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Channel: Iris e Libellule
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Questo capitolo delle Cronache del SYM richiede una piccola premessa: il signor Primitivi qui di seguito è ispirato a Carlo Pagani, maestro giardiniere, che io stimo molto: ha lavorato tutta la vita nel suo vivaio e i suoi consigli sono veramente utili e pieni di buonsenso e di tutta la sua esperienza. E da quello che scrive e da come parla in televisione deve essere veramente una persona deliziosa. Ovviamente, non conoscendolo di persona, ho esagerato molto, diciamo che mi sono divertita. Mi perdonerà?
 Stamani, però, leggendo su Gardenia di aprile proprio la sua rubrica, ho visto che parlava di certi suoi giri in Appennino a caccia di storie... sta a vedere che ci ho indovinato, nella mia descrizione immaginata almeno un anno fa! Ho citata anche me stessa, sempre per divertirmi...

Luigi Primitivi fine di ottobre


Passò ancora qualche giorno e una bella mattina di fine ottobre, con una nebbiolina fine e un'aria frizzantina, verso le dieci, una macchina vecchio tipo, un maggiolino rimesso a nuovo verde smeraldo, si fermò nei pressi del bar della Chianella. Il barista uscì per vederla meglio, curioso. Ne scese un signore di media statura, ricciolino, dai capelli grigi e una fisionomia che se fosse stato più avanti nella stagione avrebbe ricordato l'iconografia di Babbo natale, ma ancora non era neanche arrivata la notte di Ognissanti, così il barista ebbe solo l'impressione di qualcosa di strambo e stonato, ma piacevole. Il barista disse “Ancora cammina?” alludendo all'auto. Il signore rispose “E lo credo, con quello che ci ho speso di meccanico!”
Il signore aveva un accento romagnolo lieve ma inconfondibile, occhiali rotondi, una barba corta molto curata e gli occhi azzurri. Entrò nel bar e chiese un cappuccino con una spolverata di cacao, ma si guardava intorno e sembrava annusasse l'aria come un cane da caccia, o come uno che usa altri sensi oltre ai cinque consueti. 
Infatti disse: ”Sto cercando...” e lasciò sospesa la frase. 
“Sta cercando?” chiese subito il barista.
Non lo so nemmeno io. Laggiù cosa c'è?” disse affacciandosi alla porta e indicando una direzione. “Laggiù? Niente di che. -disse il barista- C'è la curva della Chianella, un'ansa.”
Cos'è la Chianella? Non si chiama così il paese?”
Sì, ma prende il nome dal torrente, che però non è un torrente, se non quando piove parecchio, e allora è quasi un fiume, e diventa pericoloso, ma di solito è un fosso, però a noi non ci piace chiamarlo fosso, lo chiamiamo sempre La Chianella.”
Ah! Ho capito.-disse il signore.-Credo di dover andare là.”
Là? Ma non c'è niente di speciale. Proprio sull'ansa c'è la casa del dottor Di Segni e di sua moglie, e basta.”
Dottor Di Segni, dice... La ringrazio infinitamente per le gentili spiegazioni.” disse lo straniero, e uscì, e il barista pensò che se non son matti non ci si vogliono e quel signore aveva delle bretelle molto colorate che gli ricordavano qualcuno, ma non sapeva chi.
Il signore procedette a piedi e annusando l'aria come se seguisse una traccia odorosa, camminò un bel po' e arrivò al portoncino di casa dei Di Segni. C'era appeso un quadretto di ceramica con scritto sopra “Cercatemi in giardino”. 
Il signore lesse, sorrise annuendo col capo e vide un altro avviso: ”Tirare forte la catena!”
La catena era collegata evidentemente ad un campanaccio, anzi, molti campanacci. Fu necessario applicare una certa forza, ma poi si sentì, in sequenza, una serie di suoni di campanacci, l'ultimo abbastanza lontano. Chissà che meccanismo hanno inventato, si chiese il signore, curioso. Dopo un paio di minuti una voce di donna gridò, in lontananza: “Arrivooo!”
Irene arrivò, sudata nonostante l'aria fresca, spettinata e trafelata e aprì il portone. Lo straniero sorrideva e lei sorrise come in uno specchio. 
Signora!- fece il signore cordiale- Come va?” Aveva quest'accento romagnolo che Irene trovò subito molto simpatico.
Bene! Le serve qualcosa?”
Intanto si stavano studiando reciprocamente e quando fu chiaro che tutti e due avevano il SYM si rilassarono entrambi.
Ah, dunque, vediamo...-disse il signore.- Difficile cominciare... intanto le do il mio biglietto da visita...ce l'ho qui da qualche parte, magari mi ha sentito nominare...non che io sia una celebrità, ma magari si rassicura.” 
Frugò nelle tasche e ne trasse una manciata di semi, bacche e foglie e anche, spiegazzato, un biglietto verde con disegnata una peonia su cui stava scritto “Luigi Primitivi, maestro giardiniere”. 
C'era anche scritto qualcos'altro in piccolo, ma Irene non lesse il resto, perché non aveva gli occhiali da lettura con sé.
Ah.-fece Irene sorridendo- E questo sarebbe lei? Curioso, io ho qui proprio un giardino e stavo facendo quello, lavorarci..”
Sì, le credo. Si vede anche piuttosto bene!” Il signore rise di gusto e spiegò che si vedeva da dettagli che gli erano familiari.
Poi si grattò la testa. “Non è che mi farebbe fare un giro in questo suo giardino? Credo di essere venuto per questo.”
Crede?”
La storia è un po' lunghina, ma se intanto mi fa entrare..”
Il suo SYM disse a Irene che si poteva fidare dello sconosciuto. L'omino, che non era un omino, ma sembrava così a Irene, abituata a Guido, che era molto alto, anche se camminava un po' gobbo, raccontò che si era sempre occupato di giardini, era nato in una famiglia che era titolare di un grande vivaio nei pressi di Bologna. Ora lui era in pensione, ma il vivaio era sempre aperto, ci stavano i suoi figlioli!, e lui e sua moglie giravano spesso per l'Italia, perché lui, da quando aveva preso il SYM, sentiva questo richiamo, gli prendeva così, ogni tanto, soprattutto nel cambio di stagione, e partiva cercando delle cose che gli suggeriva il suo SYM. Non sapeva mica cosa cercava! Partiva lo stesso e nove volte su dieci trovava cose speciali, un giardino, un orto, un panorama, di quelli che non compaiono mai sulle riviste o in televisione, privatissimi, sconosciutissimi, ma interessanti da morire. Lui era appassionato di queste cose e il suo Sym ne andava matto! Si divertivano un mondo insieme, lui sua moglie e i loro SYM! Ma ora sua moglie non veniva così spesso, perché la loro figlia minore aveva avuto da poco il loro terzo nipotino, che era il primo bambino, per la figlia, ma il terzo per loro, i nonni, che ne avevano altri due dal figlio maggiore. Irene lo ascoltava con estremo interesse, travolta dalle copiose informazioni: gli pareva proprio un'anima affine. Luigi Primitivi disse anche che, quella volta su dieci che non scopriva giardini o orti, trovava lo stesso qualcosa, a primavera aveva trovato, in una casa abbandonata, in un podere sperduto in un bosco in cima a un monte, una vecchia rosa che aveva assunto dimensioni quasi da albero, una meraviglia coperta di enormi fiori rosa. Quel birbante del suo SYM l'aveva portato fin lì, gli aveva fatto percorrere un sentiero abbandonato, alla fine i piedi fumavano, per una rosa gigante, una varietà antica, che non era ancora riuscito a identificare perfettamente, solo alla grossa, ma lui e il SYM erano stati a ammirarla mezza giornata. Poi era tornato per farne della talee e ora la rosa era in coltivazione in vivaio!!! Irene intanto lo aveva condotto nell'orto e lui toccava, annusava, e magnificava ogni cosa. “Che bel compost ordinato, quanti lombrichi! Che meraviglia! Che ricchezza il compost! Un orto senza compost è orto solo per metà! Vedo qua le ultime zucchine di Albenga, splendide! Ah!, anche a lei piace il radicchio di Castelfranco, certi colori nella ciotola dell'insalata! Perché si mangia anche con gli occhi e il viola col verde pallido stuzzicano l'appetito.. Ma avete ancora del basilico rosso!”
Quando poi entrarono in giardino Luigi Primitivi lodò ogni cosa anche se Irene diceva che il giardino non era più tanto bello, senza fiori. “Lei dimentica che io sono un giardiniere e so vedere questo luogo nel trascorrere delle stagioni!” Disse Luigi e alla fine della visita era felice come un pesce nell'acqua. 
”Dica la verità, Irene, lei si diverte come una matta, qui! Vedo che ci sono espressi i sogni di una vita, dall'infanzia fino ad ora, e l'angolo della memoria, e la sedia del Pensatore...e in fondo laggiù la spiaggetta … Che cos'è un giardino se non un riflesso della nostra anima? E la sua è l'anima di una persona sensibile...”
Mentre il signor Primitivi parlava si sentirono le voci di due persone che arrivavano dalla casa, una era Chiara, che sapeva dove i Di Segni tenevano la chiave del portoncino e, presa sua madre per la mano, la tirava quasi di corsa verso Irene. Arrivata lasciò la mano della mamma e abbracciò Irene alla vita. 
Il sindaco guardò l'ospite e spalancò gli occhi. “Ma lei è Gigi Primitivi, il maestro giardiniere!”
Lo conosce? “ chiese Irene stupita.
Certo! E' sempre in televisione su Michelangelo TV, canale 111! Con quelle trasmissioni sui giardini storici... ma proprio lei, signora Di Segni, non le hai mai viste?”
Io non sto quasi mai alla televisione, troppo da fare..” Si scusò Irene.
Che ne direbbe, Irene, se invece di vederla, la televisione, le toccasse di farla?-disse Gigi- Le propongo di fare con me “un anno in giardino”, la nuova rubrica che ho intenzione di mettere in piedi da ora alla fine dell'anno prossimo. Questo suo giardino si presta molto, lei è concreta, pratica, ha affrontato tutti i problemi da sola, compresi quelli della fatica, dello scoramento, che scommetto le è preso qualche volta...”
Altro che!” disse Irene.
Il sindaco aveva gli occhi fuori dalle orbite.
E la signora qui, è un'amica?” Disse Gigi porgendole la mano con un piccolo inchino. “Mi scusi, ma è un po' sporca di terra!”
No, cioè sì, io sono il sindaco del nostro paesino, della...”
“Chianella, sì sì, della Chianella! Ah, ma il sindaco avrà senz'altro pensato di valorizzare questo tesoro che avete qui, questo giardino così magico, ricco di sensibilità...”
Mmh..”Mugolò il sindaco, mentre la Chiarina gridava” Sì, sì, vero mamma?”
Veramente- disse Annamaria- è la prima volta che vengo a vederlo..”
Come? Ma no, non ci credo!”
No, vede Luigi, -disse Irene- la colpa è mia. Io lavoro tutto il giorno e non ho neanche il tempo per invitare gli amici, questo posto sono pochissimi a conoscerlo...”
E scommetto che non si prende mai uno stacco, un tempo per sé... che veste in modo antiquato, comprando abiti solo se ha estrema necessità, che non va mai al cinema o a teatro...e qualche dimentica di mangiare!”
A teatro poi.. dovrei andare almeno fino a Cortona! E la sera sono stanca morta!”
Sa come si chiama questa? GIARDINITE! - Gigi scoppiò a ridere fragorosamente. - Ah ah! La giardinite è malattia grave, e non se ne guarisce mai, il bello è che se si attenua il malato intristisce e si deprime... una mia cara amica che abita qua vicino, che tiene un blog, Iris e libellule, tenga a mente questo titolo, ha una teoria divertente sulla giardinite, una volta o l'altra gliene parlerò...Tutto questo deve cambiare! -dichiarò Gigi Primitivi ottimista- Vedrà quanta gente verrà ad aiutarla! Da tutto il mondo! Scommetto che anche il sindaco vorrà fare la sua parte! E ora se non vi dispiace sento un certo languorino, non c'è un ristorante da queste parti?”
Irene si accorse che era quasi l'una. “Ma che ristorante! Rimane da me!”
Anch'io, anch'io, mamma ! Posso?” Gridò la Chiarina.
In quattro e quattr'otto Irene telefonò a Gigliola e si trovarono tutti insieme a pranzo. Alla fine di un pasto arrangiato ma molto allegro il sindaco se ne andò con Chiara, e Irene, Gigliola, Tandie e Abu furono libere di raccontare a Gigi Primitivi la visita della Serafina Raspoli. 
“Ho pianto.” confessò sinceramente Irene. 
“Sono rimasta senza parole” disse Tandie.
Io mi sono arrabbiata, anzi inferocita, brutta strega che non è altro!” -disse Gigliola- Perfino crudele!”
Ma no, ma no! -Disse Gigi Primitivi scuotendo il capo- No. Non c'è da arrabbiarsi. La parola giusta è: POVERINA. Povera donna. Intanto non ha una famiglia sua, neanche un cagnolino, un gatto. Sola. Poi è annoiata, stufa di giardini e di tutto. Depressa, anche se non lo riconoscerà mai. Di quei depressi che sono lì lì per capire la propria situazione, ma scaricano sempre tutto il nero che hanno dentro sugli altri, così sono sempre sull'orlo e non ci cadono dentro, ai propri malumori. Neanche ammettono di aver bisogno di aiuto. Solo che aver a che fare con loro è difficile.” 
Ora annuì.” E poi, oltre tutto questo, non ha il SYM. D'altra parte c'è da capire: come vorrebbe il SYM andare da una così? E lei, ripeto: poverina, senza SYM, con le normali cose dell'esistenza, solitudine,menopausa, un po' di vecchiaia, ha cominciato ad annoiarsi della sua stessa vita e è diventata sgradevole, sgradevolissima. 
Aspra, acida, sgarbata, io la incontro almeno venti volte all'anno alle varie mostre di giardinaggio e la evito accuratamente... Come può una così entrare in sintonia con questo giardino? Capite bene che è impossibile. Per amare un giardino come questo bisogna far parlare, e ascoltare, la propria anima.
 Anche lei ha un giardino, sapete? Triste, tristissimo! Freddo, asettico, tutte le piante in fila, un due tre!, vasi geometrici, forme rigide e luci artificiali... ahimè!Tutto potato e tenuto in forma.  Forse ciò che ha irritato la Serafina è che non c'è un progetto iniziale.. si vede che il giardino di Irene nasce come per proliferazione, scommetto che all'inizio aveva solo dei vasi di fiori, poi ha colonizzato uno spazio piccolo, poi un altro...”
Irene annuiva con forza. 
“Si tratta, in questo caso- continuò il signor Primitivi- di un giardino che non è nato come ornamento della casa, come un panorama da ammirare dalla finestra, anzi !,: c'è quel passaggio iniziale, il piccolo tunnel verde, che separa nettamente i due spazi ed è l'ingresso in un luogo dell'anima, quasi un deposito emozionale, una stratificazione di esperienze e sogni. Il piccolo passaggio iniziale fa pensare, Irene, non so se oso troppo, al canale vaginale, e tutto il resto come un utero, però quasi infinito... e il canale è da percorrere nell'uno o nell'altro senso, perché l'ingresso in giardino è quasi come una nuova nascita...” 
 Gigliola pensò “E' partito in quarta!” 
Gigi Primitivi, accortosi che stava andando troppo oltre, si guardò intorno con un filo di imbarazzo. 
“Vedete, io, diversamente dalla Serafina Raspoli, non mi annoio per niente, mi piace sempre di più il mio lavoro, è la mia passione, ci trovo sempre nuovi stimoli!”
Irene era emozionata: allora il suo giardino valeva qualcosa! Nessun'altro ne aveva dato un'interpretazione così originale! Dalle parole del Maestro giardiniere intravedeva cose cose che neanche lei sapeva di aver creato.
Ora, se non vi dispiace, sarei un po' stanchino e niente mi ritempra di più di un altro giro fra il verde...”
Se le fa piacere,- disse Irene- sotto il salice c'è un'amaca, ma sarà piena di foglie, e un po' umida...”
Sarà meraviglioso farci un riposino, mentre organizzo mentalmente i nostri prossimi incontri, ma dove ho il portatile, nella borsa?... c'è campo qui? Voglio mandare una mail a mio figlio, prima di tornare, e alla TV. Vedrà Irene, faremo grandi cose, e cominceremo dalla mia rubrica su Gardenia!”
Ahah! -pensò Gigliola- alla faccia della Serafina Raspoli, su Gardenia ci andiamo lo stesso!”
Gigi Primitivi partì più tardi salutato dal gruppetto che si sbracciava, perché nel frattempo era tornata anche Annamaria, che voleva essere sicura di assicurarsi qualche passaggio in televisione del paesino della Chianella, cosa che Gigi assicurò che sarebbe avvenuta. 
“Un giardino non nasce per caso, mia cara signora sindaco, c'è sempre un territorio dietro, un terreno fertile, e noi lo valorizziamo nei nostri servizi televisivi!” 
Alla fine tutte loro dissero che Gigi Primitivi ricordava qualcuno. “Mettetegli un vestito rosso e un campanello in mano ed è un perfetto Babbo Natale, con quelle bretelle colorate!” disse Gigliola. 
“Somiglia tutto a Paolo Belli più anziano!” Disse Annamaria. Irene dovette pensarci un po' di più. 
“Ecco chi è! Clarence!” “Clarence?”
Ricordate il film di Frank Capra “la vita è una cosa meravigliosa”?
Lei, Annamaria, è troppo giovane... ma c'è un angelo anziano, nel film, che si chiama Clarence e dice che, ogni volta che sulla terra suona un campanellino, un angelo, in cielo, mette le ali. Si tuffa in un fiume in pieno inverno per salvare il protagonista, che sarebbe poi James Stewart, e alla fine si conquista le ali. Per questo ho messo tante campane a vento in giro in giardino.”
Gigliola la guardò con tenerezza: quella donna era una fatina di ferro. Lavoratrice disciplinatissima e sognatrice incallita.
Non ho mai sentito qualcuno parlare del proprio SYM come ne parla il signor Primitivi.-disse Gigliola. “Neanch'io-ammise Irene- eppure tutti noi che siamo portatori abbiamo con il nostro SYM un dialogo ininterrotto, ma non lo ammettiamo..”
Siamo malati di razionalismo, ci vergogniamo quasi di avere il SYM- disse Tandie- ed è tanto bello sentire qualcuno così libero da parlare apertamente del proprio SYM!”

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Il convegno all'ospedale della Chianella  novembre 2013

Una volta tornata da Marsiglia, Tandie aveva ricominciato a studiare e Cristina la stava aiutando ad ottenere, con la mediazione dell'associazione, uno spazio da adibire a laboratorio nella struttura ospedaliera. C'erano molte stanze che non venivano più usate, per la diminuzione dei nuovi casi di malattia; praticamente ogni reparto poteva rinunciare a due camere e questo avrebbe obbligato ad una generale riorganizzazione, che però il direttore Benedetti non voleva fare; troppo laboriosa e costosa, e sicuramente, diceva, l'infestazione da SYM sarebbe scemata così come era iniziata e tutto sarebbe tornato, grazie a Dio, come prima, con malattie “normali” con cui fare i conti e non questa cosa strana che illudeva la gente di poter guarire! 
Guarire: come si faceva a definire guarigione l'adesione agli individui di un parassita che penetrava fino nel sangue! Quella era una possessione!
Il dottor Benedetti con Paolo era sempre particolarmente irritante: gli rimproverava soprattutto di non usare abbastanza farmaci ( che me ne faccio? Rispondeva Paolo, non mi servono più!), lo controllava e quasi lo perseguitava, rimproverandogli ogni minuzia. Paolo era un uomo buono, ma non sapeva di esserlo, perché andava facilmente in collera e considerava questo un aspetto imperdonabile del proprio carattere. Col Benedetti aveva deciso, per punto d'impegno, di non arrabbiarsi più, anche se significava ricacciare dentro di sé certe reazioni violente che finivano per oscurargli le giornate.
Nonostante che si trattasse di un plesso ospedaliero periferico, l'Ospedale della Chianella fu scelto come sede di un convegno sui “Dati statistici comparati del territorio toscano e nazionale riguardo il contagio da parassita spaziale detto SYM ”. D'altra parte era una scelta quasi obbligata: era alla Chianella che si era verificata, unico luogo in Italia, la discesa del SYM e da lì si era diffusa l'infestazione. Paolo, che era uno dei Primi "contagiati" e era anche un medico, fu scelto come coordinatore e primo relatore del convegno, insieme col dottor Benci. Gigliola chiese di poter partecipare. “Partecipare? Ma sei matta? Non se ne parla. Sai che si deve essere professionisti del settore accreditati. Essere presente come uditore, ma nel più totale silenzio, questo lo puoi fare. Se anche vedrai cose inaccettabili, o comportamenti prevaricatori del Benedetti o dei suoi collaboratori nei miei confronti, fai come se niente fosse e ricordati che mi so difendere da solo.” Le disse Paolo.

La mattina del giorno di novembre in cui aveva inizio il convegno Paolo si trovò, imbarazzato, davanti ad un microfono con un fascicolo rilegato in mano e un paio di fogli scritti di suo pugno. Cominciò a bofonchiare nel microfono, che era spento, ma lui non se ne era accorto, alcuni glielo fecero notare, compresa sua moglie che dal fondo della sala gli gesticolava. Paolo si tolse gli occhiali da lettura, se li rimise per trovare l'accensione del microfono, capì come accendere il marchingegno e finalmente lo si poté ascoltare.
Gentili colleghe e colleghi...- disse - ehm... vi ringrazio per la ..ehm..partecipazione. Ringrazio ...ehm ...chi viene da aziende sanitarie lontane e chi viene dall'estero, ho notizia di colleghi provenienti dalla Svizzera, dalla Spagna e dalla Francia... da Marsiglia, amici della nostra dottoressa M'Baye.. Buongiorno a tutti! Tocca a me aprire i lavori e come potete vedere non ci sono abituato. Ho partecipato a dei convegni, quasi sempre come ascoltatore, raramente come relatore, ma oggi tocca a me, come dicevo, fare da padrone di casa e ne avrei fatto volentieri a meno. Bene, abbiamo qui una serie di dati da analizzare, che ci saranno illustrati da alcuni collaboratori..” Paolo presentò i collaboratori, di cui uno era il dottor Di Segni, che aveva anche una laurea in statistica, presa, secondo lui, per divertimento, ma intanto tornava utile.
Inizio io con un paio di cose-disse Paolo- In generale, a partire dalla fine di dicembre 2012, più precisamente dal 21 12 2012, data della discesa del SYM... -Paolo sorrise con tenerezza ricordando quei giorni in cui tutto ciò che era guastato si era rimesso a posto, sua moglie era tornata al suo fianco e la sua famiglia si era rcomposta- qui alla Chianella abbiamo visto diminuire costantemente i nuovi casi di molte malattie e constatato la remissione, fra virgolette, spontanea,di altre. Metto le virgolette perché sappiamo tutti che responsabile di queste remissioni è stato quello che noi chiamiamo, secondo la nostra collocazione culturale, il Parassita oppure il Simbionte. 
Io, perché non ci siano equivoci, sono fra quelli che lo chiamano il Simbionte. Ho preso il SYM quasi subito, sono stato fra le persone contagiate, sempre fra virgolette, non con il primo contatto, ma un paio di giorni dopo, mentre mia moglie l'ha beccato subito. Vista e presa, si dice, ma si sa che con le belle signore... - Gigliola seduta in una delle file più lontane, sorrise - Scherzo, per alleggerire, e mi asterrò da qualunque osservazione personale, o almeno ci proverò. Bene, vediamo nei grafici che il mio collega dottor Francini vorrà mostrarci - intanto il dottor Francini aveva acceso un computer che proiettava un'immagine su uno schermo - che qui alla Chianella siamo passati da una situazione iniziale... qui – indicò con una bacchetta- come vedete abbiamo il punto zero poi i tre o forse quattro primi infettati...ad un contagio da SYM che attualmente riguarda circa un 60% della popolazione. I numeri precisi li trovate nella cartella a pagina4. La cosa è unica in Italia, perché altrove si va da un 5% ad un 15% al massimo di contagiati. Sentiremo i rappresentanti di altre zone, ma non c'è da allontanarsi, basta considerare la provincia di Arezzo escludendo noi. Sull'asse delle ascisse abbiamo il tempo espresso in giorni e su quella delle ordinate il numero dei casi. Vedete che da tempo, qui da noi, le nuove infestazioni sono sporadiche, il che ci fa pensare che la cosa rimarrà così... almeno per ora. Ma con il SYM non si sa mai.- Paolo vide che il dottor Benedetti aveva già alzato la mano- Prego, dottor Benedetti. Ah, presento a tutti il nostro direttore, dottor Benedetti, che doveva intervenire fra poco, secondo la mia scaletta. Ma si vede che ha fretta di parlare...”
Mi chiedo come avete preparato le relazioni,- gracchiò il dottor Benedetti - se non siete sicuri neanche del numero iniziale dei contagiati. Non è che ci fosse tanto da contare, fra tre e quattro...”
Vede dottore, siamo sicuri di tre casi, il primo è la bambina, la piccola Gaia Morini, poi la vecchia signora che è morta nella prima notte, il cui caso verrà riferito da Marco Paggetti, il nostro paramedico, che fu presente quella sera e contagiato a sua volta, e infine la signora Huang, diventata ormai famosa per quello che chiamammo il gioco delle figure di polvere e per un apprendimento immediato e per via... telepatica?- Paolo ridacchiò imbarazzatissimo- della lingua cinese di un certo distretto periferico della Cina, deceduta anche lei. Il quarto caso riguarderebbe due uomini ritrovati accoltellati e morti insieme alla Chianella, entrambi ubriachi, di cui sappiamo che solo uno era stato contagiato subitaneamente, ed è un'informazione ricevuta in connessione SYM, quindi non la possiamo presentare, almeno per ora, ad un convegno medico. Sinceramente non sappiamo come giustificarla a chi non ha il SYM.“
Praticamente il primo contatto è stato una strage. Mi scusi, sa- disse il Benedetti- ma tutto questo sembra più il resoconto di un giornale scandalistico che una relazione scientifica. E' anche vero che io sono stato escluso dalla preparazione di questo convegno..” Il direttore aveva iniziato l'attacco, c'era da pensare che fino alla fine avrebbe cercato di metterlo in cattiva luce, pensò Paolo.
Via, dottore, lei ha avuto per tempo le relazioni e ha avuto tutto l'agio di prenderne visione e eventualmente farci correggere qualcosa, ma non l'ha fatto, e abbiamo pensato che le andasse bene così. Riconosco che la situazione è anomala, ma che posso farci? Anche per me è stato difficile adattarmi.”
Mentì Paolo, che da quando aveva il SYM stava molto meglio sotto tutti gli aspetti. “Certo è che, anche se la cosa resta così, -disse Paolo rivolgendosi di nuovo a tutto il pubblico- senza nuovi casi di contagio da SYM, c'è da chiedersi se questa struttura ospedaliera non sia, o stia per diventare, sovradimensionata rispetto al territorio. Io, come pediatra, ho dovuto adattarmi alla nuova situazione, mi limito a registrare e tentare di studiare i casi di guarigione, perché ci sono ancora casi di malattia e conseguente remissione spontanea, mentre curo con scarso successo i pochi bambini che o non hanno il SYM oppure per la questione dell'Affinità si ammalano ugualmente, ma parleremo di questo più tardi...Il nostro direttore, dottor Benedetti, ne è giustamente sconcertato. Tanto più che lui non condivide l'esperienza del SYM. In effetti qui in ospedale funziona a pieno ritmo solo il reparto di chirurgia, che era un reparto d'eccellenza anche prima, a cui fanno riferimento altre regioni d'Italia. Per cui gli utenti non mancano, mentre localmente sono diminuiti anche gli incidenti stradali e le dipendenze da fumo, droghe, alcool eccetera.... Ma non voglio confondervi le idee. Ora do la parola ai miei colleghi, per primo il direttore, che vi illustreranno le esperienze nei vari reparti e anche i casi della signora che fu ritrovata nella sua casa del bosco, ad un passo dalla morte e della signora cinese...” Il dottor Benedetti si esibì in un noiosissimo discorso di circostanza che fece sbadigliare parecchi dei presenti.
Al termine una signora bruna, sui cinquant'anni, con un SYM molto ben dissimulato, alzò la mano. “Rappresento i medici di famiglia della capitale, buongiorno a tutti. Mi chiamo Michela Prosperi. Bè, se devo pensare come medico forse mi inquieta la prospettiva di una guarigione collettiva.. resterei senza lavoro! -tutti risero- Ma come cittadino e essere umano penso che potrebbe essere una rivoluzione miracolosa...Non c'è un medico di famiglia di queste parti che abbia qualche notizia fresca?”
Alzarono la mano sia un paio di medici uomini, che un altro paio di medici donne, di cui una molto giovane. Il convegno prese una piega imprevista; ci fu un interesse acceso da parte dei partecipanti, che in alcuni convegni dormono cercando di non farsi vedere; tutte le relazioni furono ascoltate con la massima attenzione, e si arrivò all'ora di pranzo in un clima spumeggiante che irritò molto il direttore. Un intervento interessante fu quello dello psichiatra, un HSS+, che testimoniò come fosse calato a picco il consumo di psicofarmaci, ma solo nella popolazione contagiata. Lo psichiatra aveva occhiali spessi e capelli lunghi riluttanti al pettine, che sembrava avesse pettinato coi petardi.
Questo parassita si insedia in individui non affetti da dipendenze, con delle eccezioni, e sani, e se non lo sono di solito li guarisce. Li guarisce LUI, e non accetta interferenze, per così dire, chimiche. Rifiuta i farmaci. Ho avuto pazienti psichiatrici contagiati che hanno tenuto la bocca chiusa per non dover inghiottire le medicine e non c'era verso di fargliela aprire, certe lotte con gli infermieri! Poi abbiamo capito, per fortuna! Se il paziente invece prende il farmaco di solito il suo SYM glielo fa eliminare tutto con la prima emissione di urina, come faccia è un mistero... D'altra parte il primo segno della presenza del parassita è il buonumore! Che è anche l'elemento primario per qualunque guarigione! ”
Pranzarono tutti insieme nella mensa dell'ospedale, salvo il direttore che addusse un impegno precedente. A tavola molti facevano domande a Paolo e agli altri della Chianella, chiedendo ciò che sarebbe sembrato poco professionale chiedere in forma ufficiale.
Vorreste dire che qualcuno ha imparato il cinese in modo istantaneo?”
 Sì. La piccola Gaia, che non ha ancora compiuto i cinque anni, è tuttora in grado di parlare cinese, solo che si tratta di un dialetto di una zona della Cina davvero sperduta, da dove proveniva la signora Huang. Ma d'altra parte la stessa cosa è accaduta ai genitori della bambina, a Marco Paggetti e a mia moglie.“
Gigliola, seduta accanto a Paolo, era impegnata a chiacchierare con delle dottoresse di Parma. Fu subito interrogata sull'esperienza vissuta alla morte della signora Huang, che raccontò con brio e con molti dettagli.
Sarebbe ancora in grado di parlare cinese?”
Sicuro!-disse Gigliola- Posso dirvi qualcosa...”
Sì sì, la prego, ne sarei incantato! “ disse un medico siciliano. Gigliola si schiarì la voce e disse qualcosa modificando istantaneamente il modo di far uscire il suono dalla laringe.Sembrava che parlasse non lei, ma un'altra persona.
Ma è incredibile!” Disse una signora estasiata. “Non capisco niente, ma sembra davvero cinese.”
Lo è, anche se dubito che un cinese del 2013 capirebbe tutto quello che ho detto. Credo che sia un po' come se parlasse italiano una donna delle nostre parti all'incirca di cento anni fa.”
Veramente? E cosa ci ha detto?”
Credo di aver detto che sono lieta di conoscervi, almeno questa era la mia intenzione.” Gigliola rise.
Roba da matti” disse un marchigiano.
Eh già! E difficile da spiegare.. questa cosa che sta accadendo ha degli aspetti medici, ma ancor più ha aspetti culturali e antropologici che dobbiamo in ogni modo affrontare. Sono coinvolti anche gli animali, sia domestici che selvatici e i veterinari delle nostre parti stanno facendo osservazioni... non è difficile farlo, se si può vivere in riservatezza e senza riflettori addosso. Si può dire che la Chianella sta diventando un esperimento collettivo di adattamento reciproco uomo/SYM e di più, perfino fra fauna, selvatica e domestica, e SYM...” disse Paolo.
Pensate come sarebbe bello se questo fenomeno si estendesse a tutto il mondo? Certamente dovremmo ripensare il concetto di medicina e, come avviene nei grandi cambiamenti, ci sarebbe qualcuno contrario... forse le industrie farmaceutiche..”
Ecco.” disse Paolo.
C'è stato qualche episodio di disturbo?”
No no, per ora niente..-disse Paolo. “Però anch'io ho pensato ad nuova concezione della medicina, alla luce del concetto di Affinità.”
Affinità?”
Sì è il concetto che il SYM ci ha trasmesso per primo. Talmente complesso che abbiamo trovato il compromesso di renderlo con questa parola, che lo esprime solo in parte..serve per comprendere il criterio di selezione dei contagiati...ma anche per esempio il fatto che il SYM ha debellato alcune malattie, ma non del tutto. Ci sono stati casi in cui qualcuno ha contratto una malattia che è secondo noi guaribile dal SYM eppure è morto, pur avendo il SYM.”
E perché, secondo lei?”
Il SYM stesso ci ha spiegato che è per l'Affinità. Il Sym non è un farmaco che si applica a tutti e con tutti ha lo stesso risultato atteso, no, il SYM è unico con ogni suo ospite. Se l'ospite deve lasciare la vita il SYM comprende e rispetta, non interviene. Somiglia all'idea del Karma. Almeno all'idea che mi sono fatto io..”
Mi rimane impossibile da capire.”
Non lo dica a me- disse Paolo- Ho dovuto lasciar andare dei bambini malati proprio ora che tutte le malattie parevano debellate...Sa, credo che quest'Affinità SYM sia un estensione del concetto umano dell'Amore, molto più ampia, più vasta, lo intuisco soltanto, non mi chieda altro, per ora. So soltanto che, se anche solo tramite i nostri SYM, riuscissimo ad accettare la morte, avremmo fatto una conquista enorme.”

