchiata, che pure sarebbe un racconto interessante, no, oggi parliamo di un'altra cosa. Passò un cane e anche lui masticò la scatola e la divise in tanti pezzi minuscoli. La notte piovve forte e molti di questi pezzi furono trasportati dall'acqua che scorreva come un piccolo torrente, fino al fosso. Qualche pezzo rimase impigliato nelle alghe e nelle erbe del fosso. Dato che erano pezzetti di plastica di colore chiaro un rospo passò e pensò che fosse cibo: provò a mangiarne un pezzo, lo inghiottì, blub, ma si ferì la gola perché era duro e tagliente e la gola sanguinò. Ma noi non vogliamo sapere, oggi, che ne fu del rospo ferito e della plastica che aveva inghiottito. Seguiamo molti altri pezzetti che, senza impigliarsi, arrivarono prima al fosso della Chianella, poco lontano da qui, e poi al canale maestro della Chiana.”
Sì! Ci vado a pescare col babbo! - disse un bambino.- Ma il pesce non si può mangiare perché è inquinato, si ributta in acqua...”
Già, -disse Nthanda- prova a pensare perché. Un po' di pezzi galleggiarono sull'acqua giallastra del canale e corsero fino al fiume Arno, passarono in mezzo a valli coltivate e città fino al mare. Questo per farla breve, perché intanto, lungo la strada, accaddero ancora molte cose alla plastica in pezzi. Soprattutto la plastica si modificò e per effetto della luce e del calore alcune sostanze che conteneva si sciolsero nell'acqua, sostanze non buone per la vita, veleni. Ognuno di questi pezzetti avvelenò un pochino l'acqua. In mare i pezzetti trovarono delle correnti, che sono come strade del mare, che li portarono al largo, lontano dalla riva. Alcuni pezzi furono mangiati dai pesci. Che poi li espulsero negli escrementi, e si trovarono a galleggiare di nuovo nel mare. Alcuni raggiunsero, attraverso il canale di Gibilterra, l'Oceano."
Dov'è il canale di Gibilterra?”
Eccolo!” Lo trovarono sul mappamondo che tenevano sul tavolo.
Ora che erano nell'oceano -continuava la voce profonda di Nthanda - cominciarono a vagare in correnti ancora più grandi che trasportavano plancton, branchi di pesciolini, meduse...”
Sì abbiamo visto Nemo!” Esclamarono i bambini, che avevano visto un cartone animato.
“Sì, come Nemo fecero il giro del mondo, questi pezzetti di plastica, viaggiarono più di quanto un uomo o anche un pesce può viaggiare in tutta la vita. Ma erano solo pezzetti di plastica e non vedevano niente di ciò che c'era intorno a loro. E sì che sfiorarono le barriere coralline dove c'erano pesci di tutti i colori, coralli e creature che formavano come vele o ventagli nell'acqua tiepida, e altrove, sul fondo, nel mare aperto, c'erano scheletri di balena ...Finché arrivarono in un posto del mare molto lontano dalle terre, da tutte le terre, in cui le correnti trattenevano tutto ciò che era galleggiante e sospeso nell'acqua. Era un paese galleggiante di pezzi di plastica, perché è la plastica, più del legno, più di ogni altro materiale, che si disfa lentamente, quasi non si disfa per niente...
Questo paese di plastica, di pezzi minuscoli tutti vicini, formato in tutti gli anni da che gli uomini avevano inventato e usato la plastica, e l'avevano gettata senza curarsene dovunque capitasse, è diventato grande come un grande stato americano, il Texas. Allora non era così grande e nessuno sapeva che c'era, troppo lontano da tutto, anche dalle rotte delle navi. E se ne formavano altri in tutti i mari del mondo. Ma il mare, prima che della plastica, è dei pesci, dei microrganismi, delle meduse, dei polipi, dei cetacei..”
Che sono i cetaci?” chiese una bambina.
Cetacei!! Sono le balene e i delfini...anche le orche!” gridò un altro bambino appassionato alla storia, che non voleva interruzioni.
 Sì, e se forse loro, che sono molto intelligenti, riuscivano a volte a tenersi alla larga dal continente di plastica, molte altre creature non potevano. Entrate lì, portate dalle correnti, soprattutto nelle tempeste,non riuscivano a venirne fuori, perdevano l'orientamento, o se ne uscivano avevano comunque mangiato plastica, o la plastica si era infilata nelle branchie, negli occhi, facendoli ammalare. Perché la plastica, in quell'immenso tratto di mare, era dappertutto, in pezzi grandi, ma soprattutto in pezzi piccolissimi.
Intanto, sulle coste del continente africano, una barca di pescatori stava tornando al porto e i pescatori pensavano con cupidigia a quanti soldi avrebbero ricavato dal pescato della notte. Avevano trovato infatti nella rete un grosso pesce che non avevano mai visto: pesce diavolo, l'avevano chiamato, perché aveva un aspetto orribile, denti aguzzi e visibili, senza labbra, occhi tondi e cattivi. Nella città c'era una Casa per studiare, un'Università, dove si studiavano le forme di vita marina, e uno dei professori aveva promesso ai pescatori riuniti un compenso speciale per chi avesse portato pesci mai visti. Quella mattina uno dei pescatori andò all'Università a cercare il professore, che si chiamava professor Severini e veniva da una città vicino a noi, qui in Toscana, una città che si chiama Livorno.
Sì! Ci sta la mia zia, a Livorno c'è il mare!” I bambini si erano molto appassionati alla storia.
Il professor Severini era un biologo marino. Cioè uno studioso della vita del mare...quella mattina non stava bene e invece di andare lui al porto mandò una sua collaboratrice del luogo, nera. Perché in quel paese abitava solo gente nera e tutti i bianchi che ci vivevano erano arrivati da poco, da un mese, un anno, o cento anni, ma i neri ci stavano da millenni, dall'inizio. La dottoressa andò al porto e i pescatori non volevano farle vedere il pesce, per tre motivi tutti validi, secondo loro. Perché era nera come loro, e non riconoscevano autorità ad uno di loro, perché era giovane, e i giovani non possono conoscere le cose, e poi era una donna, ed era peggio che mai.”
Perché? - chiese un bambino.- Le bambine sono brave come noi, qualcuna anche di più.”
La dottoressa nera dovette combattere un po' con i pescatori..”
Li picchiò?” chiese Michele.
No, non ce ne fu bisogno, ma gridò e litigò con gli uomini! Volevano che andasse il professore in persona a prendere il pesce. Allora lei disse che non volevano farglielo vedere perché l'avevano truccato. Non era la prima volta che dei pescatori, per avere i soldi promessi, che erano molti di più di quelli che avrebbero ricavato vendendo il pesce al mercato, truccavano un pesce, lo coloravano e gli attaccavano dei denti, delle pinne o una coda. Pensavano di imbrogliarla, ma erano imbrogli di bambini.”
Non è vero, noi non facciamo queste cose!”
Alla fine fece vedere loro un po' dei soldi che aveva portato per pagare il pesce e i pescatori avidi tolsero un telone da una cassa piena di ghiaccio. Scostarono il ghiaccio e dentro c'era il pesce diavolo. La dottoressa capì subito che si trattava davvero di un pesce sconosciuto alla scienza e si emozionò tanto che le tremarono le mani. Ma non lo diede a vedere. Invece disse che forse davvero avevano truccato quel pesce, che lei andava via, che non le interessava comprare robaccia. Non era vero, voleva solo abbassare il prezzo. Contrattò ferocemente e pagò un prezzo inferiore a quello che gli uomini avevano chiesto. I pescatori caricarono la cassa con il pesce sulla jeep: per lei era troppo pesante!
All'università lo esaminò col professore e i colleghi: era un pesce antichissimo, si vedeva da certe caratteristiche fisiche, e l'aspetto era veramente alieno, spaventoso, ma poco prima era stato vivo! Voleva dire forse che ce n'erano altri così, nel grande mare! Quanti ancora? Chi poteva saperlo? La scoperta era molto importante ed emozionante. Furono inviate lettere, perché ancora non c'erano computer...”
Nooo?” dissero i bambini in coro. Non ci potevano credere.
No, non c'erano! O meglio: non c'erano in Africa. Furono avvisate tutte le più importanti università e intanto la dottoressa aprì il pesce per vedere gli organi interni e lo stato di salute. Era un pesce delle profondità marine, si capiva anche da quegli occhi enormi fatti per catturare ogni bagliore di luce, e quando l'ebbe aperto le venne un colpo, il pesce aveva gli intestini e lo stomaco pieni di plastica! Era andato a nuotare lontano, ed era finito nel continente di plastica, ma la dottoressa a quel tempo non poteva saperlo. Era stato proprio uno dei pezzi di plastica che proveniva dalla Chianella a ferire la gola del pesce e lo stomaco, altra plastica si era incastrata nelle branchie e aveva riempito gli intestini senza più uscirne, capite, il pesce non riusciva più a fare la cacca, ad espellere tutta quella roba. E non poteva più mangiare! Doveva essere stato molto debole alla fine, e forse per questo i pescatori erano riusciti a prenderlo. Anche per questo aveva quell'aspetto da diavolo, se fosse stato più in carne, non sarebbe stato tanto brutto!
La dottoressa era felice e infelice: aveva scoperto un animale sconosciuto delle profondità, che quindi avevano ancora meraviglie in serbo, ma aveva visto che un pericolo molto grande, causato dall'uomo, soprattutto dall'uomo bianco, minacciava il mare, e finché non vedi con i tuoi occhi non sai mai com'è grave una cosa..”
Il racconto era finito e i bambini restavano in silenzio. Gigliola in cucina anche lei era rimasta incantata ad ascoltare, e ora si chiedeva chi era quella donna, come mai era così brava a narrare, se aveva studiato... Poi però Nthanda fece una cosa imprevista che allarmò moltissimo Gigliola. Disse: “Volete vedere il pesce preistorico?”
Ovviamente i bambini dissero di sì e si mossero tutti verso il computer, ma Nthanda aprì le mani a coppa, su di esse la polvere si raccolse e vorticò mentre lei si concentrava, e si formò lentamente un pesce di polvere, completo di tutto, come quello che lei aveva descritto.
Ooooh!” Fecero i bambini e cominciarono a saltare intorno, eccitati. Quelli che avevano il SYM, non tutti, avevano visto a volte quel fenomeno, gli altri mai ed erano impressionati.
Dio mio, -pensò Gigliola- e ora come si fa? Invisibili, aveva detto Alan, altro che invisibili, domani alla Chianella lo sapranno tutti e domani sera avremo i giornalisti! Che guaio!”
Uscì dalla cucina facendo finta di niente. Anzi: disse che era un bellissimo racconto ed un bellissimo pesce quello apparso fra le mani di Nthanda. I bambini volevano sapere come si fa a far apparire le cose. Nthanda tranquilla spiegò che era un dono arrivato con il SYM e i bambini si agitarono, quelli col SYM cominciarono a provare, gli altri non ci riuscivano e ne erano irritati. Allora Gigliola intervenne dicendo che, di solito, quella cosa non si faceva perché i bambini senza SYM non potevano farla, così era stato deciso di ignorarla, per non metterli in imbarazzo, ma era solo un gioco, niente d'importante...Sudava sette camicie, non sapeva bene cosa dire ai bambini e aveva veramente paura che tutto si risapesse alla Chianella.
Deepak disse:”Ho capito, è meglio se a casa non diciamo niente, così Nthanda lo rifarà per noi.. altrimenti forse i nostri genitori non ci mandano più qui!”
L'intervento del piccolo Deepak fu decisivo, e salvò Gigliola; i bambini si calmarono, all'idea di non poter più venire il pomeriggio al doposcuola, ora poi che diventava così interessante. Se ne andarono tutti insieme a casa con le biciclette e a piedi, poco dopo. 
Invece Gigliola disse a Nthanda: ”Venga, noi due dobbiamo parlare. Ho idea che la dottoressa nera della storia fosse lei, non è così?”
 

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Facciamo ancora un passo a lato della vicenda principale, ed entriamo nella vita di Daniela, la donna spaventata dal SYM e dalle novità che esso rappresenta.

Era passato un mese dal colloquio telefonico con l'omeopata e Daniela si presentò di malavoglia all'ambulatorio della dottoressa Ridolfi, per accompagnare la figlia, che era in cura per un'allergia. 
“Come va Daniela, meglio?” chiese la dottoressa dandole la mano.
Meglio, meglio sì.."disse la donna vaga. E le parlò della figlia. Ma nel suo sguardo, nei gesti, c'era qualcosa di inquietante che la dottoressa non poteva non cogliere. Quando ebbe parlato con la ragazzina la dottoressa la invitò a uscire nella saletta d'aspetto e lei lo fece subito volentieri, aveva il cellulare con sé e non aveva bisogno di compagnia.
Bene Daniela: come va quel .. problema col cibo e quella … piccola ossessione per la polvere?”
Polvere? Quale polvere?” disse la donna fingendo di non aver capito.
Ricorda la telefonata che mi ha fatto?”

Ah, sì.. va meglio.”
Va meglio davvero? Sotto controllo?”
Ho preso tanti di quei fiori di Bach che il mio marito s'è preoccupato. Ma gliel'ho detto di farsi gli affari suoi. In ogni modo va meglio.”
Sa, io ci ho ripensato e mi sono ricordata che quella ragazza di cui hanno parlato i giornali, Giulia Giusti, la figlia della coppia che è stata fra i primi ospiti della polvere...”
Ah, sì...” disse Daniela improvvisamente vigile, fingendo di non provare interesse.
Bè, quella ragazza è venuta da me, qualche anno fa, forse due o tre anni fa, ho uno schedario e ho ritrovato la sua scheda.“
Davvero?”
Sì. Sapevo che l'avrei interessata. Una ragazza normale, una bella figliola, simile a lei per certi versi, cioè, diciamo che avete delle cose in comune. Vegetariana, almeno quando venne da me, e ambientalista convinta, un'amante degli animali, di quelle che raccolgono le bestiole ferite per la strada, ha presente il tipo? Proprio come lei! Una veraentusiasta della vita.”
Sperava, dicendole queste cose, di modificare i suoi pensieri riguardo a quella faccenda. Daniela sogghignò.
Si vede che è giovane per sapere come vanno veramente le cose. E perché era venuta da lei? Se me lo può dire, naturalmente.”
Non nel dettaglio, ma diciamo che era uno di quei disturbi che l'omeopatia risolve con facilità. E' venuta due o tre volte. Mi piacerebbe fargliela conoscere. Vive vicino a lei, questo lo sa, vero?”
Sì- disse la donna lenta, come se rimuginasse qualcosa per conto suo.- sì, abita alla Chianella, una trentina di chilometri da casa mia, anche se ora pare che stia parecchio a Londra, dove vive il suo compagno. Fa la traduttrice, è laureata in lingue. ”
Ah, è più informata di me!”
Sì continuo a leggere qualcosa, ci sono dei blog, su Internet...”
Mi chiedevo infatti perché non fa anche lei qualcosa del genere, tipo aprire un blog per scambiare idee e opinioni su queste cose. Quando ci prendono queste idee ossessive, e guardi che nella vita può capitare a tutti, si deve reagire, ed è ottimo esprimersi e scambiare con altri, per ridimensionare, in ogni modo fare qualcosa di positivo, anche buttar fuori la propria paura..”

