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Channel: Iris e Libellule
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SYM 13

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  Troverete in questo capitolo e nel successivo dei termini dialettali: d'altra parte i fatti si svolgono nel mezzo della Val di Chiana.

Aprile 2013: IL SINDACO 

Dopo un paio di mesi i bambini del doposcuola avevano migliorato tutti la resa scolastica, e si vide dai pagellini. “Evviva!- disse Gigliola -Ci pareva di non far niente, quasi quasi fare solo merenda e invece questo doposcuola serve a qualcosa! Anche se qualche volta io davvero preparo solo la merenda.”
Una mattina le telefonò il sindaco della Chianella, che era una donna. “Oh, sindaco! Ha bisogno di mio marito? Sa che lo trova più facilmente in ospedale..”
Veramente volevo parlare con lei.”
“Con me? E di che cosa?” fece Gigliola stupita.

Mi è giunta voce che in casa sua si tiene un doposcuola..”

Sì...o forse no, perché non è proprio un doposcuola, lo è nel senso che vengono una quindicina di ragazzini del paese dopo la scuola, fanno i compiti e la merenda con me...ma i genitori sono tutti al corrente!”
Non ne dubito, ma non si è chiesta se è opportuno?”
Opportuno? E perché mai me lo dovevo chiedere?”
Sa, vista dal di fuori fa pensare a una scuola SYM..”
Scuola SYM? E come sarebbe, mi scusi, una scuola SYM? Una scuola dove si insegna cosa, riguardo al SYM?”
Non so, me lo dica lei...”
Gigliola si arrabbiò subito moltissimo.
Sta a vedere che una signora di una certa età, moglie di un medico noto e rispettato, che in questa fase della propria vita non lavora, la signora intendo, che poi sarei io, non può accogliere in casa propria dei bambini del paese per fare i compiti tutti insieme e offrire loro la merenda?.. Per anni ci sono stati gli oratori e le dame di San Vincenzo e nessuno gli ha rotto le scatole, e dire che spesso c'erano cose equivoche, e ora qui non c'è niente di equivoco, nessun significato o scopo recondito e chiunque può vedere. Mi consideri una specie di dama di San Vincenzo, anche se l'accostamento mi irrita, se preferisce.”
Ma le dame di San Vincenzo non avevano il contagio...” Disse il sindaco.
Ma quale contagio! -inveì Gigliola- Non sono mica malata! E neanche contagiosa! La metà dei bambini che vengono qui non ha il contagio, come lo chiama lei! E neanche uno è stato contagiato qui! Lo saprà anche lei che questo contagio non funziona con tutti! Ma di che sta parlando! Non commetto mica reati, a meno che mi accusi di qualcosa di più torbido e grave, e guardi che non glielo permetto”

Il suo SYM dentro di lei cercava di calmarla.
Allora non troverà niente di male se uno di questi pomeriggi faccio un salto per fare merenda anch'io..”disse il sindaco, melliflua.
Venga quando le pare.” disse Gigliola e chiuse la comunicazione.

La sera Paolo e Giulia le dissero che era stata poco diplomatica e per niente invisibile. Con i politici si doveva stare molto attenti! Doveva sforzarsi di essere gentile quando il sindaco sarebbe venuta a controllare. 
Controllo, mamma, di questo si tratta-disse Giulia- il sindaco vuole controllare, e questa volta ricordati: invisibile. Sei una signora di una certa età che offre la merenda ai bambini.Stop.”
Gigliola arricciò il naso, stizzita. 
Il giorno dopo quando i bambini erano già arrivati si sentì il rumore di un'auto. Era la vecchia station wagon del sindaco, da cui scese lei e anche Chiara, la sua bambina. Era molto evidente che la bambina aveva il SYM, ma il sindaco non era contagiato. Gli altri fecero festa a Chiara e subito la portarono in salotto per farle vedere quello che facevano lì. Il sindaco era una donna sui quarant'anni, tinta di biondo e vestita attillata, calze a rete e gonna corta, un tipo aggressivo. Gigliola rivide se stessa anni prima e provò una vaga simpatia. Le diede la mano. 
Ecco la mia scuola SYM -disse, calma- Le pare pericolosa?”
No, ma sa, non si può mai dire a una prima occhiata..”
Comunque è stata gentile a venire senza le forze dell'ordine.” 
La donna ridacchiò.
E chi voleva che portassi, i miei tre vigili urbani?”
Invece ha portato sua figlia..”
Sì, non vedeva l'ora di venire, ne aveva sentito tanto parlare dai compagni di scuola..”
Si sentì di nuovo il rumore di un motore, questo sputacchiava e tossiva, e infatti era l'ape del nonno di Luchino, che scese con un pacco in mano. 
Sindaco... -fece con un cenno del capo levandosi il berretto, poi si rivolse a Gigliola- Signora Gigliola, il mi' figliolo me l'ha detto già da diversi giorni di venire, ma unn'ho avuto tempo, so' venuto oggi. Si voleva ringraziare di tenere qui il citto il pomeriggio, e anche del fatto che è tanto migliorato a scuola, sicché ho portato qualche dolcino del forno, così li mangiate tutti insieme...”
Mentre il nonno di Luchino parlava, per la strada arrivò una cinese in bicicletta. Era la mamma di Chen. Appoggiò la bicicletta al cipresso e cominciò a inchinarsi a Gigliola e anche Gigliola si inchinò più volte. Poi disse delle cose in cinese e Gigliola rispose un po' incerta, ma con gentilezza, nel cinese imparato per telepatia dalla signora Huang. Anche la donna cinese aveva un pacchettino. Gigliola aveva le lacrime agli occhi. I bambini, sentendo rumore, erano usciti fuori e facevano festa al nonno di Luchino e alla mamma di Chen. La cinese parlò con suo figlio, si inchinò altre tre o quattro volte e ripartì. 
“Che ha detto?” chiese il sindaco.
Più o meno quello che ha detto il fornaio.” disse Gigliola mentre cercava in tasca un fazzoletto per soffiarsi il naso, commossa. Intanto era arrivato il babbo di Michele, il signor Berti, che faceva il meccanico. Si vedeva che era meccanico, aveva una tuta stinta e molto macchiata di grasso e le manone annerite. Scese da un vecchio furgone attrezzato come pulmino e venne avanti a grandi passi senza degnare il sindaco neanche di un'occhiata.
Signora Gigliola! -le prese la mano, la tirò a sé e l'abbracciò stretta- Il mi' Michele viene tanto volentieri, che neanche con un calcio nel culo mi sarebbe riuscito di fargli fare i compiti, prima! Senta, m'ha detto che li voleva portare al lago di Chiusi, e che nella su' macchina 'un c'entrano tutti: che ne dice di questo furgone? L'ho sistemato alla meglio e ci si caricano otto ragazzi, anche dieci con gli strapuntini, oh!, a norma di legge, eh! che se ci fermano i vigili 'un ci dicon' niente! Magari lo guido io e lei con la sua macchina si va tutti insieme, che 'un vedo l'ora di passare una giornata col mi' ragazzo!”
 Il meccanico aveva il SYM, o era contagiato, come avrebbe detto il sindaco, e si vedeva bene. Poi si voltò verso il sindaco e come se l'avesse vista solo ora e comunque non fosse nessuno di importante, fece : “Oh, sindaco!” e aprì le braccia per accogliere il suo bambino che gli stava volando in collo. 
"Babbo!” esclamò Michele. “Allora si va al lago di Chiusi!”
Sì, al lago, al lago!” Si alzò un coro generale e una gran confusione.
Ora lei penserà, sindaco, – disse Gigliola - che tutta questa faccenda è combinata... ma le assicuro che è la prima volta che qualcuno viene a ringraziarmi, e poi c'è poco da ringraziare, i ragazzi fanno tutto da soli, sono bravissimi... e più che altro son loro che fanno bene a me!” Si soffiò vigorosamente il naso. Il sindaco, che si chiamava Annamaria, era impressionata. Aveva capito che si era trattato di una coincidenza, benché strana, tre persone che arrivano contemporaneamente per ringraziare... e anche che questa signora Giusti era piuttosto amata e conosciuta... poi, non l'avrebbe confessato, ma era venuta per vedere il doposcuola con i suoi occhi e chiedere se poteva venirci anche Chiara, che lo desiderava tanto. Lo disse a Gigliola. 
“Non è che potrebbe venire anche la Chiarina?”
Sindaco!...” 
Mi può chiamare Annamaria, se per lei va bene..”
Allora Annamaria – disse Gigliola sorridendo – vede che questa è una cosa del tutto informale, che una sera ho proposto io perché sono anzianotta e mi sento sola, e tutti i bambini sono benvenuti. Non vede che c'è mezzo mondo? Deepak, indiano, Fritz, di famiglia tedesca, Chen, cinese, i due bambini rumeni, la bambina polacca e tutti quelli “nativi” della Chianella...ma certo che Chiara è benvenuta!”
 

SYM 14

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Tiriamo un sospiro di sollievo: la prima difficoltà, la visita di "controllo" del sindaco, è stata superata con un certo successo. Questo succede alla Chianella, chissà in altri luoghi del mondo quali sono i problemi di integrazione...anche se, di solito, ciò che accade nel microcosmo è immagine di ciò che accade in una dimensione più ampia. Andiamo a vedere come si sviluppano le cose fra il SYM, Gigliola, i ragazzini e i loro genitori.

Aprile 2013: GITA AL LAGO

La gita al lago di Chiusi, che era vicino alla Chianella e sempre poco frequentato, fu la prova generale di molte altre uscite successive. I bambini si comportarono molto bene, scesi dalle auto davvero come uno stormo di uccellini, esplorarono la spiaggia e il piccolo molo per tornare poi subito a chiedere aiuto. Il signor Berti e sua moglie si godevano l'uscita.
Il lago di Chiusi è un piccolo bacino incantevole immerso in una campagna coltivata e pacifica e la giornata era soleggiata e molto bella. Nell'acqua della riva intorno ai sassi e alle erbe c'erano moltissimi pesciolini e girini. I bambini si erano accucciati a gruppetti e li osservavano con interesse. 
“Che sono?” Disse Deepak.
Butulicchi!” esclamò Michele. ”Mai visto i butulicchi? Non me lo dire!”
Gigliola osservò che non tutti i bambini avevano avuto occasione di vivere vicino ad un lago o ad un corso d'acqua. 
 “Voi avete la Chianella, ma Deepak, per tanti motivi, finora non ci è potuto venire...Quindi quelli cosa sono?” Chiese a Michele. 
Butulicchi, ma si dice girini, in italiano. Sarebbero i figlioli delle ranocchie. Fra un po' diventano ranocchie. E poi, dopo, c'è chi le prende, gli stacca la testa, le sbuccia e le mangia fritte, ma a me mi fanno impressione, manco morto, le mangerei!”
Tutti risero, e Gigliola li invitò ad osservarli meglio. Avevano portato tre secchielli e con quelli raccolsero acqua, girini, larve d'insetto e altre cose interessanti che si trovavano nell'acqua.
Tutti vedete dentro i secchielli?” 
“Sì!!” risposero i bambini in coro.
Guardate bene, una testa e una coda, sono esserini fatti solo di una testa e di una coda, non è così?”
Però qui, Gigliola, ce n'è uno che ha come delle cosine che escono dalle parti...”
Che siano zampine?” disse Gigliola.
Zampine? Per davvero?”
Sì, dice bene Michele, diventeranno rane, e quelle sono la prima coppia di zampe, che saranno palmate, anche se ancora non si vede, per nuotare.”
"E' strano, però. Sono diversi da noi, tanto. Noi da piccoli sembriamo sempre umani, non un'altra cosa. Questi sembrano più pesci, ora.” disse una bambina.
Proprio così. Sono molto diversi da noi,- disse Gigliola - appartengono ad un altro ordine di esseri viventi, noi come ci chiamiamo, chi lo sa?”
Mammiferi, mammiferi!” disse Chiara.
Ecco, brava Chiarina, e questi si chiamano anfibi e vivono un po' nella terra e un po' nell'acqua. La prima parte della vita la passano nell'acqua. Per questo sembrano pesci.”
E la loro mamma dov'è?” chiese Lisa, che era una gran mammona.
La mamma fa solo le uova, in certi tubi trasparenti dove stanno al sicuro, però poi non si occupa più dei figlioli.”
Poverini...” disse Lisa.
Ma no, ogni forma di vita ha le sue regole, loro vivono molto bene così, anche se, di tutti questi girini, ne sopravviveranno pochi, perché molti altri animali più grandi si cibano di loro, alzate gli occhi ora, e guardate più in là, nel lago, ci sono degli animali che considerano i girini il loro cibo...”
Uccelli!”
Piano -disse Gigliola- sennò se ne vanno!”
Tutti i bambini spalancarono gli occhi e parlarono sottovoce.
Quello con la testa con quella forma strana e quei ciuffi come si chiama?”
Ce lo dice Deepak, che ha fatto una ricerca su Internet e ha preso un libro in biblioteca.”
Deepak infatti portava con sé un grosso tomo che aveva per titolo “Flora e fauna lacustre della Toscana centrale” in cui stava cercando una foto che mostrò a tutti. 
Svasso, si chiama svasso maggiore o po-di-ceps cri-sta-tus -sillabò con difficoltà- accidenti che nome! E ora si dovrebbe immergere...” Lo svasso, come rispondesse ad un comando, si infilò con un tuffo elegante sott'acqua. 
“Lo svasso è uccello solamente acquatico, -lesse Deepak- mediocre volatore, mangia pesciolini e altro che trova nell'acqua, mangerà di sicuro anche i girini - concluse - ...ma dov'è andato?”
L'uccello li costrinse a stare per un po' in osservazione e dopo un tempo che parve loro molto lungo riapparve lontano dal punto dove si trovava prima.
Ma nuota sott'acqua!” Uno dei bambini osservò che quello svasso era diverso dagli altri. Luccicava un pochino.
Gigliola, quello svasso ha il contagio!”
Davvero? Dove?” 
“Eccolo là!” 
Ma anche quegli altri uccelli! E i pesciolini, guardiamo i pesciolini!” Anche alcuni dei pesciolini e dei girini luccicavano debolmente.
Sì, alcuni animali hanno il SYM.” Disse Gigliola.
E' una cosa grave?” chiese Chiara.
No!- disse Michele- Per niente- Si sta meglio col SYM.”
Cosa vorrà dire-chiese Deepak, che vedeva più lontano degli altri- che alcuni hanno il SYM? Cioè: gli animali con il SYM dovrebbero essere più forti, e questo dovrebbe avvantaggiarli...”
Sinceramente, Deep, non so proprio che dirti...credo che ci vorrebbe un biologo, a questo punto, per studiare il rapporto fra il SYM e gli animali..”
Biologo? Che roba è un biologo?”
Uno che studia le forme di vita, da quelle che non si vedono a occhio nudo a quelle molto grandi.”
Una bambina disse: “La mia mamma ha paura che io prenda il contagio. Finora non l'ho preso. Ma lo potrei prendere toccando quest'acqua, se dentro ci sono bestioline contagiate...”
Eccoci- pensò Gigliola- ecco il problema che non abbiamo voluto affrontare.”
No, no, non funziona così!” disse Michele. “Vedi che te stai sempre con noi che abbiamo il SYM e non l'hai preso.”
Ah, per fortuna!” disse la bambina sollevata “Allora posso mettere le mani nell'acqua?”
Ma sì, scema! A parte il fatto che staresti meglio, te l'ho detto, col SYM. In ogni modo se non lo vuoi vedrai che non ti viene, perché è questione di … ora non mi ricordo la parola.”
Affinità. “ disse Deepak.
Ecco, quello lì.” disse Michele. E la questione si concluse così.
Come sono bravi- pensò Gigliola- Non ho neanche dovuto dare spiegazioni, si sono arrangiati perfettamente da soli. Ma prima o poi se ne dovrà parlare.”