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Il convegno riprese nel pomeriggio con la stessa effervescenza del mattino e si concluse all'una del giorno dopo, che era sabato. Parlò ancora il direttore che sottolineò come fosse indispensabile evitare entusiasmi ed essere vigili e prudenti, e informò riguardo alcuni laboratori, presso note Università, che stavano studiando il contagio e i modi per debellarlo. Ignorò deliberatamente gli studi che si stavano facendo alla Chianella, nel seminterrato. Toccò di nuovo a Paolo trarre le conclusioni. 
Ora il Benedetti se ne stava come arroccato nello sparuto gruppo dei suoi fidi. 
 Paolo disse: "Per concludere credo proprio, come dicevo con alcuni di voi durante il pranzo di ieri, che la Chianella sia un esperimento collettivo di adattamento uomo/SYM. Non so come finiremo: può darsi che l'infestazione termini come è iniziata- mentì di nuovo- come può darsi che tutto rimanga com'è o anche che il SYM si estenda a macchia d'olio sul pianeta, il che non sarebbe un male, secondo me,( il Benedetti lo guardò malissimo).. solo secondo me...Intanto qui abbiamo abbattuto il consumo dei farmaci, che per noi medici è un ottimo segnale, ma per chi si occupa di acquisti nella nostra struttura non va così bene. Sono stato richiamato per questo, il collega dottor Menci mi ha più volte ricordato che se non teniamo costante il livello di consumi non possiamo ottenere i prezzi competitivi di prima, ma, francamente, che ce ne importa? Non ci servono più così tanti farmaci e abbiamo comunque ridotto moltissimo la spesa, anche se dobbiamo pagarli un po' di più!”
Io invece- intervenne d'imperio il Benedetti- credo che lei abbia una qualche sua nefasta e del tutto personale motivazione che la spinge a distruggere gli accordi economici che noi faticosamente abbiamo messo in piedi con le ditte farmaceutiche..”
Era tutto rosso in faccia e arrabbiatissimo. Paolo allargò le braccia: “Che interesse avrei, dottore? Faccio il medico e forse la differenza è tutta qui, che lei invece fa il manager.”
Il direttore stava per replicare quando una donna bionda slavata, magrolina e con gli occhiali, che aveva seguito tutto il convegno in prima fila prendendo appunti senza mai intervenire, alzò la mano. Poi, siccome nessuno la degnava di considerazione, fischiò forte con le dita in bocca. Per la sorpresa si fece istantaneamente un silenzio assoluto.
Ecco. Un po' d'attenzione, prego. Sono Maria Clara Rossi, funzionario del ministero degli affari interni. Prego il mio collega di farci ascoltare questa conversazione acquisita in modo del tutto lecito e quindi utilizzabile in tribunale, durante un'inchiesta riguardante un caso di corruzione...prego, Matteo.”
Si sentì un fruscio, poi una voce. "Allora: quando ti mandiamo gli altri chemioterapici?”
Per ora pare che non ci servano.”
Dai. Non vi servono. Non ci credo che non vi servono. E gli antidepressivi?”
Quelli poi!”
E tienili lì, fai un po' di magazzino.”
Ho i magazzini pieni da mesi. Ho montagne di farmaci in scadenza, anch'io sono controllato, che credi? Piuttosto voi, nessuna novità su come debellare l'infestazione?”
Ancora niente. Figurati che alcuni dei nostri ricercatori sono stati contagiati e ora si rifiutano di lavorare su questo progetto. Dovremo eliminarli.”
Dio come sei brutale. Io sto ostacolando Giusti, ma lui non c'entra niente, alla fine è il Parassita che sta prendendo piede..”
Ma non avete nuovi casi se non veramente sporadici.”
Sì, ma qui, con oltre il sessanta % della popolazione infettata, si ammala poca gente e i farmaci sono inutilizzati. Invece posso aumentarti il carico della chirurgia.”
Sai bene che quello non rientra nell'accordo. Comunque sei fottuto: la tua percentuale non esiste più se non tieni alti i consumi..”
Ma io ho bisogno di quei soldi, mi sono indebitato.. non puoi anticiparmeli? La situazione tornerà normale presto.”
Sì. Col cavolo.”
La registrazione fu interrotta e si sentì un brusio nella sala.
Maria Clara Rossi riprese la parola: “Bene. Avete sentito tutti.”
Ma chi parlava? -chiese qualcuno- Non si capiva...”
Le voci, sapete,- disse Maria Clara Rossi- con questi straordinari strumenti di cui adesso disponiamo possono essere analizzate. In effetti lasciano una traccia, simile ad un'impronta digitale, unica per ogni essere umano.” 
Si rivolse al direttore “La voce è sua, dottor Benedetti. E' lei che riceve tangenti per le forniture dell'ospedale, che tratta con i rappresentanti delle ditte farmaceutiche per forniture artificialmente gonfiate. I carabinieri l'aspettano qua fuori. E cortesemente, anche i collaboratori del direttore devono rendere delle dichiarazioni.” 
Una piccola folla che protestava vivacemente uscì nel silenzio del resto della sala. Quando anche l'ultimo fu uscito e si furono allontanati, all'improvviso si alzò un urlo entusiasta e furono tirate per aria cartelle e borse, con ricaduta di materiale vario, fra cui rossetti, borselli, fazzolettini di carta, telefonini e monetine, soprattutto da 1 e 2 centesimi, quelle che di solito restano inutilizzate sul fondo delle borse. Ma nessuno se ne preoccupò. Tutti si stringevano le mani e si congratulavano e Gigliola saltava intorno a Paolo, mentre Guido ripeteva commosso “Quando lo dirò a mia moglie!...” 
Poi, come se tutti si fossero messi d'accordo, ci fu un grido unanime: “Evviva il dottor Giusti! Per il dottor Giusti hip hip ..hurrà!”
Era una cosa un po' fuori moda, quell'hip hip hurrà, ma l'età media era piuttosto alta, così ché si poteva capire l'espressione obsoleta. Paolo sorrise, arrossì, si schernì, ma le grida non si fermavano. Gigliola era tutta contenta. Allora Paolo si irritò, fece una faccia scura e alla fine riaccese il microfono.
Per favore, vi prego, basta..” Non c'era verso di fermare l'entusiasmo.
Vi prego, calmatevi...insomma, SILENZIO!”
Il silenzio cadde di nuovo sulla sala e tutti si voltarono verso Paolo.
E che diamine! Non intendo essere celebrato! Questa cosa non ha senso! Mi state mettendo in imbarazzo!” Nel silenzio Gigliola disse sottovoce: “Ma come, Paolo, per una volta nella vita che ti capita una cosa simile...”
Per una volta nella vita, sì, forse ho anche desiderato un momento simile, in passato, ma ora che ci sono in mezzo non mi piace! Non vedete che è tutto un equivoco? Prima veniva onorato il Benedetti, ora io? No, no, non abbiamo bisogno di capi, eroi, o duci! Io finora ho fatto solo il mio lavoro. Ringraziate la signora qui presente, Maria...” lasciò la frase in sospeso perché non gli era rimasto in mente il nome. “...Clara Rossi.” Concluse lei, che lo seguiva con occhi vigili e acuti.
E' lei che ha scoperto l'inghippo, lei che ha arrestato il Benedetti, io non sono che un vecchio pediatra di campagna, che ha litigato parecchie volte con un direttore che non sopportava e che lo ostacolava in ogni modo. Se ho un merito che mi posso riconoscere è quello di aver resistito. Sì, come uno che in mezzo al mare si aggrappa ad un salvagente e aspetta. Mica da solo, siamo stati in tanti a resistere a questa marea di corruzione e malcostume...Non che sia cosa da poco, resistere, mi ricorda mio padre durante l'ultima guerra mondiale...Non ho neanche un passato luminoso, sapete...non mi piace confessarmi, ma per un periodo sono stato uno straccio, ho rischiato di cadere nell'alcolismo... e non sono un esempio da seguire.”
Non è vero, lei ha creato un ambulatorio gratuito per i bambini poveri!”
Paolo tentò di individuare chi aveva parlato.
Ma che dice? E' stato solo un piccolo impegno, due o tre ore un paio di volte alla settimana.. e se non ci fosse stata Cristina, la mia caposala, non mi ci sarei mai messo ..quello che voglio dire è che non dobbiamo inventarci degli eroi, creare dei personaggi che saranno al centro dell'attenzione per un periodo, ma vivere tutti con un minimo di coerenza, seguire la nostra luce interiore...certo: chi ce l'ha.”
Ci fu un nuovo applauso entusiasta e un altra salva di “Evviva il dottor Giusti!”
Paolo scosse il capo e disse sottovoce “Come parlare al vento.” Gigliola lo guardò commossa.

La sala si svuotò lentamente in un clima gioioso, alcune signore e signori manifestarono l'intenzione di visitare il giardino di Irene, magnificato da Gigliola e già apparso una prima volta sul canale 111.
"Ma certo, andiamo, il giardino è bellissimo nella sua veste autunnale, Irene ci sta aspettando!" Disse Gigliola. 
Alcune dottoresse trovarono il coraggio di chiederle come procurarsi quella tinta così particolare di capelli che le donava tanto. 
“Oh, questo è impossibile! Ho smesso di tingere i capelli da mesi. E' il mio SYM che mi fa contenta! Ha creato questa tinta unica per me.”

Paolo fu l'ultimo ad apprestarsi ad uscire, mentre nella sala restavano Maria Clara Rossi e il suo collaboratore. 
 “Vuol vedere una cosa speciale, dottore?” Disse lei mentre il giovane chiudeva la porta.
La dottoressa Rossi aprì il computer, il giovane si avvicinò e ci mise la mano sopra, mentre ritrovava e faceva riascoltare la registrazione. “Il mio giovane collega Matteo è particolarmente dotato-disse lei- ora guardi...” 
Il SYM del ragazzo dalla sua mano si estese al computer e sembrò penetrare all'interno, il giovane tese l'altra mano con la palma aperta e si concentrò. Sul palmo apparve il turbinio della polvere SYM che si unì e consolidò per formare una figura che ruotava e si poteva vedere in tre dimensioni. Era la faccia del dottor Benedetti, in tutti i dettagli. 
“ Una voce, una faccia. Altro che impronta vocale!-Disse Maria Clara- Così si fa prima!” 
“Incredibile.-Disse Paolo- E noi che lo chiamiamo il gioco delle figure di polvere!”
Maria Clara si alzò e si mise ad avvolgere i cavi del computer.
Senza guardare Paolo in faccia gli disse: "Comunque, dottore, ha fatto proprio una bella sparata..”
Sparata?”
Il discorso finale.”
Ah!, guardi che io di solito non faccio così, si immagini che non volevo neanche presenziare al convegno!” 
Come se non lo sentisse la donna continuò, con un sorrisino “Lei è consapevole di essere un anarchico?”
Oh, porca miseria, no! Io non andrei mai a mettere bombe o...”
Non parlo di bombe, dottore.- Maria Clara continuava a riporre materiale ordinatamente dentro una valigetta.-Parlo del significato originario, vero, della parola anarchico. Un uomo che non ha bisogno di essere governato perché ha una legge morale molto salda nel proprio cuore.” 
“Ah.” fece Paolo senza parole.
In sostanza: un uomo libero, se le piace di più. Sono rari, glielo assicuro. Qui alla Chianella un pò meno rari che altrove, lei e il suo amico Guido, la dottoressa M'Baye... siete alcuni esemplari della specie. Sua moglie è certamente un caso a parte. Certo, lei è convinto che il suo lavoro abbia avuto scarso significato, in quest'ospedale perso nella campagna, in “culo al mondo”...” 
Paolo la guardò sbalordito. Erano le sue precise parole. 
“Ma lei che ne sa?” 
“Siamo costretti ad ascoltare- sottolineò la parola- se vogliamo incassare i risultati. Ma il suo lavoro è stato una barriera contro la corruzione, anche se lei non se ne è mai accorto, se era convinto di essere perso in mezzo al mare attaccato ad un tronco o salvagente che sia...Sua figlia le somiglia molto, in questo...”
Conosce mia figlia?”
Ce li saluti tanto, Giulia e Alan...”
E tutti e due strizzarono l'occhio a Paolo, mentre, prese le valigette, uscivano dalla sala. Paolo si riprese dalla sorpresa e disse “Sa che mi ha fatto un regalo bellissimo, oggi?”
La donna non si voltò, alzò una mano in un cenno di saluto e imboccò il corridoio.

A casa, la sera, mentre si apprestavano ad andare a letto, e commentavano la giornata felice appena conclusa, Paolo raccontò a Gigliola della testa del Benedetti apparsa sulla mano del ragazzo. “Un'applicazione incredibile delle figure di polvere! Avevo ragione, bisogna applicare queste nuove abilità! Mi hanno strizzato l'occhio dicendomi di salutare Giulia e Alan: che dici, secondo te avranno contribuito a smascherare il Benedetti? Saranno stati informati dell'operazione?”
Gigliola fece una faccia divertita: " Certo, ci hanno lavorato tanto! Lo sapevo anch'io..”
Come sarebbe a dire? E non mi hai detto niente?”
Perché tutto filasse liscio tu non dovevi essere informato. Ma io ci volevo essere per godermela di persona! Nella speranza che riuscissi a rimanere calmo fino alla fine..”
Per quello ci ha pensato il mio SYM, non faceva che farmi venire in mente immagini di un mare tranquillo, sole, e te in costume da bagno almeno vent'anni fa...e musiche rilassanti, solo che, con tutta quella musica, avevo difficoltà a capire cosa diceva il Benedetti, quando parlava lui. Gli altri no, li capivo benissimo.”
Benedetto SYM.” disse Gigliola.

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In questi giorni la realtà mi risulta incommentabile, fra sbarchi, morti in mare decapitazioni e il resto.  Continuo a raccontarmi una fiaba, per consolazione.
Nel paesino della Chianella sta cambiando tutto, soprattutto ora le persone sono in relazione e non più mondi separati, una comunità di gente molta diversa, italiani autoctoni, indiani, rumeni, cinesi, africani, polacchi, e chi più ne ha più ne metta, si amalgamano, si sostengono a vicenda e cominciano a vivere insieme. Sono tutti contenti, tranne Giulia.

Un nuovo direttore per l'ospedale

In seguito agli ultimi avvenimenti il plesso ospedaliero della Chianella si trovò privo di un direttore. Le autorità preposte al rimpiazzo si trovavano in imbarazzo: fra i possibili candidati nessuno voleva venire a dirigere la Chianella, per i soliti motivi: che si trattava di un posto alla fine delle strade, che non c'era niente di niente oltre all'ospedale e ad una piccola Coop, che per fare quel lavoro bisognava prenderci casa. A questi motivi si aggiungeva il fatto della presenza massiccia di contagiati SYM (HSS+, Homo sapiens sapiens + simbionte), con cui gli HSS (Homo sapiens sapiens) non volevano aver a che fare, prevedendo sviluppi inattesi. Inoltre, dopo la vicenda del dottor Benedetti, la gestione dell'ospedale sarebbe stata sotto un riflettore per evitare che fatti del genere si ripetessero e nessuno voleva lavorare sotto un pressante controllo. L'imbarazzo fu risolto dagli stessi dipendenti dell'ospedale che manifestarono la loro scelta. C'era infatti una persona che nel corso del tempo si era conquistata la fiducia di tutti con il proprio comportamento coerente e generoso, si trattava di una donna, dotata di capacità manageriali e di un'etica personale: Cristina, la caposala di pediatria. Guido, che era sempre al corrente di tutte le novità dell'ospedale, ne parlò con Paolo.
No! -disse Paolo- Figurati se ad Arezzo diranno di sì! E poi ci toglierebbero la nostra collaboratrice più valida...benché sarebbe proprio la persona giusta, chissà quanti buoni cambiamenti potrebbe portare...”
In quattro e quattrotto Cristina, nonostante che il suo curriculum non fosse esattamente quello richiesto e che fosse una HSS+, e soprattutto a causa della mancanza di altri candidati, diventò il direttore, pro tempore, si disse, ma tutti sapevano che una volta calata nel ruolo, la sua capacità e la sua onestà avrebbero reso quasi impossibile rimuoverla.15 dicembre 2013

Giulia e Alan tornarono da Londra il 15 dicembre per un periodo di ferie che sarebbe durato fino all'Epifania e Gigliola andò a prenderli con l'auto alla stazione di Camucia. Giulia era incinta. Quasi subito il suo SYM le aveva comunicato che quella che aspettava era una bambina. Gigliola abbracciò forte tutti e due, carezzò la pancia di sua figlia salutando la nipotina e tornarono a casa. Mangiarono in fretta e in allegria poi Gigliola disse che potevano riposarsi, farsi una doccia o qualunque cosa volessero, ma lei fino alla sera avrebbe avuto da fare con i ragazzi del doposcuola, che le dispiaceva, ma che ci sarebbe stato un po' di rumore, perché con l'insegnante di musica si stavano preparando i canti di Natale... Giulia mise il broncio.
Sai che si fa?-disse ad Alan- Si va a trovare l'Isolina e poi Irene. Loro avranno un po' di tempo per noi.”
Mentre camminavano verso la casa dell'Isolina Giulia brontolava più con se stessa che con Alan: Gigliola secondo lei non era stata mai granché come mamma. 
“Quando nacqui dicono che pareva avesse un nuovo giocattolo, o un cagnolino! Mi vestiva con abitini costosi, ma poi mi lasciava tanto tempo con l'Isolina per andare in giro da sola... si voleva sentire libera, come prima di avermi." Giulia aveva una faccia imbronciata e concentrata, tornando con la mente ad esplorare quegli anni lontani, Infatti disse: "Mi divertivo un sacco con l'Isolina. La mamma invece mi portava con sé dalla parrucchiera, dall'estetista, non mi chiedeva mai se mi faceva piacere o no andarle dietro, come con un cane! Che rabbia! Ecco perché odio truccarmi!”
Alan era tranquillo, tornare alla Chianella lo rilassava e lo faceva sentire subito in vacanza, e la invitò a considerare che ognuno fa il genitore come gli riesce, secondo il proprio carattere e la propria educazione, nessuno può oltrepassare i propri limiti, e tutti ne hanno. “Poi ti ricordo che non dovresti parlare con me, proprio con me, di questo: praticamente ho due famiglie. Mio padre si è sposato tre volte e mia madre due.”
Anche ora- disse Giulia senza ascoltarlo - anche ora ha i ragazzini e me non mi considera per niente, come se non fossi neanche andata ad abitare in un altro paese, come se finora avessi abitato qui con lei, oppure a Camucia...Me, non mi aiutava a fare i compiti, mi dovevo arrangiare, ora con questi ragazzini è immattita, si è inventata l'istinto materno a sessant'anni...”
Erano arrivati a casa dell'Isolina e suonarono il campanello. 
L'Isolina si affacciò dalla finestra: “Oh chi c'è! La mi' cocca..aspetta aspetta!”
Scese le scale, li abbracciò stretti tutti e due, li fece salire in cucina, fece un caffè, poi però Giulia vide che era inquieta. 
“Che c'è, Isolina? Se hai da fare...”
Oddio, dovrei andare a dare una mano alla tu' mamma coi ragazzi, ora ci vado quasi tutte le sere a fargli la merenda, un po' di tè, un dolcino, un vassoio di fette di pane con qualcosa... ci vado tanto volentieri! Quei bambini son dei tesori! Poi ora preparano..”
Sì, lo so – disse Giulia secca- i canti di Natale.”
Sì! Tu sentissi che coro, col professore al pianoforte, chi se lo immaginava che veniva fuori una cosa del genere? Canteranno alla Messa di mezzanotte e anche a quella delle undici della mattina di Natale.. Poi fanno anche dei canti per gli indiani, per i cinesi, perché il Natale deve essere di tutti... son matti! Sicché non ti dispiace se ti dico che non posso rimanere? Ci si vede là, a casa tua..”
Giulia e Alan furono di nuovo in strada e Giulia cominciava seriamente ad innervosirsi. 
Continuava a brontolare: “Quando ha lasciato il babbo mi sono arrabbiata tantissimo con lei, non la volevo più vedere! Lui era in momento critico, è vero che si era chiuso in se stesso, aveva perfino cominciato a bere un po' troppo e forse non parlava più con lei, non aveva più attenzione, come se non esistesse, e lei si è trovata uno, in un bar frequentato da donne sole, a Firenze, non ci posso pensare perché mi arrabbio di nuovo!”
Forse bisogna considerare che tua madre fosse anche lei in difficoltà, no? E lei non è il tipo che si fa vedere depressa, reagisce, magari male, ma reagisce!”
Forse... e poi quella storia il babbo credeva che fosse durata chissà quanto, invece è finita in quindici giorni. Il suo gigolò, lo chiamava, anche lui, crudele..”
Giulia non camminava, correva, erano già al portone di Irene e tirarono forte la catena dei campanacci.
Bisogna aspettare un po', lei è sempre in giardino, ed è un giardino grande...”
Sì, ci sono stato con te, una volta, ti ricordi?”
Ah! E' vero...”La porta si aprì e apparve qualcuno con indosso una tuta grigia da meccanico, che gli stava larga, un cappellaccio in testa e sopra una visiera scura che gli copriva il viso. Per un attimo Giulia pensò che si trattasse di un completo estraneo, o di aver sbagliato casa, ma poi quello si tolse la visiera e si vide che era Irene. 
“Ma che combina?” pensò Giulia.
Oh, ragazzi, siete tornati! Gigliola vi aspettava con tanto entusiasmo e anch'io... Che bellezza avervi qui per Natale!” Li abbracciò e intanto una voce la chiamò forte. Era, inconfondibile, la voce di Tandie.
Uh! -fece lei- Ho lasciato Francesco e Tandie a metà di un lavoro per venire ad aprire la porta..venite a vedere, devo assolutamente tornare ad aiutarli!” La seguirono di buon passo nella capanna sul retro della casa, da cui proveniva un suono come un ronzio metallico e una luce accecante.
Ma che state facendo?” chiese Giulia.
Ah? Oh, niente di che, una panchina di ferro!”
Una panchina?”
Bè sì, ora c'è poco da fare in giardino e ho pensato di creare qualche oggetto utile, ma anche decorativo, fatto da noi. Stiamo saldando.”
Giulia la guardò e poi si voltò verso Alan con la faccia stralunata, allargando le braccia. Alan rideva.
Saldare? Ma ora ti metti anche a saldare?”
E' divertentissimo! Francesco è molto bravo...- Tandie venne ad abbracciarli. Francesco tolse un momento la visiera e li salutò, poi si rimise al lavoro. 
“E' bello!-disse Tandie- facciamo delle cose molto … originali, nello stile del giardino. Mi dispiace non essere stata a pranzo con voi, ma tanto stasera mangiamo tutti insieme! Abu non vedeva l'ora, stamani!”
Da quando è venuto Gigi Primitivi tutto è cambiato- disse Irene- mi ha incoraggiato tanto e non mi sento più una vecchia matta come disse la Serafina Raspoli! Sono arrivati un po' di soldi per i servizi televisivi, posso pagare Francesco e realizzare questi progetti che credevo sarebbero rimasti solo dei sogni! E Tandie si diverte quanto me nelle pause del lavoro che fa in ospedale!” Irene sprizzava entusiasmo.
E Guido che dice?” disse Giulia.
Che vuoi che dica? -esclamò Irene- Dice che dev'essere la “giardinite”!- rise con gioia- Ora però, ragazzi, dobbiamo finire questo lavoro, fatevi un giro da soli, ci sono cose nuove da vedere, c'è la piattaforma sulla quercia, salite lassù, è nella terza radura...”
Giulia e Alan se ne andarono per i vialetti del giardino, che aveva un'aria molto romantica ora che gli alberi avevano perso le foglie e creavano una rete attraverso cui vedere il cielo, che quel giorno era di un bell'azzurro pallido.
Proprio nessuno ha tempo per noi? Sono tutte impazzite queste donne? La mamma e l'Isolina non vedono altro che i ragazzini del doposcuola, Irene usa la saldatrice, Tandie: anche lei.. Ecco qua la quercia: ma che ci ha costruito questo diavolo di Irene, una scala a spirale in metallo leggero..alluminio? Bellina! Che ci ha attaccato? Fiori di metallo, una specie di liana che l'avvolge.. guarda che roba!”
Lei e Alan salirono fino alla piattaforma da cui si vedeva il paese, la valle intorno e, in lontananza, Cortona.Tutto avvolto da una nebbiolina fine e luminosa.
“Bellissimo quassù! Ci sediamo?” Disse Alan.
Sì, sediamoci. Che bel benvenuto ci hanno dato! Nessuno ha tempo di parlare con noi..” Si sedettero con le gambe a penzoloni nel vuoto.
Non è vero. Tua madre è stata tanto affettuosa, ci ha preparato un buon pranzo, solo che ha da fare... anche l'Isolina ha da fare..e Irene, e Tandie. Hanno da fare.” Alan rideva.
Va bene, hanno da fare, ma io sono tornata! Noi siamo tornati! Non ci considera più nessuno? Nessuno ci vuol più bene? Nessuno considera che siamo “incinti” ? Speriamo che almeno mio padre si ricordi di me, almeno come mi chiamo!”
E' la prima volta che tiri fuori questo rancore nei confronti di tua madre ..”
Da quasi un anno, da quando è arrivato il SYM, non ho quasi più provato rancore, ma ora questa indifferenza l'ha risvegliato tutto. Ce l'avevo tanto con mia madre, quando lasciò il babbo, l'avrei strozzata.. e tutto è stato come cancellato, come una cimosa che cancella una scritta da una lavagna, con l'arrivo del SYM.”
Darling- disse Alan- cambia prospettiva per un attimo, ti va? Siamo saliti quassù, sulla piattaforma di Irene. Sali anche nella tua testa, e prova a guardare tutto dall'alto e da lontano. Tu vai via, a Londra, e pensi forse che tutto qui rimanga immobile, congelato, fino al tuo ritorno? Pensi che niente si muova, si modifichi, in attesa di te? Sarebbe terribile, pensa se tua madre non avesse niente da fare e la trovassi ogni volta uguale, invecchiata e magari, triste. E anche gli altri. Isolina poteva ammosciarsi con la pensione, invece si fa coinvolgere da quel terremoto di donna che è tua madre. Per non dire di Irene... senza contare Tandie, che dev'essere, per tutte loro, uno stimolo enorme. Sono persone vive, sono tutti pieni di interessi. Non puoi chiedere a tutti loro di vivere nell'attesa di te.” Ora Giulia stava zitta. “E poi c'è un'altra cosa: i tuoi, ci metto anche tuo padre anche se tu parli solo di tua madre, forse non lo sanno neanche loro, ma hanno fatto un gran lavoro come genitori, con tutti i loro difetti e i problemi, perché tu sei una ragazza meravigliosa.”
Giulia l'abbracciò fortissimo.

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Scesero dall'albero e, mentre Giulia parlava con Irene e Tandie, Alan telefonò a Maria Clara Rossi, detta Claretta. Non aveva niente di Claretta, quella donna, era un pezzo di ghiaccio impossibile da fondere, migliorata dopo che aveva preso il SYM. Come fossero affini lei e il SYM, restava un mistero.
Alan le chiese se quella era la crisi che avevano previsto. Si riferiva all'arresto del dottor Benedetti.
Certo.- rispose lei- Hai qualche dubbio? Veramente la crisi non c'è stata, l'abbiamo non solo prevista, ma anche evitata.”
Non mi torna.- disse Alan- non ci sono gli elementi: avevamo detto che sarebbe partita da una donna, border line, solitaria, di un'età fra i 38 e i 53 anni...”
Avevamo detto che tutti questi elementi erano probabili, non certi. La crisi ha riguardato la Chianella, e uno dei suoi protagonisti principali, siamo intervenuti prima che tuo suocero potesse essere danneggiato."
Non ha corso pericolo fisico. Non ci sono stati atti violenti...”
Siamo arrivati prima! Consideralo un successo, per una volta!”
Non so.. sento ancora un pericolo, qualcosa che mi sfugge...”
Rilassati. Tutto è sotto controllo. Per la legge della probabilità, non credo che succederà ancora qualcosa alla Chianella. Non prossimamente. E comunque adesso e fino dopo l'Epifania tu sei lì e sei uno dei nostri uomini migliori, e hai del personale di supporto, se non sbaglio...”
“Sì,ho degli uomini che si sono stabiliti qui... ma non so, sono inquieto. Deve essere il fatto che sono coinvolto personalmente.”
E' di sicuro quello: rilassati, te l'ho detto. Devi considerare anche che lì in paese c'è un 60 % di HSS+, tutti in rete SYM, se succedesse qualcosa probabilmente questo sarebbe un vantaggio enorme.