Nei giorni seguenti Daniela trovò l'indirizzo dei Giusti e un pomeriggio disse al marito che andava a un colloquio di lavoro, invece se ne andò alla Chianella per vedere dove abitavano, presa da un'insana curiosità. Si sedette al bar del paese e prese informazioni, dicendo che passava di lì per caso. Il barista le disse che non era mica la prima persona a chiedere, tutti i forestieri che passavano di lì chiedevano, ma era una curiosità quasi affettuosa, d'altra parte i Giusti li conoscevano tutti e ora che il dottore e sua moglie erano tornati insieme era una bellezza vederli. 
Il dottore in paese era benvoluto da tutti: “E ci credo,- disse l'uomo- ha curato tutti i nostri bambini e gli vogliono tutti bene. Poi ora la signora ha messo su un doposcuola per i nostri ragazzi... sembrava una bischerata, all'inizio, ma sa che son venuti da tutt'Italia a vedere?” 
Il barista esagerava per fare pubblicità al paese, e alla propria piccola attività commerciale. Finora il bar rischiava di chiudere, frequentato solo da alcuni inossidabili anziani e da pochissimi avventori di passaggio, ma da qualche tempo c'era più movimento, i clienti erano aumentati impercettibilmente, ma in modo costante. Mentre chiacchieravano Daniela ebbe un colpo di fortuna insperato, perché nel bar entrò Giulia. Daniela vide la ragazza, carina, circondata di una luminosità lieve e pulsante, allegra, e provò un senso di profonda repulsione.
Ecco l'aliena. “ pensò. Giulia salutò il barista e chiese due cappuccini, uno per sé e uno per l'amica che l'accompagnava. L'altra ragazza non luccicava. 
“Allora non tutti lo prendono.” Pensò Daniela e attaccò facilmente discorso con le due ragazze, tenendosi a debita distanza, Era divisa fra la voglia di sapere e la paura della polvere. Giulia sentì che in quella donna qualcosa non funzionava a dovere e fu particolarmente gentile. Le spiegò, dietro una sua domanda, che la polvere, come l'aveva chiamata la donna, non si attaccava a tutti. Anzi molti avrebbero voluto ma non riuscivano a prenderla e lei e gli altri che erano in contatto con il SYM non capivano il criterio di selezione. 
“SYM?” disse Daniela.
Sì, fra di noi lo chiamiamo così, il Simbionte, perché ci viviamo insieme ed è una vita migliore, glielo posso assicurare.”
Daniela ebbe un brivido. Giulia la salutò e andò verso l'auto. Daniela sentì che con l'amica parlava di orari dei treni. Tornò a casa sua pensando che aveva ragione la dottoressa Ridolfi, doveva fare qualcosa di positivo, trasformare in azione questo terrore che provava, se nessuno faceva niente forse un gesto plateale poteva riportare l'attenzione su quella faccenda disgustosa. A casa fece la doccia e si strofinò la pelle molto forte, per lavare via le particelle luminose, anche se non si vedeva niente, e la sera a cena suo marito le chiese perché era tutta rossa.

SYM 19

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UNA RIUNIONE TEMPESTOSA

Dopo quello che era successo nel pomeriggio, il pesce di polvere e tutto il resto, Gigliola sentiva il bisogno del parere di Paolo. Lo chiamò al telefonino e lui rispose brusco che non era proprio il momento, aveva ancora da fare e avrebbero parlato al suo ritorno. Oltre la sua voce se ne sentiva un'altra, alterata. Gigliola si ricordò che aveva detto che si sarebbe trattenuto dopo la fine del turno per una riunione con il dottor Benedetti, il direttore dell'ospedale, e si sapeva quanto lui lo detestasse. Paolo però, distratto, non spense il telefono e Gigliola si ritrovò ad ascoltare la discussione in corso. Sentiva la voce dell'altro, ma non capiva bene che diceva, arrivava distinta solo quella di Paolo, ma poi lui si muoveva e alcune parole si perdevano:

Insomma direttore, ora che siamo soli possiamo dirci la verità: la riunione di oggi serviva a informarci delle ennesime nomine di primario, questa volta di pediatria e oncologia, fatte con concorsi truccati..” si sentì una voce ribattere: “Come si permette...avere le prove quando si parla...”
..Come li chiama lei dei concorsi per titoli costruiti su misura per chi deve vincerli? Guarda caso tre anni fa c'erano alcune esperienze che facevano punteggio, e ora quelle non fanno più punteggio, ma lo fanno altre, diverse. Sa di che sono convinto? Che questo De Rosa che arriverà da noi avrà in curriculum proprio quella roba lì...” 
Ancora reclami, ma le parole erano indistinte. E di nuovo la voce di Paolo, più alta “.. ma non mi prenda in giro!Abbia un minimo di buon gusto! Non voglio mica farle causa! Per far che? Passare anni a pagare legali, se poi trovassi avvocati non legati a voi, che accettino di mettersi contro il vostro cartello di mafiosi massoni...”
Mannaggia! Gigliola non riusciva a sentire distintamente la voce dell'altro.
Ma che stava dicendo Paolo? Si sarebbe messo nei guai...
E' già successo, è inutile che faccia di no con la testa, giovani medici pieni di rigore morale e speranze che tentano di emergere, ancora me la ricordo la brillante dottoressa De Giudici che non trovava un solo legale da qui a Firenze e Siena disposto a difenderla...se ne andò che piangeva, meglio l'Africa, disse!” 
“..missionaria bigotta!” furono le parole del Benedetti che Gigliola riuscì a sentire.
Bigotta? Anche in quel caso il suo lavoro in Africa per due anni fra i malati di AIDS non valeva niente, come punteggio..mi ricordo bene che lei le disse, col solito buon gusto, se era andata in Africa per fare curriculum o per una questione umanitaria. Sempre sensibile e raffinato. Ora dieci giorni in Angola di questo che deve arrivare quanto li avete valutati? ...Un punteggio esagerato! E pare che li abbia trascorsi in hotel per un convegno...ma lasci perdere, che ne abbiamo viste di tutti i colori! Siamo stati zitti per anni, ma ora basta... no, gliel'ho detto, non voglio crearle fastidi, ma neanche lei a noi, però!”
Quell'altro urlava più forte di Paolo, e Paolo era arrabbiato, ma fermo. “Io, mi sono adattato, non mi fanno fare carriera?, va bene così! Mi mandano in culo al mondo alla Chianella? Mi adeguo. Faccio il medico, è quello che volevo fare. Ma fatemelo fare! L'ultimo primario, che veniva dal PD, non ci lasciava campare. Quello prima, estrazione PDL, era uguale. Nessun vero interesse per il lavoro, solo potere e soldi. E burocrazia a vagoni. Mi dice che differenza c'è fra le parti politiche? Nessuna. A me non interessa più, io, grazie a Dio, ho una bella famiglia, rimessa insieme per miracolo dopo l'arrivo del SYM... sto bene così- continuò Paolo- non ho più ambizioni. O piuttosto: mi avete spento tutte le ambizioni di far carriera, ma il lavoro è diventato sempre più interessante. Le propongo un patto: lei ci mandi i suoi primari di facciata, tanto qui, lo sa anche lei, c'è sempre meno da fare da un po'. Ma che non ci rompano i coglioni, a me e ai miei collaboratori, che ci lascino fare quello che ci interessa, la raccolta ed elaborazione dei dati  sull'adattamento uomo/SYM. Senza interferire.”
Paolo, nell'agitazione, doveva aver di nuovo toccato il cellulare perché la comunicazione si interruppe improvvisamente. Gigliola cadde a sedere sulla sedia più vicina. Ma che gli era saltato in testa? E il suo lavoro era sempre stato così, una lotta per avere quello che ti spetta?


Quando più tardi Paolo tornò a casa Gigliola non disse nulla della conversazione che aveva ascoltato per caso, ma lo guardò bene: era stanco, ma non sembrava irritato. Chissà come era andata a finire col direttore?... Decise di far finta di nulla e raccontargli quello che era successo il pomeriggio, della “lezione” di Nthanda ai bambini, di come fosse stata efficace e coinvolgente e di come tutto si fosse concluso con il pesce di polvere luminosa. Pensava che forse l'avrebbe distratto dalle altre preoccupazioni.
“Ohi ohi...” fece Paolo, quando ebbe ascoltato il suo racconto.
E non basta, Paolo, mi ha salvato Deepak, è stato lui a dire, senza che dovessi farlo io, che si doveva stare zitti e non dire nulla a casa, perché forse i genitori non li avrebbero più mandati al doposcuola. Li ha convinti tutti, o almeno mi pare, lo spero tanto. ”
Bambino saggio, l'ho detto fin dall'inizio.” disse Paolo. Ascoltava ma si vedeva che era stanco morto e anche abbastanza avvilito.
Poi ho parlato con Nthanda. Indovina: è laureata in biologia! Lavorava in Africa con un certo Severini... di Livorno, ti dice qualcosa?”
Mi pare, sì, di ricordare, forse ho avuto un professor Severini, biologo, di Livorno, al liceo, quando abitavamo a Firenze, un giovane appena laureato, un sognatore...non sarebbe strano che fosse finito in un'Università africana.”
Comunque: doveva capitare a noi una colf laureata in biologia? Mi sento in soggezione! E' bravissima in casa, tutto lucido, perfetto, sa stirare, è educatissima, e poi cucina bene, hai assaggiato anche te, quelle volte che non ho potuto cucinare, ma non poteva essere una qualunque colf senza titolo di studio? Bravissima con i bambini, un'insegnante nata. Ha un bambino suo e vive in una stamberga indegna. E' un'ingiustizia, e uno spreco enorme farle fare la colf! Pensa quanto bene potrebbe fare come insegnante, o ricercatrice... Pensavo, Paolo, intanto non potremmo darle la casina? Non ci abita nessuno...E potremmo cercare di recuperare la sua laurea, perché possa lavorare usando il suo titolo di studio. Intanto però non la dobbiamo mandar via: si è raccomandata, mi ha detto che ha assoluto bisogno di questo lavoro!”
Avevano rimesso a posto un annesso agricolo pensando che forse Giulia sarebbe venuta ad abitarci, ma poi Giulia era andata a vivere in città e la casina era rimasta vuota. Ora Giulia stava tanto tempo a Londra!
Potrei chiederle nel frattempo di aiutarmi nel doposcuola, per i bambini sarebbe una fortuna!” concluse Gigliola.
Paolo aveva ascoltato in silenzio, ma si vedeva che si innervosiva e ora sbottò:
“Insomma Gigliola! - quasi gridava - Un po' di realismo! Sai quanta gente arriva in Italia ogni giorno? La vedi la televisione?
E credi che siano tutti dei barbari con l'anello al naso? NO! Molti sono laureati, o diplomati, sai che mi ha detto un geometra in ospedale ieri? Che in cantiere hanno un manovale nuovo che non è capace a niente, non sa le proporzioni per fare il cemento, non si sa muovere... un rumeno. Il geometra gliel'ha detto e questo qui è rimasto mortificato. Gli ha detto: “Vuoi fare il manovale, ma non sei capace a niente, ma che facevi a casa tua ?” “L'ingegnere elettronico.” Ha detto quello. Capisci? E' pieno di gente così! Per non parlare dei laureati che abbiamo qui e che non trovano non dico da fare il mestiere per cui si sono formati, ma neanche gli spazzini. O come cavolo li chiamano ora, operatori ecologici. Sembra che non siamo più capaci di chiamare le cose col loro nome...Che vuoi fare, salvare il mondo intero? Ti sei svegliata tardi, fino a qualche mese fa te ne fregavi e ora all'improvviso... Vuoi che ti dica come la penso? E' già tanto se diamo un lavoro a questa donna, tu non sai come stava prima, ha sofferto perfino la fame, lei e il bambino, nel 2013, soffrire la fame, in Europa, e non sappiamo cosa le sia capitato prima ancora, la Cristina mi ha detto che è tanto contenta di lavorare per noi, e più di così non posso fare, non io. In fondo, non so se l'hai presente, io, io stesso, sono discriminato da una vita, sennò non lavoravo in questo buco di ospedale alla fine del mondo. E la vita, sì, la vita, non so che senso abbia, ingegneri che finiscono a fare i manovali, grandi menti che andarono in cenere nei forni crematori delle SS, bambini che soffrono e muoiono senza potersi e potergli spiegare che senso ha la loro morte e la loro vita, una biologa africana che arriva in casa nostra a fare la donna di servizio... il significato di questo mi sfugge, ma non posso più caricarmi di altre responsabilità. Non posso sentirmi colpevole e responsabile di tutto questo per tutta la vita. Sono stanco e non voglio più rogne. Voglio stare in pace. Non voglio sapere. Mi bastano i miei bambini malati. E per fortuna che da quando abbiamo il SYM molte malattie sembrano quasi del tutto debellate, anche se poi dipende sempre dall'Affinità. Certo, poi tutto questo riguarda la popolazione contagiata - disse Paolo come se parlasse fra sé - e bisogna considerare che nel resto del mondo le cose vanno come prima, cioè molto male... Quanto alle figure di polvere, basta giochini, dì questo all'africana e spiegale che dobbiamo essere invisibili, IN-VI-SI-BI-LI, rischiamo di essere vittime di atti terroristici, di qualche matto che odia il SYM, e non solo noi, anche i ragazzi che vengono il pomeriggio… Poi alla fine, che sappiamo di questa donna? Quello che dice la Cristina, ma la Cristina è una che porta a casa cani e gatti ed esseri umani randagi, per lei son tutti buoni, la sua opinione non fa testo. Per quel che ne sappiamo, per ora, questa donna nera potrebbe essere una profittatrice, perfino una delinquente. Ora vado a letto, scusami.”

Gigliola teneva gli occhi bassi. Si sentiva mortificata ed era una delle rare volte che le accadeva, nella vita. Sei mesi fa avrebbe gridato contro Paolo, ma ora si rendeva conto che aveva le sue ragioni, e che lei si era entusiasmata troppo... molti anni fa Paolo non l'avrebbe pensata così, ma certo era invecchiato e deluso, e lavorava sodo tutti i giorni, lui, mentre lei, se si guardava dall'esterno, era una signora ormai attempata, mantenuta dal marito, con delle velleità, che vuol fare grandi cose, ma non conosce neanche la realtà... Si ricordò di una domenica di novembre dell'anno passato, era in centro a Firenze e stava facendo un giro in un mercatino; l'aveva avvicinata un bell'uomo, un senegalese, che le voleva vendere qualcosa di artigianale, lei aveva detto no, poi sì, perché l'uomo insisteva e lei se ne voleva liberare, e sentiva una punta di senso di colpa che la portava alla fine a dire sì, gli aveva dato 20 euro e lui non le aveva dato che 5 euro di resto, praticamente un furto, per un ciondolo di pelle, un portafortuna... Si era tanto innervosita, perché quell'uomo aveva fatto leva sui suoi sentimenti e lei non aveva saputo reagire.. e se quella donna si fosse rivelata come lui? Una che prima ti fa pena, poi si approfitta di te...Domattina avrebbe detto a Paolo che aveva ragione. Gliel'avrebbe detto a colazione, che non l'avrebbe più disturbato con le sue fisime. Da ora in poi sarebbe stata al suo posto. Ad un certo punto, nella vita, ci si deve rendere conto che bisogna tirare i remi in barca. Aveva avuto delle occasioni, da giovane, per fare quella che salva il mondo, ma allora non le interessava e ora sidoveva arrendere e accontentare. Era già tanto accogliere i bambini nel pomeriggio. E dare un lavoro a quella donna.