AFFINITA' (voce dell'Enciclopedia HSS+ universale aggiornata all'anno 2075): criterio di selezione reciproca degli ospiti del SYM e molto altro. L'affinità SYM è considerata uno dei più importanti superconcetti SYM.


Il SYM non attecchì in tutti gli individui. Inizialmente i “contagiati”, come si continuò a dire per un lungo periodo, furono una minoranza della popolazione mondiale. Non si capiva il criterio di selezione usato dalla creatura per scegliere i propri ospiti, se si trattasse di una scelta basata sulle condizioni di salute dell'ospite, su certe caratteristiche psichiche o sull'accettazione del SYM da parte del singolo individuo o su altro ancora. Quando la comunicazione fra il Sym e i suoi ospiti divenne più efficace fu la creatura stessa a rispondere alla domanda che gli era stata posta quasi da tutti.
 Rispose come se la risposta fosse scontata, si trattava semplicemente di “#######”! 
Gli ospiti compresero immediatamente e ne furono rassicurati, ma non furono in grado di comunicarlo a loro volta, perché il concetto apparteneva al pensiero SYM ed era impossibile tradurlo in una qualunque delle lingue umane. Gli ospiti del SYM comprendevano ma restavano incapaci di esprimere un concetto tanto complesso che ne conteneva molti, ma che, nella sua totalità, sfuggiva all'esperienza umana. Ne avevano una parziale comprensione solo perché convivevano col SYM. 
Tentando di raccontarlo agli HSS, cioè gli altri umani senza SYM, provavano a dire che l'individuo per ospitare il SYM doveva essere integro. Che vuol dire integro, chiedeva l'interlocutore. “Integro vuol dire … per esempio... sano, non dipendente, né da alcol , né da droghe, né da sesso, né da potere...ma ci sono molte eccezioni. Oltre che integro deve essere capace di empatia. Ma ci sono molte eccezioni anche a questo. “ 

C'era un elenco abbastanza lungo di caratteristiche di per sé positive, ma anche piuttosto vaghe e difficili da definire con esattezza, quindi impossibili da esaminare con metodo scientifico, e inoltre quest'elenco presentava un numero enorme di eccezioni. Questo perché la “#######” del SYM era un concetto inesistente nell'esperienza umana, che atteneva al modo di essere della creatura, una e molteplice allo stesso tempo. Gli ospiti del SYM si accorsero dalla propria comprensione di questo concetto che effettivamente stavano cambiando non solo nel corpo, per la presenza della creatura, ma anche nella mente.

Dopo che il SYM si fu riprodotto sulla terra e viveva ormai in milioni di individui cominciò a riaffiorare una sua specifica memoria di esperienze precedenti. Per gli umani era incomprensibile, era arrivato in poche scaglie luminose, era giunto senza “bagaglio”, senza un sistema nervoso, senza un cervello, senza una banca di memoria e ora che si riproduceva la memoria affiorava. Da dove e perché? Era una memoria condivisa in parte con gli esseri umani, che ne diventavano consapevoli come di vaghi sogni. Nei momenti di rilassamento e prima di dormire apparivano nelle loro menti luoghi inimmaginabili esistiti su pianeti con atmosfere composte da gas diversi da quelli dell'atmosfera terrestre, e creature che avevano convissuto con il SYM, che il SYM aveva amato come ora amava loro. Per quello che ne sapevano gli uomini e il SYM, per la lunghezza del viaggio che lo aveva condotto fino alla Terra, tutte quelle creature potevano essere scomparse da millenni o essersi trasformate in qualcos'altro. Alla fine, per risolvere il problema di comunicazione che rendeva impossibile restituire in lingua umana il concetto di “######” si convenne di usare per sostituirlo la parola “affinità”, che era estremamente riduttiva ma si prestava in qualche modo allo scopo.

Quanto all'”affinità” in Italia girò per un pò la storia di un ex presidente del Consiglio, che aspirava all'immortalità e desiderava moltissimo il SYM, ma non era stato “contagiato”, come si usava dire all'inizio. A questo proposito c'è un'intervista a Giulia Giusti raccolta in quel periodo. L'intervista comparve in un sito di satira politica e probabilmente vi sono accentuati gli aspetti politici specifici del momento storico e anche gli aspetti comici, ma Giulia Giusti non si preoccupò di smentirla, per cui si può pensare che sia, nelle linee generali, autentica. E' riportata di seguito.

"E' vero dottoressa, che un ex presidente del Consiglio invitò suo padre a cena dopo l'arrivo del SYM?"
"Certo!" - disse lei ridendo.
"E suo padre ci andò?"
"Oh sì, è sempre stato dotato di senso dell'umorismo e con il suo SYM la cosa è anche più accentuata. Non se la sarebbe persa per niente al mondo, quella cena !"
"Ci può raccontare brevemente?"
"Non c'è molto da dire. Cenarono in modo sfarzoso e il SYM gradì parecchio, poi l'omino chiese a mio padre se poteva passargli il SYM, lui che era stato uno dei primi ad averlo. "
"Perché lo chiama omino?"
" Perché diceva così il babbo. Era un omino piccolo e appariva sempre in televisione velato di una nebbiolina, per non far vedere le rughe, con i capelli rossicci, tinti, ovviamente, aveva più di 75 anni, credo, all'epoca. ..era proprietario di almeno tre televisioni e aveva una vera dipendenza dal sesso,  insomma, ridicolo. "
"E suo padre che gli disse ?"
"Se la rise sotto i baffi tutto il tempo del colloquio. Lui disse che era disposto ad avere la febbre, pur di prendere il SYM. Ma lo sapevano tutti che nessuno ha più avuto la febbre, dopo il primo contatto. Quella volta il SYM aveva fretta di concludere per paura che tutti noi, i primi, fossimo eliminati.
Ma in seguito il SYM ci conosceva intimamente e non c'è più stato bisogno della febbre... Comunque mio padre gli disse che non dipendeva da lui, che il SYM non si poteva passare come un oggetto, che si trattava di affinità. Se non c'è affinità il SYM non può venire. Ma l'omino desiderava enormemente il SYM. Pensava quasi di poterselo comprare. Mio padre gli disse che forse non lo desiderava abbastanza, perché il SYM non va dove non è desiderato, è un'idea dei Sapiens Sapiens quella che il SYM li rifiuti."
"Approfondisca questo concetto."
"Lo sanno tutti che quel 21 dicembre fu una specie di fine del mondo, no? La specie Homo Sapiens Sapiens  adesso è affiancata, anzi risulta in minoranza, rispetto alla specie Homo Sapiens Sapiens +, dove il più sta per " più simbionte."
" Certo certo. E dell'omino che ne è stato? "
"Credo che sia morto. Sa che non  ricordo il suo nome? Mi pare cominciasse per B..."
"Cosa si può dire dell'arrivo del SYM, dottoressa?"
"Credo che negli anni a venire  si scriveranno molti più libri di quelli scritti, pur numerosi, in questo primo anno, ma io le dico due cosine piccole: non siamo più soli e abbiamo trovato la parte mancante. "


SYM 15

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 Capisco che questo capitolo potrà risultare irritante per qualcuno. Anche per me! Mi sono chiesta come sarebbero state le persone che non accettavano il SYM, la novità. Mi servivano nel racconto persone impaurite, e sono andata a cercare esperienze e tipi umani, conosciuti nel corso della vita, pieni di nevrosi, compresa me. I ritratti che seguono sono un collage di impressioni raccolte negli anni. Non ho nulla contro gli omeopati, sia chiaro!

febbraio 2013: L'omeopata

La dottoressa Maria Teresa Ridolfi era in auto quando suonò il cellulare. “Pronto?”
Dall'altra parte silenzio, poi una voce da oltretomba. “Pronto, dottoressa, sono io. Sono Daniela Santillo.” Daniela Santillo era una signora benestante paziente di Maria Teresa da qualche anno. Dentro di sé la dottoressa Ridolfi sospirò, alzò gli occhi al cielo, poi si stampò un sorriso in faccia anche se quella non poteva vederla e fece una voce specialmente allegra e sonora.
Oh, Daniela! Come va?”
Male, dottoressa, male.”
Che si sente? La febbre come l'altra volta?”

No, quella è passata. E' che.. non riesco a mangiare niente.
Mi viene sempre da vomitare, mi fa schifo preparare da mangiare.”
La dottoressa cercò un punto lungo la strada dove accostare l'auto e spense il motore.
“Ecco, ora la posso ascoltare, sa, sono in macchina... Diceva che le viene da vomitare.. ma tutto questo le è già successo.”
“Sì, qualche mese fa, ma stavo meglio.”
Ha di nuovo paura di prendere la tigna?”
No no, quello è passato.”
Qualche mese prima la donna aveva trovato nel suo giardino un cane adulto, ammalato. Non era la prima volta che curava un animale non suo, lo faceva per un obbligo interiore, provava per quelle creature una pietà rabbiosa, uno strano sentimento che la dottoressa Ridolfi non aveva mai incontrato nel corso non della sua carriera di medico, ma della propria vita. Daniela aveva portato il cane dal veterinario e aveva scoperto che aveva la tigna, una micosi che si attacca anche agli esseri umani. Daniela si era maledetta per aver accolto il cane, l'aveva consegnato al canile municipale, e aveva cominciato a provare un'ossessione che la tormentava, aveva paura di ammalarsi anche lei e i suoi familiari. Passava in rivista il marito e la figlia ogni giorno e trascorreva molto tempo ad esplorare il proprio corpo, ogni arrossamento la inquietava e andava subito dal medico di famiglia a farsi esaminare, ma non voleva prendere i farmaci necessari. Daniela prendeva quasi solo rimedi erboristici o omeopatici. La dottoressa Ridolfi aveva faticato non poco per farle riacquistare un minimo di equilibrio. Daniela aveva scelto quel modo di curarsi molto tempo prima, quando aveva scelto anche di essere ambientalista e vegetariana, aveva deciso che era la sua medicina, si curava con prodotti omeopatici anche quando erano evidentemente inefficaci e le era capitato di soffrire molto nell'attesa della guarigione sperata. Sottoponeva anche i familiari allo stesso trattamento. Oltretutto non aveva trovato un medico omeopata che le piacesse nella città dove viveva, che era Arezzo. La dottoressa Ridolfi stava a Siena, quindi era necessario prendere la macchina o l'autobus per andare da lei. Daniela rendeva ogni cosa estremamente difficile e complicata da eseguire, tutta la sua vita si stava trasformando in un grande, complesso rito, che era come un labirinto, una tana della mente.
E allora cosa c'è che la turba, Daniela?”
E' che.. non sto bene." 
Ho capito che non sta bene, ma di solito lei ha dei pensieri che la inquietano, non vuole cercare di individuarli, di esprimerli? C'è sempre un pensiero all'origine dei suoi malesseri. Sa che se lo individua lo può superare..”
Ha sentito di questa pioggia luminosa?”
La dottoressa drizzò le antenne e disse solo ”Sì. E allora?”
E allora.- Ripeté le parole della dottoressa, stizzita- Possibile che lei non si preoccupi? Sono solo io a capire quanto sia … pericolosa e stranissima questa situazione?”
Mi dica invece perché si preoccupa lei.” 
Era inutile fare un'analisi della cosa se non si capiva prima cosa esattamente angosciasse Daniela, i suoi percorsi di pensiero erano imprevedibili. 
Cosa vuole che mi preoccupi. Mi preoccupa TUTTA questa faccenda, da morire. Dicono che si tratta di un parassita che viene dallo spazio. Ma se lo immagina? Una specie di contagio... poi però dicono che è una cosa buona, che può farci solo bene e far addirittura progredire la razza umana...”
La voce le si incrinò e mentre parlava singhiozzava e piangeva, in preda ad una crisi nervosa. La dottoressa pensò che era peggio dell'altra volta. Pensò anche che i mezzi d'informazione creavano una gran confusione nella testa di queste persone fragili. 
Disse: Ha preso il Rescue Remedy?” 
“Sì sì, l'ho preso. Ma la paura non mi passa. Penso solo a quello e non riesco più a mangiare, ho lo stomaco serrato e l'amaro in bocca tutto il giorno. Sa come mi succede, mi viene una specie di.. fissazione. Me ne accorgo, cosa crede? Fare da mangiare è diventata una tortura, sento tutti gli odori della verdura forti e disgustosi e il mi' marito e la mi' figliola voglion trovare il pranzo pronto quando tornano.”
Quando si agitava parlava in dialetto.
Come faccio, poi, a esser sicura di non venire a contatto con questa specie di...peste? Come faccio a evitare che la mi' figliola la prenda? A scuola ce la devo mandare! Per forza, è la scuola dell'obbligo, ci controllano! E poi ora è grande, se avesse fatto ancora le elementari avrei potuto tenerla a casa, fare come mi pare, dire che era malata, ma ora è lei che ci vuole andare!”
Mi sembra una cosa sana che voglia andare a scuola...” Azzardò la dottoressa.
Sana? Ma è impazzita? Questa cosa è come una polvere nell'aria, non c'è modo di fermarla! E'...è una cosa che entra con l'aria che si respira e prende possesso di noi, ci cambia, ci infetta, forse ci ammazza!” 
Ora piangeva a dirotto. La dottoressa tacque e aspettò un po' prima di rispondere. Poi cercò dentro di sé le parole giuste . “Vede Daniela, ormai lo sa, ha la tendenza a ingigantire le cose che le accadono, o che accadono a tutti in generale, come questa. Non dico che non ci siano motivi di preoccupazione. Poi lei ha questa ipersensibilità per gli aspetti che riguardano la salute. E va bene. Ma proviamo a esaminare le cose. Cos'è successo alla fine? Niente di grave. Quelli che l'hanno preso cosa hanno avuto? Una febbrata, niente di più e alla fine stavano meglio di prima.”
Ma sono morte delle persone!”
E' vero, ma legga i fatti come sono accaduti: erano due donne anziane, già ammalate. Vada a leggere i resoconti dei giornali, o forse no, meglio di no, le mando una mail con alcuni siti dove può trovare informazioni valide e non gonfiate.“
Ho già letto dei siti internet, dottoressa, e sa che dicono? Dicono che si tratta di un'invasione aliena, che arriveranno presto degli invasori in carne ed ossa e che questo serve solo a preparargli la strada. Ecco che dicono! Qualcun altro dice che dopo essere entrati nei nostri corpi ci uccideranno tutti! Sarebbe stato meglio eliminare i primi ospiti, ecco! Ucciderli, meglio uccidere poche persone prima per evitare una strage in un secondo momento, non le sembra?” 
Come è drastica! Vede, non sarebbe servito a niente, perché, come dice lei, si presenta come una polvere e se l'hanno presa degli esseri umani è caduta anche sugli alberi, sugli animali selvatici.. prima o poi sarebbe comunque arrivata all'uomo. Avrebbe voluto che intervenissero con una bomba atomica?” Disse questo con ironia affettuosa. 
Daniela gridò: “E allora come ci si salva? Come si evita? Non c'è modo, questa volta non c'è modo!”
La dottoressa scosse la testa. “ Daniela, Daniela, lei non può vivere con tutta questa paura e rabbia. Le fa male! Fa male a lei e ai suoi, pensi a sua figlia, santo Dio! E' questa rabbia il contagio che avvelena!
Potrebbe essere anche davvero la fine del mondo e noi, lei e io, che ci possiamo fare? L'unica cosa che è in nostro potere è reagire con equilibrio, senza farci portare via la poca serenità che abbiamo!”
La donna si era ricomposta e parlò con rabbia fredda. 
“Ho capito, ho capito. Lei dice sempre le stesse cose, ma la ringrazio, davvero, la ringrazio tanto. Ha ragione, farò come dice lei, fiori di Bach e calma, tanto se ci invadono, se ci si ammala tutti e si muore o ci si trasforma in qualcos'altro che male c'è?"
Adesso non sia sgradevole! Cosa vuole che le dica? Non ho soluzioni, non ce le hanno i governanti che osservano le cose da un punto di vista tanto più alto e hanno più informazioni, figuriamoci se ce le ho io, il tempo ci dirà come risolvere le cose, se ci sarà bisogno di interventi e se questi saranno possibili. Pensi piuttosto alla crisi siriana, quelli hanno veramente problemi seri, li ammazzano ogni giorno, e che dovrebbero fare? Se lei fosse lì forse non avrebbe pensieri ossessivi!” Era la prima volta che le scappava la pazienza. Tentò di riprendersi. ”Via, su, non si offenda, dico questo per esagerare, per il suo bene. Cerchi di recuperare equilibrio, di mettersi nei panni degli altri e di valutare con distacco la sua condizione. Vive in campagna, in una bella casa che le piace, è in buona salute, ha una bella famiglia, perché non guarda le cose buone che ha? Ha la vita che desiderava e non riesce a godersela. Il problema non è nelle cose esterne, è dentro di lei. ”
Daniela disse “Sì sì, scusi se l'ho disturbata .” 
Si sentiva nel tono della voce la convinzione di aver parlato a vuoto, di non esser stata compresa, e la volontà di interrompere una conversazione inutile.
No, aspetti, -disse la dottoressa Ridolfi- quando ci vediamo? Quando ha il prossimo appuntamento con me? “
Fra un mese.” 
Bene, allora ci vediamo fra un mese. E ne riparliamo, vedrà che tutto si sarà stemperato. Prenda i fiori di Bach e aggiunga Gelsemium omeopatico, si ricorda? Nella stessa dinamizzazione dell'altra volta.”
Si salutarono.
La dottoressa Ridolfi chiuse la comunicazione sentendosi estremamente frustrata. Per un verso era rattristata, non riusciva ad aiutare quella paziente, per un altro verso era arrabbiata, quella donna era il suo più grande insuccesso, intemperante, prepotente, rabbiosa, irrispettosa e disturbata. Si accorse che per la prima volta le saliva alla coscienza una parola. Una malata psichiatrica? In passato l'aveva indirizzata da una collega psicologa di Siena. Non conosceva nessun psicologo ad Arezzo e neanche lei si fidava dei servizi pubblici. Daniela allora era più accondiscendente e c'era andata, ma solo due volte. Aveva detto che era troppo complicato, troppo lontano, troppo grande la spesa nei viaggi, troppo tempo perduto per un'ora scarsa di colloquio. Era tutto vero. Maria Teresa aveva chiesto alla collega cosa ne pensava e quella le aveva detto che la donna era paranoica e doveva soffrire molto, ma non si lasciava aiutare. Forse aveva bisogno di farmaci. Secondo lei Maria Teresa avrebbe dovuto invitarla e anzi spingerla con decisione ad un colloquio con il servizio d'igiene mentale della città dove viveva. Era essenziale che si curasse per la salute propria e soprattutto della famiglia. C'era una figlia minore da tutelare. Maria Teresa si era giustificata, aveva detto che la donna non voleva, che si fidava solo di lei e che lei aveva la sicurezza di riuscire ad aiutarla. La psicologa aveva affermato che non si trattava di una delle sue solite pazienti, donne borghesi con poco da fare che hanno solo bisogno di essere ascoltate, questa era una situazione a rischio, aveva il dovere di intervenire e di mollare questa paziente e lasciare che qualcuno veramente competente l'aiutasse.
Mollare questa paziente”, aveva usato quest'espressione, come se lei non volesse lasciarla andare. E aveva detto “veramente competente”.
E lei cos'era? Avevano finito per litigare al telefono e la collega l'aveva invitata con durezza a darsi una mossa se voleva evitare conseguenze gravi. 
“Di che tipo?” aveva chiesto lei. “Potrebbe far del male a se stessa o a qualcuno della famiglia, ti avverto.” Maria Teresa era consapevole della delicatezza della situazione, della difficoltà anche solo di conservare la fiducia di Daniela, e aveva continuato a incontrarla periodicamente e darle dei farmaci omeopatici. 