Rete SYM

In seguito alla discesa del SYM tutti quelli che, come si usava dire all'inizio, erano stati contagiati, si erano scoperti collegati in una rete SYM. Essere in rete SYM significa sentire, a qualunque distanza, la presenza delle persone più care, anche se si trovano in un paese lontano o perfino in un altro continente. E' ormai un'esperienza comune, che non necessita di speciali spiegazioni, chiunque sulla Terra sa cos'è la rete SYM, anche se non è un HSS+, ma all'inizio si tentava di definirla in questo modo: avvertire un impulso legato ad una persona del proprio cerchio di relazioni, percepito con intensità diversa secondo la forza del legame, e unico, come la voce o l'impronta digitale o l'immagine. 
Si diceva anche che era come se si fosse aperto uno spazio della psiche prima sconosciuto, che non poteva essere definito come tale, eppure ogni persona occupava in questa nuova dimensione della mente un posto preciso. In rete SYM esplorando intorno a sé gli individui possono “toccare” quegli spazi psichici, e assicurarsi che le persone care li occupino e siano presenti, vive e stiano bene. Tutto questo contribuì inizialmente a rinsaldare, nella popolazione HSS+, i legami affettivi e a aumentare la sensazione di sicurezza, per esempio nel rapporto fra i genitori e i piccoli, ma anche, nelle emergenze, a migliorare la risposta collettiva.

Angoscia

Ormai erano tre settimane che Daniela non sentiva il ragioniere. Lui non l'aveva più chiamata e non rispondeva al cellulare. Daniela era in uno stato d'animo ansioso e angosciato, parlare col ragioniere le era indispensabile, per conservare quel minimo di stabilità che le permetteva di condurre una vita all'apparenza normale. Era di nuovo ossessionata da mille paure e suo marito e sua figlia se ne erano accorti da tempo. Aveva detto loro una bugia, che tutti i giorni andava a fare da badante ad una vecchia donna nella zona di San Martino, vicino alla Chianella. Per la notte, aveva detto, avevano un'altra persona, mentre lei doveva essere presente durante quasi tutto il giorno. Non era mica facile accudire una donna che sta per morire! Pulire gli escrementi, lavarla, farla mangiare, era una cosa tremendamente deprimente: che la lasciassero in pace almeno quel poco tempo che stava a casa! Che si arrangiassero, non le andava di far la serva anche a loro! Il marito la lasciava fare, preferiva così piuttosto che scontrarsi con lei, che diventava sempre più violenta e aggressiva. Ma la figlia non si rassegnava, vedere la mamma sempre tanto triste e sgarbata, con gli occhi arrossati e quel modo di parlare sottovoce con se stessa la inquietava. Chiese al babbo se non c'era qualcuno che li potesse aiutare, e soprattutto aiutare la mamma. Il padre si era abituato poco a poco alla situazione che degenerava e non riusciva più a vedere, o rifiutava di ammettere, che era diventata patologica. Ricordò che Daniela aveva una dottoressa a Siena, forse l'aveva chiamata di recente, forse ci aveva parlato. Cercò il numero di cellulare nella rubrica telefonica. Lo trovò e si sentì subito sollevato. Chiamò la dottoressa Ridolfi, ma quella disse che non sentiva più Daniela da mesi: c'era qualche novità? 
“No, niente- rispose lui- solo che ..” non riusciva ad andare avanti.
Solo che? - continuò lei- Ha di nuovo qualche fobia?”
L'uomo si confidò, impaurito, e descrisse i comportamenti della moglie.
Prende ancora le medicine che le avevo dato?”
Non mi pare. Prima le prendeva anche ai pasti, ma ora lavora, così dice lei, e il pranzo lo fa a casa di questa anziana che custodisce, così non vediamo se prende qualcosa, e la sera a cena a volte neanche mangia...”
Ma se riesce a lavorare le cose non possono andare tanto male..”
Sì, ma non sono sicuro che lavori davvero, chissà che fa tutto il giorno, mi preoccupa, ha gli occhi rossi, parlotta da sola, non fa che guardare il telefonino... con chi parlerà? Che io sappia non ha amici!”
A questo punto forse è il caso che io le dica una cosa..” La dottoressa gli raccontò del parere della psicologa e di come lei stessa si fosse poi pentita di non aver indirizzato Daniela al servizio di igiene mentale.
Non abbia rimorsi dottoressa, tanto non ci sarebbe andata.. certo ora che mi dice queste cose comincia veramente a farmi paura, soprattutto per la mia figliola..”
Non so che dirle, solo che mi dispiace tanto che le cose si siano evolute in questo senso... sono a disposizione, mi chiami pure per qualunque cosa, mi tenga informata..”
Una sera, mentre Daniela tornava a casa da uno dei suoi giri intorno alla Chianella, dove trascorreva quasi tutto il suo tempo, ricevette una chiamata da un numero di cellulare che non conosceva. Esitò prima di rispondere, chi poteva avere il suo numero?, poi sentì la voce che conosceva:
Oh, Sergio, che sollievo! Ma che le è capitato?”
Danielina, mia cara, la chiamo per dirle che non ci sentiremo più per molto tempo..”
Perché, che succede?- disse lei con la voce rotta dal pianto.
Sono controllato, mi hanno individuato..”
Ma chi?" gridò lei al cellulare.
Chi vuol che sia? Loro, i contagiati. Gli alieni. Ha sentito del convegno all'ospedale della Chianella?”
Sì, qualcosa, ma perché?”
Sono riusciti a far cacciare il dottor Benedetti, è agli arresti domiciliari..”
Ma io ho capito che aveva truffato l'ospedale guadagnando sull'acquisto dei farmaci!”
Tutte balle! Il Giusti e i suoi, tutti infettati dal parassita, si sono coalizzati e l'hanno fatto fuori. Fanno controllare tutti quelli che manifestano un'idea diversa e soprattutto non sono contagiati, io rischio molto..”
Ma lei mi aveva detto di non essere del posto, che non conosceva nessuno in questa zona..”
Non posso dirle niente, ma ho lavorato, da un anno a questa parte, per l'eliminazione del parassita.”
Ma...la sua famiglia?”
Li ho fatti allontanare, sono in un'altra città, dove non ci sono così tanti infettati.. per ora sembra che tutto vada bene, ma lei, Daniela, non si preoccupi, non corre rischi, siamo stati molto prudenti nei nostri incontri.. Ormai non spero più di poter eliminare uno dei primi, come avevamo detto..”
A Daniela, dopo una pausa, venne spontaneo dire: “Lo faccio io.”
Lei? No, non si deve esporre così..”
Un altro  breve silenzio, poi Daniela, come se avesse riflettuto, disse: “Sì, lo posso fare. Se nessuno si muove, nessuno protesta, nessuno reagisce, qualcuno lo deve pur fare..e poi, scusi, ma perché altrimenti mi avrebbe tanto sollecitato a procurarmi la pistola e ad imparare ad usarla?”
Se ne è convinta.” disse subito Sergio, approfittando del momento favorevole. Forse ci sarebbe stato ancora bisogno di qualche altra spinta, ma quella donna era sul punto di piegarsi al suo progetto. Doveva solo pensare di aver concepito tutto quello da sola, o di essergli subentrata volontariamente. 
“Se ne è convinta ce la farà, basterà solo programmare bene e gliela faremo vedere.”
Daniela rabbrividì.

SYM 35

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Normalmente Paolo, ogni volta che aveva dedicato per qualche ora tutta la propria attenzione al lavoro, accedeva al proprio nuovo senso e “toccava” in rete SYM sua moglie, sua figlia, o Alan, o Guido, o Irene o Tandie,  era come un saluto a distanza alle persone care, un pensiero affettuoso che veniva percepito dal destinatario e ricambiato. Come dire “Ci sei ? Ti voglio bene.”  La rete SYM era usata, a quel tempo, in modo istintivo e ancora rozzo. Paolo quel pomeriggio si era appena cambiato per tornare a casa e stava chiudendo lo sportello del suo armadietto nello spogliatoio dell'ospedale. Improvvisamente sentì nella propria mente un urto fortissimo che lo fece vacillare. Subito capì che l'urto veniva da Gigliola e “toccò” nella sua direzione: Gigliola non c'era più. Intanto senza neanche rendersene conto era uscito dalla stanza e gli vennero incontro di corsa Guido, Cristina e altre persone.
Ho sentito un urto molto forte!” Gridò Guido.
Dottore, che è successo a sua moglie?” disse Cristina.
Dottore dottore! Non sento più nulla nel campo di sua moglie!” Tutti erano in allarme.
Paolo disse “ Non so, c'è stato un urto e nemmeno io sento più mia moglie, non ho idea di cosa possa essere accaduto, Guido..”
Sì, ti porto a casa, prendiamo la mia auto.”
Cristina, può mandare un'ambulanza?”
Subito dottore!”
Paolo camminava in fretta, ma la paura gli rallentava il passo e gli faceva battere il cuore all'impazzata. In pochi minuti, senza parlare, furono davanti a casa. A qualche metro dal portone socchiuso, c'era una donna in piedi, indossava un cappotto e aveva gli occhi molto arrossati, aveva una pistola in mano, era evidentemente terrorizzata, e a Paolo sembrò di averla già vista. Giulia era accovacciata accanto a Gigliola, che era stesa a terra, priva di sensi, mentre sotto di lei si allargava lentamente una pozza di sangue. I vestiti erano bruciati dove erano entrati i proiettili. Alan era in piedi accanto a loro e anche Tandie. La scena era irreale, tutti erano immobili e nessuno gridava. Paolo era come ipnotizzato, non sentiva niente, neanche il vento, neanche le voci degli uccelli, come se fosse diventato sordo all'improvviso. Guido si chinò su Gigliola, si voltò verso di lui e gli gridò qualcosa, ma lui non capì. Lo vedeva muovere le labbra e non sentiva il suono. L'ambulanza si fermò con tutte le luci accese, scesero i paramedici e fra loro c'era Marco.
C'era un medico che ascoltò col fonendoscopio il cuore di Gigliola. 
Ora Paolo sentiva, come da una grande distanza: “.. forse un battito lievissimo.. è spacciata. Povera signora..”
Paolo urlò: ”Allertate la chirurgia, portatela in ospedale!”
Marco con gli occhi pieni di lacrime, disse: “Dottore, lo vede anche lei, è inutile...”
“Portatela in ospedale, presto, vi scongiuro, Marco, ti prego..” Paolo gridava e piangeva. Qualcosa disse ai giovani paramedici di fare come diceva Paolo, fosse solo per accontentarlo, in ospedale avrebbero constatato il decesso e intanto lui si sarebbe adattato all'idea. Paolo toccò Giulia senza parlare e sentì che lei e la bambina stavano bene. Toccò Alan e Tandie, li toccò sulle mani, sulle spalle.
Disse “Vado con la mamma, mi porta Guido.”
Sì, babbo, vai, non preoccuparti per noi, fra un minuto veniamo.” Guido ripartì di corsa seguendo l'ambulanza. In ospedale Paolo attese che visitassero Gigliola e la preparassero per la sala operatoria. Tutto avvenne in pochissimo tempo. Il primario chirurgo non c'era, si presentò un altro collega, in cui Paolo aveva fiducia, un uomo piccolo ed energico.
Giusti- gli disse- devo dirti qualcosa prima di entrare. Non so se sei in grado di capirmi, credo che tu sia in stato di choc. Sei un collega, sarò molto chiaro con te. Non so perché la opero, un anno fa sarebbe stata spacciata, ma ora forse c'è una possibilità. E' ridotta molto male, due fori d'entrata e all'interno non so cosa troveremo. Però il SYM ha tentato di arginare la perdita di sangue, di riparare, tenerla in vita, sai già come fa...Ripareremo anche noi, poi si vedrà. Ma non farti illusioni, non c'è alcuna sicurezza che possa salvarsi, ha perso molto sangue e ci possono essere danni cerebrali. Fatti coraggio.”
Cominciò l'attesa di Paolo. Stette sei ore davanti all'ingresso della sala operatoria, un po' seduto, un po' camminando, un po' disteso sulla panca. Dopo poco che si trovava lì arrivarono gli altri.

Alcune ore prima

Daniela stava in piedi al freddo da ore davanti alla casa dei Giusti, nascosta dietro un gruppo di alberi e cespugli. Non ci sarebbe stato bisogno di nascondersi perché in giro non c'era nessuno. Sembrava tutto così normale. Perché era lì, si chiese. Che ci faceva, come si era arrivati al punto di dover uccidere quella ragazza? Eppure doveva, sì, era necessario un atto eclatante per attirare l'attenzione su quel posto dove si riproduceva, del tutto indisturbato e in pace, il parassita spaziale, in attesa di diffondersi dappertutto. Chissà che mostro sarebbe nato dalla pancia di quella ragazza... Alle 8,30 arrivò in bicicletta una donna, doveva essere la donna di servizio che aveva sostituito la nera. Dalla casetta lì accanto uscirono la donna nera e suo figlio. Poco dopo le nove Daniela ebbe un tuffo al cuore: Giulia uscì col suo compagno e sua madre, ma lei non trovò il coraggio di avvicinarsi e sparare. Aspettò fino all'una. Giulia tornò in auto con Alan e altri due uomini, che ripartirono subito. Arrivò a piedi anche Gigliola, che aveva con sé il bambino nero, poi arrivò anche la madre. Troppa gente, si disse Daniela, ma se continuo così non troverò mai il coraggio. Alle due e mezzo Daniela si sentiva sfinita per la fame, il freddo e la stanchezza. Vide aprire la porta e sentì le voci, allegre. In casa sua erano mesi che non si sentiva parlare così allegramente. Prima uscì Gigliola, che non aveva il cappotto, forse restava a casa, poi uscì Giulia infilandosi una giacca. Dietro di lei uscì Alan, di spalle, che parlava con Tandie, sulla soglia. Daniela iniziò a camminare lungo il vialetto e provò a sorridere. Il sorriso sulla sua faccia era strano e in contrasto con gli occhi allucinati e arrossati, la pelle bianchissima. Giulia la riconobbe vagamente, le aveva parlato al bar, una volta, e le sorrise, incerta e stupita. Alan era di spalle e si voltò allarmato, ma ormai era tardi. Daniela tirò fuori la pistola di tasca, Alan gridò ”No!”, Giulia fece un passo incontro a lei come per fermarla, Gigliola capì, spinse forte sua figlia da parte e la fece cadere a terra, si trovò davanti alla pistola, Tandie si lanciò in avanti e gridò, Daniela sparò, due volte. Gigliola cadde a terra con gli occhi spalancati. Alan estrasse una pistola, ma non la usò. Una nuvola di particelle SYM, rapidissima, si staccò da tutto ciò che c'era di vivo intorno, dai tre giovani e soprattutto da Gigliola. Circondarono Daniela. Lei avrebbe voluto sparare ancora, colpire Giulia, era lì per quello, ma urlò, prima tentando con le braccia di allontanare la polvere, poi portandosi le mani alla gola. Si accorse che poteva respirare, ma respirando introduceva particelle SYM; era terrorizzata. Il SYM aveva un tocco gentile, si sentì esplorare e nella sua mente si formarono immagini che non poteva scacciare: Gigliola bambina, ragazzina, Gigliola grande che si prova un bel vestito davanti ad uno specchio, che si pettina i capelli biondi, Gigliola che bacia Paolo, la nascita di Giulia.. la vita di Gigliola le colava dentro come un liquido e lei era un vaso e si sentiva riempire... Che aveva fatto, si chiese disperata, aveva ucciso una donna amata da tanta gente e ora il parassita, che le stava facendo? Giulia intanto si era rialzata e disse ad Alan: fermala, prendila! Alan scosse la testa e rimise la pistola nella fondina. La donna pareva in stato confusionale, restava in piedi con l'arma in mano, poi la guardò come se non fosse sua, come se si accorgesse ora di averla, e di averla usata, e la lasciò cadere a terra.
In quel momento arrivarono Paolo e Guido, Giulia dolorante si chinò di nuovo a terra accanto a sua madre, incredula. Daniela, allucinata, si allontanò senza che nessuno la fermasse. Quando l'ambulanza fu ripartita, Giulia disse ad Alan “Perché l'hai lasciata andare?”
Domani o il giorno dopo sarà qui di nuovo.” Alan prese dalla tasca un fazzoletto di carta e raccolse la pistola che aveva appena sparato.
 

SYM 36

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Daniela vagò per la campagna senza sapere bene dove si trovasse fino a quando fece buio; poi, non sapendo dove altro andare, tornò a casa in auto. Lì intanto sua figlia aveva cercato le sue medicine: forse ne aveva ancora, di quelle che le aveva dato l'omeopata. Di solito le teneva in un cassetto del suo comodino. La ragazzina frugò, nella speranza di riconoscere i flaconcini dei farmaci: poteva significare che la mamma cercava ancora di curarsi, che riconosceva di avere un problema. Invece, nel cassetto, nascosta sotto molta altra roba, trovò una scatolina metallica. La aprì pensando di trovarci le medicine, ma dentro c'erano dei piccoli oggetti che non aveva mai visto. Andò da suo padre: “Babbo, guarda cos'ha la mamma nel cassetto.. che roba è?”
Il padre, preoccupato, disse che non doveva cercare nella sua roba, se ne sarebbe accorta al ritorno! Era talmente sospettosa! Ma poi, presa in mano la scatola, sbiancò. “Che se ne fa di questa roba?”
Perché babbo, cosa sono?”
Proiettili, sono proiettili. Deve avere un'arma. Oh Madonnina.” 
Per lo sbalordimento cadde a sedere su una sedia. Tutti e due pensarono a lungo a come comportarsi. Affrontarla? Chiederle che se ne faceva di quelle pallottole, dove le aveva prese? La ragazzina cercò su Internet e vide che si trattava di proiettili di un certo tipo di pistola. Se aveva un'arma poteva usarla, forse a quell'ora si era già uccisa.. o voleva usarla contro di loro? 
C'erano stati diversi casi ultimamente in cui una persona uccideva i componenti della propria famiglia e poi se stessa... Mentre parlavano Daniela arrivò e salì le scale. Aveva un aspetto orribile, era sconvolta. 
I due erano troppo impauriti, non le chiesero niente, lei disse che era stanca e si buttò in poltrona, la ragazzina e il padre prepararono qualcosa per la cena, ma avevano tutti e due lo stomaco chiuso. Mangiarono terrorizzati, in un silenzio innaturale, poi Daniela andò a dormire in una stanza di sgombro, come faceva negli ultimi giorni. Molto prima dell'alba si alzò, si vestì e se ne andò alla stazione dei Carabinieri della Chianella.



Era mattina presto e un giovane appuntato ancora mezzo addormentato  chiese alla donna che le serviva, e intanto la guardava: era ridotta male, magra, occhi molto arrossati, la pelle esangue, spettinata, sembrava non dormisse da molto tempo. 
“Sono venuta a costituirmi.” disse la donna.
Il ragazzo, subito più attento, chiese che aveva fatto. 

“Sono la persona che ieri ha ucciso la signora Giusti. ”
Ha ucciso la signora Giusti? Ieri? E dove, signora?”
Qui, qui...-ora era agitata- Alla Chianella. Ho ucciso la moglie del dottor Giusti, una dei Primi, di pomeriggio, davanti a casa sua..”
Primi?- disse il ragazzo, senza capire- Aspetti qui, vado a chiamare il maresciallo.”
Daniela aspettò in piedi, ma era talmente stanca che rischiava di cadere. Aveva passato la notte in un dormiveglia pieno di incubi. I suoi, il giorno prima, al rientro, l'avevano guardata con paura, come se sapessero cosa aveva fatto. La cena si era svolta nel più totale silenzio. Prima dell'alba si era vestita ed era venuta dai carabinieri, senza lasciar detto né scritto niente.
Arrivò il maresciallo, gentile, e le disse: “Si accomodi di qua- facendola entrare in una stanza- si sieda, prego, diceva che ha ucciso la signora Giusti. E quando sarebbe successo, come? Sia gentile, mi racconti tutto dall'inizio. A cominciare da lei. Come si chiama lei?”
Daniela raccontò nei dettagli, fino dalle prime visite alla Chianella, senza citare il ragioniere, lui doveva tenerlo fuori.
Dunque lei voleva eliminare Giulia Giusti, non la signora Gigliola, la conosco la signora Gigliola, per il doposcuola, ci va anche la mia bambina, lo sa? -disse il maresciallo con un sorriso- Una donna generosa...”
Daniela si mise a piangere. 

Su, su, signora, non pianga.. mi dica invece dov'è l'arma."
Non so...devo averla buttata via dopo aver sparato...”
Dunque l'arma non c'è... mi aspetta un po' qui? Le faccio portare qualcosa di caldo.”
No no, non c'è bisogno...”
Sì che c'è bisogno, si vede che c'è bisogno.” Disse il maresciallo, che aveva il SYM, ma lo dissimulava molto bene, e da quando ce l'aveva provava molta più pietà che irritazione nei confronti delle persone con cui aveva a che fare. Questa qui, poi, sembrava più una povera squilibrata che altro. Uscì dalla stanza, disse all'appuntato di andare a prendere un tè al bar per la signora e telefonò in ospedale. In portineria c'era una ragazza che era stata ripresa una volta per aver dato notizie sui pazienti, anche banali, senza autorizzazione. Quando il maresciallo chiese se c'era ricoverata la signora Giusti, la moglie del pediatra, lei disse secca che non poteva dare certe informazioni. 
“Su, via, mi conosce, sono il maresciallo Corsi..”
Per me può essere anche San Giuseppe, lo sa bene che non posso, per la legge sulla privacy, e poi magari mi trovo nei guai proprio con lei, che mi tende una trappola per vedere se mi comporto correttamente...non se ne parla, se vuole avere informazioni viene con un documento. La procedura la conosce meglio di me.”
Il maresciallo alzò gli occhi al cielo e disse: “Allora mi passi il dottor Giusti..” 
“Oggi non lavora.”
Ho capito."
 Il maresciallo chiuse la comunicazione un po' arrabbiato. Aveva il cellulare di Gigliola e chiamò lei. Rispose un'altra voce, sua figlia.
Oh, Giulia, volevo parlare con la sua mamma..sono il maresciallo Corsi della stazione dei carabinieri, il babbo della Laura.”
Ah! Sì, mi dica.” Giulia coprì il telefonino e disse ad Alan, accanto a lei. “C'è il maresciallo dei carabinieri..”
Ho qui una donna, che mi pare in stato confusionale, che dice... mi scusi se la allarmo.. è anche una cosa di cattivo gusto.. dice che ha ucciso la sua mamma, ieri pomeriggio. Mi rendo conto che è una cosa stramba, ho chiamato l'ospedale per accertarmi che non fosse ricoverata, ma al telefono stamani c'è quella ragazza fiscale terribile, che non mi vuol dir niente..”
Glielo dico io, maresciallo, la mamma è davvero ricoverata da ieri pomeriggio, purtroppo. Si è sentita male verso le due e mezzo, aveva già dei dolori dalla notte, ma aveva preso un antidolorifico e era stata meglio. E' caduta sulla porta di casa e abbiamo chiamato l'ambulanza, è venuto subito il babbo che stava uscendo dal lavoro, col dottor Di Segni, nostro carissimo amico. Aveva un'appendicite che è andata in peritonite..”
Ma... col SYM? Col SYM non succedono certe cose. ”
E' vero, di solito non succedono, ma siamo ancora in una fase iniziale e non si sa bene.. forse il babbo che è medico potrebbe dirle qualcosa di più. Ora pover'uomo è sotto choc, ci è rimasto malissimo, si può immaginare; insomma, è andata così e siamo tutti affranti, perché la mamma è in rianimazione, in coma farmacologico, e non sappiamo se si riprenderà.”
Ma guarda che strana coincidenza. Questa donna ha detto di esser stata lì dall'alba, davanti a casa vostra, mi ha dato degli orari precisi, solo che non c'è l'arma, l'arma dice di averla lasciata lì da voi... e voi non l'avete trovata, vero?”
No, ovviamente. Se avessimo trovato un'arma saremmo venuti in caserma.”
Certo, sì, ma lo stesso qualcosa non mi torna...- il maresciallo si grattava la testa- .. intanto le faccio i miei auguri per la signora Gigliola, più tardi passo con mia figlia a vedere come va. Le vogliamo molto bene, ma questo lei lo sa.”
Giulia riferì ad Alan quello che non aveva capito da solo. Si guardarono e Alan fece una telefonata, poi uscì di casa.
Il maresciallo Corsi restò seduto a pensare qualche minuto. Doveva essere andata così: questa donna aveva sviluppato un'ossessione, era evidente. Bisognava fare una ricerca, vedere se era seguita dai servizi, ma gli sembrava improbabile, c'era un mucchio di gente che stava male ma non ricorreva ad aiuti, forse si poteva cercare fra i medici alternativi, gli omeopati, i pranoterapeuti, i naturisti, perfino gli stregoni di campagna... praticamente una giungla. Avrebbe incaricato l'appuntato, l'avrebbe fatto un po' galoppare. Era stata dall'alba in piedi davanti alla casa dei Giusti, in stato confusionale, ad aspettare. Sì, ma cosa, se non era armata? Forse era convinta di avercela, un'arma. La testa fa strani scherzi. Aveva visto la signora sentirsi male e arrivare l'ambulanza e si era convinta di esser stata lei responsabile... un'ipotesi stiracchiata, ma dipendeva da quanto fosse disturbata quella donna.. Daniela... Santillo, aveva detto. Comunque: c'era una persona che si costituiva come omicida, ma non era morto nessuno. E non c'era l'arma. Il maresciallo si alzò e rientrò nella stanza. Sorrise alla donna. “Dunque signora: effettivamente abbiamo la signora Giusti ricoverata, ma non è stata ferita. Appendicite degenerata in peritonite, questa la diagnosi, è molto grave, ma viva, per ora. Non c'è neanche la pistola, lei dice che aveva una pistola, ma l'ha lasciata lì. Loro, i Giusti, non hanno trovato nessuna pistola. Vuole che controlliamo fra gli alberi dove dice di essersi nascosta?” 
Il maresciallo era stranamente gentile e a Daniela sembrava di essere in un sogno.
No, gliel'ho detto! L'ho gettata a terra davanti a casa loro, a pochi passi dalla porta..”
Signora, capisce che, senza arma e senza cadavere, mi resta difficile crederle. Non vuol provare a ricordare meglio?” 
Le espose la sua versione dei fatti e le chiese se prendeva psicofarmaci. “No! Mai presi in vita mia!” rispose lei risentita.
 “Ci avrei scommesso” -pensò il maresciallo- “E neanche sostanze stupefacenti?“
Ci mancherebbe altro!” gridò lei.
In quel momento bussò alla porta l'appuntato, con la tazza del tè in mano. ”C'è un signore qua fuori.. è urgente, maresciallo.”
L'uomo si presentò e mostrò le sue credenziali, era del ministero dell'interno, disse al maresciallo che doveva prendere in consegna la signora Santillo e che lui poteva chiedere conferma ad un certo ufficio. Il maresciallo telefonò, ebbe conferma e in dieci minuti Daniela uscì, sbalordita, dalla caserma, salì in auto e raggiunse un'entrata secondaria dell'ospedale. Seguì l'uomo lungo una serie di corridoi e fu introdotta in una stanza con una luce centrale al neon, un tavolo e una sedia. L'uomo la invitò a sedersi. Intanto il maresciallo Corsi, in caserma, beveva il tè che aveva chiesto per Daniela e mentalmente rifaceva il quadro della situazione: la donna non era una paranoica come gli era sembrato all'inizio. Cioè: lo era, ma non aveva mentito, aveva veramente tentato di uccidere Giulia, solo che aveva ferito molto gravemente Gigliola, che si era messa davanti alla figlia e le aveva salvato la vita. Ma non si doveva diffondere la notizia. Doveva risultare l'altra versione dei fatti... chi era dietro tutto questo non doveva pensare ad un successo. Ora gli era tutto chiaro, anche in rete SYM arrivavano conferme, tutti gli HSS+ della Chianella erano informati e avrebbero conservato il segreto fino a quando sarebbe stato necessario. 
Alla Chianella non succedeva mai niente, con questo benedetto SYM la situazione si era calmata molto, quasi più niente ubriachi o tossici e molti meno incidenti d'auto, ma poi c'era stato l'interrogatorio del direttore dell'ospedale, il Benedetti, che era stato degno di un libro giallo...il maresciallo Corsi si era molto divertito. E ora questo tentato omicidio... chissà se la signora Gigliola sarebbe sopravvissuta? Si chiese con dolore il maresciallo. In ogni modo si disse che in questo caso poteva lo stesso incaricare l'appuntato di fare una piccola ricerca fra i terapeuti alternativi...

SYM 37

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Daniela restò sola nella stanza. Sembrava un magazzino dismesso, con un'alta finestra orizzontale. Doveva trovarsi in un seminterrato. Sentì dei passi, la porta si aprì ed entrò il compagno di Giulia Giusti. Daniela, spaventata, cacciò un grido. L'uomo aveva una valigetta. Le disse, con voce stanca: “Stia calma, non voglio farle del male, stia seduta e calma.”
Aprì la valigetta, estrasse un computer, cercò una presa di corrente, inserì la spina e lo avviò. Si sedette anche lui, e abbandonò la schiena contro la sedia, come se fosse veramente stanchissimo.
Signora..Santillo, mi ha detto il maresciallo. Lei è qui per collaborare con noi, e lo farà, anche se per caso non volesse. Lei sa che ufficialmente non c'è una vittima, per ora, e non c'è un'arma. Ma l'arma eccola.” 
Prese dalla borsa una busta di plastica con la sua pistola. Daniela la riconobbe e provò sollievo, pensava di essere impazzita e di essersi sognata tutto, e provò orrore di nuovo, per quello che aveva fatto.