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QUANDO SI DICE CAMBIARE IDEA

La mattina dopo Gigliola sedette al tavolo per la colazione davanti a Paolo e disse che gli voleva parlare di una cosa, prima che andasse a lavorare, così andava via più tranquillo.
No, prima parlo io. -disse Paolo- Ci ho dormito sopra. Sì. E ho pensato, anzi, mi sono svegliato con delle cose in mente, piuttosto chiare.
Falla venire nella casina, la donna africana e il suo bambino. Prima parla con Giulia, che sia d'accordo anche lei, ovviamente. 
Che cavolo, quella casina non la usa nessuno! 
Se tu credi di poterti fidare, dagliela. 
Non hai mica vent'anni, ne hai quasi sessanta. 
Un qualcosa in zucca ce l'hai. E sei mia moglie. E io ti voglio più bene di qualsiasi altra cosa o persona al mondo, alla pari con Giulia. Voi due siete la mia vita, sdolcinato, ma è così. 
Sì, non te lo dico mai, tienilo a mente, perché non te lo dirò un'altra volta. 
Se pensi che si debba fare si farà. Tutto. 
Si cercherà anche la sua laurea, se esiste, non so come... ma si farà." Gigliola lo guardava con gli occhi spalancati e sorrideva e le veniva anche qualche lacrima.
E perbacco, un po' di ottimismo! - disse ancora Paolo, come parlando a se stesso- Il mondo non si potrà salvare, ma questa donna ci è capitata in casa, vorremo pur fare qualcosa? Se se ne va, troveremo un'altra colf, speriamo questa volta ignorantissima..” Paolo rise forte. “Poi sai che penso? Abbiamo chiamato questa cosa delle figure di polvere un “gioco”, dall'inizio, da quando lo fecero la piccola Gaia e la signora Huang, quel primo giorno, quando eravamo isolati nelle stanze di Malattie infettive, ma non è un gioco, è una cosa meravigliosa, far vedere ai bambini un pesce o un'altra qualunque cosa senza accendere computer o televisione...dovremmo sperimentarla e lavorarci. Usarla, usare tutte le nuove abilità. Basta paura, se qualcuno vuol farci del male lo affronteremo! Niente più invisibilità. Abbiamo il Sym con noi, che diavolo!”
Gigliola girò intorno al tavolo e lo abbracciò. 
“Ah sì, e un'ultima cosa: il mio ospedale non è un buco alla fine del mondo. E' un posto dove stanno accadendo cose fantastiche, e stiamo provando anche a contrastare il Benedetti. 
E te volevi dirmi qualcosa?”
Niente, grazie, grazie Paolo!” Quando fu sulla porta Gigliola notò che quella mattina sembrava più alto e più giovane. Lo chiamò. 
“Sì, che c'è?” Disse lui.
Ti rendi conto che stamani mi hai detto l'esatto contrario di ieri sera?” 
Avrò pure il diritto sacrosanto di cambiare idea, no?”
E questo cambiamento repentino ha qualcosa a che fare con il senso della vita?”
Ma che dici?”
Ieri sera hai detto che ti sfugge il senso delle cose..”
Ah! Quello mi sfugge anche stamani!”
E allora deve essere come penso io, cioè che il senso della vita è di viverla, e non di chiudersi come in una tana di rospo foderata di paure.”
Bel pensiero! Solo tuo o?...”
Mio e del mio SYM.”
Immaginavo.”
Paolo uscì di casa a passo di marcia, o almeno sembrava.
Gigliola rifletté, mentre sparecchiava le poche cose della colazione. Paolo era cambiato tanto dal 21 dicembre 2012. Anche lei era cambiata, ma tutti e due cedevano ogni tanto a brutti pensieri (Paolo) o ad un eccessivo entusiasmo, lei. Ora Paolo le aveva dato la libertà di fare ciò che voleva e pensava giusto, ma era lei ad esitare. Prenderò tempo, si disse, intanto Nthanda comincerà ad aiutarmi con i bambini, se le va, le dirò che per questo non posso pagarla, sono una volontaria anch'io!
Nthanda aderì alla proposta con entusiasmo e elaborò un programma di cose da fare per il doposcuola. Quando fu pronto lo illustrò a Gigliola: era molto ambizioso, riuscire a fare quelle cose sarebbe stato bello, ma mancavano le persone adatte e anche un po' di soldi. Gigliola ci pensò su e telefonò a certe sue compagne del liceo, insegnanti in pensione, professioniste, e amici di Giulia. Ricevette in risposta alcuni no grazie e alcuni sì piuttosto entusiasti. Il doposcuola si arricchì di una storica, un violinista insegnante di musica, una pittrice, un'esperta di calligrafia cinese, un professore di matematica e un erborista.
Nthanda adattò il suo programma alle nuove abilità e partirono, non accompagnati, ma preceduti dai ragazzi entusiasti. Passeggiate in campagna con raccolta di fiori e erbe furono seguite dalla catalogazione, realizzazione di un erbario, disegni dal vero, studio delle qualità erboristiche, piccoli concerti in mezzo ai prati, organizzazione di un coro, gite ai musei della zona, ai monumenti, alle tombe etrusche ... Il gruppo di “insegnanti” volontari si amalgamò e iniziò a lavorare in armonia. 
Gigliola disse ad una di loro che era imbarazzata di non poterli pagare, quella rispose “Scherzi? Erano anni che non mi divertivo in questo modo!”
A conclusione di questo Gigliola si convinse definitivamente e telefonò a Giulia che si trovava ancora a Londra per dirle che aveva l'intenzione di far venire Nthanda nella casina. Giulia non aveva nulla in contrario, neanche un po' di gelosia, pensò Gigliola, però le chiese gli estremi di Nthanda, nome cognome e luogo di nascita. Giulia in Inghilterra si occupava di questo: informazioni. Gigliola propose a Nthanda di venire a vivere nella casina. Lei accettò con gioia.
 

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In questo capitolo arriva padre Giulio. Padre Giulio mi serve a ragionare sul sentimento religioso e la Novità che sempre si presenta nella vita.

seconda metà di giugno 2013: ALLE CELLE


Era da poco finita la scuola e una mattina di giugno Gigliola e Paolo, col signor Berti e un paio degli insegnanti volontari, accompagnarono i ragazzi a visitare Le Celle. Le Celle è un monastero fondato da San Francesco che si trova poco sopra Cortona, un luogo sorprendente, ma nonostante sia vicino alla Chianella, molti bambini non c'erano mai stati. Arrivandoci sembra di trovarsi all'improvviso in Tibet o in Ladakh. Le casette dei frati sono costruite intorno ad una forra di grandi rocce in cui, nella stagione favorevole, scorre un piccolo torrente. Alle Celle in quel periodo viveva un giovane frate con la passione della pittura che era stato a scuola con Giulia, da ragazzo: padre Giulio, che ricevette con gioia i bambini. Li guidò nella visita, parlò con loro e poi, quando si sparpagliarono a giocare lungo il ruscello, si sedette con Gigliola.
"Allora, Giulio, sei felice qui?” gli chiese lei.
A Gigliola, forse perché aveva il nome e l'età di sua figlia, pareva di parlare con un nipote o un figlio. Il viso di frate Giulio si oscurò. 
“Sì, certo, ma c'è una cosa che mi turba tanto...che però vedo che voi accettate così serenamente..ne parlo con lei perché ci conosciamo da tempo e qui, non so con chi confrontarmi...”
E cioè?” fece Gigliola curiosa.
Questo parassita...mi spaventa.”
Oh...ma perché? Non fa niente di male, non vedi, ce l'abbiamo quasi tutti, alla Chianella, e...come posso dirti? Tutto è migliorato, la salute, e anche i rapporti fra le persone. Insomma; non voglio dire che sia una cosa miracolosa...restano tanti problemi, anzi.. sono quasi tutti aperti. Ma c'è tanta speranza di risolverli. E' come se avessimo cancellato dal vocabolario la parola rassegnazione.” 
Intanto Paolo si era seduto sulla panca, accanto a loro, al limitare del prato.
Disturbo?” chiese.
No, no, dottore, anzi.. stavo dicendo a Gigliola della mia difficoltà ad accettare la presenza del parassita..”
Che tipo di difficoltà?” chiese Paolo interessato. 
Ah, ehm..di tipo..religioso, intellettuale, teorico..insomma: le Scritture non hanno mai previsto l'arrivo di una creatura dallo spazio!
Ed è una creatura che interviene nel modo di approccio alla realtà, che fa sentire amati, fa emergere le parti migliori, le qualità; favorisce, come diceva lei, Gigliola, le relazioni umane e perfino la correttezza delle relazioni...”
E il problema dove sta?” domandò Gigliola.
Proprio qui! - esclamò Paolo- Nel fatto che padre Giulio considera il parassita come uno scivolo verso la santità...- Paolo rise - una facilitazione immeritata, che non ci siamo guadagnati, che non trova collocazione e sistemazione nella dottrina...o sbaglio?”
Qualcosa del genere. - il giovane si sforzava di spiegarsi – La sua presenza cambia le carte in tavola, modifica certi presupposti della fede, o forse no, forse semplicemente è una novità che disorienta, che ...sposta i punti di riferimento...Questo da un punto di vista generale, ma poi c'è l'aspetto personale..”
Capisco- disse Paolo- perché tu hai il SYM, vero?”
Oh... – il fraticello arrossì. -Si vede tanto?” Chiese guardandosi intorno come se qualcuno potesse scoprire il suo segreto.
Non preoccuparti, lo nascondi molto bene. Ma non dimenticare che sono un medico, sono abituato a valutare i segni. Noi due, mia moglie e io, siamo stati fra i primi a prenderlo. E poi il mio SYM se ne è accorto subito.” Paolo era intenerito dal giovane.
“Con voi sento di poter parlare. - Padre Giulio abbassò la voce - Mi sembra quasi come se fossi fidanzato.”
Sembrava una cosa buffa, ma negli occhi gli si leggeva la paura. Gigliola lo guardò con curiosità affettuosa.
Immaginate, vero?, che per un frate giovane sia possibile provare attrazione verso le ragazze, altrimenti non saremmo umani...ma io ho fatto voto di castità e non ho difficoltà a tenergli fede. Però sono stato contagiato. Da quando è successo mi sento amato, coccolato e curato, come se mi fossi innamorato e fossi ricambiato, ma non potessi dirlo a nessuno. Ho questa creatura con cui ho un rapporto amoroso e devo far finta di niente, mi capite?”
Perché, qual è la posizione ufficiale della Chiesa su questa faccenda?”
Lo sapete anche voi, la Chiesa prima di assumere una posizione, giustamente, osserva...prende molto tempo e ora sta osservando l'evoluzione. Una posizione ufficiale non c'è, direi che ce n'è una ufficiosa.. secondo loro si tratta di un contagio che ha delle conseguenze sul sistema nervoso e produce effetti di benessere quasi come una droga..”
L'ho pensato anch'io, i primi giorni.” Disse Paolo sorridendo.
Io sono preparato all'eventualità di innamorarmi, so come reagire, mi metterebbe in difficoltà, ma la saprei gestire...questa cosa qui, invece, non son stato capace di rifiutarla, di allontanarla da me! E' arrivata e l'ho ...subita, e accettata, forse. Il nostro padre superiore prima ha detto che si trattava di un contagio, come un virus, una malattia, poi però considera chi l'ha preso responsabile, come se si fosse infettato volontariamente, e non è così! Disapprova chi ha il SYM! Ma se fossimo malati di lebbra, che colpa ne avremmo? E' la stessa cosa. Per questo cerco di non farmene accorgere. Mi sono inventato di averne preso una forma lieve...”
Paolo scoppiò a ridere.
Non esistono forme lievi di SYM!”
Ecco, infatti io, da quando ce l'ho, dico anche tante bugie e non è una bella cosa!”
Paolo scosse la testa “Direi che hai ragione: ci sono questi due aspetti che dicevi tu. Quello generale, per cui forse conviene regolarsi ricordando gli altri casi in cui la dottrina della Chiesa fu messa in discussione. Per esempio mi viene in mente il passaggio dalla visione geocentrica a quella eliocentrica che ha portato a rendersi conto che non siamo al centro dell'universo, ma al margine di una delle tantissime galassie...Anche quell'aggiustamento culturale fu doloroso. Ora quelle nozioni sono state integrate, anche se è rimasta una certa diffidenza nei confronti della scienza senza briglie..senza limiti etici. Diffidenza spesso condivisibile. E in fondo per la chiesa non è cambiato granché: Gesù viene sempre per salvare il mondo, ma ora sappiamo che potrebbero esserci molti mondi come il nostro...che racconteremmo agli abitanti degli altri mondi se li potessimo incontrare? Ecco che arriva davvero qualcuno da un altro mondo, questo essere di scaglie che ci si attacca addosso come un'altra pelle...cosa gli raccontiamo, qual è il succo della buona novella di Gesù? Forse è questo che la Chiesa dovrebbe chiedersi? E non dimenticare che la cosa vale per tutte le religioni. D'altra parte questo essere sembra sappia molto più di noi riguardo all'amore universale...Poi c'è l'aspetto personale. Ma, benedetto frate, che responsabilità hai tu se hai preso il SYM? E' come hai detto, in fondo è un innamoramento, se conosci il concetto di Affinità..”
Affinità? Certo che lo conosco..”
Ma non conosci l'Affinità SYM. L'Affinità SYM è una specie di superconcetto che comprende molte cose...Ti suggerisco una cosa: lasciati andare, parla col tuo SYM. Capirai presto che non è una fidanzata, è un essere che ti ama, che ama ogni creatura vivente con cui viene a contatto, che sceglie per Affinità, e ama l'umanità in generale, anche se questo mi resta a volte difficile da capire.. è un essere razionale e ti farà capire molte cose, troverete insieme soluzioni e modi di comportamento. Non lasciarlo in silenzio; lui, la creatura, ha pazienza, ha tutto il tempo del mondo, ha fatto un viaggio di migliaia o centinaia di migliaia di anni terrestri, non lo sappiamo, e può aspettare, ma tu no! Tu hai bisogno di aiuto ORA e lui, il tuo SYM, te lo può dare: insieme ce la farete, da solo sarebbe molto difficile. Affidati, abbi fede, prova a pensare che se il tuo Dio ha permesso che il SYM arrivasse da te ci sarà pure qualcosa di buono ...”
Si stava avvicinando un frate più anziano e Giulio arrossì, si alzò subito in piedi e gli presentò Paolo e Gigliola. “Questi signori sono i genitori di una cara amica che fu mia compagna di scuola al liceo... parlavamo di quei tempi lontani..”
Oh bene, bene..”
Il frate si allontanò con una benedizione e Giulio disse “Sentite quante bugie dico? Un pessimo segno!”
Ma no!- disse Gigliola - E' solo uno smarrimento temporaneo.”
Padre Giulio sorrise: “Vi devo ringraziare tanto! Credo che oggi Dio mi abbia mandato voi come un dono...mi avete parlato con una dolcezza che non trovo fra i confratelli, sono tutti piuttosto impauriti dal SYM e non sanno darmi aiuto, anche se mi vogliono bene.” Si abbracciarono e i loro SYM si fusero e tornarono sui propri ospiti, che era un modo tipico del SYM di incontrare i propri simili.

In auto, tornando, Paolo e Gigliola erano soli, i ragazzi erano saliti sui due pulmini per stare insieme. Paolo disse che gli dispiaceva aver trovato Giulio così disorientato: certo che la chiesa non aiutava chi aveva preso il SYM. La chiesa era composta, in teoria, da uomini di fede, eppure in casi come questi si arroccavano su vecchie posizioni per paura del nuovo. Ma se avessero davvero fede penserebbero che anche queste novità vengono dal loro Dio onnipotente e sarebbero sereni e fiduciosi. Invece manifestano solo la paura di vedere crollare l'edificio teorico che sostiene la struttura. Gigliola lo guardò con affetto:
Ma come sei bravo, Paolo! Ogni tanto, da quando abbiamo il SYM, scopro nuove cose di te che mi fanno sentire più fortunata per essere tua moglie...sei stato così gentile con Giulio, così capace di entrare in sintonia!”
Paolo brontolò qualcosa.
”Non capisco cosa dici..” disse Gigliola.
Ho detto che non mi piacciono i complimenti.. Chi credevi di aver sposato, lo Yeti?”
Ma no! Solo che oggi eri tanto diverso dall'altro giorno quando gridavi col Benedetti!”
E te che ne sai?! “ Fece Paolo sorpreso.
 Gigliola si sarebbe mangiata la lingua.
”Ho sentito per caso la conversazione in ospedale..non avevi spento il cellulare!”
Ah. Con quello lì l'empatia non serve. Ero certo che nessuno avesse ascoltato e invece no. Mi sono fregato da solo...non avevo spento il cellulare, dici? Per fortuna che c'eri tu al telefono...era un colloquio molto privato. E' che sono stufo di stronzate. Sì sono proprio stufo di discorsi su ciò che è opportuno...questo è opportuno, questo non lo è. Significa solo che una cosa fa comodo o scomodo a qualcuno che ha potere e a me, a noi gente normale, non resta che abbassare la testa.”

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 In questo capitolo si parla di traslochi. Quanto può essere difficile un trasloco? Anche se qualcuno ha girato mezzo mondo, appena trova un luogo da chiamare casa, per quanto scomodo, gli rimane subito difficile separarsene.
Si parla anche di razzismo, prendendolo molto alla larga. Tutto questo attraverso la figura di un bambino molto lungo e molto nero. 
I primi tempi che vivevamo qui girava per il paesino un trio di ragazzini: uno "nativo" del posto, biondo dalla pelle chiara, uno indiano Sik e uno africano, molto lungo e molto nero. Amici per la pelle per anni. Ora che sono cresciuti non li vedo più, credo che le due famiglie straniere si siano trasferite.