SYM 16

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AFRICA

I bambini e i loro genitori erano entusiasti dell'uscita che avevano fatto al lago di Chiusi. Avevano trascorso un pomeriggio bellissimo che aveva funzionato perfettamente come laboratorio di biologia. La sera Gigliola, molto stanca, raccontò a Paolo la gita, felice. Paolo ascoltava con un orecchio solo, preso da certi problemi di lavoro da cui non riusciva a distaccarsi. Si ricordò di una cosa da dire urgentemente a Gigliola: “Mi dicevi che ti serviva un aiuto in casa per sostituire l'Isolina che va in pensione?”
“Sì, l'Isolina ci lascia la prossima settimana. Ma se non abbiamo trovato nessuno rimane ancora un po'...”
“La Cristina, la mia caposala...”
Non c'è bisogno che tu mi dica chi è la Cristina, la conosco benissimo!”
Insomma, la Cristina è la presidente di un'associazione femminile per l'integrazione delle donne straniere.. non mi chiedere come si chiama che non me lo ricordo. Una delle dieci associazioni di cui fa parte. Ha trovato per noi una donna africana, piuttosto giovane. “
Ecco, africana!, sicuro, perché qui ci mancava solo l'Africa, poi siamo al completo.“
Ho pensato esattamente la stessa cosa.” disse Paolo sorridendo.
Perché è questo essere sposati, pensare le stesse cose senza bisogno di dirsi niente.” disse Gigliola mentre si sedevano per la cena. 

NTHANDA

Dopo qualche giorno Paolo, a colazione, disse a Gigliola che quella stessa mattina sarebbe venuta la donna africana per parlare con lei. Alle dieci infatti suonò il campanello e Gigliola andò ad aprire la porta. Si trovò davanti una donna nera, ma veramente molto nera, che le sembrò bellissima, con le treccine e un corpo che, sotto gli abiti larghi, comodi e colorati, si indovinava agile e forte.
“Si accomodi...sono la moglie del dottor Giusti...Gigliola. “ Le diede la mano. La stretta era forte e calda. La donna aveva il 
SYM ma era impenetrabile. “Nthanda, mi chiamo Nthanda.”
Si sedettero in salotto.
Mi trovo un po' in imbarazzo, -disse Gigliola- perché abbiamo avuto l'Isolina per le pulizie da quando abitiamo qui, ormai tanti anni, non abbiamo cambiato mai, è di casa...e ora l'Isolina va in pensione … lei vive qui alla Chianella?”
Sì signora. “
E dove abita?”
Tutti conoscono Menchino. La casa vicino a Menchino.”
Ah.” Fece Gigliola, pensando che era una vera stamberga.
Nthanda parve leggerle nel pensiero e disse che la casa era molto brutta e fredda, ma la stava sistemando: era la prima casa per lei e suo figlio da molto tempo ed era contenta.
Ha un figlio?”
Un bambino di nove anni, Abu.”
Oh! Ma allora potrebbe portarlo qui il pomeriggio, dopo la scuola vengono diversi bambini del paese, di tante nazionalità, ci manca solo l'Africa.”
Lo so, signora, grazie. Lei è famosa in paese. Ma devo chiedere a lui. Non so se fa piacere vedere la mamma che fa i mestieri, non so...”
Che strana donna- pensò Gigliola- si vergogna di fare le pulizie?”
 Senta, io ora le faccio vedere cosa c'è da fare in casa, ma non deve considerare di fare tutto di corsa o tutti i giorni, si organizzerà lei, e io non pretendo granché, molte cose le faccio da sola, per esempio il bagno, non mi fa piacere far pulire il bagno da una persona estranea... per lei, sa, non per me. Non ho paura di prendere una malattia o qualcosa dagli altri... - Gigliola arrossì. - Ma che sto dicendo... faccio sempre della gaffes...è che preferisco fare da sola. Non mi piace che una persona che viene a casa mia pulisca il bagno con tutto quello che... penso che ognuno dovrebbe pulirsi il suo di bagno, non crede? Anche la regina di Inghilterra! - La donna nera stava cominciando a reprimere una risata. - Oh, ma sto dicendo delle cose sbagliate, e forse mi fraintende, la metto in imbarazzo.”
La donna sorrise: “No, capisco, anzi la ringrazio.. per l'orario?“
Non so, può arrivare anche verso le nove e mezzo, così magari prima si occupa di casa sua, accompagna a scuola suo figlio.. poi può mangiare qui con noi, col bambino, lo va a prendere a scuola, o lo fa accompagnare qui col pulmino, tanto portano il bambino dei vicini... il pomeriggio direi fino alle 15, un'ora di stacco pomeridiano, che ne dice? Per il contratto di assunzione andiamo al Patronato..." La donna le prese la mano. Tutta la distanza e la freddezza che aveva sentito si sciolsero. “Grazie signora, lei non sa.. grazie.”

Giulia- disse Gigliola al telefono- non ti puoi immaginare. Questa donna..”
Quale donna?”
L'africana, Giulia!”
Ah, sì, mamma, quella che doveva venire per il colloquio.”
Una vera regina nera, ma molto nera! Bella, Giulia, e regale, sembra di avere in casa una donna nobile, impenetrabile... Parla italiano quasi alla perfezione, con un lievissimo accento francese.. non le ho chiesto da che paese dell'Africa viene, ora che ci penso.”
Quando comincia a lavorare da voi?”
Domani. Dirò all'Isolina che può andare in pensione da subito e tornare a trovarci quando le pare. Sarà qui tutte le sere, ci scommetto, si è tanto affezionata ai bambini.”
Bene. Sono contenta che il problema della collaboratrice familiare sia risolto. Un po' mi dispiace per l'Isolina, quando torneremo andremo a trovarla. Mamma, a proposito, quando torno in Italia, la prossima settimana, vi devo parlare di una cosa.. qui è arrivata notizia di un giovanissimo matematico coreano che sta studiando le probabilità delle crisi, è un po' difficile da spiegare, insomma la probabilità che si verifichino crisi in vari settori, e lui si è concentrato sull'arrivo del SYM, e pare che abbia trovato dei criteri per prevederle... per esempio si verificheranno più facilmente nelle zone periferiche dove il SYM è arrivato inizialmente, come la Chianella, ma ci devo studiare su e quando vengo avrò notizie più dettagliate.”
Bene, perché così mi allarmeresti soltanto, se fossi il tipo che si fa allarmare. Ma non lo sono. A presto, figliola.”

Gigliola disse all'Isolina che dal giorno seguente poteva restare a casa. “Ci mancherà tanto, Isolina." 
“Anche lei signora, mi manca di già ma se non disturbo torno, tanto da casa mia a qui è un attimo, a piedi. Ma che fa, prende quella nera, al posto mio?”
Gigliola sorrise, ci avrebbe scommesso che l'Isolina avrebbe trovato da ridire. “E' difficile sostituire una come lei, Isolina...”
Se non trova altro la faccia provare, ma la tenga d'occhio, mi raccomando!”

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 Cara Sari, mi fa piacere che ti stia appassionando, sarai l'unica. In questo capitolo la donna nera sorprende Gigliola e i bambini. La donna nera è un omaggio alla mia cara amica Antoinette.