Ora la sonderò, lo farà il mio SYM. So che ne ha paura, ma non le farà male... cerchi di rilassarsi.” 
“Ma io non voglio, ho terrore del parassita, non voglio avere contatti, non voglio essere contagiata...”
Mi pare che lei non sia nelle condizioni di rifiutare.- Alan le parlò con una durezza che finora non era stata espressa dalle parole. -Inoltre, non può neanche immaginare il ribrezzo che proviamo io e il mio SYM al contatto con lei. Ieri ha tentato di uccidere la mia compagna, incinta...Faremo uno sforzo tutti e due, che ne dice?” Daniela tacque. Alan allungò una mano aperta verso di lei. Una specie di tentacolo di particelle SYM si formò a partire dalla mano e si avvicinò a Daniela e lei, per istinto, tentò di scostarsi. Ma la propaggine avanzò e la circondò, formando intorno a lei un involucro finissimo e luminoso. Spaventata, attese. Una sensazione di dolcezza la pervase, come una voce gentile che rassicura un bambino. Alan posò l'altra mano sul computer e il SYM entrò all'interno. 
“Ora signora, mi dica chi l'ha spinta a compiere questo gesto.” Alan non si aspettava una risposta, la domanda serviva a far apparire immagini e dati nella mente di Daniela e il SYM li avrebbe raccolti.
Daniela negò di aver avuto aiuti, aveva fatto tutto da sola!
Non credo che lei abbia potuto procurarsi la pistola da sola.. Fra poco potremo vedere..”
Passarono in silenzio alcuni minuti, mentre Daniela, per la prima volta dopo molto tempo, sentiva, sotto l'effetto del SYM, di riposare veramente. Stava per addormentarsi sulla sedia quando Alan le disse che il procedimento era finito e il SYM si sarebbe ritirato. Sentì la creatura che la lasciava, come un'onda sul bagnasciuga che scivola via e lascia la sabbia asciutta, e dentro di sé pensò “No! Ti prego! Non mi lasciare!” ma non lo disse. Il SYM si ritirò e lei restò disperatamente vuota. In quel breve tempo aveva assaporato una pace che non aveva provato mai. Alan disse che ci sarebbe voluto qualche minuto per elaborare le informazioni e si mise a lavorare al computer. Poi le chiese: “So che forse non sarà in grado di spiegarmelo, ma perché l'ha fatto?” Daniela ci mise un po' prima di rispondere.
Ho avuto paura, fino dall'inizio, fino dalle prime informazioni che circolavano. Un parassita spaziale, qui vicino a noi. Una condanna, prima o poi sarebbe arrivato fino a me, fino a mia figlia... E nessuno che se ne occupa, nessuno ne parla, dopo i primi giorni di grande risonanza era tutto finito, come una qualunque notizia, inquinamento, o terremoto, o catastrofe, tutto si dimentica, tutto cade nell'oblio...Allora sono venuta a vedere, di persona.”
Credo, signora, che lei abbia vissuto una gran parte della sua vita nella paura. Paura delle malattie, paura dell'opinione della gente...”
Che ne sa lei di me? Lei che è un contagiato, che ha avuto una vita facile...”
Alan la guardò e si disse che era impermeabile, non aveva alcun senso parlare con lei. Allungò di nuovo una mano distesa davanti a sé e l'altra sul computer. Sulla mano aperta e orizzontale si formò il vortice di particelle Sym e apparve una testa. Daniela era allarmata e sbalordita. 
“Conosce quest'uomo?” chiese Alan.
E' quello...quello che mi ha venduto la pistola...”
Bene, poi mi darà i dettagli e verificheremo le informazioni. E ora questo?" 
Apparve la faccia del ragioniere.”Sergio!” esclamò Daniela.
Sergio chi?”  
“ Sergio Barbetti, un rappresentante...E' un ragioniere, un brav'uomo, che ha famiglia, ha detto che lo stavate cercando, che voi contagiati gli davate la caccia..”
Signora, io appartengo ad un organo del governo britannico coordinato con un altro organo del governo italiano... non ad un'organizzazione segreta di contagiati. Ora guardi queste foto. - sullo schermo del computer apparve una faccia- Questo chi è, secondo lei?” 
Sembra... il ragioniere, più giovane, con i capelli lunghi e i baffi, vestito da ...”
“Arturo Barni, batterista.- fece scorrere un'altra immagine, era ancora Sergio, con molti capelli, tagliati corti, e l'aspetto di un uomo d'affari.- Dino Baratti, manager..” Sullo schermo apparvero almeno dieci identità diverse di Sergio Barbetti.
Ma allora chi è?”
Chi lo sa?” disse Alan- Dovremmo risalire ai documenti validi iniziali e credo sia impossibile. E' curioso, tutti i cognomi scelti cominciano per B... l'unica traccia che lascia, finora. E' la prima volta che arriviamo tanto vicino a quest'uomo, grazie a lei e al SYM. Nel mio lavoro chiamiamo questo genere di persone “camaleonti”. Non hanno un domicilio fisso, si muovono continuamente, non hanno famiglia, pochissimi contatti. Non lasciano tracce. Ce ne saranno forse un centinaio, in Italia. Sono liberi professionisti del crimine. Guadagnano molto, ma vivono come barboni. Sono al soldo di chi paga meglio. Dietro quest'uomo c'è un cartello composto da industrie e malavita.”
Industrie? Ma che genere di industrie possono avere interesse?..”
Oh, per quello, un sacco di gente. Intanto chi produce farmaci. Uno degli affari più lucrosi, attualmente. Con il SYM la gente si ammala di meno, la cosa è nota, a tal punto che il maresciallo Corsi ha avuto qualche difficoltà a credere che Gigliola si fosse ammalata di appendicite. Ha saputo del convegno all'ospedale, qui alla Chianella?”
Il ragioniere ha detto che avete eliminato il direttore..”
Alan fece un sorriso amaro. "Posso immaginare che questa sia la versione dei fatti che ha dato a lei. Il direttore lucrava sui farmaci, aveva un accordo con un venditore, e da quando è arrivato il SYM non lo poteva più fare, perché se ne usano molti di meno.. anche questo ha costretto ad agire quelli che hanno ingaggiato il suo ragioniere.”
Che vuol dire?”
Vuol dire che questo tipo, questo “ragioniere”, è assoldato da un gruppo di persone che vedono nel SYM una minaccia alle loro attività più o meno lecite, è uno che è pagato per creare caos, paura, uccidendo o ferendo qualcuno direttamente, oppure facendolo fare ad un'altra persona particolarmente suggestionabile, come lei, e in questo caso, semplicemente avrebbe sollevato l'attenzione intorno al SYM per fomentare l'opinione pubblica. Un atto terroristico. Non ha esitato aduccidere una persona, Giulia, e la bambina nel suo grembo, solo per indirizzare la paura collettiva. Gigliola le ha salvate entrambe. Ma non gliene offriremo l'occasione.”
Sono stata usata? Si chiese Daniela...No, non è possibile. Un uomo così gentile. Eppure quest'altro uomo è così fermo e convincente...
Ecco perché non avete fatto una denuncia e avete detto che la signora Giusti si è ammalata..”
E ora chissà come è in ansia il suo ragioniere. Si è fatto sentire da lei?”
Ieri sera ho ricevuto una telefonata, ma ho spento il cellulare senza guardare chi fosse.. ero troppo angosciata e confusa.”

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Paolo, Giulia e Alan, e tanti altri, attesero davanti alla sala operatoria per sei ore. Ci fu un certo via vai di gente perché la notizia si stava diffondendo in tutta la Chianella. La signora Giusti aveva avuto una peritonite ed era in pericolo di vita: c'era tanta gente addolorata che veniva a portare testimonianza del proprio affetto. Irene pareva persa, seduta vicino a Paolo con gli occhi increduli e smarriti: ora che aveva trovato un'amica, rischiava di perderla! Tandie era abituata al dolore, e non piangeva, seduta come un idolo e assorta in una preghiera muta, ma densa come una materia viva. I chirurghi uscirono, sfiniti. Due di loro parlavano fra sé e si sentirono solo poche parole: “Che disastro... che lavoraccio...senza speranza...” Si rivolsero a Paolo e Giulia: Gigliola aveva subito un lungo intervento; le cose erano state aggiustate nei limiti del possibile, e, come aveva detto il chirurgo a Paolo, ora c'era solo da aspettare e affidarsi al SYM, che, nell'ultimo anno, aveva compiuto cose prima impensabili. Non c'era da farsi illusioni, quella era l'unica speranza. Paolo aveva ringraziato e sorriso, un sorriso fisso, triste e un po' ebete, e Giulia disse sottovoce a Alan:
Non ti sembra che il babbo sia un po'.. assente? Come istupidito! Sorride, sorride! Ho paura che abbia avuto un colpo definitivo, da cui non si riprenderà!”
E' sotto choc, Giulia! Non vedi che non ha ancora chiesto come è successo, chi è stato e perché l'ha fatto?”
Anch'io dovrei essere sotto choc!”
E lo sei, a modo tuo! Ma sei incinta, e sei più giovane.. ognuno reagisce in modo diverso! E poi voi appartenete alla stessa famiglia, se uno cede l'altro lo rimpiazza, o ci prova!”
Entrarono per pochi minuti a vedere Gigliola. Paolo, da quando tutto era successo, non la sentiva più nella rete di connessione SYM. In seguito, riacquistata un po' di serenità, avrebbe detto che era stato come se, durante uno spettacolo teatrale, una persona si fosse alzata per andare in bagno o nel foyer e avesse lasciato la borsetta sulla poltroncina: al posto di sua moglie c'era solo la borsetta, il segnale che il posto era occupato, ma l'occupante assente, per il momento. Per ora non c'era che quello, Gigliola era altrove. Il suo corpo sembrava quasi intatto, salvo quella lunga ferita all'addome e tutti i tubi attaccati... i chirurghi avevano detto che sarebbe rimasta per alcuni giorni attaccata alle macchine, poi forse il SYM avrebbe provveduto diversamente. Era un esperimento, un fatto che alla Chianella si verificava per la prima volta e i chirurghi e gli anestesisti erano curiosi di ciò che sarebbe accaduto.



Erano tutti sfiniti ed era ora di andare a dormire. Irene e Guido se ne andarono a casa dopo aver chiesto ancora una volta se potevano fare qualcosa, anche Tandie e Abu tornarono alla casina. Giulia, col silenzio e i sorrisi di Paolo, era stata lei a rispondere per tutta la serata alle domande della gente. Le era sembrato di dover assumere il ruolo di sua madre e questo l'aveva disturbata profondamente. Aveva dovuto farsi più forte di quanto non fosse, e ora si avvicinò a suo padre per aiutarlo ad alzarsi ed andare insieme a casa. Lui, per la prima volta nella giornata, tornò per un attimo ad essere l'uomo autorevole di sempre. No, non voleva venire a casa, non poteva, che andassero loro tranquilli a dormire, a lui bastava sapere che loro due stavano bene, quella era la cosa importante ora, che fosse in buona salute la parte che restava della sua famiglia. A quelle parole del suo babbo Giulia per la prima volta da quando tutto era accaduto si sentì gli occhi pieni di lacrime. Paolo la guardò angosciato: negli occhi lei gli lesse il dolore e lo smarrimento che aveva cercato di non lasciar trapelare e capì quanto era costato a suo padre il sorriso tenuto sulla faccia tutto il giorno. Per quella notte lui non riusciva a pensare di andar via di lì. Intanto arrivò Cristina e disse che Paolo si poteva sistemare sul divano del suo ufficio. Paolo li salutò e si avviò con Cristina che gli aveva messo una mano sulla spalla. “Venga dottore, non le chiedo neanche se vuol mangiare, ma sdraiarsi almeno..” Sembrava, quella sera, che fosse invecchiato di colpo, aveva le spalle curve e perfino i capelli parevano improvvisamente imbiancati. Cristina tirò fuori una coperta da un armadio, restò un po' con lui, lo scrutò bene, gli chiese come si sentiva, gli prese il polso. Rassicurata, lo lasciò solo e Paolo si distese. Era annichilito. I pensieri, che finora avevano taciuto, cominciarono ad assediarlo: rivedeva Alan che diceva "Invisibili. Dobbiamo essere invisibili”, e se stesso che diceva "basta invisibilità, se qualcuno vorrà farci del male lo affronteremo”. 
Ecco come era finita. Non aveva chiesto ad Alan cosa era davvero successo, a patto che lui sapesse già qualcosa. Ma d'altra parte chi poteva far del male alla sua famiglia se non un pazzo? Loro erano gente semplice, non avevano potere o soldi. Avevano solo avuto la fortuna/sfortuna di prendersi il SYM per primi. La stavano pagando cara! Il giorno dopo doveva chiedere ai ragazzi chi era quella donna con la pistola. Era stata lei a sparare, dopotutto... E chi altro? E comunque sarebbe stato impossibile far finta di niente, il SYM aveva riportato speranza nelle loro vite, e la speranza non si può mascherare...i pensieri lo tormentavano, formavano un cerchio che si chiudeva e ricominciava continuamente. Qualcuno bussò e la porta della stanza si aprì. Era Guido. “Paolo- disse sottovoce- sei ancora sveglio?”
Sì, non riesco a prendere sonno, i pensieri mi tormentano...”
E' normale.” osservò Guido. "Irene ti manda una tisana..posso accendere la lampada sul tavolo?”
Sì sì, ma certo...” Disse Paolo alzandosi a sedere.
Guido posò sul tavolo il thermos e due bicchieri di plastica. Quando lo aprì ne uscì un profumo rasserenante.
Che ha messo qua dentro per farmi sentire subito un po' meglio?”
Melissa, lavanda, salvia, fiori di tiglio.. e un paio di boccioli d'arancio. Tutto quello che consola il cuore, ha detto.” 
Bevvero in silenzio. L'aroma delle piante si diffuse nella stanza e dentro di lui e Paolo provò un vero ristoro. Si distese di nuovo. 
“Non dovevi lasciar sola Irene, Guido, sarà impaurita..”
Oh, ma non è sola, dorme a casa tua, cioè, nella casetta, con Tandie e Abu.”
Ah sì? Ma guarda...-Paolo sorrise pensando a quanti legami stretti e affettuosi si erano formati in quel lungo anno- E tu sei qui con me..non dovevi...non dovevi venire...tanto disturbo...” 
Paolo era sorpreso che Irene fosse andata a dormire da Tandie, e era contento che Guido fosse con lui. Guido era così stabile e rassicurante, pareva che niente potesse turbarlo. Gli faceva un enorme piacere sapere che era seduto lì accanto, in poltrona, e vedere la sua sagoma scura stagliarsi contro la luce bassa della lampada da lettura.
Tengo ancora un po' la luce accesa, se non ti disturba...”
No, no, mi fa piacere..”
Il Sym e la presenza dell'amico riuscirono a far scivolare Paolo nel sonno, pesante, ma pieno di sogni oscuri e incomprensibili. Ogni tanto si svegliava e vedeva accanto a sé la silhouette rassicurante di Guido, come un baluardo contro tutte le paure. Guido si era sistemato in poltrona e aveva aperto un libro di poesie. Leggeva e rileggeva una breve poesia senza capirla, non ne aveva bisogno, l'aveva letta mille altre volte e ora gli serviva solo per concentrare ipensieri. 

Giulia

Giulia uscì dall'ospedale piangendo, insieme ad Alan che le teneva un braccio intorno alle spalle. Erano affranti tutti e due, e stanchissimi. Alan aveva avuto altre esperienze del genere, ma senza essere coinvolto in prima persona. Si sentiva colpevole: aveva intuito, previsto che sarebbe accaduto qualcosa e non era stato capace di evitarlo. Negli altri casi aveva potuto mantenersi esterno alle cose che accadevano. Ora ci era dentro fino al collo e rischiava di perdere la lucidità necessaria. Provò a consolare Giulia e lei disse “Avevo detto pochi giorni fa che non era stata una buona madre... e quando ha visto un'arma puntata contro di me mi ha gettato a terra e si è messa in mezzo.. mi ha salvato la vita..” Era disperata e Alan non trovava più le parole per consolarla.

Paolo prese qualche giorno di riposo. Non riposò affatto, ma non sarebbe stato in grado di lavorare in quelle condizioni. Il Natale passò ignorato, ma telefonò padre Giulio dalle Celle. “Ho saputo della disgrazia.. e pensare che avrei voluto ringraziare di nuovo lei e Gigliola, da quando abbiamo parlato ho seguito il vostro consiglio e le cose vanno molto meglio, sono più sereno.. Venga a trovarmi, uno di questi giorni...cammineremo insieme, io pregherò, lei si rilasserà un pochino..”
Verrò senz'altro.” gli disse Paolo.

 Dopo Natale, non sapendo altrimenti come dar senso alle giornate, tornò a lavorare. Il suo lavoro era sempre stato una sicurezza, anche se lo portava da una parte a contatto con la vita e dall'altra con la morte nella sua forma meno accettabile e comprensibile, la morte dei bambini, e comunque il loro dolore. Paolo aveva scelto quel lavoro, che lo faceva vivere, come ogni altro medico, costantemente nel limite fra la vita e la morte. Qualche collega se ne difendeva con un distacco simile al cinismo. A lui non era mai riuscito. Qualcun altro aveva una fede conformista, come uno scudo, un modo di pensare che protegge dalle cose peggiori. Qualcuno, però, aveva una fede autentica. Erano rari, o rare. Persone che accettano la morte come un mistero inesplorabile e sacro, che si rimettono nelle mani di Dio. Paolo non sapeva fare neanche quello. Quando si rivolgeva a Dio, come gli avevano insegnato a fare da bambino, gli pareva di parlare ad un Universo vuoto, in cui la voce umana si perde e rimbalza inascoltata. Da più giovane aveva quest'idea assurda, che nel corso della sua vita si sarebbe trovato il rimedio per molte malattie dei bambini e che prima che lui morisse il mondo sarebbe diventato definitivamente un posto migliore. Era successo davvero, la medicina aveva fatto enormi passi, ma erano arrivate molte malattie nuove e l'uomo, come specie, gli sembrava votato all'autodistruzione. Paolo aveva lavorato con forza e convinzione contro questa tendenza, ma ad un certo punto, come se il suo equilibrio fosse saltato, non ne era stato più capace. Era stato quando in ospedale c'erano stati tre casi di leucemia tutti insieme, tre bambini inghiottiti dalla malattia senza poter far nulla. Paolo non l'aveva accettato, aveva cominciato a bere, per stordirsi, la sera dopo aver cenato, e poi anche la mattina, prima di andare al lavoro. Scivolava nell'alcolismo e non se ne accorgeva. Gigliola, che non sopportava quell'atteggiamento distruttivo, e neanche di essere tanto trascurata, l'aveva lasciato e lui aveva vagato in un limbo per un certo tempo, poi ce l'aveva fatta e ne era uscito. Aveva avuto, da quel momento, una consapevolezza nuova di cosa poteva diventare se perdeva il timone della propria vita, una grande malinconia nello sguardo. Aveva vissuto solo per due anni, Giulia a Firenze o ad Arezzo, Gigliola non sapeva dove. Poi, quella notte invernale, era arrivato il SYM e tutto di nuovo era cambiato. Gigliola, che si era vergognata di essersene andata, alla notizia del pericolo che correva Paolo aveva colto l'occasione per tornare, era arrivata anche Giulia e insieme, uniti, avevano affrontato la più bella avventura della loro vita, e Giulia aveva conosciuto Alan.. tutto era cambiato e il mondo era tornato a sorridere.Che illusione! Si diceva Paolo. Che stupida illusione! Abbiamo creduto come bambini che tutto potesse cambiare con l'arrivo di questo simbionte, che ci avrebbe salvato da noi stessi. E ora, almeno per lui, era tutto perduto, senzaGigliola si accorgeva di non aver più desiderio di vivere. Che strano, pensava, mi manca qualcosa di essenziale, come una sedia senza una gamba, che non sta più dritta...In certi momenti desiderava tornare a prima del Simbionte, alla vita solitaria che conduceva, quasi senza affetti, ma senza troppo dolore. Il suo SYM ascoltava e imparava, in silenzio, quanto può essere profondo il dolore di un uomo.

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I bambini non erano più tornati a casa di Paolo dal giorno del ferimento di Gigliola, ma un pomeriggio si sentì scricchiolare la ghiaia del vialetto e fermarsi le biciclette. I ragazzi bussarono, poi entrarono in casa in punta di piedi e in silenzio e si affacciarono in cucina, dove Paolo, Giulia e Alan stavano finendo di pranzare; tutti fecero un sorriso malinconico, l'unico tipo di sorriso che riusciva loro di fare, e i bambini lo interpretarono come un assenso. Entrarono in soggiorno in punta di piedi: la stufa era spenta. Nella stanza, dopo ciò che era accaduto a Gigliola, non era entrato più nessuno: entrare faceva male. Uno dei bambini vuotò il cassetto della cenere, un altro uscì a prendere la legna, un altro accese il fuoco. Spazzarono la stanza e passarono lo straccio in terra mentre l'aria si scaldava, poi si sedettero intorno alla tavola. Dalla cucina li sentivano parlare sottovoce fra sé. Dopo un po' una bambina si alzò per chiedere aiuto a Giulia per i compiti. In realtà non ne aveva affatto bisogno, ma tutti loro intuivano che sarebbe servito a Giulia e ad Alan, sentirsi utili, e mettersi a lavorare con loro. Deepak andò in cucina da Paolo, dicendo che non stava bene, a casa gli aveva fatto tanto male la gola. Paolo, paziente, gli fece tirar fuori la lingua e guardò con la lampada in fondo alla gola: la gola era a posto e la lingua di Deepak, coperta di particelle SYM, era in perfetta salute. Il ragazzino gli sorrise, con il suo sorriso largo e sincero. “Sì, c'è un po' di rossore..” mentì Paolo. “Vedi, lo dicevo io!” Deepak allargò il sorriso tanto che sembrò che la faccia si dividesse. “E ora che medicina mi dai?”
Nessuna medicina, sta già provvedendo il tuo SYM.”
Ah. Per fortuna. Ma c'era bisogno che mi visitassi...”
Anche Deepak voleva in qualche modo aiutare Paolo, farlo sentire vivo e utile. Inoltre i bambini dicevano in quel modo che non volevano che tutto finisse, con l'assenza di Gigliola, che si doveva continuare, fino a quando lei sarebbe tornata. In questo modo ricominciò il doposcuola.

La Corazza, o il Sarcofago

Una mattina, dopo otto giorni dal ferimento di Gigliola, Paolo fu chiamato col cercapersone. Doveva andare subito nella camera dove era ricoverata sua moglie. C'erano già Cristina, Tandie e alcuni medici e infermieri con delle video camere. Paolo si fece largo fino al letto. Il SYM aveva cominciato a costruire una specie di corazza sul corpo di Gigliola, ed ora stava crescendo intorno agli attacchi dei tubi per toglierli via. I medici assecondarono il processo in silenzio. Non avevano idea di cosa stesse accadendo, quelli che avevano il SYM si fidavano, gli altri assistevano ad un esperimento che poteva essere molto pericoloso. Gigliola era libera dai tubi e respirava da sola, ma non era lì, il segnale che veniva da lei era sempre lo stesso. Il SYM, in silenzio e rapidamente, creava la corazza di polvere del colore della sabbia. Non si sapeva dove materialmente prendesse il materiale che serviva, ma l'aria si fece tanto secca che dovettero aprire la finestra, e da lì entrarono molte particelle Sym, come un vento. Qualcuno ebbe l'idea di andare a prendere un umidificatore. Ci volle circa un'ora perché Gigliola fosse coperta per intero dalla corazza dura e tiepida e nascosta alla vista. Paolo ripensò alla vecchia signora della notte dell'arrivo, il suo corpo era stato coperto nello stesso modo, ma poi la corazza era esplosa e sotto non c'era niente, solo una traccia di cenere. Sarebbe accaduto lo stesso a Gigliola? Nella camera passarono alcune persone per vedere con i propri occhi lo straordinario fenomeno, e ognuna gli trovava un nome: l'Uovo, il Guscio, la Crisalide, la Crosta, la Mummia, il Carapace, il Bozzolo. Fu Tandie a pronunciare quest'ultimo nome, il più adatto di tutti. Paolo, dentro di sé, la chiamò il Sarcofago, ma non lo disse. C'era un altro nome che gli veniva in mente, ed era la Bara, ed esprimeva tutta la sua paura. Ci sono cose che non si possono dire senza essere fraintesi.

Paolo in quei giorni dormiva senza riposare, un sonno pesante e tormentato, senza sogni da ricordare, ma circa una settimana dopo che la corazza si era formata, nel mezzo della notte sognò che era arrivato il momento di aprirla. Lo mandava a chiamare il piccolo chirurgo che aveva operato Gigliola, con i suoi occhi penetranti e la voce autorevole disse che toccava a lui rompere il guscio e gli consegnava un martello. Paolo colpiva la corazza, con il terrore di far del male a sua moglie, e una volta aperta dentro c'era una mummia avvolta da teli bianchi. Nel sogno il suo cuore batteva sempre più forte, mentre, trovato il capo della benda, la svolgeva sempre più veloce. La mummia rotolava su se stessa e questo gli pareva strano e orribile. Gli sembrava pesante, dunque Gigliola era lì, ma svolgendo la tela la mummia diventava sempre più leggera e il suo movimento più frenetico, finché alla fine dentro non c'era niente. Accanto a lui c'era sua madre, morta da tanti anni, che gli diceva “Vedi, te l'avevo detto che non ti ci dovevi confondere, è leggera, è sempre stata una donna leggera...”
Paolo urlò nel sogno e si svegliò sudato, con un grido strozzato in gola e il cuore che batteva velocissimo. Accese la luce e andò in bagno per lavarsi il viso, svegliarsi perbene e togliere via il sogno dalla mente. Mentre si bagnava la faccia, ancora affannato, scoppiò a piangere, e cercò di farlo in silenzio, per non svegliare Alan e Giulia che dormivano: era la prima volta che piangeva da che tutto era successo. Piangeva disperato, scosso dai singhiozzi. Il sogno aveva dato forma e sostanza alle sue paure, e sfogo al suo dolore. Giulia, che in quei giorni dormiva anche lei un sonno leggero, fu svegliata dalla luce del bagno e dai piccoli rumori prodotti da suo padre. Si alzò, e stava per andare a chiedergli che stava succedendo, quando i suoni che venivano dal bagno la fermarono. Piangeva, suo padre piangeva. Rimase impietrita. Era terribile sentir piangere lui che era sempre così forte, sentir piangere un uomo della sua età. Avrebbe voluto consolarlo, ma qualcosa la tratteneva. Mise una mano sulla bocca e pianse anche lei, a lungo, scalza, in piedi nel freddo del corridoio, poi tornò in camera e si infilò fra le coperte. Alan dormiva e a lei parve che il mondo si fosse rovesciato e niente fosse più riconoscibile.
Nei giorni che seguirono, come se si fosse aperta una diga, Paolo sognò Gigliola parecchie volte, e ogni volta era un sogno angoscioso in cui: 
svolta la benda dentro c'era uno scheletro,
svolta la benda dentro c'erano ossa frammentate che si polverizzavano a contatto con l'aria,
rotta la corazza ne usciva un odore terribile di putrefazione,
rotta la corazza c'era Gigliola che mugolava e si contorceva perché era diventata come una bestia senza cervello...
Strano a dirsi, dopo un po' che faceva questi sogni orribili Paolo cominciò a sentirsi sollevato: i suoi sogni avevano fatto una specie di elenco delle sue paure ed ora erano meno spaventose.

Deepak e Michele vanno dal prof Goretti

 Ad Arezzo c'era un professore che insegnava matematica al liceo scientifico ed era stato insegnante di Giulia. Alan e Giulia decisero di accompagnare da lui Deepak e Michele, con i loro genitori, ma alla fine venne solo il babbo di Deepak, perché il babbo di Michele aveva troppo da fare. Il professor Goretti era un uomo alto e robusto, con i capelli ricci, gli occhi chiari e l'espressione buona e allegra di un ragazzo. Avevano parlato prima al telefono e quando vide i due bambini, nel corridoio del liceo, sorrise e disse: “Sono questi i matematici in erba? Un po' sotto misura per me, che sono abituato a ragazzi più grandi.” Deepak, diritto e serio come sempre, gli fece uno dei suoi enormi sorrisi. Michele, più sornione, gli diede la mano. Il professore disse agli adulti di tornare fra un'oretta, mise una mano sulla spalla di ognuno dei ragazzini e se ne andarono chiacchierando lungo il corridoio. Alan, Giulia e il signor Bhat tornarono dopo un'ora, ma i tre non avevano finito, e li dovettero cercare nelle aule, che quel pomeriggio erano vuote. Li trovarono seguendo il suono di chiacchiere e risate. Il professore evidentemente si era divertito parecchio. I ragazzi uscirono nel corridoio, mentre Giulia, Alan e il signor Bhat parlavano col professore.
Bene, professore, che ne pensa?” chiese Alan.
Una meraviglia! Sono veramente molto portati per le materie scientifiche. Il ragazzino indiano è dotato per l'astrazione, l'altro ha un'intelligenza più pratica, ma tutti e due si sono avventurati, con questi libri che hanno trovato in casa sua, Giulia, nel programma della scuola media e poi della scuola superiore. Molto divertente lavorare con loro, sono in sintonia, sono amici, e capaci di lavorare insieme.”
E allora?” chiese il signor Bhat.
Qual è la domanda?”
La domanda forse è- disse Giulia- se vale la pena di farli seguire da un insegnante nel pomeriggio, o cercare per loro una scuola più adatta.”
Sapete, non è la prima volta che mi capita un piccolo genio fra le mani. Ho avuto anche famiglie geniali, fratelli e sorelle molto bravi...ma solo raramente sono riusciti a sviluppare il proprio talento. Questo dipende forse da un'unica causa, che alla fine produce diversi effetti. Una volta che il talento è evidente, la famiglia comincia ad aspettarsi delle cose dal ragazzo o dalla ragazza. Lo sostiene, ma anche pretende risultati, magari non in modo esplicito, ma trattandolo diversamente dagli altri fratelli, rendendogli la vita più facile: “ tu non fare quella cosa., (per esempio lavare i piatti) è meglio se studi”, oppure comprandogli qualcosa, che in questo caso potrebbe essere un computer, di costoso e innovativo, come se investissero denaro ed energie...non so se capite il meccanismo...” 
I tre annuirono. “Il ragazzo, o ragazza- continuò il professore- finisce per sentire una responsabilità che lo schiaccia, è troppo grande il timore di deludere i propri genitori, di mancare le aspettative e gli obbiettivi...Finché si arriva alla necessità di compiere la “performance”, che sia un corso universitario o un'esame specifico. E allora il peso che avvertono li fa crollare. Ho visto dei talenti puri naufragare in questo modo, pensarci mi fa ancora male. Ma eccoci a noi. Questi bambini, però, hanno una specie di “leggerezza”.. soprattutto Deepak, che pare sia lui ad averla insegnata al suo amico Michele.. non c'è competitività, non tanto fra loro, quanto con se stessi. Abbiamo fatto delle cose insieme e Deepak ad un certo punto si è bloccato, non capiva. Ho provato a forzare, ma lui mi ha sorriso. Tutto mi sarei aspettato fuorché un sorriso. Allora ho spiegato il passaggio che non gli riusciva. Michele ci è arrivato prima di lui, ma non gliel'ha fatto pesare, come se l'avesse preso per mano e aiutato a rialzarsi. Deepak ha sorriso di nuovo ed è volato avanti, precedendoci. Così si fa. Disciplina, serietà nel lavoro, certo, però elementi essenziali per procedere sono la leggerezza e la scarsa severità con se stessi, il dare il giusto peso al proprio lavoro.“ Alan, Giulia e il signor Bhat annuirono.
Capisco- disse Giulia. E gli raccontò del doposcuola e di sua madre.
Così la sua mamma è una delle loro insegnanti?”
Ah no! No, lei ha solo proposto di usare la nostra casa della Chianella come luogo fisico per una specie di doposcuola. Poi sì, li ha seguiti, ma non per la matematica, solo che, dato che è stata lei stessa un'insegnante, si è accorta che questi due bambini avevano delle speciali abilità. Per questo ha mobilitato altri insegnanti in pensione. Sa, mio padre dice che la mamma è un catalizzatore, nel senso che quando lei è presente le cose avvengono..ma non se lei si impegna a farle avvenire. Anzi, più si impegna meno funzionano! E' piuttosto pasticciona!” Giulia raccontò del tentativo di coinvolgere la Serafina Raspoli riguardo al giardino di Irene. Risero, poi il professore chiese: “E ora è in coma?”
Sì, una specie di coma... aspettiamo che si risvegli già da tanto tempo, ma non siano certi che accadrà..” disse Alan.