ABU

Abu era il figlio di Nthanda, aveva nove anni ed era un ragazzino magro e lungo, molto nero. Era talmente lungo che a vederlo sembrava una marionetta scoordinata e sua madre lo chiamava anche Dede, che in swahili vuol dire cavalletta. Sembrava abbastanza allarmato dal fatto di cambiare casa. La casina che avevano messo a disposizione Paolo e Gigliola gli piaceva, era graziosa e circondata dal giardino, ma la “stamberga” era stata la prima vera casa da anni e faceva fatica a lasciarla. Si sentiva in pericolo e inquieto. Un pomeriggio Gigliola gli chiese di andare con lei al fosso della Chianella, per fare una passeggiatina.

Può venire con me, mamma Nthanda?” chiese Gigliola, e ottenuto il permesso dalla mamma andarono insieme. Faceva tanto caldo e si sedettero lungo il rio in un punto che a Gigliola piaceva molto, all'ombra di un ontano, in una curva dove l'acqua era più profonda. Era molto bello, se non si consideravano le zanzare e i tafani che ronzavano continuamente intorno posandosi su di loro senza riuscire a bucare la pelle che il SYM aveva reso impenetrabile, ma era lo stesso molto fastidioso, perché, non trovando altro accesso, venivano tutt'intorno alle narici, agli occhi e alle orecchie, dove la protezione SYM era meno spessa. Continuavano a scacciarle con le mani.
Gigliola disse: “Sei contento di venire a vivere qui? Non cambi molto, sei vicino al paese lo stesso...”
Sì.” Rispose serio il bambino strappando fili d'erba con una mano e con l'altra allontanando gli insetti.
Cos'è che non ti piace? Perché si vede bene che qualcosa non ti piace, sai?”
Non mi piace che la mamma lavori.”
Ah. E perché?”
Nei posti dove siamo stati le mamme non lavoravano, lavoravano i babbi. Le mamme facevano da mangiare e stavano con i bambini. Nessuna lavorava.”
Ma la tua mamma ha lavorato, se non in questo lungo periodo che ha dovuto fuggire da tanti pericoli. E tu il babbo non ce l'hai, quindi è lei che deve lavorare. “
Sì, ma non mi piace che faccia i mestieri da te. I bambini dicono che è un brutto lavoro, dicono che è fare la serva. ”
Oh!” -disse Gigliola e rimase per un po' senza parole. Poi disse: “Proverò a dirti quello che penso, ma devi stare attento, perché è un discorso da persone grandi, non da bambini. Sei pronto ad ascoltarlo?”
Sì...” disse Abu, un pò intimorito.
Tu sei un bambino un po' speciale, perché all'età tua non tutti hanno visto quello che hai visto tu, o hanno vissuto nei campi profughi, o tutte le cose che sono capitate a te e alla mamma e io ancora non so... magari ce le racconti un po' per volta, a me e agli altri bambini.. che ne dici?”
Forse.” disse Abu.
Comunque tu sei un po' speciale e anche la tua mamma lo è. Scommetto che pochissime mamme che hai incontrato erano intelligenti come la tua. Il tuo babbo non c'è più e lei ha dovuto fare da mamma e da babbo. Ora siete qui e qui per vivere si deve lavorare, ma la tua mamma lo faceva già in Africa. Lo faceva in un posto dove le donne lavorano quasi solo in casa, per la famiglia. E allora qualche volta sono quasi schiave. Serve, come hai detto tu. La tua mamma in più, ha studiato. Studiare fa la differenza, una donna che ha studiato non sarà mai una serva. E lavorare si deve. Altrimenti si vive di elemosina.”
Cos'è elemosina?”
E' quando altri ti danno soldi, ma tu non li guadagni, li devi chiedere. Non guadagni il tuo diritto di avere soldi per vivere, dipendi da altri che potrebbero non darteli più, magari per darli a qualcuno che ha più bisogno di te. Forse non ti danno mai quanto ti serve.”
Mmmhh..”fece Abu rimuginando. Gigliola si disse che gli stava dicendo troppe cose, alcune delle quali non erano facili da spiegare. Chissà se riusciva a cogliere il significato del suo discorso?
Vedi, io ho solo questo lavoro da offrire, quello di fare le pulizie. So che la mamma può fare molto di più, ma non ho un'Università, solo una casa. E la tua mamma dovrebbe lavorare in un'Università o in una scuola, come faceva all'inizio in Africa. Ma lei vuole lo stesso questo lavoro, perché vivere senza lavorare fa male, ci si sente inutili, ci si sente di non valere e di non guadagnare il denaro che ci serve. Forse capirai meglio da grande, ma intanto mi devi credere. Perché l'ho provato anch'io. Alla fine di una giornata di lavoro, qualunque lavoro onesto, ci si sente bene e in pace, di aver fatto qualcosa di buono per se stessi e per tutti gli altri. Il lavoro ti collega col resto del mondo, un po' come fa il SYM: hai presente?”
Ah!” fece Abu più attento. Poi disse:
Sì, ma i bambini mi dicono muso nero figlio di serva.” 
Questi bambini sono veramente....meglio non dire la parola che ho sulla punta della lingua! -esclamò Gigliola. - I bambini sanno essere molto crudeli, a volte. La tua mamma non è affatto una serva, è una donna che lavora. Ora mi aiuta anche nel doposcuola e lì è una maestra, un'insegnante... lo vedrai da te se verrai con noi. E la tua pelle ha un bellissimo colore. Meglio della mia. Non lo vedi?" Disse Gigliola accostando il braccio a quello di Abu.
Non lo so... ma io, anche se mi chiamano così, non voglio più andare via di qui. Qui ci sono i miei amici, quelli che mi vogliono bene, i compagni di scuola. Io da grande voglio fare il contadino, come il nonno del mio amico Gino.”
E perché vuoi fare il contadino?”
Perché ha detto il suo nonno che il contadino non va mai via, non va nemmeno in vacanza, ha sempre delle cose da fare, le mucche, i conigli, le galline, il campo e l'orto. Voglio fare quello e stare sempre in un posto!”
Eh sì.. -pensò Gigliola- Quel bambino ne aveva avuto abbastanza di viaggi, permanenze in campi profughi, spostamenti con mezzi di fortuna...Aveva bisogno di pace e stabilità.”

Nei giorni seguenti si misero in moto parecchie cose. Gigliola e Nthanda imbiancarono la casina, e i genitori di alcuni bambini del doposcuola le aiutarono. Gigliola si divertì moltissimo a scegliere in casa propria dei mobili da mettere nella casina, che non era del tutto arredata. Poi si accorse che stava esagerando e disse a Nthanda di continuare da sola, di aggiustarsi come voleva, che in quella casina doveva starci lei col suo bambino. Quando Gigliola andò a prendere le poche cose di Nthanda alla stamberga, come la chiamava mentalmente, trovò che invece era diventata un alloggio grazioso. Suggerì alla Cristina di assegnarlo alla famiglia di Chen, che viveva con molti altri parenti e che fu felice di andare a stare per conto proprio. Pare che non vedessero l'ora, avevano l'intenzione di andare a vivere a Prato, per allontanarsi da quella famiglia opprimente. Al posto loro arrivarono altri parenti cinesi. “Il mondo si muove!” Pensò Gigliola.

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DAVIDE


Davide conosceva Giulia dall'università. Era passato parecchio tempo. Giulia era diventata famosa per un po' come una delle prime ospiti del parassita, ma l'interesse era sfumato e svanito nel contenitore della memoria mediatica, che tutto digerisce rapidamente. Troppo rapidamente. Davide si era chiesto perché le cose fossero state dimenticate, se non ci fosse una volontà occulta di calare il sipario su quella storia che all'inizio era apparsa come un cambiamento epocale. Aveva chiesto a Giulia di intervistarla per una radio e un sito web con cui collaborava. 
“Stupido - aveva detto lei - cosa vuoi intervistare? Sono sempre la tua amica e non vedo l'ora di incontrarti.” 
Si erano dati appuntamento in un bar di Piazza della Repubblica, si sarebbero seduti ad un tavolino di un bar all'aperto, come avevano sognato di fare da studenti tante volte e avrebbero parlato come gli adulti senza problemi economici che vedevano sedersi lì da ragazzi. Un caffè, in quei bar, costava almeno tre volte che altrove. Era curioso di vedere che effetto gli avrebbe fatto rivedere Giulia, e doveva concentrarsi sulle domande che aveva preparato, cosa voleva dire avere addosso il parassita, rabbrividiva al pensiero, lui non l'aveva preso, nonostante fosse stato a contatto con dei contagiati, ed era molto meglio così. 
O almeno lui ne era convinto. Se non era cambiato nulla Giulia avrebbe avuto almeno dieci minuti di ritardo. Si guardò intorno, la vide arrivare, era in orario! E stava parlando al telefono, il vento soffiava contro il vestito e le scompigliava i capelli biondo scuro con il caratteristico riflesso luccicante del parassita... gli sembrò bellissima. Nei pochi attimi che trascorsero finché lei gli arrivò accanto Davide pensò alcune cose: che era bellissima, ma “diversa”, in qualche modo aliena, come non appartenente a tutto il resto della scena, anche se qua e là altre persone erano come lei. 
Che lui, Davide, era ancora un po' innamorato di lei ed era bastato vederla per capirlo. 
Che gli faceva paura. Sì, gli faceva un po' paura. Giulia chiuse il telefono, buttò la borsa sulla sedia, aprì le braccia e lo strinse forte, mentre gli diceva come fosse stato imbarazzante arrivare fin lì sempre sotto gli occhi della scorta che Alan le aveva fatto assegnare, che non si sentiva più così libera come quando erano ragazzi e passavano di qua senza mai sedersi ai tavolini... poi lo guardò in faccia e gli disse “Dio come sono felice di essere qui!” e si sedette di schianto. Questo sedersi di schianto era abitudine di Giulia, ma questa volta Davide notò che lo “schianto” non era avvenuto, che era come volata sulla sedia, con una grazia che non ricordava.
Davide le chiese se voleva ordinare qualcosa al cameriere che si stava avvicinando. 
“Un gelatone? Che dici?” Dopo qualche minuto due coppe di gelato col ricciolo stavano sul tavolino, mentre loro avevano cominciato a chiacchierare: Giulia che raccontava l'arrivo del SYM, Davide che chiedeva se non si sentiva ormai diversa da tutti gli altri esseri umani.
Ma certo che mi sento diversa! Sono diversa! Nel mio sangue sono presenti particelle luminose, le mie ossa sono rinforzate e rese più elastiche e resistenti agli urti, la mia pelle è mille volte più efficiente di prima, e oltretutto luccica debolmente... ti basta?”
Ma sei ancora umana?”
Non mi vedi? Ti pare che mi scappi qualche tentacolo da sotto il vestito? Benché potrebbe ...Guarda un po'..”
Col gioco delle figure di polvere fece spuntare un piccolo tentacolo dall'orlo del vestito. Davide, con gli occhi spalancati per lo stupore, le fece segno di smettere, la gente li guardava già con interesse. 
Giulia rise e il suo riso era completamente umano e uguale a quello che ricordava. Davide era perplesso e imbarazzato. La guardava e pensava che era ancora e sempre la sua Giulia con qualcosa in più, ma niente in meno, niente di particolarmente inquietante, a parlarci, se non questo non so che di alieno che permaneva... glielo disse. Lei raccontò.
I primi giorni era un dialogo ininterrotto, interno, fra me e “lui/loro”. E' strano sentirsi abitati da qualcun altro...”-Davide rabbrividì-” ..ma con un grande rispetto, qualcuno che vuole il tuo bene.. Io l'ho accettato subito e gli ho chiesto di farmi sentire i pensieri degli altri, di connettermi con il resto del mondo.”
E l'ha fatto? Come è stato?”
Non ti puoi immaginare. Io credo che mi sia arrivata come un'eco, perché lui/loro funzionano come antenne, che captano tutto, senza scegliere... credo. Pensi che le persone ti passino pensieri importanti, ma la maggior parte, colti in un qualsiasi momento, pensano solo che hanno fame, paura, che gli scappa la pipì o la cacca, che stanno facendo tardi, che soffrono, pensieri così banali, e orientati sulla sofferenza... e poi è un muro di voci, terribile. Sono svenuta. Ha imparato da me, e si è ritirato da me, c'era ma era in completo silenzio, senza connessione con il sistema neurologico. Lo può fare, se vuole, come anche può lasciare l'ospite, o saggiare e non entrare. Sai quelli che lo desiderano ma non ce l'hanno? Penso che siano loro che in realtà non lo vogliono. Non so bene, ma credo che vada dove l'ospite ha un buon rapporto con se stesso. Con ospiti che non si danneggiano, intanto. Non va dove c'è uso di droghe o alcol. Mio padre ha smesso di fumare, con il SYM. E' quella che chiamiamo l'Affinità. Comunque starne senza è terribile, dopo che l'hai provato e avuto con te. Ora c'è, ma non apre mai i miei canali verso l'esterno, non sono ancora pronta. Provo a dirti... è come se potessi all'improvviso parlare con la tua anima e la sentissi sempre viva e presente. Rinunceresti a questo?”
 Davide era in allarme. Giulia gli sembrava il personaggio di un film di fantascienza, un brutto film in cui alieni senza forma avevano preso possesso dell'umanità e glielo disse. 
“ Non posso evitare di provare ribrezzo, perdonami se te lo dico apertamente. Ribrezzo e paura. Che ne sai che quest'idillio fra te e quella... “cosa”... non finisca all'improvviso e ti trovi in suo possesso, finita tutta la tua libertà di scegliere, finito... finito il genere umano, una lenta, subdola invasione?”  
Lei lo guardò con uno sguardo intenso, le sopracciglia aggrottate. Lui disse: “Che c'è, qualcosa non va?”
Cerco le parole adatte.” Disse lei.
Mettiamola così: se fosse accaduto cinquemila anni fa. Prova a pensare a questo. Oppure diecimila anni fa. Ora sarebbe normale, forse tutti avrebbero il Sym. Il Sym e l'uomo sarebbero una coppia inseparabile, simbionti, capisci? La storia avrebbe avuto un altro svolgimento, che possiamo difficilmente immaginare. Forse non ci sarebbero state guerre tanto sanguinarie, non ci sarebbero stati le due guerre mondiali e i campi di concentramento … forse. Per come vivo io col Sym ti dico che è molto probabile. Ma soprattutto ora il Sym sarebbe la normalità.
Prova a pensare adesso che una cosa del genere, diversa ma simile, potrebbe essere già successa. Poni che prima dell'epoca storica ci sia stata una o più mutazioni indotte da elementi esterni, radiazioni solari anomale, un microrganismo, magari un batterio, che ci ha fatto cambiare e diventare quello che siamo ora. Questo tu non lo sai, né io né te lo possiamo sapere, ma potrebbe essere successo, anzi, è successo certamente, moltissimi piccoli eventi che causano il cambiamento e noi siamo qui, siamo quello che siamo, grazie a quegli eventi, non più solo primati ma uomini.” 
La mente di Davide era in ebollizione.
Tu dici che dobbiamo accettare il Sym, come lo chiami te, come un fenomeno naturale, né più né meno di un evento cosmico che se fosse accaduto migliaia di anni fa avremmo subito senza porci domande e ora, invece ci inquieta?”
No, - disse Giulia- migliaia di anni fa ne saremmo stati terrorizzati, come ora, come te adesso. Ne hai un' enorme paura.”
Perché? -Davide alzò la voce, ma la riabbassò subito guardandosi intorno- Ho torto secondo te? Dico stupidaggini? Ci stanno invadendo, neanche li vediamo, sono scaglie di silicio sulla pelle e parlano con le nostre menti, potrebbero essere l'avanguardia di un esercito di alieni spaventosi e secondo te non c'è da aver paura? Ma come ragioni? Vedi che sei posseduta?”  
Giulia lo guardò con affetto e si abbandonò sulla sedia. Gli voleva bene eppure era così difficile comunicargli ciò che viveva. Come aveva detto Alan? Che lei era l'araldo del SYM. Invisibile, doveva essere invisibile e lasciare tempo al SYM di aggiustare le cose.