Maggio 2013: PEZZI DI PLASTICA E PESCI PREISTORICI 

Dopo qualche giorno che Nthanda era da loro Gigliola la invitò a prendere il tè nel pomeriggio e conoscere i bambini.
Questa è Nthanda, ragazzi, mi aiuta in casa, al posto dell'Isolina.”
I ragazzi la guardarono incuriositi. “Nthanda! Che nome è?”
Africano, disse lei, io vengo dall'Africa.”
Gigliola prese un gessetto e scrisse il nome alla lavagna. La bambina polacca lo sillabò e lo ripeté con la enne iniziale.
Non così difficile, disse la donna nera, si legge Tanda perché la enne non si pronuncia.” 
E che vuol dire?”
Sì, vuol dire qualcosa?”
Vuol dire Stella. “
Bello, però.” disse Chiara.
Luchino la guardò bene “Sei molto nera!”
Molto più nera di me.” Disse Deepak avvicinandosi e accostando la mano alla sua. Chiara le toccò le treccine. “Come mi piacerebbe avere queste!”
Nthanda restava calma e sorridente a farsi osservare quasi come un fenomeno vivente, ma era solo la novità.
Bevvero il tè. Chiara mangiò uno yogurt, buttò a terra il vasetto di plastica, lo pestò, lo ruppe e lo lasciò lì. Tanto poi c'era sempre qualcuno che raccoglieva e puliva. I ragazzi protestarono perché la separazione dei rifiuti era una regola del gruppo fissata dall'inizio. Fra le loro voci si sentì quella profonda di Nthanda. “Nessuno vi ha raccontato la storia del pezzo di plastica e del pesce preistorico?”
Mai!” Disse un bambino. Gigliola era in cucina e sentì che in salotto c'era un silenzio quasi assoluto.
Bene, forse posso raccontarvela io. “
Sì sì, sentiamo!”
Qui vicino, nei dintorni della Chianella, alcuni anni fa viveva una donna che un giorno portò a casa dal supermercato un pollo dentro una scatola di plastica rigida, cucinò il pollo, mise la scatola dentro un sacchetto con altri rifiuti e non lo mise neanche dentro il cassonetto, ma lo lasciò lì davanti, legato, a terra, perché le faceva fatica aprire il cassonetto. Dalla scatola saliva un odore forte di sangue e di carne di pollo che attirò un ratto che di notte passava di lì. Il ratto pensò, con quel poco pensiero che hanno i ratti, orientato al cibo, all'accoppiamento e alla difesa: “Che buon odore, si mangia!” Rose il sacchetto e rosicchiò la scatola. Ne mangiò un po', ma non sapeva di carne, c'era solo l'odore! Ora noi non vogliamo sapere cosa ne fu della sua cacca che conteneva la plastica rosicchiata, che pure sarebbe un racconto interessante, no, oggi parliamo di un'altra cosa. Passò un cane e anche lui masticò la scatola e la divise in tanti pezzi minuscoli. La notte piovve forte e molti di questi pezzi furono trasportati dall'acqua che scorreva come un piccolo torrente, fino al fosso. Qualche pezzo rimase impigliato nelle alghe e nelle erbe del fosso. Dato che erano pezzetti di plastica di colore chiaro un rospo passò e pensò che fosse cibo: provò a mangiarne un pezzo, lo inghiottì, blub, ma si ferì la gola perché era duro e tagliente e la gola sanguinò. Ma noi non vogliamo sapere, oggi, che ne fu del rospo ferito e della plastica che aveva inghiottito. Seguiamo molti altri pezzetti che, senza impigliarsi, arrivarono prima al fosso della Chianella, poco lontano da qui, e poi al canale maestro della Chiana.”
Sì! Ci vado a pescare col babbo! - disse un bambino.- Ma il pesce non si può mangiare perché è inquinato, si ributta in acqua...”
Già, -disse Nthanda- prova a pensare perché. Un po' di pezzi galleggiarono sull'acqua giallastra del canale e corsero fino al fiume Arno, passarono in mezzo a valli coltivate e città fino al mare. Questo per farla breve, perché intanto, lungo la strada, accaddero ancora molte cose alla plastica in pezzi. Soprattutto la plastica si modificò e per effetto della luce e del calore alcune sostanze che conteneva si sciolsero nell'acqua, sostanze non buone per la vita, veleni. Ognuno di questi pezzetti avvelenò un pochino l'acqua. In mare i pezzetti trovarono delle correnti, che sono come strade del mare, che li portarono al largo, lontano dalla riva. Alcuni pezzi furono mangiati dai pesci. Che poi li espulsero negli escrementi, e si trovarono a galleggiare di nuovo nel mare. Alcuni raggiunsero, attraverso il canale di Gibilterra, l'Oceano."
Dov'è il canale di Gibilterra?”
Eccolo!” Lo trovarono sul mappamondo che tenevano sul tavolo.
Ora che erano nell'oceano -continuava la voce profonda di Nthanda - cominciarono a vagare in correnti ancora più grandi che trasportavano plancton, branchi di pesciolini, meduse...”
Sì abbiamo visto Nemo!” Esclamarono i bambini, che avevano visto un cartone animato.
“Sì, come Nemo fecero il giro del mondo, questi pezzetti di plastica, viaggiarono più di quanto un uomo o anche un pesce può viaggiare in tutta la vita. Ma erano solo pezzetti di plastica e non vedevano niente di ciò che c'era intorno a loro. E sì che sfiorarono le barriere coralline dove c'erano pesci di tutti i colori, coralli e creature che formavano come vele o ventagli nell'acqua tiepida, e altrove, sul fondo, nel mare aperto, c'erano scheletri di balena ...Finché arrivarono in un posto del mare molto lontano dalle terre, da tutte le terre, in cui le correnti trattenevano tutto ciò che era galleggiante e sospeso nell'acqua. Era un paese galleggiante di pezzi di plastica, perché è la plastica, più del legno, più di ogni altro materiale, che si disfa lentamente, quasi non si disfa per niente...
Questo paese di plastica, di pezzi minuscoli tutti vicini, formato in tutti gli anni da che gli uomini avevano inventato e usato la plastica, e l'avevano gettata senza curarsene dovunque capitasse, è diventato grande come un grande stato americano, il Texas. Allora non era così grande e nessuno sapeva che c'era, troppo lontano da tutto, anche dalle rotte delle navi. E se ne formavano altri in tutti i mari del mondo. Ma il mare, prima che della plastica, è dei pesci, dei microrganismi, delle meduse, dei polipi, dei cetacei..”
Che sono i cetaci?” chiese una bambina.
Cetacei!! Sono le balene e i delfini...anche le orche!” gridò un altro bambino appassionato alla storia, che non voleva interruzioni.
 Sì, e se forse loro, che sono molto intelligenti, riuscivano a volte a tenersi alla larga dal continente di plastica, molte altre creature non potevano. Entrate lì, portate dalle correnti, soprattutto nelle tempeste,non riuscivano a venirne fuori, perdevano l'orientamento, o se ne uscivano avevano comunque mangiato plastica, o la plastica si era infilata nelle branchie, negli occhi, facendoli ammalare. Perché la plastica, in quell'immenso tratto di mare, era dappertutto, in pezzi grandi, ma soprattutto in pezzi piccolissimi.
Intanto, sulle coste del continente africano, una barca di pescatori stava tornando al porto e i pescatori pensavano con cupidigia a quanti soldi avrebbero ricavato dal pescato della notte. Avevano trovato infatti nella rete un grosso pesce che non avevano mai visto: pesce diavolo, l'avevano chiamato, perché aveva un aspetto orribile, denti aguzzi e visibili, senza labbra, occhi tondi e cattivi. Nella città c'era una Casa per studiare, un'Università, dove si studiavano le forme di vita marina, e uno dei professori aveva promesso ai pescatori riuniti un compenso speciale per chi avesse portato pesci mai visti. Quella mattina uno dei pescatori andò all'Università a cercare il professore, che si chiamava professor Severini e veniva da una città vicino a noi, qui in Toscana, una città che si chiama Livorno.
Sì! Ci sta la mia zia, a Livorno c'è il mare!” I bambini si erano molto appassionati alla storia.
Il professor Severini era un biologo marino. Cioè uno studioso della vita del mare...quella mattina non stava bene e invece di andare lui al porto mandò una sua collaboratrice del luogo, nera. Perché in quel paese abitava solo gente nera e tutti i bianchi che ci vivevano erano arrivati da poco, da un mese, un anno, o cento anni, ma i neri ci stavano da millenni, dall'inizio. La dottoressa andò al porto e i pescatori non volevano farle vedere il pesce, per tre motivi tutti validi, secondo loro. Perché era nera come loro, e non riconoscevano autorità ad uno di loro, perché era giovane, e i giovani non possono conoscere le cose, e poi era una donna, ed era peggio che mai.”
Perché? - chiese un bambino.- Le bambine sono brave come noi, qualcuna anche di più.”
La dottoressa nera dovette combattere un po' con i pescatori..”
Li picchiò?” chiese Michele.
No, non ce ne fu bisogno, ma gridò e litigò con gli uomini! Volevano che andasse il professore in persona a prendere il pesce. Allora lei disse che non volevano farglielo vedere perché l'avevano truccato. Non era la prima volta che dei pescatori, per avere i soldi promessi, che erano molti di più di quelli che avrebbero ricavato vendendo il pesce al mercato, truccavano un pesce, lo coloravano e gli attaccavano dei denti, delle pinne o una coda. Pensavano di imbrogliarla, ma erano imbrogli di bambini.”
Non è vero, noi non facciamo queste cose!”
Alla fine fece vedere loro un po' dei soldi che aveva portato per pagare il pesce e i pescatori avidi tolsero un telone da una cassa piena di ghiaccio. Scostarono il ghiaccio e dentro c'era il pesce diavolo. La dottoressa capì subito che si trattava davvero di un pesce sconosciuto alla scienza e si emozionò tanto che le tremarono le mani. Ma non lo diede a vedere. Invece disse che forse davvero avevano truccato quel pesce, che lei andava via, che non le interessava comprare robaccia. Non era vero, voleva solo abbassare il prezzo. Contrattò ferocemente e pagò un prezzo inferiore a quello che gli uomini avevano chiesto. I pescatori caricarono la cassa con il pesce sulla jeep: per lei era troppo pesante!
All'università lo esaminò col professore e i colleghi: era un pesce antichissimo, si vedeva da certe caratteristiche fisiche, e l'aspetto era veramente alieno, spaventoso, ma poco prima era stato vivo! Voleva dire forse che ce n'erano altri così, nel grande mare! Quanti ancora? Chi poteva saperlo? La scoperta era molto importante ed emozionante. Furono inviate lettere, perché ancora non c'erano computer...”
Nooo?” dissero i bambini in coro. Non ci potevano credere.
No, non c'erano! O meglio: non c'erano in Africa. Furono avvisate tutte le più importanti università e intanto la dottoressa aprì il pesce per vedere gli organi interni e lo stato di salute. Era un pesce delle profondità marine, si capiva anche da quegli occhi enormi fatti per catturare ogni bagliore di luce, e quando l'ebbe aperto le venne un colpo, il pesce aveva gli intestini e lo stomaco pieni di plastica! Era andato a nuotare lontano, ed era finito nel continente di plastica, ma la dottoressa a quel tempo non poteva saperlo. Era stato proprio uno dei pezzi di plastica che proveniva dalla Chianella a ferire la gola del pesce e lo stomaco, altra plastica si era incastrata nelle branchie e aveva riempito gli intestini senza più uscirne, capite, il pesce non riusciva più a fare la cacca, ad espellere tutta quella roba. E non poteva più mangiare! Doveva essere stato molto debole alla fine, e forse per questo i pescatori erano riusciti a prenderlo. Anche per questo aveva quell'aspetto da diavolo, se fosse stato più in carne, non sarebbe stato tanto brutto!
La dottoressa era felice e infelice: aveva scoperto un animale sconosciuto delle profondità, che quindi avevano ancora meraviglie in serbo, ma aveva visto che un pericolo molto grande, causato dall'uomo, soprattutto dall'uomo bianco, minacciava il mare, e finché non vedi con i tuoi occhi non sai mai com'è grave una cosa..”
Il racconto era finito e i bambini restavano in silenzio. Gigliola in cucina anche lei era rimasta incantata ad ascoltare, e ora si chiedeva chi era quella donna, come mai era così brava a narrare, se aveva studiato... Poi però Nthanda fece una cosa imprevista che allarmò moltissimo Gigliola. Disse: “Volete vedere il pesce preistorico?”
Ovviamente i bambini dissero di sì e si mossero tutti verso il computer, ma Nthanda aprì le mani a coppa, su di esse la polvere si raccolse e vorticò mentre lei si concentrava, e si formò lentamente un pesce di polvere, completo di tutto, come quello che lei aveva descritto.
Ooooh!” Fecero i bambini e cominciarono a saltare intorno, eccitati. Quelli che avevano il SYM, non tutti, avevano visto a volte quel fenomeno, gli altri mai ed erano impressionati.
Dio mio, -pensò Gigliola- e ora come si fa? Invisibili, aveva detto Alan, altro che invisibili, domani alla Chianella lo sapranno tutti e domani sera avremo i giornalisti! Che guaio!”
Uscì dalla cucina facendo finta di niente. Anzi: disse che era un bellissimo racconto ed un bellissimo pesce quello apparso fra le mani di Nthanda. I bambini volevano sapere come si fa a far apparire le cose. Nthanda tranquilla spiegò che era un dono arrivato con il SYM e i bambini si agitarono, quelli col SYM cominciarono a provare, gli altri non ci riuscivano e ne erano irritati. Allora Gigliola intervenne dicendo che, di solito, quella cosa non si faceva perché i bambini senza SYM non potevano farla, così era stato deciso di ignorarla, per non metterli in imbarazzo, ma era solo un gioco, niente d'importante...Sudava sette camicie, non sapeva bene cosa dire ai bambini e aveva veramente paura che tutto si risapesse alla Chianella.
Deepak disse:”Ho capito, è meglio se a casa non diciamo niente, così Nthanda lo rifarà per noi.. altrimenti forse i nostri genitori non ci mandano più qui!”
L'intervento del piccolo Deepak fu decisivo, e salvò Gigliola; i bambini si calmarono, all'idea di non poter più venire il pomeriggio al doposcuola, ora poi che diventava così interessante. Se ne andarono tutti insieme a casa con le biciclette e a piedi, poco dopo. 
Invece Gigliola disse a Nthanda: ”Venga, noi due dobbiamo parlare. Ho idea che la dottoressa nera della storia fosse lei, non è così?”
 

SYM 18

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Facciamo ancora un passo a lato della vicenda principale, ed entriamo nella vita di Daniela, la donna spaventata dal SYM e dalle novità che esso rappresenta.

Era passato un mese dal colloquio telefonico con l'omeopata e Daniela si presentò di malavoglia all'ambulatorio della dottoressa Ridolfi, per accompagnare la figlia, che era in cura per un'allergia. 
“Come va Daniela, meglio?” chiese la dottoressa dandole la mano.
Meglio, meglio sì.."disse la donna vaga. E le parlò della figlia. Ma nel suo sguardo, nei gesti, c'era qualcosa di inquietante che la dottoressa non poteva non cogliere. Quando ebbe parlato con la ragazzina la dottoressa la invitò a uscire nella saletta d'aspetto e lei lo fece subito volentieri, aveva il cellulare con sé e non aveva bisogno di compagnia.
Bene Daniela: come va quel .. problema col cibo e quella … piccola ossessione per la polvere?”
Polvere? Quale polvere?” disse la donna fingendo di non aver capito.
Ricorda la telefonata che mi ha fatto?”

Ah, sì.. va meglio.”
Va meglio davvero? Sotto controllo?”
Ho preso tanti di quei fiori di Bach che il mio marito s'è preoccupato. Ma gliel'ho detto di farsi gli affari suoi. In ogni modo va meglio.”
Sa, io ci ho ripensato e mi sono ricordata che quella ragazza di cui hanno parlato i giornali, Giulia Giusti, la figlia della coppia che è stata fra i primi ospiti della polvere...”
Ah, sì...” disse Daniela improvvisamente vigile, fingendo di non provare interesse.
Bè, quella ragazza è venuta da me, qualche anno fa, forse due o tre anni fa, ho uno schedario e ho ritrovato la sua scheda.“
Davvero?”
Sì. Sapevo che l'avrei interessata. Una ragazza normale, una bella figliola, simile a lei per certi versi, cioè, diciamo che avete delle cose in comune. Vegetariana, almeno quando venne da me, e ambientalista convinta, un'amante degli animali, di quelle che raccolgono le bestiole ferite per la strada, ha presente il tipo? Proprio come lei! Una veraentusiasta della vita.”
Sperava, dicendole queste cose, di modificare i suoi pensieri riguardo a quella faccenda. Daniela sogghignò.
Si vede che è giovane per sapere come vanno veramente le cose. E perché era venuta da lei? Se me lo può dire, naturalmente.”
Non nel dettaglio, ma diciamo che era uno di quei disturbi che l'omeopatia risolve con facilità. E' venuta due o tre volte. Mi piacerebbe fargliela conoscere. Vive vicino a lei, questo lo sa, vero?”
Sì- disse la donna lenta, come se rimuginasse qualcosa per conto suo.- sì, abita alla Chianella, una trentina di chilometri da casa mia, anche se ora pare che stia parecchio a Londra, dove vive il suo compagno. Fa la traduttrice, è laureata in lingue. ”
Ah, è più informata di me!”
Sì continuo a leggere qualcosa, ci sono dei blog, su Internet...”
Mi chiedevo infatti perché non fa anche lei qualcosa del genere, tipo aprire un blog per scambiare idee e opinioni su queste cose. Quando ci prendono queste idee ossessive, e guardi che nella vita può capitare a tutti, si deve reagire, ed è ottimo esprimersi e scambiare con altri, per ridimensionare, in ogni modo fare qualcosa di positivo, anche buttar fuori la propria paura..”

Nei giorni seguenti Daniela trovò l'indirizzo dei Giusti e un pomeriggio disse al marito che andava a un colloquio di lavoro, invece se ne andò alla Chianella per vedere dove abitavano, presa da un'insana curiosità. Si sedette al bar del paese e prese informazioni, dicendo che passava di lì per caso. Il barista le disse che non era mica la prima persona a chiedere, tutti i forestieri che passavano di lì chiedevano, ma era una curiosità quasi affettuosa, d'altra parte i Giusti li conoscevano tutti e ora che il dottore e sua moglie erano tornati insieme era una bellezza vederli. 
Il dottore in paese era benvoluto da tutti: “E ci credo,- disse l'uomo- ha curato tutti i nostri bambini e gli vogliono tutti bene. Poi ora la signora ha messo su un doposcuola per i nostri ragazzi... sembrava una bischerata, all'inizio, ma sa che son venuti da tutt'Italia a vedere?” 
Il barista esagerava per fare pubblicità al paese, e alla propria piccola attività commerciale. Finora il bar rischiava di chiudere, frequentato solo da alcuni inossidabili anziani e da pochissimi avventori di passaggio, ma da qualche tempo c'era più movimento, i clienti erano aumentati impercettibilmente, ma in modo costante. Mentre chiacchieravano Daniela ebbe un colpo di fortuna insperato, perché nel bar entrò Giulia. Daniela vide la ragazza, carina, circondata di una luminosità lieve e pulsante, allegra, e provò un senso di profonda repulsione.
Ecco l'aliena. “ pensò. Giulia salutò il barista e chiese due cappuccini, uno per sé e uno per l'amica che l'accompagnava. L'altra ragazza non luccicava. 
“Allora non tutti lo prendono.” Pensò Daniela e attaccò facilmente discorso con le due ragazze, tenendosi a debita distanza, Era divisa fra la voglia di sapere e la paura della polvere. Giulia sentì che in quella donna qualcosa non funzionava a dovere e fu particolarmente gentile. Le spiegò, dietro una sua domanda, che la polvere, come l'aveva chiamata la donna, non si attaccava a tutti. Anzi molti avrebbero voluto ma non riuscivano a prenderla e lei e gli altri che erano in contatto con il SYM non capivano il criterio di selezione. 
“SYM?” disse Daniela.
Sì, fra di noi lo chiamiamo così, il Simbionte, perché ci viviamo insieme ed è una vita migliore, glielo posso assicurare.”
Daniela ebbe un brivido. Giulia la salutò e andò verso l'auto. Daniela sentì che con l'amica parlava di orari dei treni. Tornò a casa sua pensando che aveva ragione la dottoressa Ridolfi, doveva fare qualcosa di positivo, trasformare in azione questo terrore che provava, se nessuno faceva niente forse un gesto plateale poteva riportare l'attenzione su quella faccenda disgustosa. A casa fece la doccia e si strofinò la pelle molto forte, per lavare via le particelle luminose, anche se non si vedeva niente, e la sera a cena suo marito le chiese perché era tutta rossa.