Lei parlava della leggerezza di Deepak. - disse il signor Bhat- E' stato malato, leucemia..ha rischiato di morire e la sua è una delle prime guarigioni avvenute in seguito al contagio da SYM.”
Il famoso Parassita! E' quel leggero luccicore della pelle?”
Sì quello è uno dei segnali. Crediamo che Deepak debba quella che lei chiama la sua leggerezza all'esperienza prima di malattia e poi di guarigione. Il contatto col SYM gli ha salvato la vita. - Il signor Bhat parlava lentamente, in un italiano corretto, scegliendo le parole. -Vede, questa creatura è arrivata dopo un viaggio lunghissimo nello spazio interstellare alla ricerca della vita. Se lei potesse sperimentarne la presenza capirebbe.. La creatura prova un'infinita gratitudine e ce la comunica. Gratitudine, e consapevolezza della fragilità della vita, della sua rarità e della sua natura effimera..questo potrebbe generare chiusura e protezione, invece produce, in Deepak, questo senso di leggerezza. Ancora di più, pensiamo, nel mio bambino che è stato talmente vicino alla morte da guardarla negli occhi. Tutto per lui deve aver cambiato proporzione. Non so spiegarle meglio di così. Forse se avessimo fatto un viaggio di migliaia di anni nel buio e nel freddo del cosmo saremmo così anche noi nei confronti delle piccole sconfitte, o anche di quelle grandi. ” Tutti sorridevano. Il signor Bhat li aveva commossi.
Credo- disse il professor Goretti- che potrei essere io l'insegnante dei ragazzi. Un paio di pomeriggi alla settimana .. che ne dite? Però dovreste portarli qui a scuola, accompagnarli o mandarli con la corriera.. Io non viaggio volentieri, non l'ho detto, ma sono malato. Non parlo di questo di solito.. è un tumore. Mi piacerebbe, prima di morire, seguirli per un po', non so quanto tempo mi resta. Quando non me la sentirò più vi avviserò. Siamo d'accordo?” Non restò che annuire. Giulia in cuor suo si augurò che il Sym trovasse affinità col professore.

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Dopo aver esitato molto Paolo si decise a chiedere al suo SYM se avrebbe salvato Gigliola. La cosa gli causava non poco imbarazzo. Il SYM era in contatto con la sua mente costantemente, ma in un certo senso fingeva di non conoscere i suoi pensieri, cosa che rendeva più facile la convivenza. 
“Non sono Dio.” Fu la risposta. “Voi tutti state prendendo un grosso abbaglio: io/noi possiamo fare moltissimo per voi, ma non siamo Dio, come voi lo immaginate, questo deve esservi chiaro.. stiamo facendo tutto il possibile per salvare questa creatura che amiamo. Ma sai anche tu che è un esperimento, non siamo abbastanza esperti di voi e, ci duole dirlo, perché tu soffrirai di questo, ma non siamo certi del risultato..” 
Paolo si sentì talmente umiliato che si rifugiò nel posto più lontano e profondo della propria mente dove il SYM non sarebbe venuto, perché aveva il senso della privacy. Non ascoltò più ciò che gli diceva, ed era qualcosa riguardo all'osmosi, alla nanoriparazione cellulare e altre cose del genere, unito ad una specie di predica. 
Paolo ne aveva più che abbastanza e non aveva intenzione di mettersi ad ascoltare sermoni da un essere fatto di scaglie di silicio venuto da chissà dove che parlava nella sua testa. Il simbionte, visto che Paolo non intendeva ascoltare, si rivolse a qualcun altro. Trovò un'ascoltatrice attenta in Tandie, che in quel periodo lavorò molto nella stanza dove si trovava Gigliola, fece foto e filmati, prese appunti, campioni della corazza da analizzare e scrisse una lunga relazione sull'efficacia curativa del Bozzolo. 

Quando era libero Paolo andava a camminare. Andava, come prima, in giardino da Irene, ma quello, dal posto solitario e riservato che era stato, era diventato un luogo pieno di gente: operatori della televisione, che filmavano Irene e Francesco che lavoravano; bambini!, tutti i bambini della Chianella pareva che si trovassero lì, e tutti obbedivano agli ordini di Chiara e Abu, che li facevano lavorare come piccoli operai. 
"Irene- aveva detto Guido- ha la giardinite, ma la Chiarina, lei somiglia molto alla sua mamma, e ha la "comandite!"
Irene aveva finalmente creato un altro ingresso al giardino, sempre aperto, e chiunque poteva entrare e passeggiare.
Parecchie volte Paolo era andato anche alle Celle da padre Giulio, e avevano passeggiato in silenzio lungo un sentiero del bosco di lecci e corbezzoli, che si apriva in piccoli tratti di uliveto.Padre Giulio era cambiato, da quella volta che si era confidato. Disse a Paolo che aveva seguito il loro consiglio e aveva ascoltato il suo SYM. Gli si era aperto un mondo. Al SYM piaceva il senso religioso degli uomini.
Giulio aveva chiesto al suo SYM se sapeva qualcosadell'esistenza di Dio. 
No, il SYM non sapeva nulla di questo, tutto quello che sapeva veniva dalle creature che aveva incontrato, in passato, e, ora, gli uomini. Ma gli pareva che solo suscitare tali pensieri fosse un segno dell'esistenza di un Creatore.
Paolo parlava di questo e di altro con padre Giulio e questi colloqui lo rasserenavano. 
Raramente andava anche, da solo, per una strada pocofrequentata, vicina a casa, che gli piaceva molto. Su un lato era costeggiata da campi di girasole su cui restavano solo gli steli anneriti dalla pioggia e inclinati: un campo di croci, un vecchio cimitero di guerra abbandonato, gli pareva, che si intonava al suo umore del periodo. 
Sull'altro lato c'era un pioppeto in filari precisi che cominciava a muoversi e a colorarsi di rossiccio agli apici dei rami: era febbraio, appena l'inizio della primavera, che quell'anno 2014 era precoce, perché non si poteva dire che ci fosse stato un vero inverno, ma solo una lunga stagione fradicia e incerta nelle temperature, come uno sfibrato prolungamento dell'autunno. 
Lungo la strada uno dei fossi che confluivano nella Chianella era gonfio d'acqua e scrosciante. Tutte queste cose: segni di morte, di vita nuova, suono dell'acqua che corre, davano a Paolo un senso di pace. 
Il suo SYM era felice di queste passeggiate, perché sentiva che Paolo si rasserenava, godeva con lui del mondo intorno, di cui si sentiva parte, e ascoltava i suoi rari e intimi pensieri, che gli facevano conoscere gli uomini. Paolo, quel giorno, pensava di nuovo a Gigliola. Chi se lo sarebbe aspettato che quella donna che era stata bella e vanitosa, un po' svampita, si facesse ammazzare per proteggere sua figlia? 
Eppure era stato così; Giulia gliel'aveva detto, che si era sentita spingere forte da parte e sua madre si era parata davanti a lei, era stata colpita ed era caduta con gli occhi lì per lì sbarrati, e poi chiusi, quando lui era arrivato. E una specie di sorriso incredulo sulla faccia. 

Paolo quel giorno pensava anche, di nuovo, a Dio, a come gli uomini se lo figurano e ci si rapportano, un Dio a cui chiedere sempre qualcosa, da temere, da chiamarselo accanto al bisogno. Paolo, guardando la realtà senza veli, non riusciva a vedere Dio, nella sofferenza dei bambini, che gli era sempre sembrata impossibile da spiegare, in quella muta degli animali, in quella senza nome delle terra. La cosa che meno parlava di Dio era la perseveranza con cui gli uomini continuavano a fare il male, erano gli uomini, forse, la migliore prova, la più forte, dell'inesistenza di Dio. 
Poi c'erano alcune eccezioni, alcuni uomini, e donne, che potevano essere invece la prova che Dio esisteva, da qualche parte. 
E il SYM, anche il SYM era un regalo così grande... chi poteva averlo fatto agli uomini, se non Dio in persona? 
Avrebbe dovuto chiedere a questo Dio di salvare sua moglie, ma perché Dio avrebbe dovuto ascoltarlo se non ascoltava le madri poverissime che si vedevano morire i piccoli fra le braccia?
Dov'era Dio quando l'uomo causava catastrofi come quella di Fukushima, che stava continuando a produrre i suoi effetti sulle creature mute del mare e delle terre, pesci, mammiferi marini, orsi polari, foche..? Questi avvenimenti di cui l'uomo era la causa gli provocavano un dolore profondo. Paolo camminava e mentre camminava dentro di sé si rivolgeva a Dio direttamente e si sentiva un poco in imbarazzo. Erano pensieri che non avrebbe confessato a nessuno,  in fondo di solito negava l'esistenza di un qualunque Dio, manifestava una fredda indifferenza, perfino disprezzo, talvolta, nei confronti di chi crede. Ora gli veniva da parlargli, da pensare a lui, come l'ultimo, o il primo, o forse l'unico a cui rivolgersi.
 “Forse dovrei chiederti, Dio, di aiutarmi a capire tutto questo, e quello che è accaduto nella mia famiglia, e perché proprio a noi, a mia moglie... non capisco e non accetto di non capire, se ci sei, Dio, fammi capire, perché, se ci sei, sai già cosa mi serve, è inutile che te lo chieda, sarebbe bellissimo se Gigliola si svegliasse e tornasse sana, ma mi sembra una bestemmia chiedertelo. Ci sono moltissime altre situazioni in cui avresti dovuto intervenire e non l'hai fatto, continuano ad esserci guerre e stragi, e disastri dovuti alla malvagità umana, o solo all'avidità. Perché dovresti muoverti per me? O per Gigliola? Ti vedo nel colore del cielo, in quest'acqua che mi corre accanto, ma quando diventa uragano o palude non capisco più...ma poi forse tu sei talmente grande, infinito, ho sempre pensato, che hai considerazione anche di me, del mio dolore, della mia solitudine, del dolore della mia figliola e forse ci renderai Gigliola. Forse devo solo lasciare che tutto scorra come quest'acqua e che io impari ad accettare quello che avviene.”

Paolo pensava in modo un po' confuso e le immagini e le idee apparivano nella sua mente una dopo l'altra, il SYM leggeva e confrontava con cose apparse su internet e ricevute tramite le bioconnessioni, e viste nella realtà a contatto con ciascun individuo umano. 
Il SYM si stava estendendo in tutto il mondo, molto lentamente, e come era accaduto su altri pianeti cominciava il fenomeno dei cicli in atmosfera, in cui moltissime particelle SYM si alzavano nell'aria, si mescolavano e scambiavano informazioni e dati. Il fenomeno era agli esordi e non era ancora visibile. Quest'uomo, pensava il SYM ascoltando i pensieri di Paolo, non sa di esserlo ma è profondamente religioso, combatte ma si affida. E' un uomo buono. Ma in generale è vero: questi esseri sono causa della propria rovina.

Paolo camminava concentrato sui propri pensieri, aveva raggiunto la meta della sua passeggiata e stava per tornare indietro. Erano già le cinque del pomeriggio e il sole era appena tramontato. L'ombra prevaleva sulla luce e i colori stavano svanendo per lasciare solo variazioni di grigio. Su un lato della strada vide qualcosa che gli sembrò un mucchio di stracci, o un sacco lasciato a terra, ma poteva essere anche qualcos'altro. 
“Chi è, cos'è?” si domandò Paolo. La vista lo ingannava o davvero quella cosa informe stava prendendo l'aspetto di ...un cane. Era un cane raggomitolato a terra in un ciuffo di erba alta appassita dall'estate e ora bagnata dalla pioggia. Paolo si avvicinò cauto. Il cane era di taglia grande, a pelo lungo e non aveva il SYM. Paolo non riuscì a vedere molto di più. Il cane ringhiò piano. Non era un verso molto minaccioso, voleva dire che aveva paura, voleva essere lasciato in pace e in caso contrario si sarebbe difeso. Paolo e il suo SYM si chinarono fino a lui e Paolo allungò una mano. Il cane ringhiò ancora ma annusò la sua mano. Il SYM con delicatezza si sporse dalla mano di Paolo e toccò il cane. Il cane avvertì il contatto, guaì e nella mente di Paolo arrivarono immagini spezzate ed emozioni, che gli raccontarono le ultime cose avvenute nella vita di quella bestiola. Erano pensieri di cane e Paolo si sorprese. C'erano facce e gambe di persone, mani che accarezzano, odori molto forti, qualche calcio, bastonate e uno strappo, non avrebbe saputo altrimenti come descriverlo, molto doloroso. C'era anche fame, freddo e paura.
Povero cane!- disse commosso- Ti è capitato tutto questo?”
 Paolo sentì un impeto di simpatia. Il cagnone si lasciò accarezzare sulla testa. Era molto sporco e aveva il pelo acciuffato e appiccicato dal fango. Paolo pensò subito di telefonare a Gigliola, che venisse con l'auto, poi ebbe un lampo doloroso in cui ricordò che non la poteva chiamare: il cane gli aveva fatto dimenticare tutto per qualche attimo. Pensò allora di chiamare Irene o Guido. Venne Irene con la campagnola che usava per il giardino. Anche Irene si intenerì di fronte al cane randagio e insieme, con un certo sforzo, perché era molto diffidente e pesante, lo caricarono nel portabagagli. 
Dopo poco il cane era dal veterinario del paese.
Dove l'ha trovato, dottore?” chiese Cecilia. Cecilia, prima di diventare veterinario, era stata una delle prime piccole pazienti di Paolo, quando era venuto a lavorare alla Chianella.
Paolo descrisse il posto e il fatto che attraverso il SYM gli erano arrivati i ricordi del cane. Non succedeva così con le persone senza SYM...
 Cecilia lo guardò interessata: “Succede anche a me, con gli animali che mi portano. E' imbarazzante, non le pare? Mi sento una guardona certe volte... pensavo che il mio SYM lo usasse con me come una facilitazione per il mio lavoro.“ 
Stava ispezionando il cane e intanto lo carezzava. Il cane sembrava fidarsi, ma era anche un po' impaurito e con gli occhi cercava Paolo. “E questo che è?” chiese Paolo, che anche lui toccava il cane per trovare ferite o punti dolenti. Il cane aveva un taglio all'orecchio destro, come il segno di un morso. 
"Deve averlo morso un altro cane in una lotta..”
Lei, Paolo, è ottimista. Non sono stati dei cani, ma degli umani. E' una ferita tipica. Gli hanno strappato via il microchip, perché non si potesse risalire al proprietario.”
Possibile? Poi li chiamiamo bestie. Siamo noi le bestie. Anzi no, io no, non mi ci metto più fra le bestie, io ho sempre lavorato per far bene e non mi voglio confondere fra questi....non so come definirli.” Disse Paolo ritornando ai pensieri di poco prima. 
“Senti Cecilia, non si potrebbe lavare questo cane? Capisco che forse per lui è troppo, essere anche lavato, oltre che visitato e curato, ma lo vorrei portare a casa con me e così sporco non posso davvero.”Cecilia lo guardò. 
“Se non sbaglio lei non ha mai avuto un cane..se la sente? I primi giorni non sarà una passeggiata.”
Cos'è? Vuoi scoraggiarmi? Siamo due bestie sole, e se l'ho trovato ci sarà pure un motivo.. posso almeno provarci.”
Cecilia sorrise. “Per ora questo cane è senza SYM, il che vuol dire che non è della nostra zona. Qui da noi quasi tutti i cani e gatti hanno il SYM. Anche la maggior parte dei selvatici. Più o meno la proporzione dei contagiati è la stessa che fra gli umani. Devono averlo portato qui da lontano per abbandonarlo ed essere più sicuri che non tornasse indietro. Non vuol sapere che cane è?”
Ma che vuoi che me ne importi! Sarà un puro cane, no?”
Cecilia rise “Sì, un puro cane! Sa, c'è gente che non vuole meticci. Solo razze pure! Qui, glielo dico io, anzi, glielo dice il mio SYM, c'è una gran varietà: la stazza è di un terranova, e anche il capoccione e le orecchie, ma il colore sale e pepe è di un bracco tedesco, gli occhi chiari sembrano di un Asky, il pelo lungo così liscio e pettinabile… ma lasciamo stare! In tutta questa varietà è un gran bel cane !”
Il cane fu lavato e asciugato. Alla fine del trattamento sembrava piuttosto confuso e intontito. Cecilia diede a Paolo un guinzaglio per condurlo a casa e un sacchetto di cibo secco. La casa di Paolo era poco lontano dall'ambulatorio, ma c'è da dire che alla Chianella nessuna cosa era troppo lontano da tutto il resto. Cecilia sorrise di nuovo a Paolo con tenerezza. “Almeno, Paolo, avrà qualcuno che le fa compagnia, finché non si risveglia sua moglie...”
“Credi che si risveglierà?”
Perché no? Ne sono certa. Come chiamerà il cane? Devo scriverlo nel libretto sanitario.”
Come hai detto prima? Che il colore è sale e pepe...Pepe, penso di chiamarlo Pepe.”
Pepe, allora. Mi raccomando Pepe, fai il bravo cane. Sei capitato con un umano dei migliori, non farlo pentire.” lo ammonì Cecilia con il dito indice.
Paolo si grattò la testa “Ma lui non sa di chiamarsi Pepe, da ora in poi..”
Lo imparerà presto. Si rivolga sempre a lui col suo nome, senza usare nomignoli, vedrà che in due o tre giorni lo avrà imparato.
Più tardi le telefono per sapere come va, non mi sembra giusto lasciare lei e Pepe senza un supporto... anche lei mi chiami se c'è qualche difficoltà, altrimenti posso occuparmi di trovargli un'altra casa, lo vorrebbe tanta gente, un cane così bello... e stia sicuro, sua moglie tornerà presto, me lo sento, se lo sente anche il mio SYM.”
Paolo le sorrise senza rispondere. Avrebbe voluto avere quella sicurezza. 
Paolo e Pepe tornarono a casa insieme. Pepe non si ribellò al guinzaglio, sembrava che ci fosse stato abituato e comunque non aveva energie da spendere per fuggire, al momento. A casa Paolo preparò per lui un contenitore di cibo e stese un tappetino pulito della cucina davanti alla stufa. Pepe mangiò e bevve, poi si sdraiò al caldo e si addormentò profondamente. Nel sonno mugolava e galoppava, Paolo pensò ”Tò, anche lui sogna!”
Si sedette in poltrona. Guardava il fuoco che ardeva lento dietro lo sportello di vetro temperato e mentre si rilassava gli tornarono i pensieri della passeggiata. Se fosse stato veramente credente, rifletté, ora penserebbe che Dio, con quel cane, avesse dato una risposta alle sue domande. Una risposta anomala, originale, ma sempre una risposta.
Giulia e Alan li trovarono che dormivano tutti e due, davanti alla stufa.

SYM 41

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Ritorno alla normalità

Quando un sistema attraversa una crisi lì per lì le cose vanno sottosopra. Poi, lentamente, si ristabilisce l'equilibrio. Un equilibrio nuovo, che può anche non somigliare a quello di prima. Il ferimento di Gigliola era stato traumatico per tutti, per tanti motivi diversi, ma si erano adattati alla nuova condizione. Anche grazie al SYM nessuno era stato sopraffatto dal dolore. Gli abitanti del paesino, cosa insolita fino a un paio d'anni prima, si erano stretti con discrezione affettuosa intorno a ciò che restava della famiglia Giusti. Gigliola si trovava ormai da mesi sotto la Corazza di terra e luce, e la cosa, stranissima di per sé, era diventata parte della quotidianità.  Il letto era stato spostato in una piccola stanza che era diventata un centro di ritrovo: ogni giorno ci andavano Paolo, Guido, Giulia, Cristina, Irene, insomma tutti quelli che avevano un rapporto stretto con lei o con la sua famiglia. Tandie trascorreva ogni giorno qualche ora di lavoro nella stanza. Saltuariamente ci capitavano molte altre persone, prima di tutto il personale dell'ospedale; erano attratti da qualcosa di speciale che si respirava nella stanza satura di particelle SYM. C'era silenzio, ma a tutti sembrava di sentire una musica, una volta entrati, diversa per ogni persona; una musica e una gran pace; non provavano più desiderio di uscire, e quando uscivano canticchiavano. Paolo di solito si sedeva col giornale e trascorreva lì un'oretta, se arrivava Guido leggevano insieme. 
A volte veniva un'infermierina giovane, una HSS di Arezzo che faceva lì il tirocinio. Era completamente affascinata dal Bozzolo. Diceva sempre a Paolo che doveva parlare con sua moglie, là sotto, ricordare il passato, i fatti salienti della vita familiare.
Lo sa, vero, dottore- diceva con aria saccente e colma di buone intenzioni- che le persone in coma possono sentire quando si parla con loro? Potrebbe perfino svegliarsi..” 
La prima volta Paolo rispose che sua moglie non era in coma, non si sapeva cosa fosse attualmente, sua moglie; comunque non era lì e non poteva sentire niente di niente, ma quella insisteva. 
Ci si trovò Guido, come spettatore di uno di questi colloqui. Uscita la ragazza Guido abbassò il giornale e disse a bassa voce “Ti irrita. Ti irrita moltissimo.”
Oh, se mi irrita. Dottore-Paolo imitò la voce querula della ragazza- parli con lei, le dica che la aspetta, le racconti qualcosa, le dica che la ama... Perché le persone non si fanno i fatti propri?”
Guido, a sentire l'imitazione, si mise a ridere. “Hi hi hi...” La sua era una risatina fine e poco rumorosa che lo squassava tutto. 
“Che vuoi, Paolo...hi hi hi... lo fa a fin di bene, non è dei nostri, non sente nulla in connessione SYM, cosa vuoi che capisca...hi hi hi... come fa? ...dottore...Con quella vocina piagnucolosa.”

Invece poi viene un'altra ragazza che porta dei fiori. Si vergognava di portare fiori, l'ho vista. Pensava che io pensassi che era cosa del tipo "portare fiori al cimitero". Dovevo avere una faccia interrogativa perché senza che le chiedessi niente ha detto che il suo SYM, col SYM di Gigliola, avevano bisogno di quei fiori. Per la pulizia di Gigliola, ha detto, e è arrossita.
In effetti i fiori sul Bozzolo sono stati “usati”. Erano molto profumati. La mattina dopo non c'era rimasto quasi più niente.” "Oh sì. lo fa anche Irene, di portare dei fiori."
I due rimasero zitti per un po'. 
Poi è venuta la vecchia dei Berti, la bisnonna o trisnonna di Michele, non so di preciso... quella che curava con le erbe. Credo che lo faccia ancora. HSS+, anche lei. Voleva vedere il fenomeno. Non si è stupita per niente, ha detto che sì, le tornava, non poteva essere che la terra, a curare. E se ne è andata.”
Roba da matti.” disse Guido tornato del tutto serio. “Questo Bozzolo è una faccenda seria. Per fortuna che almeno Tandie ci sta studiando.”

ALLUVIONE ALLA CHIANELLA



Era arrivato marzo, piovoso, tiepido e molto variabile. A metà mese il centro meteo regionale aveva annunciato una forte perturbazione e l'allerta per due giorni consecutivi. Era arrivata di nuovo la pioggia: era piovuto così tanto che il terreno si era zuppato fino a franare, nei declivi, ma gli abitanti della Chianella non se ne preoccupavano granché, perché il paese era su una bassa collina e il rischio di smottamenti era contenuto. Paolo non seguiva il meteo, ma in quei giorni era l'argomento principale dovunque si recasse e così alla fine ne era informato anche lui. Irene spiava il cielo e seguiva le previsioni su internet, in attesa che il tempo migliorasse. Il terreno era talmente impregnato di pioggia che,in giardino, era difficile camminare nelle aiole e perfino nei vialetti. Al bar gli agricoltori impigrivano nell'ozio forzato aspettando di cominciare in ritardo i lavori agricoli di primavera e si lamentavano: mai vista tanta pioggia dall'anno... ognuno aveva un anno che ricordava, quello che la Chianella si portò via carretto e carrettiere, quello che la piena travolse un'auto. La Chianella di solito così mite, zanzare a parte.
Ora la pioggia sembrava finita e stava per cessare l'allarme, il meteo aveva previsto “pioverà fino al primo mattino della domenica, in seguito ampi rasserenamenti”. 
Erano quasi le dieci, il cielo era ancora scuro, ma non pioveva e Paolo uscì con Pepe. Tandie andò alla Messa della domenica con Abu e Michele.
 Il signor Berti, il babbo di Michele, si preparò ad andare a casa dei Di Segni per parlare con Irene di un lavoro da fare con la scavatrice per allargare il giardino, appena il tempo si fosse rimesso. Verso le dieci e mezzo Paolo, dopo un lungo giro, entrò con Pepe dal cancellino secondario del giardino per passare a salutare Irene e Guido. Si strinse nella sua vecchia giacca perché il vento rabbioso, alle sue spalle, penetrava sotto i vestiti e, nonostante il SYM, gli faceva sentire freddo. Era un vento ancora di tempesta, che soffiava dall'Amiata. Pepe, con la pelliccia scompigliata, alzò il muso per annusare qualcosa nel vento e starnutì. 
“Pioverà di nuovo? Ma no.. Finché le nuvole corrono non piove.” disse  Paolo al cane guardando in cielo i nuvoloni viaggiare veloci. Sentì delle voci in basso, in direzione della spiaggetta: dovevano essere i ragazzi. Ridevano: era così bello sentire voci di bambini che giocano. Ma Paolo ebbe un presentimento: la Chianella era in piena, poteva essere pericoloso giocare là attorno: scese verso di loro e li chiamò.
Arrivarono di corsa, rossi in viso e sorridenti: c'erano Deepak e Michele, inseparabili, la Chiara del sindaco, Piotr, Abu e Lisa.
Ma i vostri genitori sanno che siete qui?”
Noi siamo venuti col mi' babbo!” disse Michele riferendosi a Deepak e Piotr. “E voi bambine?”
Noi siamo uscite dalla Messa con loro e si è detto di passare di qui..”
Ma le mamme non lo sanno che siete qui.. e allora tornate a casa di corsa, saranno preoccupati, i vostri genitori!” 
In realtà da quando c'era la connessione SYM i genitori e i bambini HSS+ erano molto più tranquilli di prima, per il contatto intimo e continuo che si era creato.I ragazzini spiegarono a Paolo che nei giorni precedenti avevano aiutato Irene a preparare delle cassette con i tuberi delle dalie da piantare per la prossima estate: avevano scelto i colori da accostare e le avevano lasciate fuori, vicino ai punti di piantagione. Irene aveva detto che, anche se pioveva di nuovo, bagnarsi non le avrebbe sciupate, ma solo idratate e preparate a germogliare. Quando la terra si fosse asciugata le avrebbero piantate. Però stamani, entrati in giardino, avevano trovato le cassette quasi vuote: l'acquazzone della notte, violento, aveva travolto e trascinato via le dalie. Le stavano cercando, ma ne trovavano poche; la maggior parte, doveva averle portate via il fiume. Chiara, giardiniere appassionato,era la più affannata, si era spinta fino nel fango della riva, per riacchiappare i tuberi che vedeva semisepolti!
Paolo si raccomandò che tornassero verso casa di Irene, subito! Alle dalie ci avrebbero pensato domani, se veniva il tempo buono, per ora era pericoloso stare intorno all'acqua. Il torrentello era in piena e chissà, se pioveva più a sud poteva gonfiarsi ancora.
I bambini dissero che sarebbero venuti fra poco e intanto Pepe, che si divertiva come un matto, rimase a correre e abbaiare con loro. Paolo arrivò alla casa: sulla porta il signor Berti ancora chiacchierava con Irene, e Tandie e Guido guardavano il cielo, che verso la montagna a sud si stava facendo sempre più nero. Insieme scesero verso i bambini, chiamandoli, ma le voci dei ragazzi risuonavano allarmate e Paolo, che era davanti agli altri, scese giù veloce. 

Gli venne incontro affannato Michele: “Paolo, la Chiara si è impantanata! Era l'unica con gli stivali alti e è voluta entrare nella riva a prendere le patate delle dalie, ma è come se ci si fossero formate le sabbie mobili!” 
Paolo camminò più svelto, vide Pepe che abbaiava forte verso la bambina e si buttava nel fango per aiutarla. Paolo si guardò intorno pensando come fare per tirare tutti e due fuori di lì.
Porca miseria! -gridò, perché ormai il rumore del vento e dell'acqua era tanto forte da coprire la sua voce.” Pepe, vuoi fare l'eroe? E voi ragazzi, ascoltate o no quando vi si parla? Che t'è preso, Chiara, di infilarti in questa palude?”
La bambina piangeva impaurita. Paolo non ci pensò due volte, entrò nel fango vicino a Pepe e affondò fino al ginocchio nel materiale trasportato dal corso d'acqua, che aveva fatto salire il livello della spiaggetta fino ai salici alti sopra la riva. Il babbo di Michele, arrivato alle sue spalle, si accorse del pericolo e non entrò nel pantano, ma si sporse, restando sul terreno solido, per afferrare Chiara. Paolo riuscì a strappare la bambina alla morsa collosa della fanghiglia, ma gli stivaletti nuovi, rossi, restarono trattenuti nella mota. Paolo si sporse verso il Berti, che acchiappò Chiara, ma per lo sforzo affondò ancora di più, con Pepe, che ormai non riusciva, nonostante i tentativi rabbiosi, a sollevare nessuna delle quattro zampe dal fango.
Il signor Berti mise Chiara fra le braccia di Tandie, e Abu abbracciò le gambe della mamma e quelle di Chiara, col risultato di infangarsi fino ai capelli. Ora Chiara rideva e piangeva, sollevata. Irene le carezzò il visino.
Paolo gridò forte, tentando di superare l'urlo del vento: “Signor Berti, ho paura di non riuscire a venir fuori da qui, né io né il cane..”
Non si preoccupi, dottore, ora cerco un legno, un ramo, qualcosa...lei si aggrappa e io tiro..”
Paolo guardò il cielo “Non so se abbiamo abbastanza tempo..”
Come no?- gridò Guido- Vuoi rimanere lì dentro con Pepe? Ora vi tiriamo fuori!” 
Tutti e due cercavano intorno un legno adatto, senza trovarlo, e Irene stava per tornare verso la capanna, in alto, per procurarsi una fune robusta, quando si sentì un rumore nuovo, minaccioso, spaventoso, sempre più vicino, che cresceva alle spalle di Paolo.
Che c'è ora ?” Gridò Guido.
E' la piena, la piena della Chianella!” Gridò Irene con la faccia bianca dalla paura. Evidentemente verso sud era già piovuto parecchio e aveva fatto nuovamente gonfiare il fiumicello. I bambini erano spaventati. Aveva ricominciato a piovere, prima a goccioloni, poi a catinelle e i ragazzi si stringevano agli adulti mentre il cielo, nero come piombo, pareva avventarsi su di loro da sud, dopo aver cancellato il panorama, come un muro compatto su cui sfrecciavano i fulmini, mentre i tuoni rullavano come un esercito di orchi alla carica. 
Paolo si girò indietro, vide arrivare rapidissima una parete d'acqua grigia e melmosa e pensò ”E' finita.” 
Strinse a sé il collo del cane che ruggiva terrorizzato come contro un nemico all'assalto. Allargò il braccio libero e fece con quello un gesto eloquente di rassegnazione guardando tutti loro in un addio muto. 
Anche se avesse gridato ormai non l'avrebbero sentito. La piena li colse alle spalle e li sommerse. Gli altri, a riva, videro Paolo colpito dall'acqua nel mezzo della spina dorsale e pensarono che sarebbe morto. 
Piangevano, gridavano e imprecavano. Guido si batteva un pugno in testa, Irene si copriva il viso con le mani, Tandie si stringeva intorno i bambini. Il signor Berti aveva Deepak e Michele per mano e sulle guance di tutti e tre, pietrificati, scorrevano lacrime che si mescolavano con la pioggia e la grandine, mentre loro non sentivano quasi fastidio, perché il SYM proteggeva la pelle, ma provavano un enorme dolore. Di fronte alle potenze del cielo scatenate si sentivano completamente impotenti e inermi, mentre quel poco che ancora si vedeva di Paolo e Pepe, la testa del cane, un piede di Paolo, appariva rovesciato e strattonato e trascinato via dalla furia dell'acqua oltre la curva della Chianella.
Paolo e Pepe scomparirono ai loro occhi e il gruppo di umani si ritrovò disperato a guardare il fiume gonfio e rabbioso che si era portato via uno di loro col suo cane.