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Con queste cronache del SYM so di aver perso parecchi lettori per strada, ma come ho detto questo è un divertimento mio, sta per finire e torneremo presto al blog come era prima, se avrò ancora la forza di farlo. Perché sto lavorando sempre tanto su tutti i fronti, mi pare di aver sottoscritto, quando non me lo ricordo, un contratto di schiavitù a vita. Uno dei padroni è il mio giardino. 

Tentativo di furto



Il giorno dopo, intorno al letto di Gigliola, che era ormai seduta ed era andata in bagno da sola, Gigliola stessa, Guido, Paolo e Tandie chiacchieravano amabilmente.
Hai fatto colpo col tuo lavoro!”
Sensazionale.” rinforzò Paolo.
Il dottor Serpilli ne ha voluta una copia..”disse Tandie.
Come?!” gridarono Paolo e Guido all'unisono allarmati.
Non gliel'avrai data?” disse Paolo incredulo.
Beh io...sì.”
I due uomini si alzarono in piedi. “Malissimo, hai fatto malissimo!”
Sì, ma, Paolo, lei che ne sa?” disse Guido.
Ma di che? Che devo sapere?”
Ti ruberà il lavoro!”
Rubare? E come...”
Come? Dirà che è suo! Lo attaccherà a quelle 4 osservazioni che ha fatto e ne farà il centro, poi metterà il tuo nome, in piccolissimo in fondo, come una collaboratrice oscura e insignificante!”
No! Non lo può fare!”
Lo farà! E' un frustrato cronico.. Sogna da anni di fare un colpo grosso! La Chianella, tu non lo puoi sapere, è un refugium peccatorum, personaggi scomodi a vario titolo sono stati sbattuti qui, gente che dava fastidio, arrivisti senza scrupoli, manipolatori...”
E voi due, allora?”
Noi due rompevamo i coglioni per altri versi. Io troppo perbene. -disse Paolo- Mai accettati compromessi, mai iscritto alla massoneria, bastian contrario, mi chiamavano..creavo difficoltà, complicazioni, ci sono stati episodi lontani nel tempo...ormai sono qui da quasi trent'anni.
Guido anche, un concorso truccato, lui sarebbe stato il primo, ma c'era un figlio o nipote di onorevole da piazzare..”
Nipote.” precisò Guido.
E lui fece un po' di casino. Vuoi il posto, gli dissero, ti spetta, te lo diamo! Però alla Chianella, dove non voleva venire neanche il Diavolo.”
Aaahh..” Fece Tandie con gli occhi spalancati. Ora capiva alcune cose. “Il dottor Serpilli mi ha chiamato perché gli chiarissi alcuni passaggi. Non vedo come potrebbero utilizzare la ricerca se non la comprendono. Non sanno granché di biochimica..”
Non importa. Studieranno. Figliola,- riprese Guido- sei una vittima troppo facile: donna, e sai come è ancora difficile in Italia per le donne; nera, o peggio africana emigrata, cancellata per anni dai documenti ufficiali, dimmi se non è vero...geniale, ma sconosciuta. Ti prendono il lavoro e tu che puoi dire? Chi può dire che sia tuo?”
Ecco, se mi fate parlare, proprio questo volevo dire: non lo possono fare. La ricerca è già da un paio di settimane a Marsiglia, dal professor Latouche e dai miei colleghi. Se l'è fatta mandare subito, appena completata.. salvo naturalmente le osservazioni dopo il risveglio... ora che ci penso magari aveva previsto quello che sta succedendo qui! E ne ha spedito una copia, col mio nome come autrice e la collaborazione del team di Marsiglia, che mi ha aiutato nell'elaborazione, alla rivista Science.”
Guido e Paolo seguivano le sue parole come due atleti che stanno per scattare in una corsa, finito che ebbe di parlare Paolo chiese ”Con data certa precedente al contatto col Serpilli?”
Sì, certo. “ Fece Tandie anche con la testa.
I due scoppiarono in un grido selvaggio di trionfo, saltarono in piedi e si strinsero vigorosamente la mano. 
Poi si risedettero di schianto sulle poltroncine di similpelle. Sembravano passati attraverso un'altra tempesta come quella di poche settimane prima.
Tandie rideva. Gigliola anche. Paolo disse “Sarà meglio fare una visitina a Serpilli per informarlo.”
Già. Lo farò io.” disse Guido.
Te la senti?”
Guido guardò nel vuoto. “Ho sempre vecchi conti da rimettere in pari e queste cose mi disgustano, ma mi danno anche una certa soddisfazione.”
Guido controllò l'ora, si alzò e uscì dalla stanza. Percorse il corridoio, attraversò la prima porta, un altro corridoio, l'ascensore... in pochi minuti fu alla porta dello studio di Serpilli. Bussò e senza aspettare autorizzazione entrò. “Ma chi...? Oh, sei te, Di Segni.”
Serpilli stava chino e concentrato su dei fogli sparsi sul tavolo. Era facile immaginare di cosa si trattasse. 
“Il lavoro della dottoressa M'Baye, mi immagino- disse Guido-... affascinante, no?”
Oh sì, alla luce del lavoro mio e dei miei colleghi...”
Veramente ho saputo che l'hai cercata per dei chiarimenti, passaggi che non riuscite a capire..”
Ah, ma è per la scarsa chiarezza della forma.. è di lingua madre francese...”
Non mi pare, si tratta, a quanto mi ha detto, di una vera e propria incomprensione di certi aspetti riguardanti la biochimica...”
Insomma: cosa sei venuto a fare, Di Segni?” fece Serpilli con tono aggressivo.
Guido aveva nella voce una durezza inconsueta. 
“Sono venuto a farti un favore.”
Un favore. Di che genere?”
Volevo darti un'informazione che ignori, evidentemente. Il lavoro che stai esaminando, della dottoressa Nthanda M'Baye, è già in possesso di Charles Latouche, professore ordinario dell'Università di Marsiglia. Lui e la sua equipe l'hanno esaminato e considerata l'importanza, l'hanno sottoposto alla rivista Science, che l'ha ricevuto da qualche settimana. Sai che vengono registrate le date, e che fanno fede...”
ll silenzio era pesante come piombo. Poi Serpilli, con le spalle curve e improvvisamente affaticato, voltò la schiena a Guido e disse “Ne terrò conto.“ 
“Lo spero per te.” disse Guido, e uscì.
In camera di Gigliola i tre lo aspettavano. Paolo disse “Missione compiuta?” 
Guido sedette di nuovo accanto al letto. “Sì.”
Ma non sei contento..” Disse Gigliola.
No.”
Tandie lo guardò come se si sentisse responsabile. “Oh no, non preoccuparti, non è per te... è che mi disgusta, sì, aver a che fare con un uomo della mia età, con un ottimo lavoro, uno stipendio invidiabile, credo anche una famiglia... che non ha scrupoli nel rubare, non dico dei soldi, ma un lavoro intellettuale... è orribile, come rubare un figlio, o un'opera d'arte, una sinfonia...”
Paolo lo scrutò in silenzio. 
Gigliola gli chiese: “Perché l'hai fatto, Guido, perché ti sei offerto subito?”
Non so. Perché fosse fatta giustizia?”
Giustizia sarebbe stata fatta comunque. -disse Paolo- Immagina se avesse fatto pubblicare il lavoro: si sarebbe scoperto subito o dopo poco che ce n'era un altro uguale e precedente e alla fine si sarebbe arrivati alla conclusione banale che il lavoro era stato sottratto alla legittima autrice...Tandie era tutelata e lo sai. Quindi perché l'hai fatto?”
Guido cercava il motivo dentro di sé.
Credo.. per l'ospedale. Non mi piace che si dica che qui alla Chianella siamo disonesti. Ho sofferto per la storia del Benedetti. Non volevo, non voglio che si ripeta, per tutti noi che lavoriamo onestamente, per chi lavora in ospedale, ma anche per chi vive qui, per noi, per Gigliola, per Tandie, Abu, mia moglie, i ragazzi, Deepak, Michele e tutti gli altri, perfino il sindaco...”
Vai avanti, Guido.“
Sì. Credo di amare questo posto, questa gente, questa vita. Mi ci hanno cacciato a forza tanti anni fa, ora amo questa vita che ho costruito.”
Tutti e quattro allargarono le braccia e ognuno trovò la mano dell'altro. Non ci fu bisogno di altre parole. Il SYM in loro rese più forte la condivisione e la trasmise a molte altre persone, legate a loro, che si trovarono a percepire quello stato e sorridere. Non avrebbero dimenticato quel momento.

GIGLIOLA TORNA A CASA

La mattina dopo Gigliola tornò a casa, con le proprie gambe, insieme a Paolo. Per camminare volle un bastone. Il suo SYM le disse “Non ti serve un bastone.”
Ma sì . -Disse lei al suo SYM e a Paolo.- Mi sento leggera, troppo.”
Nessuno usa un bastone perché si sente leggero.-disse Paolo- Lo usano perché hanno paura di cadere e si appoggiano, lo usano quando fa male una gamba.. a te non ti fa male niente. E non sei così leggera rispetto a prima da potertene accorgere!”
Me ne accorgo sì! -insistette Gigliola- Prova te a svegliarti dopo tanto tempo ed essere più leggero: te ne accorgeresti subito!”
Il SYM sta lavorando anche su di me, anche io divento più leggero, eppure...”
Ma te stai cambiando piano piano, io invece è come se fossi cambiata tutto insieme, o almeno me ne sono accorta tutto insieme! Mi ci vuole un bastone con la punta molto pesante, che mi trattenga in basso, un bastone che faccia calamita con la terra, ho l'impressione di essere così leggera che potrei prendere il volo!”
Allora non ti serve un bastone, ma un'àncora. 
Concluse Paolo scuotendo la testa, con quella donna non era facile ragionare, ma gli erano tante mancate le schermaglie con lei. Aveva voglia di discutere con lei per delle sciocchezze ancora per molto tempo. Gli tornò alla memoria il sogno fatto appena formato il Bozzolo, quando aveva sognato sua madre che le aveva detto di non confondersi con Gigliola, che era sempre stata leggera... sta a vedere che era un sogno profetico... In ogni modo le procurò un bastone e Gigliola lo usò, anche se non si capiva cosa ci facesse, per lo più pareva che la impicciasse. Ma Paolo non glielo disse. Per arrivare a casa a piedi ci volle un tempo lunghissimo, perché continuamente incontravano persone che si complimentavano. Pepe dalla gioia quando li vide arrivare per poco li buttò in terra. A casa c'era un mazzo di fiori sul tavolo, proveniente dal giardino di Irene, enorme e coloratissimo. Nel pomeriggio arrivarono i bambini, Giulia chiamò dall'aeroporto di Pisa che stava arrivando e tutto ricominciò come prima.

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Tranquilli, la cronaca del SYM sta arrivando alla sua naturale conclusione, ci saranno solo altre 4 o 5 puntate. 

Il contagio del sindaco

Irene osservò che era sempre difficile avere a che fare col sindaco, come sarebbe bello che anche lei prendesse il SYM! Diventerebbe senz'altro più ragionevole! Un paio di giorni dopo quest'osservazione la mattina Gigliola ricevette una telefonata da Anna Maria: “Gigliola, cerco il dottore..con urgenza! Ho un problema, diciamo, medico, da sottoporgli!”
Mio marito è in ferie e se ne è andato a fare un giro lungo il canale della bonifica, con Pepe e padre Giulio, senza telefonino, chissà quando torna!”

E io come faccio?”
Vada dal suo medico di famiglia!”
C'è il sostituto, non sono in confidenza...”
Vada al pronto soccorso!”
No, è una cosa delicata, ho bisogno di una persona di fiducia, ho bisogno di spiegarmi...”
Senta cara, non posso stare al telefono, sono in auto con Irene, stiamo andando a Bologna, al vivaio di Primitivi a ritirare le rose per il giardino di casa mia e siamo vicini alla galleria di San Donato.. fra poco non sentirò più niente, perché non cerca Guido, il marito di Irene? E' riservato e gentile con le belle signore, cerchi di lui, Irene dice che se si sbriga lo trova al bar dell'ospedale, comincia il turno fra una mezz'ora...”
Anna Maria sfrecciò con la sua vecchia station wagon fino ad inchiodare al parcheggio dell'ospedale. Un vigile urbano vedendola arrivare a quella velocità le andò incontro col libretto delle contravvenzioni, e lei quasi lo mandò a quel paese. Il vigile insistette che, sindaco o non sindaco, le avrebbe fatto la contravvenzione, lei sibilò che l'avrebbe licenziato...
Al bar effettivamente il dottor Disegni prendeva un caffè e leggeva l'Eco della Valdichiana ridacchiando fra sé: alcune notizie riportate erano involontariamente comiche. “Asino mangia uva dalla pergola del vicino: lite furibonda fra vecchi contadini.”
Il sindaco, affannata e molto preoccupata, gli chiese se poteva parlare con lui in privato per un problema personale. Guido la guardò trovando qualcosa di insolito: la donna aveva gli occhiali da sole, un pesante fondotinta, un foulard sulla testa e... i guanti, aveva i guanti. Che ci faceva coi guanti bianchi di filo? Comunque rispose gentile: “Certo, sindaco, come no? Per di qua."
La precedette nel suo ufficio e la fece sedere. 
“Scusi la confusione, ma io, lo sa anche lei, mi occupo del reparto di analisi, non devo visitare o ricevere pazienti e questa stanza è un po' la mia tana...”
Dottore, sono in un'ansia terribile!”
Perché, sindaco?” disse Guido con un'espressione allarmata che rifletteva quella di Anna Maria.
Credo di essere stata contagiata dal SYM.”
Aah!” esclamò Guido rilassandosi con un sorriso.
Secondo lei non c'è da preoccuparsi?”
No, non direi. Se non ricordo anche la sua bambina, Chiara, ha il SYM, dovrebbe saperlo che non c'è da preoccuparsi." Intanto pensava: che razza di mamma, che ha la bambina col SYM e non sa neanche che roba è! 
Invece disse : "Vuole dirmi i suoi sintomi, che controlliamo?”
“Ecco... intanto già ieri sera ho mangiato poco, cioè: il giusto. Sa: io la sera mi abbuffo e poi dormo malissimo. Invece ho dormito bene. Che è una cosa insolita per me! Strana! Mi sono svegliata prima della Chiara.. che di solito è lei la mattina a venire a scrollarmi! Stamani no.
Mi sono svegliata e non avevo la lingua impastata, la bocca amara, la schiena indolenzita, la pancia gonfia... Ho fatto colazione! Strano anche questo, avevo appetito, di solito prendo solo un caffè, e poi... mi scusi, ma tanto lei è medico e ci sarà abituato, sono andata in bagno, nel senso... ha capito, no?”
Certo, certo... Comunque niente di particolare, una buona giornata, o no?”
Eh no, io non ho mai buone giornate dal mattino, mai! Non vado al bagno neanche lontanamente, da sola. Mai stata puntuale! Invece stamani ...oltretutto mi ha preso un buonumore, una voglia di uscire, di respirare l'aria fresca, di andare scalza sull'erba..”
Direi, sindaco- disse Guido- che si è trattato di una buona giornata, eccezionale, da quanto mi dice, ma è possibile che nella vita ci siano buone giornate. Se non c'è altro..”
Ci sarebbe il luccichio.. - disse sottovoce Anna Maria mangiandosi le parole.
Ci sarebbe cosa?”
Il luccichio.” Ripeté Anna Maria senza farsi capire.
Ma se parla così, girata dalla parte opposta, sottovoce, biascicando le parole, e con la bocca storta, come faccio a capire?”
Il luccichio!” Ripeté di nuovo il sindaco, più forte e con voce chiara.
“Ah! Finalmente! Ecco, questo è un sintomo inequivocabile! Ma non lo vedo.”
“Per forza: ho messo un chilo di fondotinta. E i guanti. ”