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UNA RIUNIONE TEMPESTOSA

Dopo quello che era successo nel pomeriggio, il pesce di polvere e tutto il resto, Gigliola sentiva il bisogno del parere di Paolo. Lo chiamò al telefonino e lui rispose brusco che non era proprio il momento, aveva ancora da fare e avrebbero parlato al suo ritorno. Oltre la sua voce se ne sentiva un'altra, alterata. Gigliola si ricordò che aveva detto che si sarebbe trattenuto dopo la fine del turno per una riunione con il dottor Benedetti, il direttore dell'ospedale, e si sapeva quanto lui lo detestasse. Paolo però, distratto, non spense il telefono e Gigliola si ritrovò ad ascoltare la discussione in corso. Sentiva la voce dell'altro, ma non capiva bene che diceva, arrivava distinta solo quella di Paolo, ma poi lui si muoveva e alcune parole si perdevano:

Insomma direttore, ora che siamo soli possiamo dirci la verità: la riunione di oggi serviva a informarci delle ennesime nomine di primario, questa volta di pediatria e oncologia, fatte con concorsi truccati..” si sentì una voce ribattere: “Come si permette...avere le prove quando si parla...”
..Come li chiama lei dei concorsi per titoli costruiti su misura per chi deve vincerli? Guarda caso tre anni fa c'erano alcune esperienze che facevano punteggio, e ora quelle non fanno più punteggio, ma lo fanno altre, diverse. Sa di che sono convinto? Che questo De Rosa che arriverà da noi avrà in curriculum proprio quella roba lì...” 
Ancora reclami, ma le parole erano indistinte. E di nuovo la voce di Paolo, più alta “.. ma non mi prenda in giro!Abbia un minimo di buon gusto! Non voglio mica farle causa! Per far che? Passare anni a pagare legali, se poi trovassi avvocati non legati a voi, che accettino di mettersi contro il vostro cartello di mafiosi massoni...”
Mannaggia! Gigliola non riusciva a sentire distintamente la voce dell'altro.
Ma che stava dicendo Paolo? Si sarebbe messo nei guai...
E' già successo, è inutile che faccia di no con la testa, giovani medici pieni di rigore morale e speranze che tentano di emergere, ancora me la ricordo la brillante dottoressa De Giudici che non trovava un solo legale da qui a Firenze e Siena disposto a difenderla...se ne andò che piangeva, meglio l'Africa, disse!” 
“..missionaria bigotta!” furono le parole del Benedetti che Gigliola riuscì a sentire.
Bigotta? Anche in quel caso il suo lavoro in Africa per due anni fra i malati di AIDS non valeva niente, come punteggio..mi ricordo bene che lei le disse, col solito buon gusto, se era andata in Africa per fare curriculum o per una questione umanitaria. Sempre sensibile e raffinato. Ora dieci giorni in Angola di questo che deve arrivare quanto li avete valutati? ...Un punteggio esagerato! E pare che li abbia trascorsi in hotel per un convegno...ma lasci perdere, che ne abbiamo viste di tutti i colori! Siamo stati zitti per anni, ma ora basta... no, gliel'ho detto, non voglio crearle fastidi, ma neanche lei a noi, però!”
Quell'altro urlava più forte di Paolo, e Paolo era arrabbiato, ma fermo. “Io, mi sono adattato, non mi fanno fare carriera?, va bene così! Mi mandano in culo al mondo alla Chianella? Mi adeguo. Faccio il medico, è quello che volevo fare. Ma fatemelo fare! L'ultimo primario, che veniva dal PD, non ci lasciava campare. Quello prima, estrazione PDL, era uguale. Nessun vero interesse per il lavoro, solo potere e soldi. E burocrazia a vagoni. Mi dice che differenza c'è fra le parti politiche? Nessuna. A me non interessa più, io, grazie a Dio, ho una bella famiglia, rimessa insieme per miracolo dopo l'arrivo del SYM... sto bene così- continuò Paolo- non ho più ambizioni. O piuttosto: mi avete spento tutte le ambizioni di far carriera, ma il lavoro è diventato sempre più interessante. Le propongo un patto: lei ci mandi i suoi primari di facciata, tanto qui, lo sa anche lei, c'è sempre meno da fare da un po'. Ma che non ci rompano i coglioni, a me e ai miei collaboratori, che ci lascino fare quello che ci interessa, la raccolta ed elaborazione dei dati  sull'adattamento uomo/SYM. Senza interferire.”
Paolo, nell'agitazione, doveva aver di nuovo toccato il cellulare perché la comunicazione si interruppe improvvisamente. Gigliola cadde a sedere sulla sedia più vicina. Ma che gli era saltato in testa? E il suo lavoro era sempre stato così, una lotta per avere quello che ti spetta?


Quando più tardi Paolo tornò a casa Gigliola non disse nulla della conversazione che aveva ascoltato per caso, ma lo guardò bene: era stanco, ma non sembrava irritato. Chissà come era andata a finire col direttore?... Decise di far finta di nulla e raccontargli quello che era successo il pomeriggio, della “lezione” di Nthanda ai bambini, di come fosse stata efficace e coinvolgente e di come tutto si fosse concluso con il pesce di polvere luminosa. Pensava che forse l'avrebbe distratto dalle altre preoccupazioni.
“Ohi ohi...” fece Paolo, quando ebbe ascoltato il suo racconto.
E non basta, Paolo, mi ha salvato Deepak, è stato lui a dire, senza che dovessi farlo io, che si doveva stare zitti e non dire nulla a casa, perché forse i genitori non li avrebbero più mandati al doposcuola. Li ha convinti tutti, o almeno mi pare, lo spero tanto. ”
Bambino saggio, l'ho detto fin dall'inizio.” disse Paolo. Ascoltava ma si vedeva che era stanco morto e anche abbastanza avvilito.
Poi ho parlato con Nthanda. Indovina: è laureata in biologia! Lavorava in Africa con un certo Severini... di Livorno, ti dice qualcosa?”
Mi pare, sì, di ricordare, forse ho avuto un professor Severini, biologo, di Livorno, al liceo, quando abitavamo a Firenze, un giovane appena laureato, un sognatore...non sarebbe strano che fosse finito in un'Università africana.”
Comunque: doveva capitare a noi una colf laureata in biologia? Mi sento in soggezione! E' bravissima in casa, tutto lucido, perfetto, sa stirare, è educatissima, e poi cucina bene, hai assaggiato anche te, quelle volte che non ho potuto cucinare, ma non poteva essere una qualunque colf senza titolo di studio? Bravissima con i bambini, un'insegnante nata. Ha un bambino suo e vive in una stamberga indegna. E' un'ingiustizia, e uno spreco enorme farle fare la colf! Pensa quanto bene potrebbe fare come insegnante, o ricercatrice... Pensavo, Paolo, intanto non potremmo darle la casina? Non ci abita nessuno...E potremmo cercare di recuperare la sua laurea, perché possa lavorare usando il suo titolo di studio. Intanto però non la dobbiamo mandar via: si è raccomandata, mi ha detto che ha assoluto bisogno di questo lavoro!”
Avevano rimesso a posto un annesso agricolo pensando che forse Giulia sarebbe venuta ad abitarci, ma poi Giulia era andata a vivere in città e la casina era rimasta vuota. Ora Giulia stava tanto tempo a Londra!
Potrei chiederle nel frattempo di aiutarmi nel doposcuola, per i bambini sarebbe una fortuna!” concluse Gigliola.
Paolo aveva ascoltato in silenzio, ma si vedeva che si innervosiva e ora sbottò:
“Insomma Gigliola! - quasi gridava - Un po' di realismo! Sai quanta gente arriva in Italia ogni giorno? La vedi la televisione?
E credi che siano tutti dei barbari con l'anello al naso? NO! Molti sono laureati, o diplomati, sai che mi ha detto un geometra in ospedale ieri? Che in cantiere hanno un manovale nuovo che non è capace a niente, non sa le proporzioni per fare il cemento, non si sa muovere... un rumeno. Il geometra gliel'ha detto e questo qui è rimasto mortificato. Gli ha detto: “Vuoi fare il manovale, ma non sei capace a niente, ma che facevi a casa tua ?” “L'ingegnere elettronico.” Ha detto quello. Capisci? E' pieno di gente così! Per non parlare dei laureati che abbiamo qui e che non trovano non dico da fare il mestiere per cui si sono formati, ma neanche gli spazzini. O come cavolo li chiamano ora, operatori ecologici. Sembra che non siamo più capaci di chiamare le cose col loro nome...Che vuoi fare, salvare il mondo intero? Ti sei svegliata tardi, fino a qualche mese fa te ne fregavi e ora all'improvviso... Vuoi che ti dica come la penso? E' già tanto se diamo un lavoro a questa donna, tu non sai come stava prima, ha sofferto perfino la fame, lei e il bambino, nel 2013, soffrire la fame, in Europa, e non sappiamo cosa le sia capitato prima ancora, la Cristina mi ha detto che è tanto contenta di lavorare per noi, e più di così non posso fare, non io. In fondo, non so se l'hai presente, io, io stesso, sono discriminato da una vita, sennò non lavoravo in questo buco di ospedale alla fine del mondo. E la vita, sì, la vita, non so che senso abbia, ingegneri che finiscono a fare i manovali, grandi menti che andarono in cenere nei forni crematori delle SS, bambini che soffrono e muoiono senza potersi e potergli spiegare che senso ha la loro morte e la loro vita, una biologa africana che arriva in casa nostra a fare la donna di servizio... il significato di questo mi sfugge, ma non posso più caricarmi di altre responsabilità. Non posso sentirmi colpevole e responsabile di tutto questo per tutta la vita. Sono stanco e non voglio più rogne. Voglio stare in pace. Non voglio sapere. Mi bastano i miei bambini malati. E per fortuna che da quando abbiamo il SYM molte malattie sembrano quasi del tutto debellate, anche se poi dipende sempre dall'Affinità. Certo, poi tutto questo riguarda la popolazione contagiata - disse Paolo come se parlasse fra sé - e bisogna considerare che nel resto del mondo le cose vanno come prima, cioè molto male... Quanto alle figure di polvere, basta giochini, dì questo all'africana e spiegale che dobbiamo essere invisibili, IN-VI-SI-BI-LI, rischiamo di essere vittime di atti terroristici, di qualche matto che odia il SYM, e non solo noi, anche i ragazzi che vengono il pomeriggio… Poi alla fine, che sappiamo di questa donna? Quello che dice la Cristina, ma la Cristina è una che porta a casa cani e gatti ed esseri umani randagi, per lei son tutti buoni, la sua opinione non fa testo. Per quel che ne sappiamo, per ora, questa donna nera potrebbe essere una profittatrice, perfino una delinquente. Ora vado a letto, scusami.”

Gigliola teneva gli occhi bassi. Si sentiva mortificata ed era una delle rare volte che le accadeva, nella vita. Sei mesi fa avrebbe gridato contro Paolo, ma ora si rendeva conto che aveva le sue ragioni, e che lei si era entusiasmata troppo... molti anni fa Paolo non l'avrebbe pensata così, ma certo era invecchiato e deluso, e lavorava sodo tutti i giorni, lui, mentre lei, se si guardava dall'esterno, era una signora ormai attempata, mantenuta dal marito, con delle velleità, che vuol fare grandi cose, ma non conosce neanche la realtà... Si ricordò di una domenica di novembre dell'anno passato, era in centro a Firenze e stava facendo un giro in un mercatino; l'aveva avvicinata un bell'uomo, un senegalese, che le voleva vendere qualcosa di artigianale, lei aveva detto no, poi sì, perché l'uomo insisteva e lei se ne voleva liberare, e sentiva una punta di senso di colpa che la portava alla fine a dire sì, gli aveva dato 20 euro e lui non le aveva dato che 5 euro di resto, praticamente un furto, per un ciondolo di pelle, un portafortuna... Si era tanto innervosita, perché quell'uomo aveva fatto leva sui suoi sentimenti e lei non aveva saputo reagire.. e se quella donna si fosse rivelata come lui? Una che prima ti fa pena, poi si approfitta di te...Domattina avrebbe detto a Paolo che aveva ragione. Gliel'avrebbe detto a colazione, che non l'avrebbe più disturbato con le sue fisime. Da ora in poi sarebbe stata al suo posto. Ad un certo punto, nella vita, ci si deve rendere conto che bisogna tirare i remi in barca. Aveva avuto delle occasioni, da giovane, per fare quella che salva il mondo, ma allora non le interessava e ora sidoveva arrendere e accontentare. Era già tanto accogliere i bambini nel pomeriggio. E dare un lavoro a quella donna.