SYM 42

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MONTAGNE RUSSE




I SYM di Paolo e di Pepe erano eccitati. La grandine, il vento, il suono metallico dei chicchi di ghiaccio e il chiasso della pioggia, il rumore tonante delle scariche che riempiva il cielo, tutto pareva bellissimo ed eccitante al SYM. Era vita! Vita alla massima potenza. Il SYM non dimenticava mai il buio e il gelo dello spazio profondo in cui aveva viaggiato, e le tempeste della Terra erano tutto il contrario! Le particelle si staccarono dai corpi di Paolo e Pepe per volare in alto, come bambini sulle montagne russe. Il SYM sentiva il richiamo dei grandi spazi, del cielo sopra di sé. Ma c'erano le creature da proteggere! Rapide, le particelle tornarono al proprio posto, solo alcune di loro volarono via nel vento. Ma anche qui dalle creature era eccitante! Indurire! Rendere elastico! Impermeabilizzare! Ossigenare! Ogni insieme di particelle si occupava di qualcosa, come un equipaggio su una nave in tempesta e intanto si godeva la discesa delle rapide. UUHH! Paolo e Pepe, incoscienti, scendevano lungo il fiume impazzito come due tronchi abbattuti, sbattendo su legni e sassi, finché, dopo parecchi minuti, la corrente violenta li spinse su una piccola spiaggia.


Intanto il drappello di umani, fradicio di pioggia e di lacrime, se ne stava come paralizzato a fissare la piena della Chianella. Guido esprimeva il meglio di sé nelle crisi. Mentre l'acqua mista a grandine li flagellava gridò: “Via di qui, tutti in casa!”
Salirono verso casa in silenzio, una volta dentro Irene cercò nei suoi armadi panni asciutti per asciugarsi. Tandie fece togliere le scarpe ai bambini e li avvolse in asciugamani e teli. Disse a Chiara: “Bisogna telefonare alla tua mamma e a quella di Lisa, saranno preoccupatissime!”
Guido chiamò la protezione civile.  
"Dottore,- gli risposero- tutti i mezzi sono impegnati, è un disastro, il fiume è uscito dall'argine oltre San Martino, la strada è allagata, ci sono case con i garage pieni d'acqua, stalle allagate, animali affogati, qualunque cosa vi serva dovete aspettare...”
Quest'emergenza è più grave, il dottor Giusti e il cane sono stati portati via dalla piena.”
Chi? Il dottore, il marito della signora Gigliola?”
Proprio lui.”
Porcaccia della...-l'uomo al telefono imprecò- Ma come è successo?”
Non importa, andiamo noi con la Jeep a cercarlo, se lo troviamo vi chiamo.” L'uomo della protezione civile parlò col signor Berti per dargli indicazioni sulle strade ancora percorribili lungo il canale.



Il signor Berti disse che c'era un posto dove il fiume faceva un'ansa e lì, non si sapeva perché, ci si fermava sempre tanta roba trascinata via dall'acqua, la Chianella in piena la buttava lì.
Ho capito- disse Guido. - La buca del Masi.”
Proprio lì. Ci si va con la mia jeep e se si trovano si fa venire il babbo di Gino col trattore. Col trattore, le funi.. si può fare una barella...Intanto lo chiamo così si prepara.”
Andiamo allora.” Irene disse che veniva anche lei, li seguiva con la campagnola, che se avessero trovato anche Pepe, e se fosse stato vivo, lo avrebbe portato lei dal veterinario. Irene piangeva, mentre cercava le chiavi con le mani che tremavano. Uscirono che ancora pioveva, ma meno di prima, perché il temporale si allontanava rapido e devastante verso nord col suo rullio di tuono e già si vedevano in cielo strisce fini di azzurro.
In macchina Guido disse che si era sempre chiesto perché quella spiaggetta veniva chiamata la buca del Masi.
Perché tanti anni fa, prima che nascessi io, una piena ci buttò un uomo del paese, un certo Masi, che era stato travolto dall'acqua e era affogato..-il signor Berti arrossì- Oh Madonna, dottore, non volevo dire che...insomma, mi ha capito.” 
Non lo dica neanche per scherzo.” disse secco Guido.
Percorsero le strade lungo la Chianella fino alla buca del Masi, e in alto sopra l'argine fermarono l'auto. Il canale era gonfio d'acqua giallastra, carica dell'argilla dei campi, e la spiaggetta non si vedeva più, ma a metà del pendio, molto sopra il livello raggiunto dall'acqua normalmente, impigliato fra i rami di un salice semisommerso videro qualcosa che sembrava, ed era, il corpo di Paolo. Poco più in là c'era Pepe, talmente fradicio e infangato da essere quasi indistinguibile dalla mota della riva. Guido corse in basso e gridò al Berti di chiamare un aiuto, ma solo per venire con una fune e gli stivali da pescatore. Come aveva pensato il terreno, lì dov'erano Paolo e il cane, era ancora solido, trattenuto dalle radici forti delle piante. Guido arrivò vicino a Paolo, che era buttato fra i rami come un burattino, e lo toccò con la mano in vari punti. Il suo SYM lo esplorò. Guido sentì che c'erano tante ammaccature, ma niente di rotto. Là intorno, spuntavano dal fango tante cose rotonde simili a patate e Guido lì per lì non le riconobbe, poi si ricordò: erano le dalie di Irene.
Accidenti alle dalie , pensò Guido. Rinfrancati, lui e il signor Berti riuscirono a trascinare Paolo sul terreno piano e più asciutto e Guido cominciò il massaggio. Arrivò l'altro Berti, lo zio di Michele, e insieme a lui l'ambulanza. Intanto avevano tirato fuori dal fango anche Pepe, vivo ma incosciente, e Irene lo portò subito dal veterinario. In appena un quarto d'ora Paolo si trovava in ospedale. Marchino, che ora era assegnato al pronto soccorso, era già informato dell'accaduto. Quando lo vide arrivare, sollevato e pieno d'affetto, gli strizzò l'occhio “ E' andato a pescare, dottore?” poco mancò che Paolo, che si era appena ripreso, col poco fiato che aveva, lo mandasse a quel paese.

Il sindaco va a trovare Paolo

Di nuovo tutta la Chianella passò dall'ospedale per fare una visitina a Paolo. Giulia trascorse alcune ore accanto al letto del padre soffiandosi continuamente il naso. Arrivò Irene, arrivarono i ragazzi del doposcuola con i genitori, buona parte del personale dell'ospedale passò dalla camera e ne ripassarono altri al cambio di turno. Paolo non riuscì a riposare neanche cinque minuti di fila. Alla fine, quando Giulia e Alan erano tornati a casa e pareva che la folla si fosse definitivamente dileguata, Paolo sentì una vocina nota nel corridoio “E' qua mamma, è qua!” 
E una voce adulta ”Ho capito, ma non gridare, è un ospedale! E non correre!”
Erano Chiara e la sua mamma. Avrebbe visto Chiara volentieri, magari domani, ma Anna Maria... Anna Maria lo irritava. Gli ricordava Gigliola da giovane, un turbine di donna, esuberante, apparentemente dura, un po' aggressiva, superficiale, una che “prende decisioni”, buone o cattive, le prende. Altrimenti non faceva il sindaco. Carattere maschile, che recupera la parte femminile con l'esibizione dei caratteri sessuali secondari, mettendosi in mostra con abiti attillati, gonne corte, scolli profondi. C'era anche qualcos'altro che lo irritava, in quella donna, e per esperienza sapeva che doveva essere qualcosa di sé che vedeva riflesso in lei, altrimenti non sarebbe stato tanto infastidito, ma non aveva ancora individuato cosa. 
Chiara piombò sul letto di Paolo e affondò il viso sulla coperta.”Sei vivo!”
Piano, piano, che sono tutto rotto...Sì, sono malandato, ma vivo..”
Ti ho visto portare via dalla piena, pensavo che fossi morto!”
E invece..”
Anna Maria si avvicinò, sembrava non sapesse dove guardare. Aveva l'aria disfatta e gli abiti stazzonati di chi non si è fermato tutto il giorno.
“Dottore, sono venuta per ringraziarla...poi la Chiara non si teneva, voleva vedere con i suoi occhi che era davvero in salvo.”

Di che mi ringrazia, sindaco? Chiunque l'avrebbe fatto.”disse Paolo con voce flebile.
Non è così!..Mi posso sedere? Ho avuto una giornata infernale.” Non lo dica a me.” disse Paolo. Anna Maria parve subito confusa.
Oh certo, non volevo fare paragoni, ma le assicuro.. è cominciato stamani quando si è rimesso a piovere. Metà paese sott'acqua, mi è toccato coordinare le operazioni di emergenza..in alcune case si sono allagate solo le cantine, ma alla fattoria dei Bernini hanno dovuto far uscire di corsa le bestie dalle stalle, e portarle più in alto, dove non c'era rischio di allagamento, e tutto fra acqua a catini e grandine ...in pochi minuti è successo l'inferno..”
Ho sentito che dal Governi sono morti alcuni maiali..”
“Non me lo ricordi. Uno strazio. Non si sapeva come fare, ci voleva la barca per arrivare allo stalletto e quelle bestie chiuse dentro gridavano come cristiani. Il vecchio Governi piangeva. I vigili del fuoco sono arrivati tardi. Non credevo mai di star tanto male per dei maiali. Ancora ho nelle orecchie quegli strilli disperati. Non so se mi riuscirà più di mangiare una salsiccia...Una giornata tremenda. Parecchie strade allagate...Alle undici mi accorgo che la Chiara non è tornata a casa. Telefono a mio marito e lui non sa dove sia..”

Paolo si sorprese “ Allora c'è un marito? -pensò- Mai saputo di un marito! Però è ovvio, c'è una bambina, ci sarà un babbo... eppure mi dava l'idea di una donna separata..”
.. chiamo la Chiara al telefonino. Risponde di nuovo mio marito, questa scemina aveva lasciato il telefono lì!-Anna Maria allungò uno scapaccione alla figlia- Ho lasciato tutto e sono andata a cercarla, i miei collaboratori, quando mi hanno visto andar via, si son messi a gridare che non si prendevano responsabilità, che non potevo lasciarli da soli... sono ancora arrabbiati! Sono venuta prima da lei, a casa sua, ed era tutto chiuso, poi a casa della Lisa, poi dalla signora Di Segni...lì ho trovato i ragazzi tutti fradici, la Chiara scalza, e la signora nera, quella che sta da voi, che li asciugava. Avevano certe facce fra tutti! Io ero molto arrabbiata. Ho detto cose orribili sul conto di tutti, sono stata un mostro, ma mi capirà, mi ero vista, nella mia testa, accadere le cose più spaventose alla Chiara.. e non ero andata mica tanto lontano dalla realtà! La signora nera..”
..Nthanda..” disse Paolo.
Mi ha guardato e non capivo se mi vedesse o no. Doveva essere sotto choc. Ha cominciato a piangere, a goccioloni, poi mi ha detto quello che era successo, che lei era stato portato via dalla piena, che prima aveva tirato fuori la Chiara dal fango...Io ero troppo arrabbiata per scusarmi ...sono venuta via come se avessi il fuoco al sedere...” Anna Maria scoppiò in un pianto dirotto, che impaurì sua figlia. Paolo aveva due ragazze, una più grande e una piccola, che piangevano con la faccia affondata nella coperta.
Alzò le mani, le agitò imbarazzato e poi le posò sulle due teste, una di qua e una di là dalle sue gambe. “Via via, ora è passato..”
Perché la mamma piange?” Chiese Chiara sottovoce.
Piange -disse Paolo- perché ha avuto una gran paura di perderti, che la Chianella ti portasse via. Scommetto che non le avevi detto dove andavi, stamani...”
La bambina annuì. 
“Così sai perché devi sempre dire alla mamma e al babbo dove sei e cosa hai intenzione di fare. Ora poi che ci sono questi diavoli di telefonini..”
L'avevo lasciato a casa...”Mormorò ancora Chiara. In quel momento sulla porta della camera si affacciò un uomo alto, con delle gran basette, i capelli lunghi brillantinati e gli occhiali da sole. Masticava un chewing gum. 
“..sera..” disse a Paolo, appoggiandosi allo stipite con le braccia incrociate.
Anna Maria alzò gli occhi e disse a Paolo. “Questo è mio marito..”
Finito?” Disse l'uomo.
Sì, sì, ora usciamo, ma non torno a casa, devo passare dalle famiglie alluvionate a sentire come va.. farò tardi.”
Te vieni con me, rabuschia?” chiese l'uomo a Chiara.
“No, sto con la mamma..”

Ti pareva. Bè... sera..” fece di nuovo a Paolo e si dileguò.
Questo sarebbe il marito” pensò Paolo “Bel personaggio.”
Sa, dottore.. - fece Anna Maria come si volesse scusare- E' un artista.. Vive nel suo mondo...”
Si vede.” Disse Paolo.
Dopo un attimo di silenzio disse a Chiara: Hai visto che paura hai fatto alla mamma, una paura da morire. Se avesse saputo che eri con tutti noi non si sarebbe spaventata tanto. Obbedirai la prossima volta a chi ti dice di fare o non fare qualcosa, di levarti dal pantano, di lasciar perdere le dalie, come ho fatto io? Ascolterai?”
Chiara fece di sì col capo. 
"Speriamo non ci voglia un'altra piena del torrente per farti obbedire. E lei, Anna Maria, imparerà a dire no qualche volta a questa figliolina?”
Anna Maria lo guardò sorpresa soffiandosi il naso.
Si vede bene che nessuno dà regole a questa bambina.” ribadì Paolo.
Oh! Lei dice?”
Dico, dico. E ora andate, devo riposare. Per oggi basta. Non mi hanno lasciato solo tutto il giorno. Ah! Ti devo dire ancora una cosa, Chiara, da parte di Guido. Le dalie sono alla buca del Masi, dove Guido e Mario Berti hanno trovato me. Quando la Chianella si ritira ci potete andare, con i ragazzi, Tandie, o Irene...ma dovete usare la testa, niente imprudenze.” A Chiara si illuminarono gli occhi.
Anna Maria e Chiara uscirono. Nel corridoio Chiara saltellava accanto alla mamma. Vedere Paolo vivo, di persona, l'aveva messa di buon umore. E anche sapere che la sua mamma ci teneva tanto a lei.
Si va a mangiare un hamburgher a Camucia? Si va al cinema? Si va..” Anna Maria stava per dire, come sempre, con tono conciliante, “Ma no, cocchina, stasera non posso..” e forse avrebbe ceduto, ma si ricordò di quello che aveva appena detto Paolo e ruggì “No! Neanche per idea! Ora vieni con me che si torna dal Governi e dai Bernini a vedere come va, così impari bene anche te che vuol dire la piena della Chianella!” Col passo rapido e deciso del sindaco che era in lei imboccò l'ingresso e Chiara, in silenzio, dovette correrle dietro.


Dall'intervista a Paolo Giusti fatta da Davide :

Cosa ricorda di quel giorno, dottore?”
Ci sono dei giorni della vita che restano indelebili. Quel giorno è indelebile, nelle parti in cui ero cosciente, certo. C'è quel buco di 15, 20 minuti in cui ero travolto dall'acqua, incosciente... Paura? Non saprei dire. Non ebbi neanche il tempo di avere paura. Rassegnazione, sì, forse è la parola giusta. Sembrava la fine. Gigliola in coma, io morto. Pepe morto! L'avevo trovato da poco, ma era diventato subito un grande amico. La fine. Invece poi Guido e il Berti che ci trovano e ci tirano fuori dal fango, me e Pepe. Guido aveva una faccia. Si vedeva che mi vuol bene.
Quel giorno imparai alcune cose, sai quando si impara sulla propria pelle e i pensieri sono così … reali.. che li puoi toccare e sembra di poterli mangiare? Imparai che c'era una comunità che mi voleva bene, ero uno di loro, per loro ero importante, non perché avessi potere, non perché potessi dar loro qualcosa, perché ero io e basta.
Imparai che all'occorrenza potevo superare i miei limiti, perfino esporre la mia vita ad un grave pericolo per salvare qualcuno. L'avevo fatto con naturalezza, senza pensare. Finché non si fa non si sa se ne siamo capaci. Era successo, in tutta semplicità, e anche quando l'acqua mi aveva portato via non avevo avuto rimpianti. Ero abbastanza in pari con tutti. Potevo anche morire, non era così importante. Mia figlia sarebbe sopravvissuta, e Alan e la bambina che sarebbe nata... non so se puoi capire.
Per un po' di tempo mi sono sentito una persona migliore... poi l'effetto è svanito. Ma ci si può ricordare.”

Davide sorrise.
Con la visita del sindaco avevo anche capito perché Anna Maria mi irritava. Avevo visto il marito. Nel marito avevo rivisto me stesso anni prima.“
Davide sorrise di nuovo.
”Non mi fraintendere. Non che io sia mai stato uno che biascica chewing gum e saluta dicendo “..sera..” l'uomo che gli ha tolto la figlia dal fango salvandole la vita, no. Ma mi somigliava quell'indifferenza, quel modo di essere concentrato su se stesso, di non vedere la propria compagna, come se fosse un accessorio della vita, un'appendice...Ero stato così, da più giovane, preso dal lavoro, non sapevo cosa faceva Gigliola, chi erano le sue amiche, che faceva del suo tempo libero.. Giulia la guardavo crescere, cresceva bene, per fortuna, anche senza il mio impegno diretto. Lasciavo fare. Guadagnavo abbastanza per la famiglia e questo, pensavo, doveva bastare. Mi vidi in quell'uomo, che non ero sicuro che fosse così, ma sembrava così, come in uno specchio. Mi sentii male. Mi dissi che se mai Gigliola fosse tornata indietro le avrei detto che l'amavo, le avrei chiesto scusa ...se mai si fosse risvegliata.
Ma la cosa più generale che capii quel giorno è che se questi eventi estremi si ripetevano così spesso voleva dire solo una cosa, che il cambiamento del clima era definitivo ed eravamo davvero nei guai.” 
 

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Il risveglio




Erano passati tre mesi da quando Gigliola era stata ferita. Una mattina di aprile Paolo, svegliandosi, avvertì un cambiamento nel segnale che proveniva da lei nella rete SYM: era diverso, non più solo la “borsetta” sulla poltroncina del teatro, come diceva lui, ma una presenza. Che poteva significare? Gigliola stava tornando. E se avesse avuto delle lesioni cerebrali? Nonostante il timore che provava, non poteva ignorare la speranza che stava cominciando a montare dentro di lui. Si rase con cura fischiettando davanti allo specchio. Un piccolo brivido piacevole di eccitazione saliva dall'osso sacro...un altro brivido di paura scendeva fino a metà della colonna vertebrale...suonò il cellulare, se l'aspettava, era Giulia.
Babbo, la sento di nuovo. La mamma, sento di nuovo la mamma.” Disse Giulia quasi con timore. Giulia si trovava a Londra per qualche giorno.
Anche io, l'ho sentita appena sveglio.”
E che fai ora?”
Mi sono lavato e sbarbato, mi vesto e vado. Oggi sono libero.”
“Babbo...” “Sì?”

E se ...non tornasse come prima? Non la sento come prima dell'incidente...ho paura, babbo.” Paolo lasciò passare qualche secondo, perché anche lui aveva paura, ma la speranza quel giorno era più forte della paura.
Cara, abbiamo passato un periodo molto difficile. Ora finalmente qualcosa cambierà, non so in che direzione, ma non riesco a non essere fiducioso. Anche il mio SYM lo è.”
Io controllo i voli e vado all'aeroporto. Ti faccio sapere quando arrivo.”
No, no, rimani ancora lì, con Alan. Lascia che mi occupi io di questa cosa. Lascia fare a me. Più tardi ti chiamo, abbi pazienza.”
Mentre si infilava i pantaloni telefonò Irene. 
“Paolo, la sento di nuovo.. Gigliola, dico! Bisogna andare subito all'ospedale!” 
“E' quello che sto facendo. Sarò là fra poco.”
Paolo prese la bicicletta. Mentre andava verso l'ospedale il cellulare continuò a squillare e davanti all'ingresso trovò una piccola folla che gli veniva incontro. Tutti dicevano la stessa cosa, che Gigliola era ricomparsa. Gli sorridevano, lo toccavano, gli toccavano la giacca e Paolo seppe che qualunque cosa stesse per succedere non sarebbe stato solo, la gente della Chianella era con lui, camminarono con lui fino alla porta della camera, ma entrò da solo, salvo Cristina che era con un ragazzo che filmava ciò che stava accadendo.
Dottore, capisce che devo documentare, vero?”
Paolo si chiuse la porta alle spalle. Ora sentiva molto bene la presenza di sua moglie sotto il sarcofago. In quel lungo periodo la corazza aveva spesso cambiato forma e verso la fine era diventata più grande e forse più spaziosa all'interno, e Paolo aveva immaginato che Gigliola vi si potesse muovere.
L'aria si fece secca come quando la corazza di era formata e Paolo dovette aprire la finestra. Il sarcofago cominciò a disfarsi, lentamente, e le particelle SYM saturavano l'aria e uscivano in una scia dalla finestra. Il tempo, per Paolo, iniziò a scorrere molto più lentamente, attimo per attimo. Gigliola riapparve. Sdraiata su un fianco, aveva i capelli molto più lunghi di quando era scomparsa, riccioli come da giovane, e dormiva. Era una visione irreale, circondata da una specie di campo di particelle SYM eccitate e in movimento che brillavano. 
Il ragazzo, sorpreso, continuava a filmare, come se volesse catturare tutta la meraviglia di ciò che vedeva. Il camice di Gigliola era macchiato in alcuni punti e consumato, ma non c'erano tracce di feci e nessun cattivo odore. Le unghie, che avrebbero dovuto essere lunghissime, erano corte come se avesse fatto una manicure. 
Gigliola sbatté le palpebre e si svegliò. Si guardò intorno come se non riconoscesse niente e Paolo di nuovo ebbe il terrore che non fosse tornata normale. Chiuse gli occhi, si allungò e si mosse, come chi ha il corpo irrigidito da un lungo sonno. 
Poi aprì gli occhi di nuovo, guardò Paolo e disse “Paolo, dove siamo?” con voce fine e incerta. Il tempo di Paolo riprese a scorrere a velocità normale, si chinò su di lei e le disse “Gigliola, amore..” 

La parolina uscì spontanea dalla bocca di Paolo, Gigliola, però, non era abituata a sentirsi dire amore da suo marito, di solito piuttosto burbero e scontroso, e inoltre per lei non era passato neanche un giorno dal momento del suo ferimento, che non ricordava; si disorientò, prima si tirò indietro, quasi volesse schiacciarsi nel cuscino, poi tentò di alzarsi a sedere, col risultato di avere unviolento giramento di testa. Paolo le disse  "No, no, stai tranquilla e distesa..” 
Lei disse, più sicura e con voce più forte e allarmata: “Paolo, sei matto? Dove siamo, che ci faccio qui?- si toccò la testa- E tutti questi capelli? Non c'è uno specchio?”
Paolo era immensamente sollevato: era sua moglie, era tornata, era proprio lei.
La sua pelle fresca aveva un buon odore, nonostante che fosse stata dei mesi sotto il sarcofago, e sembrava invece che fosse stata in un bagno rigenerante.
Dottore -sussurrò Cristina.- sembra una fata!” Paolo le sorrise e disse a Gigliola “Sei in ospedale. Non ti ricordi?”
Che mi devo ricordare? - gli occhi cercavano come se i ricordi fossero nell'aria intorno a lei. "E Giulia dov'è? ..Giulia..c'è qualcosa che non ricordo...”
Il SYM lasciava riaffluire la memoria poco a poco. “C'è stato un incidente, Gigliola, e sei stata ferita..”
Io? Sì...mi pare..” Si toccò la pancia e negli occhi apparve la paura provata alcuni mesi prima, come un'ombra.
Ma dovrei... che è successo? E soprattutto, che giorno è?”
E' il 7 aprile 2014, Gigliola.” Disse Cristina.
Dio buonino! Ma se eravamo prima di Natale! E io che ho fatto in tutto questo tempo?” Aveva gli occhi pieni di ansia. Paolo e Cristina le spiegarono quello che era successo. Intanto si sentì bussare alla porta. Erano Guido, Irene e Tandie. Irene e Tandie, a rivedere l'amica viva, piansero. 
“Su su, care! Sto bene, mi vedete, no?”
E' proprio per quello che piango.” disse Irene 
“Non ero sicura che saresti tornata!”Disse Tandie. 
Il suo SYM disapprovò vivacemente l'affermazione.
Moltissime persone si affacciarono alla porta della camera e fuori si sentiva ridere e congratularsi: il ritorno di Gigliola era una gioia per tutto il paese. Erano felici che si fosse risvegliata, per lei e anche per se stessi: il SYM aveva sperimentato con lei qualcosa che poteva fare di nuovo per ognuno di loro.
Gigliola rimase sveglia per alcune ore, nel corso delle quali bevve, fece pipì, si cambiò e fu visitata a fondo. Nei momenti liberi, pochi, cullava dentro di sé le paroline di suo marito “Gigliola, amore..”. E sorrideva. 
I colleghi medici di Paolo se la litigavano: ci fu una specie di rissa fra il primario neurologo e il collega di medicina interna per chi doveva visitarla per prima. Alla fine del giro visite, che Gigliola fece sdraiata nel suo letto con le ruote, divertendosi abbastanza, la riportarono nella sua camera e lei si addormentò profondamente. Paolo tornò a casa. Per strada dovette scendere dalla bicicletta perché tutti quelli che lo incontravano lo fermavano e volevano sapere e lui, invece del sorriso malinconico, era raggiante e disposto a raccontare. Lo fermavano quelli che avevano il SYM, che in rete SYM avevano sentito tornare Gigliola, lo fermavano gli altri, che avevano avuto la notizia diversamente. Per arrivare a casa sua gli ci volle un'altra ora, nel corso della quale lo chiamò anche sua figlia. Giulia disse che da quando la mamma si era svegliata lei le era stata accanto, in rete SYM, e al lavoro le avevano detto che era distratta! A casa Paolo fece le cose di sempre, che, diversamente dal solito, gli sembrarono tutte piene di sapore.