Guido rise. “Hi hi hi...Qui in Valdichiana siete veramente spassosi. Mi ci metto anch'io che ormai sono naturalizzato. Vede, se si presenta il luccichio, tutti gli altri sintomi, altrimenti di scarsa importanza, acquistano significato. 
Ora le dirò: il primo è il luccichio della pelle, che acquista anche elasticità, morbidezza, capacità di resistere alle punture di insetto e talvolta, in stati d'animo particolari, anche altre caratteristiche utili. Si attenuano anche le rughe...Poi c'è questo miglioramento generale delle condizioni fisiche, se ne vanno i dolori persistenti, i mal di pancia, i gonfiori, la stitichezza, la tendenza a far spesso pipì, la colite, insomma tutti quei fastidiosi disturbi funzionali che soprattutto alla mia età...” Anna Maria annuiva con forza, ma Guido disse: “...ma non è il suo caso, troppo giovane.
Quasi consequenziale a questo c'è il buonumore, che predispone anche ad eventuali altre guarigioni. Un senso di speranza, di fiducia nel futuro, addirittura una visione del futuro, per chi l'ha perduta. Capisce che si tratta di un fatto banale, se uno si sente meglio è subito più allegro.
A dire il vero non abbiamo capito se venga prima il buonumore o il miglioramento generale dello stato di salute, sono talmente interdipendenti! Se non fossimo sicuri che il SYM esiste realmente si potrebbe dire che la Speranza produce gli stessi risultati, in effetti...
In un secondo momento si possono sperimentare sia questa nuova capacità di creare le figure di polvere, che sembrava un gioco, invece ne abbiamo già applicazioni importanti...” Annamaria lo interruppe.
Mia figlia, in giardino da sua moglie, solo toccando dei bulbi di dalia ha ricostruito con questo metodo l'immagine del fiore, permettendo l'identificazione, quando l'alluvione ha portato via tutto...sua moglie era tanto contenta!”
Ecco ecco, infatti...-disse Guido- e c'è anche questa comunicazione speciale attraverso la rete SYM, di cui forse avrà sentito parlare..”
Tutto qui? - disse Annamaria." 
“Sì, tutto qui. Poi possono accadere moltissime altre cose, ma questi sono i primi sintomi che si presentano.”
Non ci sono conseguenze negative del contagio?”
Che io sappia, no.”
E allora perché lo chiamate contagio?”
Non siamo mica noi a farlo!”
Beh, ma sembra che sia una malattia! Io ero tanto preoccupata, perché se in casa c'è un contagiato, passi, ma se siamo due su due, se ci aggraviamo, chi ci cura?” Anna Maria era separata dal marito.
Cara signora, se io avessi vinto la lotteria di Capodanno misembrerebbe di cattivo gusto andare da chi non ha vinto e dire, “come sono fortunato e te invece, guarda che sfiga”, le pare?”
Mi vorrebbe far credere che non avete detto di che si trattava per un fatto di educazione?”
Certo che no! C'era, all'inizio, un pregiudizio collettivo nei confronti del SYM: capisce, un essere venuto dallo spazio che si riproduce sulla superficie del corpo di essere umani e animali, anche se poi si è capito che arrivava fino agli organi interni e entrava in simbiosi profonda... il primo giorno l'agente Ford e l'agente De Funés ( ancora mi viene da ridere) ebbero l'incarico di predisporre con il dottor Smith l'eliminazione totale dei primi contagiati...”
Già. Mi ricordo.”
In tal caso Paolo e Gigliola sarebbero morti e forse non avremmo avuto il piacere di questa conversazione...Ma poi -continuò Guido- si vide che era inutile, il Sym era diffuso un po' dappertutto ed era ineliminabile, per fortuna!”
Insomma: per quanto riguarda me e la Chiara posso stare tranquilla...”
Certo sindaco. In una botte di ferro. Anzi, di silicio. Hi hi hi...” Fece Guido con una di quelle battutine che capiva quasi solo lui. Le dette la mano e Anna Maria, finalmente rilassata, andò a togliere il fondotinta in bagno.
Una quindicina di giorni dopo il dottor Di Segni fu tenuto sotto controllo per almeno un'oretta buona in ospedale perché non smetteva di ridere. Era andata così: era arrivato al lavoro la mattina alla solita ora, con quel leggero anticipo che gli consentiva di prendere un caffè e scorrere il giornale locale, l'eco della Valdichiana, che aveva anche delle pagine nazionali, essendo collegato con un altro quotidiano molto più importante. Quella mattina il giornale era in mano alla direttrice, Cristina, che lo stava leggendo accigliata: “Guardi qui, Guido, che stupidaggini scrivono!” Era veramente arrabbiata. Il dottor Di Segni lesse il titolo a grandi caratteri sulla prima pagina. “E' evidente - continuava a brontolare Cristina- che chi scrive questa immondizia non ha il SYM, anzi: è un retrogrado HSS col cervello di un'ameba!”
Il giornale titolava  "Parassita spaziale si avventa sulla popolazione mondiale: raggiunto il 60% di contagiati, il mondo in mano agli alieni”
Guido Di Segni cominciò a ridere piano piano, la risata aumentò d'intensità e non smise più, rideva e piangeva, si teneva aggrappato al tavolino, poi scivolò a terra scosso dalle risate e si cercò nelle tasche un fazzoletto per le lacrime... Cristina lì per lì lo guardò severa, poi cominciò a ridere anche lei, ma il dottor Di Segni si spanciava proprio e dopo un po' Cristina fu costretta a ricomporsi e darsi un contegno, mentre quell'altro rideva come un matto raggomitolato sul pavimento del bar. Intorno a loro si era riunita una piccola folla di gente che cominciava a ridere senza sapere perché. Cristina si disse che era una questione di neuroni specchio e chiese ad un paio di infermieri di aiutare il dottore a rialzarsi e di accompagnarlo in pronto soccorso.

SYM 46

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Nel periodo successivo continuarono a succedersi, per fortuna, cose piacevoli. Le cose sgradevoli sembravano temporaneamente esaurite.
Deepak e Michele ogni due giorni andavano al liceo ad Arezzo per le lezioni con il professor Goretti. Il professore e il Simbionte erano affini ed egli, dopo essere stato contagiato, lentamente guarì. Tutto questo esaltò sia lui che i ragazzini, che in breve tempo si dimostrarono all'altezza della matematica del liceo. Era chiaro che sarebbero arrivati all'Università con anni di anticipo.

Giulia trascorse il periodo finale della gravidanza a casa dei genitori, negli ultimi giorni arrivò anche Alan, con un certo disappunto delle due coppie di nonni inglesi, ma d'altra parte, disse Giulia “..mio padre è pediatra, l'ospedale della Chianella è perfettamente attrezzato e non posso far spostare la mamma con quello che ha passato di recente..” L'idea che la bambina nascesse senza la presenza di Paolo e Gigliola non venne neanche presa in considerazione. La bambina nacque circondata dall'affetto di tutto il paesino e di buona parte della popolazione italiana e inglese. In certi ambienti era già una celebrità.

Il giardino di Irene, con gli interventi di Gigi Primitivi e di sua moglie, il contributo del SYM, i giardinieri mandati da Anna Maria e numerosi volontari, prosperò ancora e accolse comitive di visitatori, diventando un'attrattiva locale, come aveva profetizzato il maestro giardiniere, che intanto era diventato amico di famiglia sia dei Di Segni che dei Giusti, e cittadino onorario della Chianella.

Tandie stava diventando nota di nuovo, questa volta per i suoi lavori sul Bozzolo e a tempo perso stava studiando alcuni metodi per il controllo biologico delle zanzare diurne, che ormai da parecchi anni erano un vero flagello. Tutto era cominciato con un'intuizione di suo figlio Abu: nei vagabondaggi lungo le sponde della Chianella si era accorto che le zanzare evitavano una piantina molto amata da Irene, spontanea, la Lisymachia vulgaris, molto graziosa nella fioritura, che aveva un odore di "limone e salame". Irene aveva molto riso per la descrizione dell'odore fatta da Abu e Chiara.
Tandie aveva raccolto la pianta intera, comprese le radici, aveva provato a farne un infuso con cui irrorare le zanzare, poi aveva irrorato il terreno..senza successo. Intanto i genitori di Fritz le avevano dato alcuni libri sull'agricoltura biodinamica. Tandie ne era rimasta folgorata. Aveva cominciato a fare prove di dinamizzazione del succo della pianta e infine l'aveva aggiunto ad uno speciale compost che aveva usato per fertilizzare l'orto di casa Giusti. Il terreno così concimato pareva libero dalle zanzare!
In capo ad un paio d'anni il lavoro di Tandie sarebbe servito per combattere la malaria in tutto il mondo.

Grande festa alla Chianella



Gigliola disse a Paolo che era venuto il momento di festeggiare. Paolo se l'aspettava, ma non aveva tanta voglia di avere la casa piena di gente e dover sorridere a tutti per una giornata intera: in realtà non aveva idea di quello che l'aspettava davvero, non se lo poteva immaginare neanche lontanamente.
Provò ad opporsi all'idea di Gigliola, che era condivisa anche da Giulia e Irene.
Cosa c'è da festeggiare tanto in grande?” disse a sua moglie.
Santo Dio, Paolo, se non vuoi festeggiare il mio risveglio, almeno la nascita della bambina...”
Sì, ma per tutte e due le cose basta che ci troviamo tutti insieme una domenica..”
Perché, secondo te che vogliamo fare?”
Quindi saremo una trentina di persone...”
Ma no, Paolo, prova a contare: ci siamo noi, Irene e Guido, Tandie e Abu, Cristina, non dirmi che non vuoi chiamare Cristina... e le persone dell'associazione, per forza! I ragazzi, e le loro famiglie, saranno già una sessantina solo loro, gli amici che ci aiutano nel doposcuola, e il personale dell'ospedale, mica tutti, ma è brutto invitare qualcuno e lasciare gli altri a casa...l'èquipe di Marsiglia col professor Latouche, naturalmente, e qualcuno di quei signori che vennero per il convegno con cui siamo sempre in contatto... il signor Primitivi, lui non dirmi di no, per favore, verrà con la moglie, forse con i figli, qualche collaboratore e quelli della televisione.. Mi stavo dimenticando di padre Giulio!”
Gigliola, ma saranno più di duecento: praticamente un matrimonio!”
Che ti devo dire, non abbiamo festeggiato il matrimonio di Giulia, ora ci tocca. E mi dimenticavo i nostri parenti, non li vediamo mai, è l'occasione giusta.”
Gigliola, ho la sensazione che questa faccenda ci scapperà di mano...”
Qualche santo ci aiuterà.” Concluse lei. 
 

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 La storia del SYM finisce qui. Prendetela come vi pare... certo che se una mattina vi alzerete, vedrete sulla pelle del viso una luminosità perlacea e vi sentirete particolarmente di buon umore, pensate che potrebbe essere il Parassita.. e potrebbe cambiarvi la vita. In meglio. Ultima puntata. 

Preparativi

La faccenda era veramente scappata di mano a Gigliola e finita diretta nelle mani del sindaco, che era stata contagiata dal SYM, ma non era cambiata tanto: vedeva nella "Festa di Benvenuto e Bentornato", una grande occasione di rivalsa del suo piccolo insignificante paese nei confronti dei paesi e delle città notissime della zona: Cortona, Chiusi, Arezzo, Siena...Il Benvenuto alla vita era rivolto alla bambina SYM di Giulia e Alan, che era stata chiamata Rosemary. Il Bentornato era per Gigliola e uno speciale riflettore era stato acceso ad illuminare l'attività di ricerca svolta con pochi mezzi e in un seminterrato dalla dottoressa M'Baye, che ora si trovava d'improvviso ad avere a disposizione dei soldi e una palazzina rimessa a nuovo in paese. Il sindaco aveva organizzato una festa davvero in grande stile, con cibo e bevande, un po' gratis e un po' a pagamento, e spettacoli dislocati nelle piazzette e nel campo sportivo, ma poi molte performances interessanti si tennero spontaneamente in luoghi non previsti, perché il SYM aveva attratto gente da tutta Europa, persone che avevano voglia di festeggiare sul serio!
La casa dei Giusti finì per essere solo uno dei luoghi di ritrovo di una specie di festa diffusa, ma passarono di lì a congratularsi e stringere le mani migliaia di persone.

La grande festa della Chianella, che sarebbe stata ricordata negli anni a venire, continuò per tre giorni.  A Giulia sembrava che somigliasse alla festa di Bilbo Baggins nel Signore degli Anelli. Sul piccolo palco del giardino dei Giusti continuarono ad alternarsi gruppi di musicisti dei più vari generi. C'erano jazzisti, piccole bande di paese, orchestrine, quartetti che facevano musica medievale, alternati a giovani metallari ...alcuni di loro, Paolo non lo sapeva, erano molto famosi e arrivavano da paesi lontani. La comunità cinese di Prato arrivò con tre pulmini da cui furono scaricate casse piene di costumi e strumenti, in quattro e quattrotto per le strade del paese si formò un drago coloratissimo che si contorse gioioso attraversando il giardino dei Giusti. Erano stati allestiti dei barbecues dove le varie comunità cucinarono cibi tradizionali. Ad un certo punto del pomeriggio, Gigliola andò a chiamare Paolo. Da quanto rideva non riusciva a spiegarsi e Paolo la seguì che cominciava a ridere anche lui. Sul palco era stato organizzato uno spettacolino teatrale...o così pareva. Paolo osservò senza capire mentre tutti intorno, al suo arrivo, risero ancora di più.Un giovane infermiere camminava sul palco imitando qualcuno, evidentemente. Aveva i capelli spettinati, un fonendoscopio al collo, un camice sbottonato e un'andatura che a Paolo parve familiare. Capì di chi si trattava solo quando il ragazzo tirò fuori di tasca un sigaro e finse di accenderlo. Ma certo, era lui! Gigliola era piegata in due dal ridere e anche Giulia e Alan e tutti gli altri. Sulla testa del suo alter ego il SYM formò una nuvoletta di particelle che imitò una nuvola di fumo di sigaro. La nuvola seguiva Paolo che camminava avanti e indietro con quella buffa andatura, per cui sembrava seduto sul proprio sedere, ma ogni tanto la nuvoletta restava indietro e raggiungeva di corsa la propria fonte. Evidentemente il SYM era un attore di quella rappresentazione! Paolo chiese se quella era proprio la sua immagine. “Mi pare di sì. Se tutti ti hanno riconosciuto..” disse sua moglie. Lo spettacolino raccontava l'Arrivo del SYM. Ora sul palco entrò un altro ragazzo, alto e dinoccolato, che impersonava Guido. Guido era meno conosciuto di Paolo e forse per quello gli avevano attaccato al camice delle provette e dei contenitori per le analisi delle urine e delle feci, perché fosse chiaro di chi si trattava, ma ciò che rendeva la cosa inequivocabile era che il ragazzo con una mano si tirava dietro lo scheletro di nome Oscar che Guido teneva nel suo ufficio antro. Fu accolto da una risata generale. Aveva un'aria stralunata e distratta e Guido, ridacchiando, disse : “Nooo! Io non posso essere così..” Paolo ricordava con dolcezza quei giorni: ora un'infermiera giovanissima impersonava la piccola Gaia, e un'altra l'infermiera Marina...infine entrò un infermiere maschio truccato come una donna procace: Gigliola! Gigliola si risentì un pochino, poi riprese a ridere. 
“Vedi babbo- disse Giulia- questo è vero teatro, il teatro dei greci, di Aristofane, hai presente?”
Certo, credi che non mi ricordi, quello che aveva messo Socrate in un cesto sospeso al soffitto e diceva che stava nel Pensatoio...”
Proprio così.” disse Giulia raggiante.