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QUANDO SI DICE CAMBIARE IDEA

La mattina dopo Gigliola sedette al tavolo per la colazione davanti a Paolo e disse che gli voleva parlare di una cosa, prima che andasse a lavorare, così andava via più tranquillo.
No, prima parlo io. -disse Paolo- Ci ho dormito sopra. Sì. E ho pensato, anzi, mi sono svegliato con delle cose in mente, piuttosto chiare.
Falla venire nella casina, la donna africana e il suo bambino. Prima parla con Giulia, che sia d'accordo anche lei, ovviamente. 
Che cavolo, quella casina non la usa nessuno! 
Se tu credi di poterti fidare, dagliela. 
Non hai mica vent'anni, ne hai quasi sessanta. 
Un qualcosa in zucca ce l'hai. E sei mia moglie. E io ti voglio più bene di qualsiasi altra cosa o persona al mondo, alla pari con Giulia. Voi due siete la mia vita, sdolcinato, ma è così. 
Sì, non te lo dico mai, tienilo a mente, perché non te lo dirò un'altra volta. 
Se pensi che si debba fare si farà. Tutto. 
Si cercherà anche la sua laurea, se esiste, non so come... ma si farà." Gigliola lo guardava con gli occhi spalancati e sorrideva e le veniva anche qualche lacrima.
E perbacco, un po' di ottimismo! - disse ancora Paolo, come parlando a se stesso- Il mondo non si potrà salvare, ma questa donna ci è capitata in casa, vorremo pur fare qualcosa? Se se ne va, troveremo un'altra colf, speriamo questa volta ignorantissima..” Paolo rise forte. “Poi sai che penso? Abbiamo chiamato questa cosa delle figure di polvere un “gioco”, dall'inizio, da quando lo fecero la piccola Gaia e la signora Huang, quel primo giorno, quando eravamo isolati nelle stanze di Malattie infettive, ma non è un gioco, è una cosa meravigliosa, far vedere ai bambini un pesce o un'altra qualunque cosa senza accendere computer o televisione...dovremmo sperimentarla e lavorarci. Usarla, usare tutte le nuove abilità. Basta paura, se qualcuno vuol farci del male lo affronteremo! Niente più invisibilità. Abbiamo il Sym con noi, che diavolo!”
Gigliola girò intorno al tavolo e lo abbracciò. 
“Ah sì, e un'ultima cosa: il mio ospedale non è un buco alla fine del mondo. E' un posto dove stanno accadendo cose fantastiche, e stiamo provando anche a contrastare il Benedetti. 
E te volevi dirmi qualcosa?”
Niente, grazie, grazie Paolo!” Quando fu sulla porta Gigliola notò che quella mattina sembrava più alto e più giovane. Lo chiamò. 
“Sì, che c'è?” Disse lui.
Ti rendi conto che stamani mi hai detto l'esatto contrario di ieri sera?” 
Avrò pure il diritto sacrosanto di cambiare idea, no?”
E questo cambiamento repentino ha qualcosa a che fare con il senso della vita?”
Ma che dici?”
Ieri sera hai detto che ti sfugge il senso delle cose..”
Ah! Quello mi sfugge anche stamani!”
E allora deve essere come penso io, cioè che il senso della vita è di viverla, e non di chiudersi come in una tana di rospo foderata di paure.”
Bel pensiero! Solo tuo o?...”
Mio e del mio SYM.”
Immaginavo.”
Paolo uscì di casa a passo di marcia, o almeno sembrava.
Gigliola rifletté, mentre sparecchiava le poche cose della colazione. Paolo era cambiato tanto dal 21 dicembre 2012. Anche lei era cambiata, ma tutti e due cedevano ogni tanto a brutti pensieri (Paolo) o ad un eccessivo entusiasmo, lei. Ora Paolo le aveva dato la libertà di fare ciò che voleva e pensava giusto, ma era lei ad esitare. Prenderò tempo, si disse, intanto Nthanda comincerà ad aiutarmi con i bambini, se le va, le dirò che per questo non posso pagarla, sono una volontaria anch'io!
Nthanda aderì alla proposta con entusiasmo e elaborò un programma di cose da fare per il doposcuola. Quando fu pronto lo illustrò a Gigliola: era molto ambizioso, riuscire a fare quelle cose sarebbe stato bello, ma mancavano le persone adatte e anche un po' di soldi. Gigliola ci pensò su e telefonò a certe sue compagne del liceo, insegnanti in pensione, professioniste, e amici di Giulia. Ricevette in risposta alcuni no grazie e alcuni sì piuttosto entusiasti. Il doposcuola si arricchì di una storica, un violinista insegnante di musica, una pittrice, un'esperta di calligrafia cinese, un professore di matematica e un erborista.
Nthanda adattò il suo programma alle nuove abilità e partirono, non accompagnati, ma preceduti dai ragazzi entusiasti. Passeggiate in campagna con raccolta di fiori e erbe furono seguite dalla catalogazione, realizzazione di un erbario, disegni dal vero, studio delle qualità erboristiche, piccoli concerti in mezzo ai prati, organizzazione di un coro, gite ai musei della zona, ai monumenti, alle tombe etrusche ... Il gruppo di “insegnanti” volontari si amalgamò e iniziò a lavorare in armonia. 
Gigliola disse ad una di loro che era imbarazzata di non poterli pagare, quella rispose “Scherzi? Erano anni che non mi divertivo in questo modo!”
A conclusione di questo Gigliola si convinse definitivamente e telefonò a Giulia che si trovava ancora a Londra per dirle che aveva l'intenzione di far venire Nthanda nella casina. Giulia non aveva nulla in contrario, neanche un po' di gelosia, pensò Gigliola, però le chiese gli estremi di Nthanda, nome cognome e luogo di nascita. Giulia in Inghilterra si occupava di questo: informazioni. Gigliola propose a Nthanda di venire a vivere nella casina. Lei accettò con gioia.
 

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In questo capitolo arriva padre Giulio. Padre Giulio mi serve a ragionare sul sentimento religioso e la Novità che sempre si presenta nella vita.

seconda metà di giugno 2013: ALLE CELLE


Era da poco finita la scuola e una mattina di giugno Gigliola e Paolo, col signor Berti e un paio degli insegnanti volontari, accompagnarono i ragazzi a visitare Le Celle. Le Celle è un monastero fondato da San Francesco che si trova poco sopra Cortona, un luogo sorprendente, ma nonostante sia vicino alla Chianella, molti bambini non c'erano mai stati. Arrivandoci sembra di trovarsi all'improvviso in Tibet o in Ladakh. Le casette dei frati sono costruite intorno ad una forra di grandi rocce in cui, nella stagione favorevole, scorre un piccolo torrente. Alle Celle in quel periodo viveva un giovane frate con la passione della pittura che era stato a scuola con Giulia, da ragazzo: padre Giulio, che ricevette con gioia i bambini. Li guidò nella visita, parlò con loro e poi, quando si sparpagliarono a giocare lungo il ruscello, si sedette con Gigliola.
"Allora, Giulio, sei felice qui?” gli chiese lei.
A Gigliola, forse perché aveva il nome e l'età di sua figlia, pareva di parlare con un nipote o un figlio. Il viso di frate Giulio si oscurò. 
“Sì, certo, ma c'è una cosa che mi turba tanto...che però vedo che voi accettate così serenamente..ne parlo con lei perché ci conosciamo da tempo e qui, non so con chi confrontarmi...”
E cioè?” fece Gigliola curiosa.
Questo parassita...mi spaventa.”
Oh...ma perché? Non fa niente di male, non vedi, ce l'abbiamo quasi tutti, alla Chianella, e...come posso dirti? Tutto è migliorato, la salute, e anche i rapporti fra le persone. Insomma; non voglio dire che sia una cosa miracolosa...restano tanti problemi, anzi.. sono quasi tutti aperti. Ma c'è tanta speranza di risolverli. E' come se avessimo cancellato dal vocabolario la parola rassegnazione.” 
Intanto Paolo si era seduto sulla panca, accanto a loro, al limitare del prato.
Disturbo?” chiese.
No, no, dottore, anzi.. stavo dicendo a Gigliola della mia difficoltà ad accettare la presenza del parassita..”
Che tipo di difficoltà?” chiese Paolo interessato. 
Ah, ehm..di tipo..religioso, intellettuale, teorico..insomma: le Scritture non hanno mai previsto l'arrivo di una creatura dallo spazio!
Ed è una creatura che interviene nel modo di approccio alla realtà, che fa sentire amati, fa emergere le parti migliori, le qualità; favorisce, come diceva lei, Gigliola, le relazioni umane e perfino la correttezza delle relazioni...”
E il problema dove sta?” domandò Gigliola.
Proprio qui! - esclamò Paolo- Nel fatto che padre Giulio considera il parassita come uno scivolo verso la santità...- Paolo rise - una facilitazione immeritata, che non ci siamo guadagnati, che non trova collocazione e sistemazione nella dottrina...o sbaglio?”
Qualcosa del genere. - il giovane si sforzava di spiegarsi – La sua presenza cambia le carte in tavola, modifica certi presupposti della fede, o forse no, forse semplicemente è una novità che disorienta, che ...sposta i punti di riferimento...Questo da un punto di vista generale, ma poi c'è l'aspetto personale..”
Capisco- disse Paolo- perché tu hai il SYM, vero?”
Oh... – il fraticello arrossì. -Si vede tanto?” Chiese guardandosi intorno come se qualcuno potesse scoprire il suo segreto.
Non preoccuparti, lo nascondi molto bene. Ma non dimenticare che sono un medico, sono abituato a valutare i segni. Noi due, mia moglie e io, siamo stati fra i primi a prenderlo. E poi il mio SYM se ne è accorto subito.” Paolo era intenerito dal giovane.
“Con voi sento di poter parlare. - Padre Giulio abbassò la voce - Mi sembra quasi come se fossi fidanzato.”
Sembrava una cosa buffa, ma negli occhi gli si leggeva la paura. Gigliola lo guardò con curiosità affettuosa.
Immaginate, vero?, che per un frate giovane sia possibile provare attrazione verso le ragazze, altrimenti non saremmo umani...ma io ho fatto voto di castità e non ho difficoltà a tenergli fede. Però sono stato contagiato. Da quando è successo mi sento amato, coccolato e curato, come se mi fossi innamorato e fossi ricambiato, ma non potessi dirlo a nessuno. Ho questa creatura con cui ho un rapporto amoroso e devo far finta di niente, mi capite?”
Perché, qual è la posizione ufficiale della Chiesa su questa faccenda?”
Lo sapete anche voi, la Chiesa prima di assumere una posizione, giustamente, osserva...prende molto tempo e ora sta osservando l'evoluzione. Una posizione ufficiale non c'è, direi che ce n'è una ufficiosa.. secondo loro si tratta di un contagio che ha delle conseguenze sul sistema nervoso e produce effetti di benessere quasi come una droga..”
L'ho pensato anch'io, i primi giorni.” Disse Paolo sorridendo.
Io sono preparato all'eventualità di innamorarmi, so come reagire, mi metterebbe in difficoltà, ma la saprei gestire...questa cosa qui, invece, non son stato capace di rifiutarla, di allontanarla da me! E' arrivata e l'ho ...subita, e accettata, forse. Il nostro padre superiore prima ha detto che si trattava di un contagio, come un virus, una malattia, poi però considera chi l'ha preso responsabile, come se si fosse infettato volontariamente, e non è così! Disapprova chi ha il SYM! Ma se fossimo malati di lebbra, che colpa ne avremmo? E' la stessa cosa. Per questo cerco di non farmene accorgere. Mi sono inventato di averne preso una forma lieve...”
Paolo scoppiò a ridere.
Non esistono forme lievi di SYM!”
Ecco, infatti io, da quando ce l'ho, dico anche tante bugie e non è una bella cosa!”
Paolo scosse la testa “Direi che hai ragione: ci sono questi due aspetti che dicevi tu. Quello generale, per cui forse conviene regolarsi ricordando gli altri casi in cui la dottrina della Chiesa fu messa in discussione. Per esempio mi viene in mente il passaggio dalla visione geocentrica a quella eliocentrica che ha portato a rendersi conto che non siamo al centro dell'universo, ma al margine di una delle tantissime galassie...Anche quell'aggiustamento culturale fu doloroso. Ora quelle nozioni sono state integrate, anche se è rimasta una certa diffidenza nei confronti della scienza senza briglie..senza limiti etici. Diffidenza spesso condivisibile. E in fondo per la chiesa non è cambiato granché: Gesù viene sempre per salvare il mondo, ma ora sappiamo che potrebbero esserci molti mondi come il nostro...che racconteremmo agli abitanti degli altri mondi se li potessimo incontrare? Ecco che arriva davvero qualcuno da un altro mondo, questo essere di scaglie che ci si attacca addosso come un'altra pelle...cosa gli raccontiamo, qual è il succo della buona novella di Gesù? Forse è questo che la Chiesa dovrebbe chiedersi? E non dimenticare che la cosa vale per tutte le religioni. D'altra parte questo essere sembra sappia molto più di noi riguardo all'amore universale...Poi c'è l'aspetto personale. Ma, benedetto frate, che responsabilità hai tu se hai preso il SYM? E' come hai detto, in fondo è un innamoramento, se conosci il concetto di Affinità..”
Affinità? Certo che lo conosco..”
Ma non conosci l'Affinità SYM. L'Affinità SYM è una specie di superconcetto che comprende molte cose...Ti suggerisco una cosa: lasciati andare, parla col tuo SYM. Capirai presto che non è una fidanzata, è un essere che ti ama, che ama ogni creatura vivente con cui viene a contatto, che sceglie per Affinità, e ama l'umanità in generale, anche se questo mi resta a volte difficile da capire.. è un essere razionale e ti farà capire molte cose, troverete insieme soluzioni e modi di comportamento. Non lasciarlo in silenzio; lui, la creatura, ha pazienza, ha tutto il tempo del mondo, ha fatto un viaggio di migliaia o centinaia di migliaia di anni terrestri, non lo sappiamo, e può aspettare, ma tu no! Tu hai bisogno di aiuto ORA e lui, il tuo SYM, te lo può dare: insieme ce la farete, da solo sarebbe molto difficile. Affidati, abbi fede, prova a pensare che se il tuo Dio ha permesso che il SYM arrivasse da te ci sarà pure qualcosa di buono ...”
Si stava avvicinando un frate più anziano e Giulio arrossì, si alzò subito in piedi e gli presentò Paolo e Gigliola. “Questi signori sono i genitori di una cara amica che fu mia compagna di scuola al liceo... parlavamo di quei tempi lontani..”
Oh bene, bene..”
Il frate si allontanò con una benedizione e Giulio disse “Sentite quante bugie dico? Un pessimo segno!”
Ma no!- disse Gigliola - E' solo uno smarrimento temporaneo.”
Padre Giulio sorrise: “Vi devo ringraziare tanto! Credo che oggi Dio mi abbia mandato voi come un dono...mi avete parlato con una dolcezza che non trovo fra i confratelli, sono tutti piuttosto impauriti dal SYM e non sanno darmi aiuto, anche se mi vogliono bene.” Si abbracciarono e i loro SYM si fusero e tornarono sui propri ospiti, che era un modo tipico del SYM di incontrare i propri simili.

In auto, tornando, Paolo e Gigliola erano soli, i ragazzi erano saliti sui due pulmini per stare insieme. Paolo disse che gli dispiaceva aver trovato Giulio così disorientato: certo che la chiesa non aiutava chi aveva preso il SYM. La chiesa era composta, in teoria, da uomini di fede, eppure in casi come questi si arroccavano su vecchie posizioni per paura del nuovo. Ma se avessero davvero fede penserebbero che anche queste novità vengono dal loro Dio onnipotente e sarebbero sereni e fiduciosi. Invece manifestano solo la paura di vedere crollare l'edificio teorico che sostiene la struttura. Gigliola lo guardò con affetto:
Ma come sei bravo, Paolo! Ogni tanto, da quando abbiamo il SYM, scopro nuove cose di te che mi fanno sentire più fortunata per essere tua moglie...sei stato così gentile con Giulio, così capace di entrare in sintonia!”
Paolo brontolò qualcosa.
”Non capisco cosa dici..” disse Gigliola.
Ho detto che non mi piacciono i complimenti.. Chi credevi di aver sposato, lo Yeti?”
Ma no! Solo che oggi eri tanto diverso dall'altro giorno quando gridavi col Benedetti!”
E te che ne sai?! “ Fece Paolo sorpreso.
 Gigliola si sarebbe mangiata la lingua.
”Ho sentito per caso la conversazione in ospedale..non avevi spento il cellulare!”
Ah. Con quello lì l'empatia non serve. Ero certo che nessuno avesse ascoltato e invece no. Mi sono fregato da solo...non avevo spento il cellulare, dici? Per fortuna che c'eri tu al telefono...era un colloquio molto privato. E' che sono stufo di stronzate. Sì sono proprio stufo di discorsi su ciò che è opportuno...questo è opportuno, questo non lo è. Significa solo che una cosa fa comodo o scomodo a qualcuno che ha potere e a me, a noi gente normale, non resta che abbassare la testa.”