Il giorno dopo Gigliola stava ancora bene. Paolo, che in cuor suo temeva il contrario, sentì svegliandosi che lei, dal suo letto in ospedale, mandava un segnale pieno e vitale. La direttrice e i colleghi di Paolo gli avevano lasciato qualche giorno libero per poter seguire il risveglio di sua moglie. Pepe lo seguì fino all'ingresso dell'ospedale poi se ne tornò a casa, ma questa volta esitò molto prima di farlo. Già il giorno prima, al ritorno di Paolo, l'aveva annusato accuratamente. Ora voleva conoscere di persona l'origine del nuovo odore. Paolo si chinò fino a lui: “Pazienza, amico mio, pazienza..sai quanta ne ho avuta io, fra qualche giorno portiamo Gigliola a casa, vedrai. E la potrai conoscere...” Il cane lo ascoltò e gli abbaiò una volta sola, come per dire che aveva capito, poi si avviò verso casa.
Cosa capisce non so- pensò Paolo- forse non le parole, ma il succo della faccenda lo capisce eccome.” 
In camera Paolo baciò Gigliola sui capelli e aspirò il suo odore, com'era bello sentire di nuovo l'odore sano e fresco di sua moglie! Solo allora osservò che nella stanza erano state disposte diverse sedie. 
“Ma che succede qua?”
Un incontro per discutere il mio caso clinico.- fece sua moglie con un gran sorriso- Sembra che io sia una paziente davvero interessante...ma quando potrò tornare a casa?”
Che ne so, amor mio? Intanto dovresti prima rimetterti in piedi. Hai provato a sederti?”
Sì, e la testa gira molto meno.” Sorrise Gigliola.
 Questo SYM è sensazionale.” Osservò Paolo, pensando alla consueta lunghezza dei tempi di recupero dopo il ritorno dal coma. Anche se quello di Gigliola non poteva definirsi un coma. Animazione sospesa? Sembrava che sua moglie fosse reduce da una leggera influenza! Gigliola disse: “Sembra che io recuperi rapidamente, no? Il mio SYM dice che per risvegliarmi ha aspettato che fossi completamente riparata. Riparata come una lavastoviglie...- rise- Per questo ora tutto funziona a dovere...”
Nella stanza entrarono Cristina e Tandie. “Oh bene, Paolo,stavo per chiamarla, mi serve qui, nelle prossime due ore.”disse Cristina.
Che succede?”
Non so, vogliono discutere il caso di Gigliola, secondo me hanno la speranza di redigere una pubblicazione che darà loro fama e denaro..”
Lasciamoglielo fare.” Disse Paolo flemmatico.
Non è così semplice, inoltre io non intendo assecondare le ambizioni di questi arrampicatori. Ma lo vedrà con i suoi occhi..”
I colleghi medici che avevano visitato Gigliola il giorno prima non avevano ritenuto opportuno incontrarsi altrove: la paziente era un fenomeno da controllare a vista, secondo quelli di loro privi di SYM, e inoltre serviva la sua presenza per verificare certe ipotesi. I medici entrarono, salutarono, si accomodarono. C'era nell'aria una notevole eccitazione. Anche Paolo e Guido si erano seduti di fianco al letto. Ormai, dopo tutto quello che era successo: il ferimento di Gigliola, Paolo e Pepe che avevano sottratto Chiara al torrente in piena, Guido e il signor Berti che avevano salvato loro... Paolo e Guido avevano acquisito una notorietà locale e conquistato un tale affetto della popolazione che potevano fare praticamente quello che gli pareva. Nessuno avrebbe osato ostacolarli, nemmeno i colleghi HSS più astiosi. Gigliola aveva fatto sedere anche Tandie proprio accanto a lei.
 E quella chi è?” fece con irritazione malcelata il primario di neurologia, che era veramente antipatico.
La dottoressa M'baye, amica di famiglia dei signori Giusti e collaboratrice dell'ospedale. Non la conosce? Le abbiamo assegnato per lavorare i locali vuoti del seminterrato..” disse Cristina col tono di chi non accetta repliche.
Ma il dottor Serpilli replicò. “Lavorare? Che razza di lavoro...”
Prima che si esprimesse in modo più sgradevole fu Nthanda a rispondere, con tono gentile e accomodante.
Ah, vede, faccio una piccola ricerca che riguarda proprio l'adattamento reciproco uomo SYM. Rielaboro i dati raccolti nei vari reparti...In questo periodo, in cui Gigliola... oh, pardon, la signora Giusti è stata... bè, sapete tutti come è stata, ho studiato l'efficacia curativa del Bozzolo..”
Bozzolo?” Ripeté un altro medico con la voce carica di disprezzo.
Sì, Bozzolo, o Corazza, o come ognuno l'ha chiamato, cioè l'involucro con cui il SYM ha avvolto la signora ...”
I medici la ignorarono. Gigliola le prese la mano e la strinse, si sorrisero e Tandie si dispose ad ascoltare. 
Il dottor Serpilli disse sottovoce: ”Non capisco la necessità di avere questo pubblico..in ogni modo...- si schiarì la voce- Colleghi! Abbiamo ritenuto di riunirsi qui e forse abbiamo fatto un errore, ma il caso della signora Giusti è unico e probabilmente il primo di molti, chissà, da ora in avanti...Ebbene, chi comincia?” 
Io, io, comincio io! - disse l'internista sventolando una cartella piena di fogli -  Ho lavorato tutta la notte! Oh.. ehm...visitando la signora Gigliola dopo il suo..ehm.. risveglio, abbiamo notato che, anche all'esame radiologico, oltre che alla visita tradizionale, non ci sono tracce dell'intervento dei colleghi chirurghi. L'intestino, che durante l'operazione subito dopo il ferimento, era stato accorciato, non presenta segni e aderenze, come se non fosse stato toccato. Cioè, risulta accorciato, ma non c'è segno dell'intervento. Il fatto è che il collega radiologo, esaminando le lastre, ha notato qualcosa che ci ulteriormente sorpreso.”
Il radiologo, tale dottor Cenci, friggeva sulla sedia e voleva dire la sua, ma l'internista lo ignorò. “Ebbene, pare che in questo periodo trascorso sotto .. sotto.. come l'ha chiamato lei, signora? Bozzolo? Diciamo Bozzolo, benché mi sembri un nome fantasioso e assai poco scientifico.. insomma in questo periodo di tempo le ossa della paziente sono cambiate di composizione! Abbiamo pesato la signora ed è più leggera, ha perso peso, ma non a scapito della muscolatura, che anche quella doveva essere penalizzata dopo la lunga inattività e invece no, come se fosse stata stimolata costantemente; il peso è diminuito perché le ossa sono più leggere! Cambiata proprio la composizione!”
Il radiologo riuscì a quel punto a togliergli la parola e ad esporre le sue osservazioni. I medici si alternarono nel descrivere i fenomeni riscontrati nella visita della paziente che non riuscivano a spiegarsi. 
Ogni tanto uno di loro faceva notare un particolare aspetto fisico e allora tutti si alzavano, e andavano ad osservare da vicino Gigliola, la toccavano, le tiravano giù le palpebre, le facevano tirare fuori la lingua, come con una cavia da esperimento. All'improvviso si fece silenzio, una pausa dovuta al fatto che nessuno aveva risposte da dare, ma solo domande e qui si inserì, gentilmente, Tandie.
Ho giusto un lavoro, cioè una parte del mio lavoro, che penso sia sufficientemente esauriente, che conto di completare con le ultime osservazioni sulla paziente ormai in remissione..”Sorrise a Gigliola e lei ricambiò incoraggiante. 
“Se permettete posso anticiparvi qualcosa..”
Non scherziamo -fece subito Serpilli con tono perentorio- non ci faccia perdere tempo!”
Cristina, che aveva acquistato consapevolezza del proprio ruolo di direttrice e non si lasciava più intimidire, replicò secca. 
Ha bisogno di qualche certificazione? La dottoressa è una nota biologa ed ha lavorato in un importante centro Universitario in Africa prima che la guerra la costringesse ad emigrare. Il suo lavoro è conosciuto ormai dappertutto in Europa, soprattutto la scoperta del pesce diavolo, e quindi gli studi sulla fauna delle profondità marine del mare prospiciente la costa dello stato del...“
Ma la signora Giusti non è mica un pesce...” Disse Serpilli con un grande sorriso acido e fastidioso come una fetta di limone su un dente sensibile, cercando con gli occhi l'approvazione di Paolo che invece lo fissò impassibile.
Non faccia lo spiritoso, dottore!” Esclamò Cristina. “Abbiamo qui una ricercatrice brillante e non l'ascoltiamo? Prego, dottoressa.”
Tandie, imbarazzatissima, cominciò ad esporre il suo studio.
Il caso della signora Giusti...- Tandie sorrise a Gigliola- è il secondo da queste parti. La prima volta che si è formato un Bozzolo, intendo dire qui da noi, e che ne abbiamo avuto notizia, è stato quando, proprio la notte dell'Arrivo, una signora è morta..erano presenti dei paramedici e un medico che hanno fatto una relazione... chiaro che quando ho visto formarsi la Corazza su Gigliola ho temuto che anche lei...ma per fortuna non è accaduto. Altri Bozzoli terapeutici si sono formati in altri luoghi del mondo e in queste pagine ho raccolto la documentazione disponibile a proposito, ma nessuno finora ha fatto uno studio approfondito. Il lavoro che sto per esporvi è frutto delle mie osservazioni e approfondimenti e delle sollecitazioni e informazioni fornitemi dal SYM, il mio in particolare.” I colleghi che non avevano il SYM storsero la bocca. Gigliola è stata ferita da un'arma da fuoco, due colpi all'addome che avrebbero ucciso chiunque privo di SYM. Il SYM ha tamponato il danno più grave, in modo immediato, impedendo che morisse per emorragia e continuando a garantire l'afflusso di sangue al cervello e agli altri organi vitali, e per questo ha messo Gigliola in uno stato di animazione sospesa. Questa azione d'emergenza non poteva essere mantenuta a lungo. L'intervento dei chirurghi è stato necessario: senza l'operazione la signora Giusti sarebbe morta, perché il SYM non avrebbe potuto intervenire in presenza di lesioni tanto gravi. La specialità del SYM sonole microriparazioni. Dopo i primi giorni, infatti, il SYM ha formato la sua corazza. A che serve la Corazza?”

La voce di Tandie, profonda e calda, e il leggero accento francese, davano alla relazione un fascino a cui non ci si poteva sottrarre. In un silenzio assoluto tutti la guardarono aspettando la risposta. 
Considero il Bozzolo come un dispositivo biologico di rianimazione, o rigenerazione. Il SYM forma un ambiente chiuso e protetto, quasi sterile, intorno al paziente, in cui vivono e sono attivi solo certi tipi di germi e batteri che collaborano alla guarigione. La corazza, o Bozzolo, è fatta di terra, principalmente argilla, cioè materiale naturale di facile reperimento trasportato in loco, dove serve, e reso attivo dalle particelle SYM che prediligono il silicio, per la sua affinità con la luce. La corazza è dura e tuttavia permeabile, c'è scambio di aria e acqua con l'esterno. Aria e acqua che all'ingresso nel Bozzolo vengono trattate dalle particelle SYM, attive su tutta la superficie esterna e interna... pensate che incredibile laboratorio biochimico! Sapete anche voi che ogni giorno nella camera veniva introdotta una bacinella contenente circa 4 litri di acqua, che veniva trovata vuota il mattino successivo, mentre all'inizio ne fu necessaria una quantità maggiore...” Le facce attonite dei presenti le fecero capire che no, non lo sapevano. 
Ah no? Bèh, ve lo dico io. L'acqua era necessaria, ovviamente, non dico niente di nuovo- non diceva niente di nuovo, ma tutti la osservavano come se annunciasse la Buona Novella- a conservare la funzionalità renale, l'elasticità della pelle e dei tessuti, insomma la naturale idratazione, ma soprattutto serviva a permettere i processi di guarigione. In questo lungo periodo sono stati necessari, oltre all'acqua, rilevanti quantitativi di oli e grassi, che ho messo io stessa a disposizione del SYM, fra cui, olio di lino, argan, oliva...l'elenco delle materie è contenuto nella relazione. E fiori, sì, anche fiori, trovate tutto descritto...Ci sono state delle persone, particolarmente sensibili, che hanno provato l'impulso incoercibile di fornire al Bozzolo dei materiale, mi riferisco per esempio a chi portava fiori....Io ho potuto, col consenso del SYM, mio e di Gigliola, inserire alcuni strumenti nel Bozzolo, fra cui una microcamera, ed ho delle registrazioni che potremo vedere più tardi. Avrete infatti saputo che sulla signora, al risveglio, dopo il ritiro della corazza, non c'erano cattivi odori o tracce di feci...Oh, mi dispiace, Gigliola...”
Gigliola la guardò sorridendo, perché le pareva quasi che la sua amica parlasse di qualcun altro.
Invece c'era, come ho avuto modo di osservare, traccia del gel in cui il suo corpo era stato immerso, e, se non proprio immerso, continuamente a contatto. Inoltre Gigliola era avvolta da una nuvola attiva di particelle Sym eccitate, che era ancora visibile quando sono arrivata io, cioè almeno 15 minuti dopo la riduzione del Bozzolo. Il SYM si era proposto di mantenere Gigliola in funzione e intanto di ripararla. All'interno della Corazza l'ambiente si è mantenuto umido per tutto il tempo. Il gel rivestiva l'Involucro, uno strato spesso che, come ho detto, ha permesso al corpo di Gigliola di restare quasi sospeso in esso, evitando problemi tipo piaghe da decubito... il gel era reso attivo dalle particelle SYM, che si spostavano dall'interno all'esterno del corpo di Gigliola sostituendo il lavoro degli organi compromessi per il tempo necessario. Si è trattato di una forma di nanoriparazione cellulare...” A quel punto Paolo, che pure aveva seguito con la massima attenzione, si destò perbene. Nanoriparazione cellulare? Non era la parola che aveva usato il suo SYM una volta e che lui non aveva voluto ascoltare? Tandie invece l'aveva ascoltato...ed ecco il risultato. Brava ragazza! Tandie parlò ancora per un pezzo, soffermandosi sui legami chimici che si creavano per permettere alle particelle di specializzarsi per lavare Gigliola, asportare e rendere inodori i prodotti di scarto, mantenere attivi i muscoli, eliminare le aderenze residuo dell'operazione, intervenire con azione antiinfiammatoria...
"Alcune cose non mi sono ancora chiare- disse Tandie- per esempio il reperimento dell'energia necessaria a tutto questo immane lavoro. Il SYM ha risposto ai miei interrogativi, ma credo di essere io inadeguata, in questo caso. I miei strumenti culturali non sono sufficienti, purtroppo. Chissà quanto abbiamo ancora da imparare dal SYM...” Tandie fece un'espressione sognante mentre i presenti erano come incollati al suo sguardo e alla sua lezione. Alla fine accennò alla lunghezza del periodo necessario alla guarigione di Gigliola e al fatto che un contatto uomo/SYM così intimo e prolungato portava per forza a dei cambiamenti: nell'umana e nel SYM. Ecco quindi che le ossa erano più leggere, ma anche tutto lo scheletro più elastico e il connettivo riportato a nuovo: guardando la signora si aveva l'impressione che fosse ringiovanita! Tutti fissarono Gigliola, le toccarono le mani e la pelle delle braccia e del viso e lei arrossì. Si sentiva di nuovo una cavia da laboratorio. Guido e anche Paolo fecero alcune domande, e così Gigliola. Le domande degli altri arrivarono tutte insieme alla fine. Dopo tutto questo Paolo e Guido si alzarono in piedi e strinsero la mano a Tandie, congratulandosi, infine si congratularono fra di sé, come se nella faccenda avessero qualche merito. Fanno così i genitori alla discussione della laurea dei figli. Il dottor Serpilli concluse astioso: “Bèh. Sì, interessante...”
Interessante?- esplose Guido ridendo- Solo interessante? Fenomenale, vorrà dire!”
 

SYM, il Parassita 8

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Questa è una puntata interlocutoria (si dirà così?), lunga, ma che ci serve per capire qualcosa in più dei personaggi. Forzerà il vostro scarso interesse. Però alla fine arrivano i cinesi.

22 dicembre


Paolo si svegliò la mattina del giorno dopo, il 22 dicembre, e si sentiva riposato e molto più lucido. Sua moglie dormiva nel letto accanto al suo e sulla pelle scoperta delle mani, del viso e delle gambe si vedeva quella lieve luminosità. A vederla così non sembrava affatto una cosa pericolosa. Riconosceva quello stato d'animo, era lo stesso dei primi malati di HIV, che tendevano a sottovalutare o ad ignorare i sintomi finché non erano veramente gravi. Si disse che era inutile prenderla così, si doveva reagire e fare tutto il possibile per non cadere preda della paura, lui e gli altri. Lasciò dormire sua moglie e se ne andò prima in bagno, poi nella stanza dell'interfono. Non c'era nessuno, i computer erano accesi e le sedie spostate come se qualcuno le avesse occupate solo poco prima. Vide arrivare sua figlia, aveva addosso il cappotto, portava un borsone e aveva un'aria decisa. Decisa e felice. Felice? Si domandò Paolo. Accanto a lei camminava Alan e parlavano fitto fra loro. Vide Paolo, sorrise e affrettò il passo. Posò il borsone sulla sua sedia e accese l'interfono. “Babbo! Sei già sveglio?”
Certo, sono le sette e mezzo! Ho dormito quasi 10 ore!”
Bene! Noi abbiamo dormito molto meno. Louis è fuori a telefonare in privato alla moglie, a Parigi. Sta tentando di prepararla a quello che accadrà senza darle troppe informazioni... Abbiamo fatto i turni durante la notte per stare in contatto con i laboratori che si occupano di questa cosa e con i vari uffici governativi. A proposito, in Italia siete, cioè siamo, gli unici. Alan, dopo aver parlato con Guido Di Segni, mi ha permesso di andare a prendervi dei vestiti di ricambio. La mamma di Sara ha cucinato una torta per la colazione, quella donna è tenerissima, ha preparato qualche gioco per Gaia, ora ti passo tutto nella camera stagna, e guarda, arriva Alan con il caffè."
Benedetta figliola, pensò Paolo, è proprio in gamba. Giulia aveva lavorato come ricercatrice all'Università per alcuni anni, poi non le avevano rinnovato il contratto, per la crisi. Era una ragazza di valore, ma finora si era vista passare avanti gente ammanigliata in vario modo. Aveva accettato i lavori più umili e meno gratificanti e l'ultimo era stato in quel dannato call center. Era stato difficile anche per Paolo tutelarsi nel lavoro, perfino quelli della sua stessa idea politica non lo sopportavano per la sua insofferenza al clientelismo e la sua autonomia, non aveva mai voluto aderire alla massoneria e non era proprio adatto per raccomandare la propria figlia o aiutarla in un modo qualunque. Giulia stava perdendo la fiducia in se stessa, nelle cose in generale, ma in questo frangente non servivano raccomandazioni e mostrava i suoi talenti. Aveva rapidamente recuperato la sua sicurezza. Basta così poco, pensò Paolo, basta darle l'occasione di lavorare per vederla tornare se stessa... Ormai tutte le novità arrivavano dal corridoio, infatti arrivò un infermiere di pediatria col carrello della colazione, lo salutò con la mano e con un enorme sorriso. Poi cambiò espressione, doveva aver sentito una voce alle proprie spalle. Scosse la testa, fece una faccia disgustata e indicò col pollice qualcuno, dietro di sé, che stava arrivando e protestava vivamente: era il dottor Benedetti, direttore dell'ospedale. Arrivò all'interfono e gridò, come se la sua voce dovesse oltrepassare il vetro :”Oh dottor Giusti, che mi combina!”
Dottor Benedetti, l'interfono è acceso e io non sono sordo, parli più piano!”
Quando c'è un casino c'è sempre lei nel mezzo!”
Ma di che parla?”
Che avete combinato, che guasto avete provocato per rimanere chiusi lì dentro?”
Ma che cavolo??...” esclamò Paolo, disposto subito ad arrabbiarsi, mentre sua figlia e Alan, dietro le spalle del dottor Benedetti, gli facevano segno di no con le mani e Alan spense l'interfono. Paolo fu sollevato di non dover parlare con quel pallone pieno d'aria e vide che Giulia e Alan, gentilmente, ma con fermezza, lo riaccompagnavano all'ingresso dandogli poche spiegazioni. Il Benedetti ancora smanettava e protestava, ma Alan tolse di tasca un portadocumenti, lo aprì e glielo mostrò. Due uomini della sicurezza lo presero in consegna. I ragazzi tornarono da lui e riaccesero l'interfono ”Un uomo ostinato.” disse Alan. “E piuttosto stupido.” disse Giulia.
Infatti sono molto soddisfatto che l'abbiate allontanato...Ragazzi, se non avete novità vado a fare colazione e poi credo che mi farò la barba...ho il necessario dentro il borsone, vero, cocca?”
Ce l'hai. A dopo.”
Paolo rientrò nella stanza dove Gigliola si stava svegliando e le carezzò i capelli. 
“Allora è tutto vero?” disse lei guardandosi intorno. 
“Sì. Speravi di aver sognato?”
Non so. Questa faccenda mi fa sentire viva e felice, nonostante tutto, dopo un lungo periodo tanto triste...E poi ci sei tu .. e Giulia, là fuori. C'è ancora?”
Certamente, impegnata e battagliera. Molto pratica, anche, ora vedrai cosa ci ha procurato prima di mettersi al lavoro. Piuttosto tu, niente rimpianti?”
Sapevo che ci saresti arrivato, prima o poi. Su, facciamo questo teatrino, a che ti riferisci?”
Al tuo giovane amico...”
Giovane! Quarantacinque anni...”
Tu ne hai cinquantasei..”
E perché credi che sia andata così?”
Perché non ti va di invecchiare. Sei sempre stata così bella..”
Vorrei vedere te al mio posto...”
Anche ora sei bella, in un altro modo. Invece hai avuto bisogno di un giovane stallone.”
"Non dire questo, non è vero. E comunque è durato due settimane!”
Soltanto? Non me l'hai detto!”
No, tu hai creduto che la storia fosse ancora in piedi, per mesi. Invece era finita. Non sapevo di che parlare con lui e poi mi sono sentita ancora più vecchia, una donna matura con un gigolò, anche se non lo era. L'ho lasciato dopo quindici giorni.”
E non mi hai detto niente..”
Mi ignoravi! Mi ignoravi da mesi, da anni si può dire. L'ho fatto per orgoglio. Tu hai passato periodi orribili, se ti ricordi, o ci sei ancora in mezzo?”
“”Quando ci sono state, in ospedale, quelle tre leucemie tutte insieme...
Era cominciato da prima. Avevi iniziato anche a bere.”
“Ora non esagerare, è stato solo un episodio e comunque ho smesso da tempo.”
Il 21 mattina mi ha chiamato Franca, che aveva saputo con un SMS che eravate isolati in malattie infettive e forse contagiati. Sono venuta subito.”
E ora sei qui ...”
Le toccò la fronte e il contatto fu più intimo che mai. Sentì tutto l'affetto immutato della moglie. Si ritirò per l'impressione ricevuta.
Tutti si erano alzati e stavano facendo la fila per il bagno. Paolo si chiese di nuovo se quella serenità apparente fosse dovuta alla situazione estrema che vivevano o al parassita che stava tenendo buoni i suoi ospiti prima di attaccarli. Non lasciò trasparire i suoi pensieri. Mangiarono in allegria. Sara e Nanni erano angelici, leggermente luccicanti, con la piccola luccicante anche lei. Paolo non poté fare a meno di vedere in loro un'immagine della Sacra Famiglia da sussidiario della sua infanzia e sorrise. Gaia aveva avuto dalla nonna una delle sue bambole e ci giocò un po', facendole fare il gioco della morte di mamma Huang. 
Incredibile, disse Gigliola, come i bambini metabolizzino le esperienze. Poi Marco la convinse a giocare, con più calma del giorno precedente, alle figure di polvere. Non c'era granché da fare, niente computer, niente televisione né giornali e dopo un po' alcuni si misero alle finestre, incantati, ad osservare la nebbia che, alzandosi, aveva coperto il paese sotto di loro come un manto, lasciando scoperta solo la punta del campanile. Il cielo adesso era di un azzurro che inteneriva il cuore. Gigliola gli disse : “Mi sembra tutto nuovo. Credo che a questa cosa che è dentro di me piaccia molto essere qui. Mi comunica un gran senso di pace, e tu sai quanto io sia irrequieta. Vorrebbe essere fuori, all'aperto, e anch'io lo vorrei...”
Passarono un paio d'ore. Sara e Nanni facevano yoga sul pavimento, dopo aver steso a terra delle coperte. Marco, curioso, si unì a loro e anche Gigliola. Gigliola che fa yoga! Paolo non se lo sarebbe aspettato da sua moglie. Non era nemmeno abituato a stare in ozio, ma ora se lo godeva. Guardava sua figlia lavorare di là dal vetro insieme ai due giovani. Erano molto concentrati sugli schermi dei computer e stavano parlando con qualcuno che si trovava chissà dove, in videoconferenza. Il vetro che li separava divideva nettamente le loro sorti, di qua l'inerzia e l'attesa, di là lavoro frenetico e tensione. Verso mezzogiorno arrivò Guido Di Segni, ignorò i tre ai computer e andò diritto da Paolo. “Sono arrivati i cinesi.” dichiarò abbattuto.
Cinesi?” disse Paolo."E che c'entrano ora i cinesi?"
 

SYM, il Parassita 9

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Per Sari: ecco cosa c'entrano i cinesi.

Sono arrivati i parenti della signora Huang.- disse Guido demoralizzato- Pare che vivesse praticamente sola e abbandonata, ma ora sono saltati fuori i parenti e vogliono vedere il corpo. Cioè, pensiamo che sia così, perché non ce n'è uno che parli italiano, che ci vengono a fare qua non l'ho mai capito, ci invadono e di parlare con noi non gli interessa niente.”
E io che posso fare per aiutarti?” disse Paolo. Gigliola era venuta vicino.
Come posso fare a fargli vedere il corpo? Aiutami a pensare. Ero concentrato su un'analisi interessantissima di una porzione di tessuto della signora Huang, di cui, fra parentesi, abbiamo fatto l'autopsia senza autorizzazione, ma d'altra parte l'abbiamo fatto per un ottimo motivo, quando mi hanno detto che giù all'ingresso c'era un gruppo anche piuttosto bellicoso di cinesi...”
Capisco... Bè, è evidente che non puoi farli venire a contatto con il corpo, dato il rischio di contagio, neanche puoi dire che forse si tratta di un'epidemia, o di una malattia probabilmente pericolosa e ancora da identificare, perché la notizia è riservata, e poi c'è il luccichio della pelle, che dovresti mascherare, e per quello basterebbe una ditta di pompe funebri, ma non si può fargliela vedere né toccare... un gioco a incastri, in cui l'unica cosa è chiamare la Polizia e farli disperdere, con il rischio che tornino in forze, magari da Prato...” 
L'hai detto, c'è un gruppo di Prato.” A Prato vive la comunità di cinesi più numerosa d'Italia.
"Ma ci sarà pure qualcuno fra loro che parli italiano ?”
Se non c'è -disse Gigliola- potrei parlare io con loro..”
Paolo la guardò sbalordito. 
Non mi fissare così. Credo di aver imparato il cinese dalla signora Huang, mentre giocavamo alle figure di polvere e dopo, quando ha avuto l'infarto.. come se fosse passato qualcosa, cioè molto, da lei a me."
Sara e Nanni si erano avvicinati. 
“E' vero, è successo anche a noi, come a Gaia, e forse potremmo parlare in cinese, con quanta efficacia non saprei dirlo..” Disse Sara. Paolo dovette sedersi. Guido Di Segni era molto pratico e disse che forse si poteva far venire un cinese, un rappresentante della comunità, qui dove si trovava lui, davanti alle stanze isolate, e parlare attraverso l'interfono... almeno si poteva provare. Gigliola suggerì di usare il correttore e la cipria per confondere il luccichio della pelle della signora Huang, e andò a prendere il suo beauty case. Passò tutto al dottor Di Segni che comunque avrebbe mostrato il cadavere attraverso il sacco di plastica trasparente. 
“Sarà un problema truccare un cadavere attraverso un sacco di plastica con le mani infilate in degli enormi guanti, ma a me piacciono le sfide...”sogghignò Guido. Paolo da un pezzo non lo vedeva tanto allegro.
Fu così che arrivarono i cinesi. Doveva essere uno solo e invece vennero tre persone, due uomini e una donna. Un ragazzo, con una giacca a vento scura e i jeans, un uomo con un abito da manager e un bel cappotto, una donna giovane e piuttosto dimessa. Sguardi impenetrabili, ma forse solo perché, pensarono Paolo e Gigliola, non siamo capaci di interpretarli e comunque loro, i cinesi, non lasciano venire alla superficie le emozioni come facciamo noi. Gigliola, Sara e Nanni, e anche Marchino, si schierarono davanti al vetro. Venne loro naturale inchinarsi per un attimo davanti ai cinesi, che dimostrarono stupore e si inchinarono a loro volta. Avevano convenuto che sarebbe stata Gigliola a parlare, come donna più anziana, forse la comunicazione sarebbe stata più efficace. Per Paolo fu sorprendente sentire la voce della moglie esprimersi in un'altra lingua, a lui sconosciuta e con suoni tanto lontani dall'italiano. Gigliola parlava lentamente e scandiva con attenzione le parole, quasi come se le cercasse da qualche parte dentro la propria testa. Ma ad un certo punto Sara sentì di dover intervenire e poi anche Nanni, e alla fine ognuno di quelli che avevano giocato con mamma Huang alle figure di polvere disse qualcosa. In cinese, ovviamente.
 I cinesi erano stupefatti. Ci fu un piccolo scambio di battute, tutti si inchinarono e si voltarono per andarsene. Ma la ragazza cinese esitò, tornò indietro e pose l'ultima domanda. Gigliola arrossì e rispose imbarazzata. La ragazza annuì, si inchinò di nuovo e uscì con gli altri. Quando i cinesi furono in fondo al corridoio tutti tirarono il fiato. “Che gli avete detto?” chiese Paolo.
Abbiamo tentato di dire il meno possibile. Ma non è stato facile.” disse Gigliola. 
Tua moglie-disse Sara- ha detto che la signora Huang era già malata di cuore ed ha avuto un infarto. Ma avevamo avuto modo di conoscerla, perché siamo rimasti tutti chiusi qui per via del guasto, il guasto finto, che non si è mai verificato, ma questo naturalmente non l'abbiamo detto, e prima ancora lei era arrivata all'ospedale perché stava male. Poi ad ognuno è venuto l'impulso di dire qualcosa, perché è stato come se la signora Huang fosse ancora viva in ognuno di noi e volesse parlare lei stessa con i suoi parenti. Ha un po' brontolato per essere stata lasciata sola e ora per essere usata come occasione di protestare, non c'è niente da protestare, ha detto, sono morta e basta, e questa gente è brava gente, e voi cattivi parenti, a parte Jenn, la ragazza...”
Quella che è tornata indietro?”
Lei, sì.”
E che voleva?”
Gigliola disse “ Pare che parlassimo cinese, effettivamente, e anche un cinese comprensibile, ma caratteristico di un luogo periferico della Cina, come se parlassimo, che ti posso dire, italiano con il vecchio dialetto della Chianella... come se tu ti trovassi a parlare con la moglie di Menchino della Fornace, ce l'hai presente? Quella che parla così stretto che si fa fatica a capirla anche noi?”
Già, capisco...- disse Paolo. - Avete tutti appreso il cinese in modo istantaneo da una vecchia donna ignorante che forse non conosceva bene neanche lei la lingua..”
Proprio così. “ disse Sara.
Ohi ohi. “ disse Paolo, immaginando che ci sarebbero state delle conseguenze.
 Poco dopo arrivò Guido Di Segni, sudato.
Non ti immagini, Paolo! Oh! Gigliola! Il tuo beauty è servito! Non avrei mai immaginato che mi sarebbe toccato di fare il truccatore di cadaveri, con la difficoltà di dover lavorare attraverso tutta quella plastica. Non è venuto un gran lavoro.” 
Guido ridacchiava, era perfino aumentato il suo buon umore. Quella faccenda strana e pericolosa tirava fuori il meglio di lui. Gigliola osservò che Guido le sembrava in forma.
Paolo constatò che anche lei, Gigliola, era in forma, e serena come non l'aveva mai vista. Dopo questo la giornata scorse lunghissima, tornò Cristina con i bambini, vennero altri pochi colleghi informati a trovarli, ma Paolo attendeva solo che il Parassita si manifestasse nei propri ospiti. Oltre il vetro sua figlia stava lavorando china sul proprio portatile, concentrata, tesa, scambiando poche parole con i due giovani. Ogni tanto alzava gli occhi, si stirava, si massaggiava le braccia e il collo e guardava oltre il vetro, se lui era lì gli rivolgeva un sorriso malinconico. Poi uno di loro si alzava, stampava qualcosa, e se andava con i fogli lungo il corridoio. Dove andassero, e a far che, Paolo non ne aveva idea. La sera, dopo aver cenato, e dopo l'attesa per usare il bagno, Paolo e Gigliola si trovarono come alla fine di una giornata di vacanza, una vacanza non organizzata, obbligatoria, ma molto piacevole, se si metteva da parte il senso di vaga e indefinita minaccia, che però Gigliola non sembrava percepire. Si sdraiarono abbracciati sullo stesso letto e si trovarono a fare l'amore dopo alcuni anni che non capitava più, perché anche gli ultimi tempi che vivevano insieme erano stati lontani... Loro non potevano vedersi, nel buio della stanza, ma la polvere cominciò a turbinare intorno a loro e li avvolse. Entrarono uno nell'altra come non era mai avvenuto, i pensieri si fusero, e poi non ci furono più pensieri, ma solo loro due che si amavano, come all'inizio, come se fosse per sempre. Insieme pensarono che era meraviglioso..
 Paolo pensò che quest'effetto sul sistema nervoso, quest'eliminazione di tutte le ansie, questo rilassamento simile ad una droga leggera, era bellissimo da sperimentare, che non era mai stato così prima con sua moglie. Doveva capitargli a quasi sessant'anni, e poco prima di morire. La vita era proprio strana. La stanchezza ebbe il sopravvento sui pensieri, si addormentò profondamente e la polvere, dal corpo di Gigliola, passò su di lui e lo contagiò. Entrò dappertutto e lo esplorò in profondità. Gaia intanto, fra i due genitori addormentati, uniti come in un bozzolo dalla polvere e felici, esplorava anche lei col suo nuovo senso là attorno a sé. Tutti dormivano in pace. Paolo e Gigliola, lei li sentiva, erano felici. Si addormentò tranquilla.