Un dono inaspettato

Alla fine del secondo giorno di festa Gigliola continuava ad essere insidiata dal dottor Mancuso. Il medico siciliano era tornato all'attacco più volte. Lei aveva chiesto aiuto a Paolo, ma lui le aveva detto che tutto questo era ridicolo, avevano sessant'anni e lei doveva cavarsela da sola, diamine! Che non ci provasse neanche a farlo passare per il marito geloso! Gigliola aveva gentilmente tenuto a distanza il focoso dottore e l'aveva perfino dissuaso, ma lui tornava come un grosso bombo intorno ad un fiore e d'altra parte era un ballerino talmente bravo che lei si divertiva troppo per rifiutare del tutto di ballare. Mentre Gigliola volteggiava sulle note di un valzer insieme al dottor Mancuso, che aveva il viso molto sorridente e le orecchie infuocate, Paolo, che si era messo di spalle per non vedere, stava chiacchierando con Guido e Davide. Davide era diventato, dall'incontro con Giulia, il cronista ufficiale degli avvenimenti della Chianella. Teneva un diario a cui aveva dato un titolo: SYM, il Parassita. Non era mai stato contagiato dal SYM e non sapeva se considerare la cosa un bene o un male. Giulia gli aveva chiesto, come giornalista, di tenere una cronaca di quei tempi (Felici? Infelici? Tutti e due?) sostenendo che ci voleva una persona non contagiata per assicurare la necessaria imparzialità. Davide aveva preso appunti, annotato date e redatto interviste. Quel pomeriggio osservò tristemente che era in atto una vera e propria estinzione silenziosa degli Homo Sapiens Sapiens. “Da quel fatidico 21 dicembre 2012, per quel che riguarda gli Homo Sapiens Sapiens, è una vera fine del mondo. Silenziosa, invisibile... sarà stato così quando scomparirono gli Etruschi? Siamo soppiantati da voi HSS+...”
Probabile.” disse Guido “Ma che ce ne importa? Pardon, non voglio urtare la tua suscettibilità, Davide, ma insomma, fatte le dovute considerazioni, non credi anche tu che non sia affatto un male?”
Davide rifletté guardando sconsolato nelle profondità del suo bicchiere di limonata. 
“Non lo so proprio..considerando la questione sotto l'aspetto pratico, dall'arrivo del SYM le cose, per il genere umano, sono enormemente migliorate...avete sentito che i cicli di flusso SYM in atmosfera pare abbiano un effetto benefico sul clima? Pare che la massa di particelle SYM si comporti come uno schermo riflettente che impedisce in parte il riscaldamento dell'atmosfera! Una specie di grande vela solare! Non ci saremmo mai arrivati da soli! Senza considerare il piano della salute pubblica, i risvolti politici.. i conflitti che in tutto il mondo si stanno spegnendo. Come se qualcuno avesse buttato un gigantesco secchio di acqua fredda. Anche a questo risultato non saremmo mai arrivati da soli. ”
E allora di che ti preoccupi?” gli sorrise Paolo.
Non so.. è che si tratta comunque di una vera rivoluzione epocale e io mi sento un relitto del passato, io che non ho il SYM.”
Ma tua moglie ce l'ha, e il bambino nella sua pancia sarà un HSS+, naturalmente...”
Certo, ma sento come un rimpianto, una nostalgia...mi sento come un tronco fradicio che galleggia nel mare in tempesta e quando sarà abbastanza zuppo si inabisserà definitivamente...”
Mentre Davide parlava, Gigliola volteggiava col dottor Mancuso che ad ogni giro di valzer la faceva balzare sempre più in alto. Un po' troppo in alto. I balzi di Gigliola avevano qualcosa di innaturale. Lei era felice, sembrava che le mancasse il fiato, l'espressione sulla sua faccia era ambigua, fra lo stupore e un pizzico di paura..parecchia gente ormai si era fermata a guardarli. Paolo era di spalle ma vedeva le facce dei due amici, sulle quali si stava formando un'espressione stupefatta. Stava per dire qualcosa, quando si sentì chiamare da sua moglie. Per un attimo ebbe parecchie cose a cui prestare attenzione: le facce di Guido e di Davide, che esprimevano sbalordimento, l'improvviso silenzio caduto intorno a loro come un drappo pesante che fa tacere ogni rumore, perché perfino l'orchestrina aveva smesso di colpo di suonare, e la voce di Gigliola, l'unico suono che si sentisse, che aveva qualcosa di strano, oltre il tono allarmato...cos'era? Ma sì, la direzione! Da dove veniva la voce di sua moglie? Tutto questo pensò Paolo nei due o tre secondi che gli ci vollero per voltarsi e cercarla con lo sguardo. Gigliola lo chiamò di nuovo.
Paolo! Alza gli occhi! Sono quassù!”
Paolo, come in un sogno, alzò lo sguardo verso l'alto e vide sua moglie che galleggiava, o fluttuava, o levitava, che dir si volesse, ad un'altezza stimata di circa due metri e mezzo da terra. Continuava a salire, però. Lentamente e con costanza. 
“Gigliola! Santo...Dio! -fece Paolo, guardandosi intorno consapevole della presenza di tante persone. Non dovevano dare spettacolo, non ora! Ora che alla Chianella c'era mezzo mondo...- Ma che cavolo ci fai lassù?”
Bè, se lo sapessi, se fossi arrivata qui spontaneamente, non ti avrei chiamato, non credi? E' che ad ogni giro di ballo mi sentivo più leggera e saltavo più in alto, finché...”
Il dottor Mancuso, riscosso dallo stupore, assentì col capo. 
“E' vero, dottor Giusti, sua moglie è una fantastica ballerina, e fra le mie braccia andava sempre più su..” Paolo lo ignorò. Guido ridacchiava, piano piano. Gli riusciva sempre, anche nelle situazioni strambe come quella, di trovare un lato comico. Intorno a loro tutti sembravano svegliarsi dal momentaneo incantamento. Giulia si avvicinò a Paolo. 
"Babbo, ma che succede? Che ci fa la mamma lassù?” La bimba in braccio a lei, vedendo la nonna sopra la propria testa, strillava eccitatissima e si agitava. 
“Stai buona Rosemary! Ti ci metti anche tu, ora?”
Alan, con le mani sui fianchi e lo sguardo alzato, parlava con se stesso.
Parola mia, da quando sono sceso da quell'elicottero fatale ho visto più cose, e le cose più strane, in questo posto, che nel resto del mondo in tutto il resto della mia vita! Ora volano. Roba da matti.”
Alan! Invece di bofonchiare -disse Giulia- pensa qualcosa per tirar giù la mamma!”
Posso provarci io!- si fece ancora avanti il dottor Mancuso, che aveva cominciato a saltare come un grillo per acchiappare i piedi di Gigliola, che, per fortuna, si trovavano troppo in alto -Posso trovare un palo a cui si potrebbe aggrappare..” 
Giulia lo incenerì con gli occhi. Ora la folla intorno a loro si era fatta pressante. Tutti volevano vedere il fenomeno della signora Giusti per aria e lo spettacolo che Gigliola offriva non era bello: ogni tanto pareva perdesse l'equilibrio e si rovesciava a capo in giù, poi recuperava con dei movimenti per niente aggraziati. Stava piuttosto annaspando e le stava venendo il mal di mare. Si maledisse per essersi messa la gonna e si chinò per legarsela fra le gambe in modo da non dare anche quel genere di spettacolo, ma perse l'equilibrio parecchie volte, sorridendo sempre con grande imbarazzo. Tutta la gente presente, a perdita d'occhio nella piana della Chianella, stava seguendo con partecipazione e grande divertimento l'involontaria esibizione di Gigliola. La mamma di Michele e le mamme degli altri ragazzini conversavano eccitate con Gigliola.
Mary Poppins.” fece Alan. “Cosa?” Disse Giulia che faticava a tenere in braccio la piccola Rosemary.
Sì, avrai visto anche tu Mary Poppins, se non hai addirittura letto i libri..il cugino di Mary, quello che una volta al mese si alzava per aria... solo le notizie tristi riuscivano a tirarlo giù..”
Mi ricordo vagamente..-disse Giulia, poi si illuminò.- Quello della gamba di legno?”
Proprio lui!” -fece Alan e poi, cambiando voce- Conosco un tizio con una gamba di legno di nome Smith. Ah sì? E come si chiama quell'altra gamba?” Tutti e due scoppiarono a ridere.
Perché ridete? -disse Gigliola- Vi pare il caso con me in queste condizioni?”
Oh, niente, mamma, ma perché: stai male lassù?”

No, ma insomma... certo ho un po' di nausea, è come stare in un'acqua per niente densa che non ti sostiene e ti pare di cadere ad ogni momento, ma non cadi, in effetti. Però perdi l'equilibrio. Non so dove poggiarmi! Solo che continuo a salire..”
Gigliola - fece Paolo che si stava riprendendo- Stai calma, vedi se riesci a muoverti in parte, come se nuotassi.. verso il tetto di casa, potresti aggrapparti lì!”
Gigliola provò a nuotare nell'aria e la cosa era così comica che tutti di nuovo si misero a ridere.
Ah, maledetti! Se ci foste voi vorrei vedere..” fece lei.
Intorno a loro i ragazzini erano molto eccitati e saltavano come matti in giro sperando di riuscire anche loro a volare. 
“Ora vedrai che veniamo anche noi, Gigliola, stai tranquilla!” Gridò Deepak. 
“Sì, sì, arrivo!” gridò Radu! I signori Bhat osservavano la scena allibiti e divertiti, senza parole, come tutti, ma ad un certo punto Mina, la mamma di Deepak, disse che sentiva un vuoto alla bocca dello stomaco, come un frullio.
Cosa, cosa?” disse Gigliola che da lassù non sentiva bene.
Ho detto- disse Mina alzando la voce e scandendo bene le parole- che sento una specie di movimento alla bocca dello stomaco..”
Ecco! -disse Gigliola- E' così che comincia!”
Mina Bhat, composta e diritta, scusandosi con gli occhi col marito, con un sorriso leggero sul bel viso cominciò a staccarsi da terra. Lui, stupefatto, non ebbe la presenza di spirito di trattenerla e lei fu subito fuori dalla sua portata. Salì in alto con grazia, col suo bel sari colorato e in un attimo fu accanto a Gigliola.
Mina, come sono contenta che sia qui con me!” fece Gigliola. Mina la abbracciò. “Mamma mamma!” gridò Deepak esultante. Anche la sua mamma volava! Il signor Bhat aveva una faccia che non si sapeva se fosse più costernata o rassegnata. Più in là anche i signori Primitivi, tutti e due, marito e moglie si alzarono e subito cominciarono a nuotare nell'aria per raggiungere Gigliola e Mina. 
Ora sarai più tranquillo, Paolo. -disse Guido- Almeno Gigliola non è più sola e si capisce che il fenomeno non riguarda solo lei..”
Oh sì -disse Paolo- devo dire che mi sento sollevato.”
Guido, che già era allegro, ricominciò a ridere piano. 
Faceva “Hi hi hi...”un suono fine, animalesco, quasi uno squittio.
Ma che ridi?” disse Paolo che non si era accorto di cosa aveva detto. Arrivò Irene accanto a Guido. “Paolo, ma che succede? Lo sai che l'ultima volta che ha cominciato a ridere così è stato in pronto soccorso due ore? Che gli hai detto?”
Io? Io non gli ho detto niente! Proprio niente di buffo!” Paolo scuoteva forte la testa continuando a tener d'occhio Gigliola.
Gli ho detto …- Guido fra una risata e l'altra tentava di farsi capire- che ora poteva stare più tranquillo, che Gigliola non era sola..”
E che c'è da ridere?” chiese Irene.
..e lui mi ha detto che si sentiva... - Guido si stava scompisciando- .. sollevato!”
Ah.-fece Irene e la sua bocca si storse in parte in un sorriso.
Bè, certo che anche te Paolo, dirgli una cosa simile..”
Cosa? Cosa gli ho detto?”
Che ti senti sollevato! “
Oh cavolo! Gli ho detto così?” Paolo si mise a ridere anche lui. Guido ormai era scivolato a terra. Alan e Giulia lì accanto, che avevano seguito la conversazione, ridevano a crepapelle. La bambina strillava come un'aquila e si dimenava. Gigliola continuava a chiedere di che ridevano. Arrivò Tandie seguita dal sindaco, da Abu e Chiara facendosi largo nella folla. Rimaste finora nella cucina, erano fra le poche persone a non essersi ancora accorte di niente, se non del clima generale.

Ma che combinate?” disse Tandie, poi alzò gli occhi in aria e vide Gigliola e Mina che si tenevano per mano a circa tre metri sopra le teste di tutti. Avevano raggiunto una quota da cui pareva non volessero più salire. “Oh mon Dieu!” feceTandie e cadde a sedere su una sedia lì vicino. Abu, che aveva seguito la sua mamma, stava per piangere, perché era l'unico a cogliere la drammaticità della situazione. Chiara lo consolava e Annamaria col telefonino allertò i vigili urbani. Guido, raggomitolato per terra, cominciava ad alzarsi in aria. Gli fecero largo per consentirgli di salire. 
“Ma che fate? Tenetelo!” Gridò Paolo.
Non ci provare!” mugolò Guido senza riuscire a smettere di ridere. “Ho sempre sognato di volare!” 
La piccola Rosemary sgusciò fra le braccia di sua madre e salì dritta verso la nonna, con parecchi strilli di gioia. "No!" gridò Giulia. “Mamma! Acchiappatela!”
Gigliola e Mina si sporsero e la bambina fu trattenuta dalle loro mani.
Alan era strabiliato, benché allarmato da sua figlia in volo.
Ora furono i ragazzini a cominciare a salire, uno dopo l'altro. Michele e Deepak si rotolarono per aria parecchie volte e arrivati all'altezza di Mina e Gigliola si misero a giocare come cuccioli. Chiara cominciò ad alzarsi e si portò dietro Abu. Radu e Piotr arrivarono subito dopo. Poi tutti gli altri ragazzini. Qua e là, nella folla di gente intorno, altre persone cominciavano a staccarsi da terra, con gridolini di stupore e di felicità.
Alan osservava la scena incantato e scuoteva la testa. “Come gnocchi in una pentola di acqua bollente. Vanno su uno per uno..”
O tortellini in brodo... “ Gli fece eco Giulia. Si guardarono, si presero per mano e tutti e due fecero “Oooh!! “perché sentivano uno strano frullare alla bocca dello stomaco. Poi, hop!, salirono insieme.
Guido in alto si stava asciugando le lacrime. Ora rideva solo ogni tanto, ma gli restava un gran sorriso sulla faccia. Si sporse di sotto e chiamò Paolo. 
“Paolo, porta su mia moglie, per piacere. Dai, Irene, altrimenti rimarrai sola là sotto. E io non so, non potrei sentirmi sollevato a saperti sola laggiù, mi sento già abbastanza sollevato così come sto.” Ricominciò a ridere come un matto. Irene si lasciò andare e volò accanto a suo marito. Paolo per un po' restò solo. Anche Davide si alzò da terra quel pomeriggio, perché finalmente aveva rotto gli ultimi indugi e il SYM aveva potuto entrare. Ora era lassù vicino a Giulia, a sua moglie Susanna, ad Alan, che gli strinse la mano con vigore, complimentandosi per essere finalmente uno di loro. 
“Non che non andassi bene come eri prima, ma ora vai anche meglio..” Gli batté sulla spalla col risultato di fargli fare un completo giro su se stesso. Le persone rimaste a terra erano gli HSS della Chianella, circa un 30% della popolazione. Stavano tutti a testa in su e cominciavano a provare un certo risentimento verso i mutati, così avevano iniziato a chiamare gli HSS+. Da questo risentimento sarebbero nati in seguito nuovi problemi, che non sono argomento di questo racconto. I racconti ad un certo punto debbono fermarsi e per noi il giorno del volo sopra la Chianella è un buon punto fermo. Nella realtà le cose evolvono e il giorno dopo si ricomincia daccapo, così successe alla Chianella, infatti, con nuove difficoltà e tensioni da sciogliere e superare. Quella fu una grande sera memorabile e un grande laboratorio di volo: alcuni restarono più o meno fermi in aria assaporando semplicemente la sensazione del tutto nuova che non era di assenza di gravità, ma qualcosa di diverso, e cercando di conservare una posizione stabile. Altri,soprattutto i ragazzi, fecero moltissime prove di volo, facendo capriole nell'aria, mettendosi a capo in giù e anche prendendosi per mano e creando delle sfere con i propri corpi, legandosi gli uni agli altri con mani e piedi. Per questo fecero volare di sotto le scarpe e per un po' ci fu una pioggia sulle teste di quelli che erano rimasti a terra. Poi le scarpe finirono. Caddero anche altri oggetti dalle tasche di chi si era messo a testa in giù, più o meno volontariamente, per fortuna oggetti meno pesanti. Paolo chiese a voce alta al suo SYM perché li aveva fatti volare.
Dall'aria, dalle foglie degli alberi, dai loro tronchi, dall'erba dei prati, da qualunque cosa potesse vibrare ed emettere suono, dagli strumenti musicali, si formò ed emerse una voce. Era la prima volta che si sentiva la voce del SYM. Era profonda e strana: “Non avete tutti desiderato di volare?” 