SYM 22

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 In questo capitolo si parla di traslochi. Quanto può essere difficile un trasloco? Anche se qualcuno ha girato mezzo mondo, appena trova un luogo da chiamare casa, per quanto scomodo, gli rimane subito difficile separarsene.
Si parla anche di razzismo, prendendolo molto alla larga. Tutto questo attraverso la figura di un bambino molto lungo e molto nero. 
I primi tempi che vivevamo qui girava per il paesino un trio di ragazzini: uno "nativo" del posto, biondo dalla pelle chiara, uno indiano Sik e uno africano, molto lungo e molto nero. Amici per la pelle per anni. Ora che sono cresciuti non li vedo più, credo che le due famiglie straniere si siano trasferite.

ABU

Abu era il figlio di Nthanda, aveva nove anni ed era un ragazzino magro e lungo, molto nero. Era talmente lungo che a vederlo sembrava una marionetta scoordinata e sua madre lo chiamava anche Dede, che in swahili vuol dire cavalletta. Sembrava abbastanza allarmato dal fatto di cambiare casa. La casina che avevano messo a disposizione Paolo e Gigliola gli piaceva, era graziosa e circondata dal giardino, ma la “stamberga” era stata la prima vera casa da anni e faceva fatica a lasciarla. Si sentiva in pericolo e inquieto. Un pomeriggio Gigliola gli chiese di andare con lei al fosso della Chianella, per fare una passeggiatina.

Può venire con me, mamma Nthanda?” chiese Gigliola, e ottenuto il permesso dalla mamma andarono insieme. Faceva tanto caldo e si sedettero lungo il rio in un punto che a Gigliola piaceva molto, all'ombra di un ontano, in una curva dove l'acqua era più profonda. Era molto bello, se non si consideravano le zanzare e i tafani che ronzavano continuamente intorno posandosi su di loro senza riuscire a bucare la pelle che il SYM aveva reso impenetrabile, ma era lo stesso molto fastidioso, perché, non trovando altro accesso, venivano tutt'intorno alle narici, agli occhi e alle orecchie, dove la protezione SYM era meno spessa. Continuavano a scacciarle con le mani.
Gigliola disse: “Sei contento di venire a vivere qui? Non cambi molto, sei vicino al paese lo stesso...”
Sì.” Rispose serio il bambino strappando fili d'erba con una mano e con l'altra allontanando gli insetti.
Cos'è che non ti piace? Perché si vede bene che qualcosa non ti piace, sai?”
Non mi piace che la mamma lavori.”
Ah. E perché?”
Nei posti dove siamo stati le mamme non lavoravano, lavoravano i babbi. Le mamme facevano da mangiare e stavano con i bambini. Nessuna lavorava.”
Ma la tua mamma ha lavorato, se non in questo lungo periodo che ha dovuto fuggire da tanti pericoli. E tu il babbo non ce l'hai, quindi è lei che deve lavorare. “
Sì, ma non mi piace che faccia i mestieri da te. I bambini dicono che è un brutto lavoro, dicono che è fare la serva. ”
Oh!” -disse Gigliola e rimase per un po' senza parole. Poi disse: “Proverò a dirti quello che penso, ma devi stare attento, perché è un discorso da persone grandi, non da bambini. Sei pronto ad ascoltarlo?”
Sì...” disse Abu, un pò intimorito.
Tu sei un bambino un po' speciale, perché all'età tua non tutti hanno visto quello che hai visto tu, o hanno vissuto nei campi profughi, o tutte le cose che sono capitate a te e alla mamma e io ancora non so... magari ce le racconti un po' per volta, a me e agli altri bambini.. che ne dici?”
Forse.” disse Abu.
Comunque tu sei un po' speciale e anche la tua mamma lo è. Scommetto che pochissime mamme che hai incontrato erano intelligenti come la tua. Il tuo babbo non c'è più e lei ha dovuto fare da mamma e da babbo. Ora siete qui e qui per vivere si deve lavorare, ma la tua mamma lo faceva già in Africa. Lo faceva in un posto dove le donne lavorano quasi solo in casa, per la famiglia. E allora qualche volta sono quasi schiave. Serve, come hai detto tu. La tua mamma in più, ha studiato. Studiare fa la differenza, una donna che ha studiato non sarà mai una serva. E lavorare si deve. Altrimenti si vive di elemosina.”
Cos'è elemosina?”
E' quando altri ti danno soldi, ma tu non li guadagni, li devi chiedere. Non guadagni il tuo diritto di avere soldi per vivere, dipendi da altri che potrebbero non darteli più, magari per darli a qualcuno che ha più bisogno di te. Forse non ti danno mai quanto ti serve.”
Mmmhh..”fece Abu rimuginando. Gigliola si disse che gli stava dicendo troppe cose, alcune delle quali non erano facili da spiegare. Chissà se riusciva a cogliere il significato del suo discorso?
Vedi, io ho solo questo lavoro da offrire, quello di fare le pulizie. So che la mamma può fare molto di più, ma non ho un'Università, solo una casa. E la tua mamma dovrebbe lavorare in un'Università o in una scuola, come faceva all'inizio in Africa. Ma lei vuole lo stesso questo lavoro, perché vivere senza lavorare fa male, ci si sente inutili, ci si sente di non valere e di non guadagnare il denaro che ci serve. Forse capirai meglio da grande, ma intanto mi devi credere. Perché l'ho provato anch'io. Alla fine di una giornata di lavoro, qualunque lavoro onesto, ci si sente bene e in pace, di aver fatto qualcosa di buono per se stessi e per tutti gli altri. Il lavoro ti collega col resto del mondo, un po' come fa il SYM: hai presente?”
Ah!” fece Abu più attento. Poi disse:
Sì, ma i bambini mi dicono muso nero figlio di serva.” 
Questi bambini sono veramente....meglio non dire la parola che ho sulla punta della lingua! -esclamò Gigliola. - I bambini sanno essere molto crudeli, a volte. La tua mamma non è affatto una serva, è una donna che lavora. Ora mi aiuta anche nel doposcuola e lì è una maestra, un'insegnante... lo vedrai da te se verrai con noi. E la tua pelle ha un bellissimo colore. Meglio della mia. Non lo vedi?" Disse Gigliola accostando il braccio a quello di Abu.
Non lo so... ma io, anche se mi chiamano così, non voglio più andare via di qui. Qui ci sono i miei amici, quelli che mi vogliono bene, i compagni di scuola. Io da grande voglio fare il contadino, come il nonno del mio amico Gino.”
E perché vuoi fare il contadino?”
Perché ha detto il suo nonno che il contadino non va mai via, non va nemmeno in vacanza, ha sempre delle cose da fare, le mucche, i conigli, le galline, il campo e l'orto. Voglio fare quello e stare sempre in un posto!”
Eh sì.. -pensò Gigliola- Quel bambino ne aveva avuto abbastanza di viaggi, permanenze in campi profughi, spostamenti con mezzi di fortuna...Aveva bisogno di pace e stabilità.”

Nei giorni seguenti si misero in moto parecchie cose. Gigliola e Nthanda imbiancarono la casina, e i genitori di alcuni bambini del doposcuola le aiutarono. Gigliola si divertì moltissimo a scegliere in casa propria dei mobili da mettere nella casina, che non era del tutto arredata. Poi si accorse che stava esagerando e disse a Nthanda di continuare da sola, di aggiustarsi come voleva, che in quella casina doveva starci lei col suo bambino. Quando Gigliola andò a prendere le poche cose di Nthanda alla stamberga, come la chiamava mentalmente, trovò che invece era diventata un alloggio grazioso. Suggerì alla Cristina di assegnarlo alla famiglia di Chen, che viveva con molti altri parenti e che fu felice di andare a stare per conto proprio. Pare che non vedessero l'ora, avevano l'intenzione di andare a vivere a Prato, per allontanarsi da quella famiglia opprimente. Al posto loro arrivarono altri parenti cinesi. “Il mondo si muove!” Pensò Gigliola.

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DAVIDE


Davide conosceva Giulia dall'università. Era passato parecchio tempo. Giulia era diventata famosa per un po' come una delle prime ospiti del parassita, ma l'interesse era sfumato e svanito nel contenitore della memoria mediatica, che tutto digerisce rapidamente. Troppo rapidamente. Davide si era chiesto perché le cose fossero state dimenticate, se non ci fosse una volontà occulta di calare il sipario su quella storia che all'inizio era apparsa come un cambiamento epocale. Aveva chiesto a Giulia di intervistarla per una radio e un sito web con cui collaborava. 
“Stupido - aveva detto lei - cosa vuoi intervistare? Sono sempre la tua amica e non vedo l'ora di incontrarti.” 
Si erano dati appuntamento in un bar di Piazza della Repubblica, si sarebbero seduti ad un tavolino di un bar all'aperto, come avevano sognato di fare da studenti tante volte e avrebbero parlato come gli adulti senza problemi economici che vedevano sedersi lì da ragazzi. Un caffè, in quei bar, costava almeno tre volte che altrove. Era curioso di vedere che effetto gli avrebbe fatto rivedere Giulia, e doveva concentrarsi sulle domande che aveva preparato, cosa voleva dire avere addosso il parassita, rabbrividiva al pensiero, lui non l'aveva preso, nonostante fosse stato a contatto con dei contagiati, ed era molto meglio così. 
O almeno lui ne era convinto. Se non era cambiato nulla Giulia avrebbe avuto almeno dieci minuti di ritardo. Si guardò intorno, la vide arrivare, era in orario! E stava parlando al telefono, il vento soffiava contro il vestito e le scompigliava i capelli biondo scuro con il caratteristico riflesso luccicante del parassita... gli sembrò bellissima. Nei pochi attimi che trascorsero finché lei gli arrivò accanto Davide pensò alcune cose: che era bellissima, ma “diversa”, in qualche modo aliena, come non appartenente a tutto il resto della scena, anche se qua e là altre persone erano come lei. 
Che lui, Davide, era ancora un po' innamorato di lei ed era bastato vederla per capirlo. 
Che gli faceva paura. Sì, gli faceva un po' paura. Giulia chiuse il telefono, buttò la borsa sulla sedia, aprì le braccia e lo strinse forte, mentre gli diceva come fosse stato imbarazzante arrivare fin lì sempre sotto gli occhi della scorta che Alan le aveva fatto assegnare, che non si sentiva più così libera come quando erano ragazzi e passavano di qua senza mai sedersi ai tavolini... poi lo guardò in faccia e gli disse “Dio come sono felice di essere qui!” e si sedette di schianto. Questo sedersi di schianto era abitudine di Giulia, ma questa volta Davide notò che lo “schianto” non era avvenuto, che era come volata sulla sedia, con una grazia che non ricordava.
Davide le chiese se voleva ordinare qualcosa al cameriere che si stava avvicinando. 
“Un gelatone? Che dici?” Dopo qualche minuto due coppe di gelato col ricciolo stavano sul tavolino, mentre loro avevano cominciato a chiacchierare: Giulia che raccontava l'arrivo del SYM, Davide che chiedeva se non si sentiva ormai diversa da tutti gli altri esseri umani.
Ma certo che mi sento diversa! Sono diversa! Nel mio sangue sono presenti particelle luminose, le mie ossa sono rinforzate e rese più elastiche e resistenti agli urti, la mia pelle è mille volte più efficiente di prima, e oltretutto luccica debolmente... ti basta?”
Ma sei ancora umana?”
Non mi vedi? Ti pare che mi scappi qualche tentacolo da sotto il vestito? Benché potrebbe ...Guarda un po'..”
Col gioco delle figure di polvere fece spuntare un piccolo tentacolo dall'orlo del vestito. Davide, con gli occhi spalancati per lo stupore, le fece segno di smettere, la gente li guardava già con interesse. 
Giulia rise e il suo riso era completamente umano e uguale a quello che ricordava. Davide era perplesso e imbarazzato. La guardava e pensava che era ancora e sempre la sua Giulia con qualcosa in più, ma niente in meno, niente di particolarmente inquietante, a parlarci, se non questo non so che di alieno che permaneva... glielo disse. Lei raccontò.
I primi giorni era un dialogo ininterrotto, interno, fra me e “lui/loro”. E' strano sentirsi abitati da qualcun altro...”-Davide rabbrividì-” ..ma con un grande rispetto, qualcuno che vuole il tuo bene.. Io l'ho accettato subito e gli ho chiesto di farmi sentire i pensieri degli altri, di connettermi con il resto del mondo.”
E l'ha fatto? Come è stato?”
Non ti puoi immaginare. Io credo che mi sia arrivata come un'eco, perché lui/loro funzionano come antenne, che captano tutto, senza scegliere... credo. Pensi che le persone ti passino pensieri importanti, ma la maggior parte, colti in un qualsiasi momento, pensano solo che hanno fame, paura, che gli scappa la pipì o la cacca, che stanno facendo tardi, che soffrono, pensieri così banali, e orientati sulla sofferenza... e poi è un muro di voci, terribile. Sono svenuta. Ha imparato da me, e si è ritirato da me, c'era ma era in completo silenzio, senza connessione con il sistema neurologico. Lo può fare, se vuole, come anche può lasciare l'ospite, o saggiare e non entrare. Sai quelli che lo desiderano ma non ce l'hanno? Penso che siano loro che in realtà non lo vogliono. Non so bene, ma credo che vada dove l'ospite ha un buon rapporto con se stesso. Con ospiti che non si danneggiano, intanto. Non va dove c'è uso di droghe o alcol. Mio padre ha smesso di fumare, con il SYM. E' quella che chiamiamo l'Affinità. Comunque starne senza è terribile, dopo che l'hai provato e avuto con te. Ora c'è, ma non apre mai i miei canali verso l'esterno, non sono ancora pronta. Provo a dirti... è come se potessi all'improvviso parlare con la tua anima e la sentissi sempre viva e presente. Rinunceresti a questo?”
 Davide era in allarme. Giulia gli sembrava il personaggio di un film di fantascienza, un brutto film in cui alieni senza forma avevano preso possesso dell'umanità e glielo disse. 
“ Non posso evitare di provare ribrezzo, perdonami se te lo dico apertamente. Ribrezzo e paura. Che ne sai che quest'idillio fra te e quella... “cosa”... non finisca all'improvviso e ti trovi in suo possesso, finita tutta la tua libertà di scegliere, finito... finito il genere umano, una lenta, subdola invasione?”  
Lei lo guardò con uno sguardo intenso, le sopracciglia aggrottate. Lui disse: “Che c'è, qualcosa non va?”
Cerco le parole adatte.” Disse lei.
Mettiamola così: se fosse accaduto cinquemila anni fa. Prova a pensare a questo. Oppure diecimila anni fa. Ora sarebbe normale, forse tutti avrebbero il Sym. Il Sym e l'uomo sarebbero una coppia inseparabile, simbionti, capisci? La storia avrebbe avuto un altro svolgimento, che possiamo difficilmente immaginare. Forse non ci sarebbero state guerre tanto sanguinarie, non ci sarebbero stati le due guerre mondiali e i campi di concentramento … forse. Per come vivo io col Sym ti dico che è molto probabile. Ma soprattutto ora il Sym sarebbe la normalità.
Prova a pensare adesso che una cosa del genere, diversa ma simile, potrebbe essere già successa. Poni che prima dell'epoca storica ci sia stata una o più mutazioni indotte da elementi esterni, radiazioni solari anomale, un microrganismo, magari un batterio, che ci ha fatto cambiare e diventare quello che siamo ora. Questo tu non lo sai, né io né te lo possiamo sapere, ma potrebbe essere successo, anzi, è successo certamente, moltissimi piccoli eventi che causano il cambiamento e noi siamo qui, siamo quello che siamo, grazie a quegli eventi, non più solo primati ma uomini.” 
La mente di Davide era in ebollizione.
Tu dici che dobbiamo accettare il Sym, come lo chiami te, come un fenomeno naturale, né più né meno di un evento cosmico che se fosse accaduto migliaia di anni fa avremmo subito senza porci domande e ora, invece ci inquieta?”
No, - disse Giulia- migliaia di anni fa ne saremmo stati terrorizzati, come ora, come te adesso. Ne hai un' enorme paura.”
Perché? -Davide alzò la voce, ma la riabbassò subito guardandosi intorno- Ho torto secondo te? Dico stupidaggini? Ci stanno invadendo, neanche li vediamo, sono scaglie di silicio sulla pelle e parlano con le nostre menti, potrebbero essere l'avanguardia di un esercito di alieni spaventosi e secondo te non c'è da aver paura? Ma come ragioni? Vedi che sei posseduta?”  
Giulia lo guardò con affetto e si abbandonò sulla sedia. Gli voleva bene eppure era così difficile comunicargli ciò che viveva. Come aveva detto Alan? Che lei era l'araldo del SYM. Invisibile, doveva essere invisibile e lasciare tempo al SYM di aggiustare le cose.