SYM il Parassita 10

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La febbre

Paolo e gli altri dormirono qualche ora. Lui e Gigliola furono svegliati bruscamente da Nanni. "Paolo, Paolo!"
"Che succede?" Paolo saltò a sedere sul letto.
" E' Gaia..Gaia ha la febbre...."

Gaia aveva la febbre altissima, il termometro segnava più di 40°. Gli occhi chiusi seguivano le immagini di un sogno, muovendosi rapidissimi dietro le palpebre. 
“Ci siamo.” Pensò Paolo, e provò a toccarla, ma lei si irrigidì come in preda ad una convulsione.
"Prendi un asciugamano bagnato e mettiglielo sulla fronte- disse Paolo a Sara- io vado ad avvertire i ragazzi." 
Di là dal vetro Alan, Louis e Giulia stavano curvi sui loro computer e si scambiavano informazioni.  Sembravano tesi e stanchissimi. "Babbo.."disse Giulia.
"Cocca, non hai dormito per niente..."
Non era una domanda, si vedeva che erano stati svegli e la notte era solo a metà. 
"La bambina sta attraversando una crisi, ha la febbre altissima e non possiamo toccarla.."
Alan disse, alzando il capo dallo schermo "Ah, ecco! Lo immaginavo...Sta succedendo anche negli USA e in Inghilterra, a Chicago hanno un ospedale pieno di gente infettata che sta cominciando ad avere la febbre."
"Anche da noi in Francia- disse Louis , e in Germania ... quasi in tutta Europa."
"E io che pensavo che fossimo gli unici!" - esclamò Paolo.
"Ma no dottore, è una pandemia vera e propria che si sta scatenando... un  grosso guaio." Louis si passò le mani fra i ricci scuri. Il dottor Smith fece aprire la porta ed entrò con un pò di strumentazione. Non aveva né maschera né protezioni.
"Non doveva entrare, dottore, potevamo occuparcene io e l'altro medico..." Disse Paolo, ma l'altro scosse il capo e gli posò la mano sulla spalla. "Coraggio, credo che sarà una lunga notte."
Tornarono dalla piccola e la vegliarono per almeno due ore, dopo di che, alle prime luci del giorno, la bambina sembrò riprendersi. Fu allora che sua madre Sara e suo padre cedettero alla febbre a loro volta. Per loro fu anche peggio, la temperatura si alzò accompagnata da delirio e contrazioni muscolari, quasi come se si trattasse di tetano.
Non conoscevano il parassita e non sapevano come intervenire, e il dottor Smith convenne con gli altri medici che si poteva solo osservare il decorso intervenendo per raffreddare la superficie del corpo. Era impossibile inserire gli aghi per idratare i pazienti, la pelle era diventata dura, quasi impenetrabile. Il dottor Smith osservò che in quel caso tutti loro erano cavie... I medici andavano da un letto all'altro, ancheGigliola dovette sdraiarsi, poi Marchino,  il dottor Benci del pronto soccorso e l'infermiera Marina. Per ultimi cedettero alla febbre Paolo e il medico inglese. Gaia, che si era ripresa, vagava fra i letti con un'espressione stranita, aspettando di conoscere la sorte dei suoi genitori e degli altri, e  a Paolo, prima di cadere anche lui in un delirio spossante, parve che fosse cresciuta, nel corso della nottata. Una volta si diceva che i bambini crescono, con la febbre, pensò prima di perdere coscienza e cadere in un sogno tormentoso.

Sognò di essere in un luogo scuro e freddissimo e lui  viaggiava in questo luogo, ed era solo una scintilla di consapevolezza. Viaggiava da moltissimo tempo, forse migliaia o centinaia di migliaia di anni, se il tempo fosse stato misurato con i riferimenti della Terra. All'inizio era stato qualcos'altro, una creatura più complessa con un veicolo che la proteggeva, ma dopo tutto quel tempo c'era rimasta solo una scintilla di coscienza, un progetto, e qualche brandello di ricordo. Aveva molte mete da raggiungere, una di queste era  il terzo pianeta di un sistema con una stella nana gialla, e quando vi fosse arrivato forse lì avrebbe trovato la vita. Se non ci fosse stata vita il lunghissimo viaggio sarebbe stato inutile. Sapeva di essere un dono per le creature che avrebbe incontrato ed amava la vita in ogni sua forma. Non vedeva l'ora di arrivare alla meta, anche se di sé era rimasto così poco. Non sapeva più se era stato inviato o se era partito da solo, non sapeva neanche se qualcuno l'aveva creato come macchina biologica o se era nato così. Sapeva che desiderava calore, luce e vita. Entrando nell'atmosfera del pianeta una parte di luibruciò e solo pochissimi granelli di ciò che era all'inizio arrivarono vivi. Era pieno di gratitudine, per essere arrivato, per essere ancora attivo. Trovò moltissime creature, insetti, scoiattoli, ghiri, volpi, caprioli, cinghiali, gatti, cani, topi, serpenti che dormivano nella terra, uccelli posati sugli alberi e uomini.  Era separato in tante parti minuscole, ma era anche unito come era sempre stato, e Paolo, sognando, sentì l'alienità assoluta dell'essere arrivato dalle stelle e si contorse per integrare  quella visione estranea e ignota. Ma l'essere non voleva spaventarlo, voleva amarlo e stare con lui, con tutti loro.
 Paolo si svegliò dal delirio e dalla febbre intorno a mezzogiorno del 23 dicembre. Sua moglie lo chiamò con dolcezza, carezzandogli la fronte. "E' passata Paolo, ora sei fresco ..." 
Era ancora in stato confusionale. Chiuse di nuovo gli occhi e lasciò che tutto tornasse normale . 
"Hai sognato anche te ?" chiese alla moglie . "
"Sì, anch'io.." 
"Lo spazio profondo e l'essere che viaggia..." Gigliola gli toccò di nuovo la fronte e non ci fu bisogno che parlasse.
Gigliola lo aiutò ad alzarsi. Era paziente e dolce, e non era più così da tanto tempo. 
Gli altri gli si strinsero intorno. "Hei, ma brilliamo tutti!" Dentro la sua testa  una voce parlò:

non ti ho/abbiamo danneggiato, disse, ma era necessaria la febbre per  completare il contatto. Paolo ondeggiò e dovette sedersi.
Ora siete i primi, insieme ad altri di quasi tutte le parti di questo meraviglioso pianeta. Per voi siamo/sono una nuova pelle, molto efficiente. Vi accorgerete di essere più sani e longevi, più sereni e intelligenti. Noi/io e voi, siamo insieme. 

Paolo si stupì del nuovo soggetto Io/noi, nella lingua italiana non c'era un termine per indicare qualcuno che è molti e uno solo nello stesso tempo. 

"Ci/mi piace -disse la voce - la vostra molteplicità. Ci/mi piace ed ognuno di me/noi diventa singolo per il contatto con ognuno di voi, ma resta unico, unito a tutte le parti. Ci/mi piace molto, ma anche per me/noi è una cosa nuova."

 La voce dentro di lui gli fece vedere un altro mondo che arrivava, dove gli uomini comunicavano senza parlare, dove alcuni respiravano nell'acqua, e altri vivevano adattati perfettamente alle altezze estreme. Gli fece vedere un pianeta meno abitato e più sano, e una specie umana che sembrava tutta nuova.

SYM il Parassita 11

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Questa che state per leggere è la puntata numero 11 che conclude la prima parte della storia del SYM e dell'uomo.

La voce nella testa di Paolo disse ancora:
Ora possiamo fare qualcosa per i bambini che ho visto ieri e per quelli che vedo nella tua mente, usciamo da qui.”
Frastornato dalla voce, che percepiva come voce, ma era altro, e dall'attenzione necessaria all'esterno, andò verso il vetro delle stanze di isolamento insieme agli altri. L'infermiera Marina lo trattenne e lui vide che lei non brillava.
"Dottore, ho avuto la febbre, ma non ho sviluppato il contagio! Sono sana!"
"Bene Marina! Non è contenta?"
 "No dottore, io no, vedo che voi tutti luccicate, perché io no?"
"Credo sia... questione di affinità, Marina... non c'è affinità fra lei e il nostro parassita.."

"Sai che penso, Gigliola? -disse a sua moglie.- Ricordi che diceva il Principe di Salina nel Gattopardo? Tutto cambia perché non cambi niente, ma questa volta mi pare che all'apparenza non sia cambiato niente, e invece è cambiato tutto." 
Andarono davanti al vetro e al di là sua figlia, Alan e Louis si abbracciavano. Alan e Giulia con troppo trasporto. Paolo capì che avrebbe avuto un genero con il nome di un personaggio dei fumetti della sua giovinezza. La vita è strana, strana e meravigliosa...
 "Babbo!-disse Giulia attraverso l'interfono - Indovina ? Una figlia del presidente Obama è stata contagiata! Ha convinto suo padre a non intervenire! E ora sembra che questo parassita sia una risorsa e non una malattia mortale!"
"Lo so, cocca. Aprite questa porta."
Quando aprirono uscì insieme a loro una nuvola di particelle che si diffuse nel corridoio. Andarono nei reparti e la creatura di luce si diffuse su tutti, personale e malati, tutti sorridevano ed era molto contagioso sia il luccichio che il buonumore. Per ora Paolo e Gigliola e gli altri non potevano fare altro che questo: condividere. L'essere di polvere luminosa era felice. Paolo e Gigliola uscirono nella gelida mattinata invernale e si avviarono a casa a piedi: l'essere alieno in loro li proteggeva dal freddo e assorbiva la luce pallida del sole. Dovettero togliere i cappotti. " Credo che farò l'albero di Natale. " Disse Gigliola. L'essere di luce rispose: "Sarà un Natale bellissimo."


Tutto questo è estratto da Wikipedia dell'anno 2075. Il racconto è stato scritto da Giulia Giusti e da suo marito Alan Ford, è letto in tutte le scuole  e diventato notissimo in Italia e nel mondo. E' solo uno dei racconti dell'arrivo del SYM. Ce ne sono altri in tutti i paesi in cui avvenne il primo contatto. L'essere di luce, dopo essere stato individuato come parassita, fu chiamato "simbionte", ( simbionte, che vive con l'uomo) e indicato in tutto il mondo con la parola SYM.

Marco Parrini battè lentamente le mani “Come mi piace questo racconto italiano! Ha un sapore molto.. europeo, casalingo, familiare! Fa anche ridere! Ti scopro narratore, dottor Bhat!”
Deepak si schernì: “No, no, per carità, il racconto non è mio, l'ho sentito tante volte che ormai lo so a memoria! E' di Giulia Giusti, e di suo marito Alan. Ed è un po' una fiaba, celebrativo, ridondante, soprattutto alla fine, come tutti i Racconti dell'Arrivo, non è andata proprio così, ma si avvicina molto alla realtà, anche se poi sono accadute altre cose, come conseguenza di queste, non altrettanto piacevoli.”
Come fai a conoscerlo così bene? Un interesse antropologico?”
Non direi. Ricordi i tre bambini che ad un certo punto della storia vanno a salutare il dottor Giusti con la caposala, Cristina, perché erano alcune ore che non lo vedevano? E ricordi in particolare il bambino che ho citato con la pelle scura, senza capelli per le terapie? Quello che era in carrozzina?”
Non dirmi che...”
Deepak allargò un sorriso enorme che parve dividere il suo viso in due.
Quel bambino ero io. Vivevamo da qualche anno in Italia. Mio padre aveva vendeva abiti usati ai mercati locali ed abitavamo alla Chianella. Nei piccoli paesi gli affitti erano più bassi e lì ci eravamo sistemati in una casa molto povera, senza riscaldamento. Usavamo l'acqua di un pozzo che era stato inquinato dai pesticidi, ma non lo sapevamo. Mi ammalai qualche mese prima che scendesse il SYM.”
Vuoi dire che il SYM c'entra qualcosa con la tua guarigione?”
Esattamente. Quando il dottore e gli altri uscirono dai reparti isolati vennero in pediatria. Erano circondati da una nuvola di particelle luminose e di felicità, raggianti. Una cosa che non ho mai più visto accadere. Tutti venimmo a contatto col SYM, ma non per tutti fu la stessa cosa. Alcuni bambini furono “contagiati” dal SYM, come si diceva all'inizio, altri no, alcuni continuarono ad essere malati, e le loro malattie ebbero l'evoluzione prevista, ma io, che sembravo un caso disperato, ebbi prima una febbre violenta per un paio di giorni, poi cominciai a star meglio e tutti i valori, nelle mie analisi, migliorarono. Fui dichiarato guarito, ma accadevano tante cose belle, al principio, che non ci si faceva più caso. Io e la mia famiglia, però, eravamo immensamente felici. ”

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Immaginate che la storia del SYM e degli uomini continui, ma non in un posto lontano, proprio qui vicino a dove vivo io, nel paesino immaginario ma verosimile della Chianella. 
Che succede quando in una comunità si introduce un elemento di diversità?
E se l'elemento di diversità tira fuori gli aspetti migliori di ognuno? 
E se qualcuno non accetta la diversità, come succede sempre, purtroppo?
Forse le cose andrebbero così...

Febbraio 2013: INVISIBILI 


Erano passati due mesi dall'arrivo del SYM. Dappertutto, nei luoghi dove era sceso il SYM, si era deciso che sulla cosa calasse il sipario, c'era stato questo accordo unanime, si era lasciato che i mezzi di comunicazione dimenticassero la vicenda, e la comunicazione consentita dal SYM aveva agevolato questo comportamento.

Il SYM e gli esseri umani si stavano adattando l'uno agli altri e si prendevano per questo il tempo necessario. A questo scopo era indispensabile un clima di pace e serenità, dove e se possibile, altrimenti semplicemente il silenzio. Tutti gli ospiti del SYM avevano imparato a modulare la luminosità della pelle, e potevano risultare indistinguibili dai non portatori, perché tutti erano consapevoli che c'era gente che li odiava. Buona parte del risentimento di solito orientato verso i diversi da sé, i neri, gli ebrei, gli omosessuali, gli zingari, i meridionali e settentrionali, i poveri e i ricchi … ora comprendeva anche gli HSS+, cioè i portatori di SYM che, anzi, erano arrivati velocemente in cima alla classifica delle persone di cui diffidare. C'è sempre qualcuno che odia le novità, le cose e le persone diverse, bisogna tenerne conto, ma si può cercare di non stimolare curiosità morbose, e diventare INVISIBILI. Alan disse questo a tutti loro. Una sera a cena, mentre chiacchieravano con Guido Disegni, sua moglie e altre persone che avevano condiviso l'esperienza dell'Arrivo, Alan disse “Cercate di essere invisibili, niente di speciale, come eravate prima di tutto questo. Non è difficile, semplicemente conducete la vita che facevate prima, non parlate del SYM con chi non conoscete, tu, Giulia, non fare l'avvocato difensore del SYM, non ne ha bisogno.” Giulia lo incenerì con gli occhi.
Io sarei avvocato di cosa?”
Hai capito. Non andare in giro a parlare con fervore del SYM, vivi tranquilla e riservata, se ti riesce, e ricordati che tu non lo conosci, non sai chi è, ma da qualche parte c'è chi ti odia solo perché tu hai il SYM e lui no. Il SYM in questa fase può essere un fattore di divisione e separazione, non tener conto di quello che è successo a noi. E soprattutto, niente figure di polvere!”
Te hai una deformazione da agente segreto, te lo dico io.” disse Giulia. 
Io ho la prudenza, e sì, chiamala pure diffidenza, che mi è stata insegnata dal mio lavoro. Tu hai l'entusiasmo, l'imprudenza, la voglia di convertire il mondo, di migliorarlo, di chi il male non l'ha mai visto di persona, ma solo immaginato. Forse, dico forse, le cose, con il SYM, cambieranno in meglio, ma per cambiare ci vuole tempo, non avviene tutto in un attimo. Il Sym ci ha messo centinaia di migliaia di anni per arrivare qui. Vuoi dargli, vuoi darci qualche anno per cambiare insieme le cose?”

Gigliola era tornata a vivere con Paolo. Era tutto molto naturale, ma era anche, inutile negarlo, un nuovo inizio, in cui entrambi a volte provavano un po' di imbarazzo. Gigliola, tornando alla Chianella, aveva lasciato un lavoro che aveva a Firenze. Non lo rimpiangeva, non era cosa da rimpiangere, ma si annoiava un pochino. A volte fra lei e Paolo c'era un po' della vecchia elettricità, a momenti stavano per litigare, ed era solo la presenza del SYM, in loro, la sua infinita gratitudine, che stemperava i conflitti prima che nascessero. Paolo si rendeva conto che Gigliola stava cambiando, e diventava consapevole di aspetti di se stessa e del mondo che prima non aveva mai considerato. Aveva anche bisogno di impegnarsi, di sentirsi utile. Anche Paolo stava cambiando, ma lui aveva il suo lavoro che, come sempre, lo aiutava. 

La loro casa era appena fuori del paese e il pomeriggio cominciarono a venire spesso alcuni ragazzini che erano stati pazienti di Paolo. Uno era il figlio del fornaio, Luchino, la cui famiglia era della Chianella da generazioni. Un altro era Deepak, il bambino indiano, la cui leucemia era stata dichiarata in remissione, poi c'era Michele, il miglior amico di Deepak, e ancora il piccolo Fritz che aveva i nonni tedeschi, arrivati in zona per fare agricoltura biologica negli anni ottanta, e altri. Come uno stormo di uccellini arrivavano e chiacchieravano un po' con Paolo. Gigliola portava loro un pezzettino di dolce o della frutta. Poi come uccellini svolazzavano altrove. C'era un porticato a sud della casa e Paolo si sedeva lì dopo pranzo, se c'era il sole. I bambini arrivavano e si sedevano anche loro, serissimi. Paolo masticava un sigaro spento, da quando aveva il Sym non gli piaceva più fumare, ma le brutte abitudini sono dure a morire, e si ritrovava col sigaro in bocca senza accenderlo.
E' arrivata la delegazione ONU.” diceva Gigliola, alludendo al miscuglio di colori della pelle e provenienze dei piccoli, e Paolo rideva. Una sera a cena Gigliola osservò che Paolo parlava più volentieri con questi bambini che con gli adulti.
Sennò non avrei fatto il pediatra.“ rispose lui.
E cosa vi dite?”
Oggi parlavamo di antropologia.”
Antropologia. Figuriamoci. Con dei bambini delle elementari. E che dicevate di antropologico?”
Ho chiesto a Deepak a che etnia appartenga la sua famiglia. Mi ha risposto che sono indiani Sik. Gli indiani Sik fanno tenere i capelli lunghi ai ragazzini fino, credo, ai dodici o tredici anni. Li legano in una crocchia in cima alla testa con un gran fiocco rosso. Poi li tagliano in una specie di rito di passaggio alla maturità.”
Gigliola rise “Davvero? Chissà qui che direbbero gli altri ragazzi! Prenderebbero in giro uno che tiene i capelli così! Ma te che ne sai?”
Indovina?”
Hai avuto un piccolo paziente indiano Sik...”
Eh già.”
Era quel ragazzino che si ammalò di leucemia come Deepak, però lui morì...”
Proprio quello.”
Un brutto ricordo, eh, Paolo?”
Orribile.”
Quindi Deepak dovrebbe far ricrescere i capelli lunghi fino ai tredicianni..
Deepak aveva perso tutti i capelli nel corso delle terapie prima dell'arrivo del SYM. Ora stavano ricrescendo in una specie di pelliccetta scurissima, lucida e dritta sulla testa. 
Sì, gliel'ho chiesto. Ma lui ha detto che suo padre lascerà che tagli i capelli come gli altri ragazzini di qui. Sei già cresciuto a causa della malattia, sei già un uomo, gli ha detto.”
Ah! - fece Gigliola ammirata- Un padre intelligente!”
Bambino intelligente, famiglia intelligente. Almeno di solito.” Disse Paolo. 
Un pomeriggio i ragazzini dissero qualcosa riguardo ai compiti da fare per scuola e Gigliola disse: “Perché non venite a farli qui da me? Sono quasi sempre sola, mi fareste compagnia. Posso avvisare i vostri genitori, così lo sanno e non si preoccupano.” 
I bambini si guardarono e si capì subito che l'idea piaceva a tutti. Non vedevano l'ora di ritrovarsi insieme e a tutti piaceva la moglie del dottore. Ma Gigliola si morse la lingua. Si era messa in un bel guaio. Chissà che le era venuto in mente di dire quella stupidaggine, aveva sempre avuto difficoltà con i ragazzini.
Nel primo pomeriggio di una giornata di sole pallido di febbraio 2013 arrivarono i bambini che, da 5 che erano all'inizio, diventarono presto una quindicina, dalla prima elementare fino alla prima media. Quasi tutti i ragazzini del paese. Gigliola era laureata in lettere e da giovane, per un periodo, aveva insegnato nella scuola media. Da quando aveva il SYM era più paziente e i bambini cominciarono a piacerle, mentre prima non li sopportava granché. I bambini erano assortiti, come provenienze, come sesso e anche perché alcuni avevano il SYM ed altri no. Dopo i primi due o tre giorni si era stabilito un clima di collaborazione fra di loro e si aiutavano a vicenda nei compiti. Li osservava, seduta nella poltroncina di vimini con una tazza di tè in mano. Interveniva soprattutto per le correzioni linguistiche, necessarie visto il miscuglio di lingue diverse. I bambini, quelli in comunicazione SYM, avevano appreso le lingue degli altri, ma con tutti i difetti e gli errori degli altri, come era avvenuto con il cinese della signora Huang. 
I bambini senza SYM continuavano a conoscere solo l'italiano, e, alcuni di loro, maluccio. Il SYM non si era occupato di questa cosa e forse era una delle cose di cui non si sarebbe occupato mai, intendeva lasciare vasti spazi liberi ai suoi ospiti, in cui non intervenire affatto. Deepak era il più bravo in matematica, sorridente, paziente e disposto ad aiutare i compagni.
Ha l'attitudine di un insegnante. Non erano gli indiani che affollavano le università americane e erano bravissimi in matematica e fisica?” pensava Gigliola. Cominciava a divertirsi molto con i ragazzini e quando Paolo tornava dal lavoro gli raccontava i fatti del giorno. Telefonava anche a Giulia, che in quel periodo si trovava a Londra e Giulia disse: “Ti ricordi, mamma, che Alan ha detto che dovevamo essere invisibili?”
Sì, ma che c'entra? “
C'entra, mamma, vedrai che da questo doposcuola verrà fuori qualche rogna.”
 
 

SYM 13

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  Troverete in questo capitolo e nel successivo dei termini dialettali: d'altra parte i fatti si svolgono nel mezzo della Val di Chiana.

Aprile 2013: IL SINDACO 

Dopo un paio di mesi i bambini del doposcuola avevano migliorato tutti la resa scolastica, e si vide dai pagellini. “Evviva!- disse Gigliola -Ci pareva di non far niente, quasi quasi fare solo merenda e invece questo doposcuola serve a qualcosa! Anche se qualche volta io davvero preparo solo la merenda.”
Una mattina le telefonò il sindaco della Chianella, che era una donna. “Oh, sindaco! Ha bisogno di mio marito? Sa che lo trova più facilmente in ospedale..”
Veramente volevo parlare con lei.”
“Con me? E di che cosa?” fece Gigliola stupita.

Mi è giunta voce che in casa sua si tiene un doposcuola..”

Sì...o forse no, perché non è proprio un doposcuola, lo è nel senso che vengono una quindicina di ragazzini del paese dopo la scuola, fanno i compiti e la merenda con me...ma i genitori sono tutti al corrente!”
Non ne dubito, ma non si è chiesta se è opportuno?”
Opportuno? E perché mai me lo dovevo chiedere?”
Sa, vista dal di fuori fa pensare a una scuola SYM..”
Scuola SYM? E come sarebbe, mi scusi, una scuola SYM? Una scuola dove si insegna cosa, riguardo al SYM?”
Non so, me lo dica lei...”
Gigliola si arrabbiò subito moltissimo.
Sta a vedere che una signora di una certa età, moglie di un medico noto e rispettato, che in questa fase della propria vita non lavora, la signora intendo, che poi sarei io, non può accogliere in casa propria dei bambini del paese per fare i compiti tutti insieme e offrire loro la merenda?.. Per anni ci sono stati gli oratori e le dame di San Vincenzo e nessuno gli ha rotto le scatole, e dire che spesso c'erano cose equivoche, e ora qui non c'è niente di equivoco, nessun significato o scopo recondito e chiunque può vedere. Mi consideri una specie di dama di San Vincenzo, anche se l'accostamento mi irrita, se preferisce.”
Ma le dame di San Vincenzo non avevano il contagio...” Disse il sindaco.
Ma quale contagio! -inveì Gigliola- Non sono mica malata! E neanche contagiosa! La metà dei bambini che vengono qui non ha il contagio, come lo chiama lei! E neanche uno è stato contagiato qui! Lo saprà anche lei che questo contagio non funziona con tutti! Ma di che sta parlando! Non commetto mica reati, a meno che mi accusi di qualcosa di più torbido e grave, e guardi che non glielo permetto”

Il suo SYM dentro di lei cercava di calmarla.
Allora non troverà niente di male se uno di questi pomeriggi faccio un salto per fare merenda anch'io..”disse il sindaco, melliflua.
Venga quando le pare.” disse Gigliola e chiuse la comunicazione.

La sera Paolo e Giulia le dissero che era stata poco diplomatica e per niente invisibile. Con i politici si doveva stare molto attenti! Doveva sforzarsi di essere gentile quando il sindaco sarebbe venuta a controllare. 
Controllo, mamma, di questo si tratta-disse Giulia- il sindaco vuole controllare, e questa volta ricordati: invisibile. Sei una signora di una certa età che offre la merenda ai bambini.Stop.”
Gigliola arricciò il naso, stizzita. 
Il giorno dopo quando i bambini erano già arrivati si sentì il rumore di un'auto. Era la vecchia station wagon del sindaco, da cui scese lei e anche Chiara, la sua bambina. Era molto evidente che la bambina aveva il SYM, ma il sindaco non era contagiato. Gli altri fecero festa a Chiara e subito la portarono in salotto per farle vedere quello che facevano lì. Il sindaco era una donna sui quarant'anni, tinta di biondo e vestita attillata, calze a rete e gonna corta, un tipo aggressivo. Gigliola rivide se stessa anni prima e provò una vaga simpatia. Le diede la mano. 
Ecco la mia scuola SYM -disse, calma- Le pare pericolosa?”
No, ma sa, non si può mai dire a una prima occhiata..”
Comunque è stata gentile a venire senza le forze dell'ordine.” 
La donna ridacchiò.
E chi voleva che portassi, i miei tre vigili urbani?”
Invece ha portato sua figlia..”
Sì, non vedeva l'ora di venire, ne aveva sentito tanto parlare dai compagni di scuola..”
Si sentì di nuovo il rumore di un motore, questo sputacchiava e tossiva, e infatti era l'ape del nonno di Luchino, che scese con un pacco in mano. 
Sindaco... -fece con un cenno del capo levandosi il berretto, poi si rivolse a Gigliola- Signora Gigliola, il mi' figliolo me l'ha detto già da diversi giorni di venire, ma unn'ho avuto tempo, so' venuto oggi. Si voleva ringraziare di tenere qui il citto il pomeriggio, e anche del fatto che è tanto migliorato a scuola, sicché ho portato qualche dolcino del forno, così li mangiate tutti insieme...”
Mentre il nonno di Luchino parlava, per la strada arrivò una cinese in bicicletta. Era la mamma di Chen. Appoggiò la bicicletta al cipresso e cominciò a inchinarsi a Gigliola e anche Gigliola si inchinò più volte. Poi disse delle cose in cinese e Gigliola rispose un po' incerta, ma con gentilezza, nel cinese imparato per telepatia dalla signora Huang. Anche la donna cinese aveva un pacchettino. Gigliola aveva le lacrime agli occhi. I bambini, sentendo rumore, erano usciti fuori e facevano festa al nonno di Luchino e alla mamma di Chen. La cinese parlò con suo figlio, si inchinò altre tre o quattro volte e ripartì. 
“Che ha detto?” chiese il sindaco.
Più o meno quello che ha detto il fornaio.” disse Gigliola mentre cercava in tasca un fazzoletto per soffiarsi il naso, commossa. Intanto era arrivato il babbo di Michele, il signor Berti, che faceva il meccanico. Si vedeva che era meccanico, aveva una tuta stinta e molto macchiata di grasso e le manone annerite. Scese da un vecchio furgone attrezzato come pulmino e venne avanti a grandi passi senza degnare il sindaco neanche di un'occhiata.
Signora Gigliola! -le prese la mano, la tirò a sé e l'abbracciò stretta- Il mi' Michele viene tanto volentieri, che neanche con un calcio nel culo mi sarebbe riuscito di fargli fare i compiti, prima! Senta, m'ha detto che li voleva portare al lago di Chiusi, e che nella su' macchina 'un c'entrano tutti: che ne dice di questo furgone? L'ho sistemato alla meglio e ci si caricano otto ragazzi, anche dieci con gli strapuntini, oh!, a norma di legge, eh! che se ci fermano i vigili 'un ci dicon' niente! Magari lo guido io e lei con la sua macchina si va tutti insieme, che 'un vedo l'ora di passare una giornata col mi' ragazzo!”
 Il meccanico aveva il SYM, o era contagiato, come avrebbe detto il sindaco, e si vedeva bene. Poi si voltò verso il sindaco e come se l'avesse vista solo ora e comunque non fosse nessuno di importante, fece : “Oh, sindaco!” e aprì le braccia per accogliere il suo bambino che gli stava volando in collo. 
"Babbo!” esclamò Michele. “Allora si va al lago di Chiusi!”
Sì, al lago, al lago!” Si alzò un coro generale e una gran confusione.
Ora lei penserà, sindaco, – disse Gigliola - che tutta questa faccenda è combinata... ma le assicuro che è la prima volta che qualcuno viene a ringraziarmi, e poi c'è poco da ringraziare, i ragazzi fanno tutto da soli, sono bravissimi... e più che altro son loro che fanno bene a me!” Si soffiò vigorosamente il naso. Il sindaco, che si chiamava Annamaria, era impressionata. Aveva capito che si era trattato di una coincidenza, benché strana, tre persone che arrivano contemporaneamente per ringraziare... e anche che questa signora Giusti era piuttosto amata e conosciuta... poi, non l'avrebbe confessato, ma era venuta per vedere il doposcuola con i suoi occhi e chiedere se poteva venirci anche Chiara, che lo desiderava tanto. Lo disse a Gigliola. 
“Non è che potrebbe venire anche la Chiarina?”
Sindaco!...” 
Mi può chiamare Annamaria, se per lei va bene..”
Allora Annamaria – disse Gigliola sorridendo – vede che questa è una cosa del tutto informale, che una sera ho proposto io perché sono anzianotta e mi sento sola, e tutti i bambini sono benvenuti. Non vede che c'è mezzo mondo? Deepak, indiano, Fritz, di famiglia tedesca, Chen, cinese, i due bambini rumeni, la bambina polacca e tutti quelli “nativi” della Chianella...ma certo che Chiara è benvenuta!”
 
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