la particella di Dio

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Tempo fa, di mercoledì, tutto ciò che è interessante per me deve avvenire di mercoledì, il mio giorno libero, ho visto un film sulla Effe, "la particella di Dio", che racconta del grande lavoro di scoperta del bosone di Higgs. E' un ibrido fra un vero film e un documentario e consiglio di vederlo. Proverò a dire alcune cose, anche se ho capito proprio poco, ma mi ha provocato una lunga catena di pensieri che continua ancora. 
Il bosone di Higgs è una particella , di cui si ipotizza l'esistenza, che sta al centro di un modello detto il Modello Standard, che tenta di spiegare l'intera realtà. La sua centralità in questo modello teorico fa sì che venga chiamata la particella di Dio, nel senso che spiega e da senso a tutte le cose. 
E' una particella estremamente sfuggente tanto che per verificarne l'esistenza si è dovuto costruire quel grande anello sotterraneo chiamato HLC ( large hadron collider= grande collisore di adroni)  a Ginevra. Il film racconta il lavoro e le opinioni di alcuni fisici, fisici teorici e fisici sperimentali. I fisici sperimentali sono quelli che si occupano della grande macchina e  del suo funzionamento. I fisici teorici si occupano della teoria, ovviamente, cioè di fare ipotesi e interpretare i risultati degli esperimenti.
Le particelle subatomiche si evidenziano, negli esperimenti, misurando grandezze, o piccolezze, come in questo caso. Nel documentario si vede il momento in cui i titolari di due esperimenti condotti nell'anello dell'HLC presentano i loro risultati, una dei due era l'italiana Fabiola Gianotti, a capo dell'esperimento denominato ATLAS. I risultati erano concordanti: la particella esisteva ed era stata  "pesata", o esisteva perché si era potuto pesarla. Il valore del "peso" era di 126  GEV (gigaelettronvolt), in realtà una misura di carica elettrica, ma per la formula di Einstein l'energia corrisponde alla massa, come mi ha fatto notare la mia figlia più grande. 
Questa cosa è stata una grande gioia e ha aperto un nuovo problema. Ci si attendevano due valori diversi e molto distanti. Un valore intorno ai 140 GEV aveva un significato preciso: avvalorava la teoria detta del Multiverso, o del Caos, secondo cui la realtà in cui viviamo, in cui cogliamo un ordine e un senso, è un risultato del tutto casuale. Esistono molti altri universi, infiniti?, privi di senso e di ordine. La conseguenza di questo è che non ci sono regole e leggi da studiare e il lavoro dei fisici potrebbe finire qui. La nostra stessa esistenza, e quella del nostro pianeta e della galassia, è un caso, un tiro di dadi di un Dio folle.
Il contrario di ciò che diceva Einstein da vecchio "Dio non gioca a dadi".

Torniamo al peso del Bosone di Higgs: un altro valore previsto era intorno ai 115 Gigaelettronvolt e questo avvalorava l'ipotesi della Supersimmetria, secondo cui le cose, tutte le cose, non sono casuali, ma c'è dentro un disegno, un ordine, e questo, per i fisici, significa non tanto che c'è un'intelligenza, che pure potrebbe, ma che ha senso continuare a studiare, ad addentrarsi dentro questo disegno meraviglioso.

Il peso del Bosone, però, non è stato decisamente vicino ai due estremi previsti, ma in mezzo. Questo potrebbe significare una cosa, secondo uno di questi fisici, che il bosone sia "instabile" ed essendo al centro della realtà un suo improvviso collasso faccia sparire tutto.
Ma anche che si deve ancora studiare, con meno certezze di quello che si sperava, per vedere quale delle due teorie abbia più probabilità di essere vera, o se, invece,  ne verranno fuori di nuove.

Nel film si vede il colloquio fra due professori, uno indiano e uno dell'Università di Bologna, più anziano, che di fronte al risultato che confermava  l'esistenza del Bosone, ma l'incertezza su tutto il resto, si sentiva affranto. 
"Quarant'anni di lavoro buttati via..."diceva il fisico bolognese, che aveva lavorato tutta la vita intorno a questa cosa e ora, quasi a coronamento di una carriera, si aspettava un risultato eclatante.
"Ma no-lo consolava l'altro, indiano, e forse per questo più disposto ad accettare il non senso apparente delle cose- dobbiamo ancora studiare e fra due anni faremo una nuova serie di esperimenti, vedrai che verrà fuori qualcosa di nuovo."
"Ma io sarò in pensione..."
"Che importa? Seguirai comunque le novità, continuerai ad aggiornarti.."
"Sì, forse hai ragione.." diceva l'altro, per niente convinto, con tono sconsolato.
Questo colloquio mi ha colpito molto. Il lavoro dei fisici teorici sembra tanto interessante, e lo è, ma certe volte per un'intera vita si insegue qualcosa di inafferrabile...non è così per tutti? Una vita che sembra avere un significato, un inizio e una fine, e poi ci si accorge che è solo un pezzo di una cosa molto più grande, e senza lo sfondo sembra un frammento di una cosa incomprensibile.
Una giovane fisica, che faceva da guida allo spettatore durante tutto il filmato, diceva come nel suo lavoro non ci si possono aspettare risultati a breve termine, e che si tratta dell'impegno di una vita, se si ha la fortuna, come lei, di poter lavorare, pagati, a così alto livello.. e comunque, concludeva, "io faccio il tifo per la Supersimmetria, naturalmente". 
Da un costosissimo esperimento di fisica si salta direttamente alla filosofia: la realtà ha un senso oppure no? 
Domanda inutile? Sega mentale? Forse, ma non tanto, se continua a frullarmi in testa. In fondo è l'eterno dilemma che si pongono gli esseri umani, normalmente dotati di raziocinio, sebbene alcuni non usano la facoltà. Questi ultimi, nelle varie attività di distruzione ( di opere d'arte, mi viene in mente Palmira, per fortuna preservata e tutti i siti archeologici distrutti di recente), uccisioni di massa, corruzione, esecuzione di reati di tutti i tipi, sembrano la testimonianza tangibile della teoria del Multiverso. 
Guardando il mio giardino e l'oliveto e i boschi intorno, e me stessa che mi sforzo di tenere ordine e favorire la bellezza vedo come il dilemma fra caos e ordine sia sempre aperto. Caso o necessità? Si domandava  Jacques Monod nella mia adolescenza.
 E' per questo che il "peso" del Bosone di Higgs sta in mezzo? Perché il mondo è sempre in bilico fra caos e ordine, razionalità e il suo contrario?....Questo dilemma sta scritto dall'inizio, nella particella al centro del tutto, è connaturato alla Realtà?
Dice Fabiola Gianotti:
  
"Quello che io vedo nella natura, la sua semplicità, la sua 

eleganza, mi avvicina all’idea di una mente intelligente 

ordinatrice"


Colori a Riccione

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Villa Lodi Da Fé


A primavera siamo stati a Riccione ad una piccola mostra di giardinaggio che si chiama "Giardini d'autore", molto bellina!, che si tiene nel giardino di una di quelle ville graziose tipiche dei posti di mare, "Villa Lodi Da Fé", dove le famiglie ricche passavano la Villeggiatura. Mauro ha fatto delle foto così belle e colorate che ho deciso di postarle anche se non sono proprio di stagione.


qui vedete il fotografo


un bel signore ...


...camelie...


l'associazione di cui fa parte la Loretta del Roseto in via Cerreto....


Bellissima!


colori freddi...

primule assortite del vivaio La Montà....

il mago di Oz...







Giardini d'autore 2

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faceva molto freddo....








queste bestioline di metallo riciclato sono la mia passione....






....  ma naturalmente preferisco le bestiole in carne ed ossa: questa ragazza e il suo gufo non sono una meraviglia?




Sergio e Margherita

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Abbiamo un amico, Sergio, che ha la passione dei motori. Come tutte le storie umane ha degli aspetti contraddittori e sono quelli che fanno sorridere. Sergio e sua moglie, la Margherita, dopo sposati hanno aderito, come laici, ad una specie di ordine religioso, non saprei come chiamarlo altrimenti,  e ora vivono nella foresteria di un convento e si occupano dell'accoglienza. Sergio non lo vedo da anni, benché abitino non tanto lontano da qui. La Margherita, l'ultima volta che l'ho vista, mi ha lasciato una magnifica impressione, quelle impressioni di un attimo, quando cogli quasi solo l'essenziale ed è un senso di pienezza, di pace e di maturità che configura una bellezza profonda e conquistata.  Proprio così. 
Sergio aveva la passione dei motori fino da ragazzino e con mio marito, ragazzo anche lui, modificavano i motori dei motorini e delle moto, li "truccavano", ma loro dicevano che li allargavano. Sergio ha un temperamento collerico, di quelli che prendono fuoco in un attimo, ha anche i capelli rossi, e quando non gli riusciva di svitare un bullone o ottenere il risultato che voleva, prendeva a martellate il motore su cui stava lavorando. Questa cosa la faceva anche una delle mie figliole da piccola , quando non le riusciva di far funzionare un giocattolo meccanico, si arrabbiava subito e lo sbatteva forte per terra. Ogni volta che lo racconta Mauro ride e poi piange dal ridere. Dice che Sergio era come un piccolo dio Thor arrabbiato. La nonna di Sergio, a sentire tutte quelle botte e quel fragore metallico, arrivava piagnucolando a vedere che succedeva e Sergino la mandava via imprecando. Ora capite che fa ridere uno che, tanti anni fa, mandava via la nonna bestemmiando e ora vive nella foresteria di un convento e in sagrestia tiene la moto, nascosta, si fa per dire, sotto un panno. Ogni tanto fa un giro o un vero viaggio, pare che sia stato a Santiago di Compostela, ma siccome era in moto, ci ha messo pochissimo a fare il tragitto e non si capisce che l'abbia fatto a fare. Una volta Mauro gli ha chiesto che c'entra la moto con la chiesa e con Dio, insomma con la vita che si è scelto, e Sergio ha detto che anche nei motori c'è Dio.
E' così, è una storia che avevo già raccontato tanto tempo fa, ma ora mi torna in mente. Gli uomini sono animali, gli animali sono parte della natura, natura anche loro; questa natura, per chi crede, proviene da Dio, Dio quindi pervade ogni attività umana, anche quelle che sembrano più lontane da Lui, e, per Sergio, Dio è nei motori, nello smontaggio e rimontaggio delle macchine. Nell'attenzione amorosa con cui ci si dispone al lavoro c'è Dio. 
Leggere "lo zen e l'arte della manutenzione della motocicletta".
Per me questo succede col giardino. E anche con altre cose. 

Ciao Sergio e ciao Margherita.

Calore

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Siamo stati qualche giorno in Trentino, ma ne parlerò un'altra volta, quando Mauro avrà sistemato le foto in modo che io possa mostrarle. Faceva tanto caldo anche lì, a paragone degli altri anni, ma i boschi erano freschi e ombrosi, i sentieri bordati di fiori e niente di paragonabile al calore e al secco del mio giardino, poverino. Le ragazze in nostra assenza hanno annaffiato e le piante sono sopravvissute quasi tutte, ma è mera sopravvivenza. L'unica pianta che proprio se la gode, piuttosto indifferente al clima, è l'echinops ritro, o echinops bannaticus, che io chiamo le palline blu. Stamani presto, mentre annaffiavo, ho visto che stava proprio bene, visitata da tanti impollinatori. Il fiore è blu, ma le api avevano le borse  delle zampe posteriori cariche di un polline giallo chiarissimo.  Siamo ormai al 22 luglio, quando ero bambina dicevano che Sant'Anna, il 26, portava sempre un'acquazzone che spezzava l'estate e permetteva di arrivare meglio al solleone. Chissà se Sant'Anna ci guarderà quest'anno? Mi raccomando, Sant'Anna, si sa che ci sono tante cose più importanti, ma anche i giardini, i boschi, gli oliveti e gli animali che li abitano sono creature e ora avrebbero proprio bisogno di acqua e un pò di fresco. Con questo caldo le piante esprimono altri aspetti della loro personalità. Le buddleie sono enormi e assetate, hanno l'aspetto di belve in gabbia. I ceanothus, che a primavera sono palle ricurve, ora sono scarichi di fiori e umidità e tutti sollevati da terra... sembrano quasi qualcos'altro. Mi torna in mente "La mia Africa", in un brano Karen Blixen dice che le rondini, che noi in Europa consideriamo un simbolo della famiglia, con i loro nidi e il nutrimento che portano ai piccoli con i becchi spalancati, in Africa vivono in gruppi e in totale libertà dai vincoli familiari, in stormi quasi aggressivi: ecco che fa il calore africano! Cambia anche le rondini!
La rosa Pierre de Ronsard ha fiorito di nuovo, ma sotto la vampa del sole le rose ingrigiscono subito. Il giardino è pieno di secco nonostante l'avessi pulito prima di partire.  Quando si annaffia ci si deve coprire di repellente per le zanzare che non serve quasi a niente. Mauro è convinto che le attira. Io mi sto squagliando anche in casa e di notte dormo immersa nel mio sudore. Ma si può? Si può, purtroppo si può. Stasera sono previsti temporali, speriamo non ci porti via la grandine. Sabato torno al lavoro. Mi preoccupa parecchio lavorare in cucina con questo caldo.

Incontro notturno, violento e molto ravvicinato con un cinghiale

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La notte scorsa ho investito un cinghiale. Penserete che sia successo qua in campagna, per una di queste strade secondarie con i campi o il bosco intorno. No. 
Uscivo tardi dalla pizzeria, era quasi l'una e percorrevo un viale di città dove di sabato c'è il mercato della frutta e dei fiori. Io non corro mai e forse potevo andare ad una velocità di sessanta chilometri l'ora, più o meno. Non l'ho visto arrivare, mi sono resa conto che NON SI VEDONO e te li trovi fra le ruote. C'è stato un urto forte e la sensazione di trascinare e far rotolare qualcosa o qualcuno... neanche il tempo di aver paura che ho visto un animale rotolare davvero dall'altra parte del viale, chiaro alla luce dei fari. Per prima cosa mi è venuto in mente il mio caro cane Chicco, morto nel 2010, e non poteva essere lui; poi il cane della signora con cui lavoro che, uscendo dalla pizzeria, lo porta proprio a quell'ora a fare la pipì. "Ho investito il cane della Giusi!" Poi la mia mente ha finalmente smesso di interpretare e ho visto che era un grosso cinghiale che avevo urtato con violenza e  fatto rotolare lontano. Ero ferma e non potevo neanche scendere dalla macchina e andare a vedere come stava, magari mi mordeva.  Intanto quello si è rialzato, non so con quanto dolore addosso, ed è sparito nel buio oltre il fascio di luce dei lampioni. Non so dire com'ero, non tanto spaventata, è stata una cosa di pochi attimi, anche se lì per lì sembrava un tempo sospeso e lunghissimo, ma impressionata sì, parecchio. Ho cercato di ripartire e non mi entrava la marcia. Poi sono partita e solo dopo un pò mi è venuto da piangere, per quella bestiona travolta e non so quanto danneggiata. E' vero, ce ne sono troppi, vengono fino in città e qualcun altro direbbe "Bene! Lo dovevi ammazzare!" Conosco gente che fa questo genere di discorsi. Ma una creatura è una creatura e mi sono sentita molto male per questo incidente. Molti anni fa, questa cosa l'ho già scritta, dissi in un incontro pubblico che si doveva ribaltare  il concetto di parco naturale, o area protetta: si dovevano chiudere gli uomini, che producono tanti danni, nelle loro aree protette, che sono le città, e lasciare il resto alle altre creature. 
Per questo Enrico Valentini mi disse che ero una verde komeinista.
Mi viene ancora un sorriso e un pensiero affettuoso per Enrico.
Ecco che ci siamo arrivati : abbiamo la fauna selvatica fino in città con tutte le conseguenze del caso. E fra poco Mauro andrà a vedere se non si è danneggiata l'auto.
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