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IL SIGNOR BARBETTI

Il bar della Chianella come ogni pubblico esercizio della più sperduta campagna si era dato un nome esotico. Questo alludeva alla furbizia, Foxy bar. Fra i nuovi avventori ce n'era uno che si sedeva al più interno dei quattro tavolini e guardava spesso sia l'orologio da polso che l'ingresso del locale, come se stesse aspettando una persona o una chiamata. Era un omino piccolo e di media corporatura, vestito di abiti insignificanti, con pochi capelli molto lisci e brizzolati pettinati col riporto a coprire la calvizie. Aveva una faccia qualunque e chiunque, dopo averlo visto, se lo sarebbe subito dimenticato. Però sorrideva molto, con un sorriso aperto che infondeva fiducia, quando non guardava preoccupato l'orologio o il telefonino. Ogni tanto gli arrivava un messaggio, e dopo uno di questi messaggi si alzava di fretta, pagava e usciva. Capitava al bar tre volte alla settimana. Il barista, dopo la seconda volta, si era informato. “Fretta, signore?”
Sì, grazie, un appuntamento di lavoro. Ci vedremo spesso, questa è da poco la mia zona, sono un rappresentante.” 
Il barista non avrebbe saputo dire che accento avesse, sicuramente non era del posto e neanche di Arezzo.
C'era anche una signora strana, che guardava tutti con aria ossessiva, quella che aveva parlato con la Giulia del dottore. Povera donna, chissà che aveva per la testa, si diceva il barista, ma insomma, fra questi due che venivano spesso, altri che capitavano per il doposcuola della signora Giusti e i clienti dell'agriturismo, oltre ai soliti che capitavano per l'ospedale, il bar si era ripopolato e il barista era contento. Sembrava che la gente avesse ritrovato la via della Chianella. Il signore piccolo disse di chiamarsi Barbetti, ragionier Barbetti, Sergio, disse al barista, mi chiami Sergio. Un pomeriggio attaccò discorso con la donna strana. Si presentò e le disse qualcosa sul tempo, che era bellissimo.
Quella rispose sgarbatamente, continuando a fissare la porta del bar. “Bello, -disse- sarà anche bello, ma chissà che estate infernale ci aspetta, con questo clima impazzito. Per fortuna io sono come una lucertola, il caldo mi piace, peggio per tutti gli altri.” 
L'uomo le sorrise approvando, aveva in mano un telefonino di ultima generazione e scrisse qualcosa. La donna non poteva vederlo, lui scrisse: solitaria, aggressiva.
Davanti al bar passò l'africana che lavorava dai Giusti e la donna sogghignò. Il ragionier Barbetti le disse, gentile: “Non le piace?”
Chi, non mi piace?” disse Daniela sulla difensiva.
Quella donna nera?”
A me mi piaccion tutti e non mi piace nessuno. Quel colorino perla le sbiadisce la pelle nera, non pare anche a lei?” 
L'uomo sorrise, mite, e le chiese se poteva offrirle qualcosa. Un caffè?
Figuriamoci! Chissà come lava le tazzine, quello lì! No no! Qualcosa bisogna prendere per star qui dentro- disse a voce più bassa- ma io non mi fido, alla fine, sa che prenderò? Un succo di frutta alla mela, che è il frutto più sano...con la roba confezionata si rischia di meno. Basta non bere alla bottiglia, non avere contatto col vetro esterno. Ci vuole una cannuccia.”
L'uomo ordinò il succo di frutta con la cannuccia e scrisse: paranoica. La donna bevve il succo di mela e il ragionier Barbetti si alzò e la salutò: “Ci incontreremo ancora – disse - io sono qui spesso, ho perso il mio lavoro di ragioniere e ora faccio il rappresentante in questa zona...” Nei giorni seguenti il signor Barbetti incontrò di nuovo Daniela e cominciò a tessere la sua tela. Aveva teso le reti anche in altri posti, ma immaginava che il raccolto sarebbe stato buono solo lì, vicino alla casa dei Giusti. Quella donna era l'ideale. Aggressiva, paranoica, fobica... bastava questo. Mentre l'aspettava guardò il ragionier Barbetti, cioè la propria immagine riflessa nel vecchio specchio del bar, che doveva risalire agli anni cinquanta, perché c'era una scritta con la pubblicità di una bibita fuori commercio da tanto tempo. Sorrise al ragionier Barbetti, la sua ultima creazione, con un sorriso buono che ispirava fiducia. Ricordò il testo di diritto privato dell'Università: la diligenza, o il comportamento, del buon padre di famiglia. Eccolo là, il ragioniere “buon padre di famiglia”, che aveva perso da poco il lavoro e faceva il rappresentante per mantenere i figli disoccupati. 
Dentro di sé gongolava: gli piaceva interpretare i suoi ruoli, se li inventava da solo, si metteva allo specchio e creava il personaggio. Il barista lo vide e pensò ”Pover'uomo, si sorride da solo, una brava persona..”
Entrò Daniela. La salutò affettuoso, facendole segno di sedersi sulla sedia vicino a lui, ormai erano in confidenza, era una donna molto diffidente, difficile, a volte dubitava di poterla manovrare, ma la sfida era quella, il suo lavoro non era mai facile, mai scontato.
Era evidente che aveva terrore del contagio.
Mi scusi se glielo dico, se oso intromettermi, ma … che ci viene a fare qui? -chiese il ragioniere, premuroso- E' proprio qui che c'è stata la maggioranza dei casi di SYM, è un centro di diffusione! Non se ne parla, perché si vuole evitare il panico...”
Perché, - disse Daniela allarmata- c'è qualche novità?”
No, per ora niente, poi che vuole che ne sappia, faccio il rappresentante e passo di qui, mi fermo al bar perché mi hanno assegnato questa zona, gliel'ho detto, ma non sono un esperto...certo è chiaro che vogliono stendere una cortina di fumo su tutta la faccenda... anch'io sono un padre di famiglia, e sono preoccupato per i miei figlioli, oltre alla crisi economica ci voleva anche questa storia del contagio.” Tirò fuori dal borsello un paio di foto di due ragazzi e di una donna, una donna qualsiasi, sorridente. I miei figlioli e mia moglie, disse, riponendo religiosamente le foto. “Non si finisce di preoccuparsi e non ci vogliono informare sugli sviluppi. - abbassò molto la voce- Dal mio punto di vista, non so lei come la pensa, magari è favorevole al SYM, io sono molto preoccupato e penso che avrebbero dovuto eliminarli tutti all'inizio...Brutto da dire, meglio non farsi sentire, ma è così.”
Daniela lo scrutò diffidente, aveva trovato uno che la pensava come lei. Allora non sono matta! Al diavolo la dottoressa Ridolfi!

GIULIA

Giulia viveva con Alan a Londra, in una casa molto piccola in un quartiere periferico. In casa, però, stavano pochissimo, il tempo trascorreva quasi per intero al lavoro. Ufficialmente Giulia si occupava di traduzioni. Non si sarebbe mai immaginata di finire a lavorare nell'Intelligence e passare le giornate ad ascoltare o leggere conversazioni trascritte da altri e tentare di ricavarne informazioni utili. Si stava facendo un'idea delle cose: c'era un mucchio di gente che non amava “il contagio”, come ancora veniva chiamato da quelli che non l'avevano preso. Non amavano l'idea che ci fosse questa nuova cosa per cui le persone sentivano meno freddo e caldo, si ammalavano di meno, anzi certe malattie, nella popolazione contagiata, stavano sparendo del tutto; avevano meno bisogno di cibo, e quello che chiedevano era cibo non inquinato, perché il SYM era molto sensibile all'inquinamento, che richiedeva, per utilizzare il cibo e renderlo innocuo e poi utile, molta energia. Nelle zone di infestazione c'era anche stata una diminuzione delle conflittualità sociali, cosa che i produttori di armi avevano giustamente interpretato come una minaccia alla loro attività. Inoltre c'era la questione delle droghe e delle dipendenze: il SYM non andava da chi aveva delle dipendenze, ma c'erano delle eccezioni, e in questi casi le persone guarivano. I trafficanti di droga vedevano minacciata la propria attività nel lungo periodo. Intere categorie di “mercanti” erano in allarme: i produttori di petrolio, di armi, farmaci e droghe prima di tutto. Erano i gruppi più potenti al mondo e agivano continuamente in modo più o meno nascosto per pilotare le cose a proprio vantaggio. C'erano laboratori segreti finanziati dalle mafie e dalla malavita che lavoravano incessantemente per combattere il contagio, laboratori e ricerche di cui non si sapeva niente, l'Intelligence riusciva a raccogliere qualche notizia, come vaghi segnali di un'attività frenetica e tuttavia completamente celata all'opinione pubblica. Erano state registrate con metodi altrettanto segreti e illegali alcune conversazioni fra rappresentanti di gruppi industriali e delle mafie, che erano incerti su come agire, non essendo nota la natura del contagio, per cui non era chiaro con chi o con cosa si aveva a che fare. Intanto però si poteva indirizzare la pubblica opinione, questo sì. Screditando i portatori del contagio, facendoli apparire pazzi o pericolosi. Eliminandone alcuni, creando allarme e paura. Poi c'era stato il giovanissimo coreano che aveva inventato le equazioni di previsione. Ora lavorava anche lui per l'Intelligence. Giulia rifletteva sul fatto che, mentre sua madre alla Chianella metteva su il doposcuola, piena di speranza e buona volontà, altrove c'era chi ci avrebbe buttato una bomba, se fosse stato utile ai propri scopi. Il matematico coreano aveva elaborato una previsione su dove e nei confronti di chi si sarebbe potuto verificare un primo attentato alla vita dei portatori di SYM: sembrava il ritratto della famiglia Giusti e del paese della Chianella, e l'unica cosa che restava misteriosa era l'identità dell'attentatore, di cui si definiva un ritratto vago. Più probabilmente femmina, con una patologia psichiatrica border line, che si sottrae alle cure e vede nel SYM una minaccia per la salute, età fra i 38 e i 53 anni, cultura media, solitaria. C'era una sola consolazione, pensava Giulia, che di posti piccoli come la Chianella in cui era arrivato il SYM all'inizio ce n'erano diversi e non era detto che toccasse proprio a loro.















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 luglio 2013: PASSEGGIARE 


Giulia e Alan passeggiavano tenendosi per mano, in una caldissima serata domenicale. Per sfuggire al caldo opprimente avevano trascorso il pomeriggio nelle vaste sale fresche di uno dei musei che Giulia ancora non aveva visitato, e ora che il calore diminuiva lentamente vagabondavano per i vialetti di un parco cittadino. A vederli da lontano erano belli, semplici e innamorati, nessuno avrebbe detto che i due giovani erano “contagiati” e nemmeno avrebbe immaginato qual era il loro lavoro. Il SYM in loro poteva dissimularsi completamente. 
Giulia disse: “Però non capisco, davvero, Alan, non capisco...questi che noi ascoltiamo, di cui registriamo le conversazioni, che considerano il SYM un problema e vogliono eliminare i Primi, cioè quelli che come noi hanno vissuto l'Arrivo nelle varie parti del mondo, che gente sono? 
Non so: è arrivato qualcuno o qualcosa che può veramente farci cambiare rotta, salvarci dal disastro ambientale che noi stessi, come specie, abbiamo provocato, aiutarci a mettere in campo le nostre migliori energie e tenere sotto controllo le nostre parti peggiori, e anche migliorarci fisicamente, farci sentire meno caldo e freddo, meno fame... e questi vorrebbero distruggere quest'opportunità con l'unica alternativa di correre dritti verso l'autodistruzione...”
Non devi aspettarti di trovarci un senso, sai?” Disse Alan mentre camminava con le mani in tasca e ogni tanto tirava un calcetto a un sasso.
Non c'è senso, io non ce l'ho mai trovato. Prendi i commercianti di droga: lasciano dietro di sé una lunghissima scia di morti, morti ammazzati, morti per la droga, gente che ne dipende e si distrugge la vita, distrugge quella delle proprie famiglie... ma ai trafficanti non interessa. Se poi vai a vedere come vivono, sì, hanno moltissimo denaro a disposizione, ma non fanno una buona vita, finiscono travolti anche loro dal male che creano. Ci sono immersi e non concepiscono un modo diverso di esistere. ”
Non ho mai incontrato gente così, voglio dire che non li ho mai conosciuti.. gente mediocre, sì, ma così ...crudeli e indifferenti alla sorte degli altri, tutti gli altri...”
Già. Indifferenti. Per questa gente perfino la parola amore ha un altro significato, vuol dire solo possesso. Prendi le donne nelle organizzazioni della malavita...”
Sì, o i loro figli. E' questo che mi rimane incomprensibile. Chi non vuole un mondo migliore per i propri figli? Forse non per i figli degli altri, ma almeno per i propri...e se non un mondo migliore almeno un mondo, un mondo e basta, per viverci. Questa gente contribuisce con più energia di tutti gli altri a distruggere l'unico mondo che abbiamo. Ti immagini se avessimo un figlio nostro? Vorremmo il meglio di tutto per lui..”
O lei..” disse Alan passandole un braccio intorno alla vita.
Lei? Perché? Hai pensato ad una figlia?”
Perché no?” disse lui baciandola sul collo.
Oh.” Giulia arrossì. “Una bambina?” disse, e sorrise. “Ma non è presto?”
Ti pare presto? Aspettiamo, allora. Io ho trentacinque anni e finora non mi aveva sfiorato l'idea, ma sei tu che mi hai parlato di figli..”
Figli in generale, dicevo. Però sarebbe bellissimo...che dici, possiamo?”
Chi ce lo impedisce?- Alan rise- Siamo grandi abbastanza, no? Ci vogliamo bene e il mondo sta andando in rovina, sì, ma abbiamo il Sym con noi, e forse ce la faremo. Non credo che i figli si facciano per riflessione, si fanno per un impulso, per un moto improvviso, se si riflettesse con qualche strumento culturale forse non se ne farebbero mai... Io non ne ho mai voluti, ci sono state delle donne, ma non le ho mai pensate come madri. Ora ci sei tu. Tu vai bene per questo.”
Ah! Sarei una bestia da riproduzione? “
Stupida!” Alan rise.
Comunque la mia domanda, se possiamo avere figli, si riferisce alle nostre capacità di educare, crescere e proteggere... e mi chiedo anche se è giusto far nascere un bambino se il mondo rischia realmente di modificarsi così tanto da essere inadatto alla vita umana..”

Agosto 2013

Un giorno di agosto arrivò una mail di Giulia che diceva:
Nthanda M'baye, nata nel 1973 in Senegal, si sposta per studiare, laureata nel … in biologia, collabora con il prof Severini e quando comincia la guerra si sposta col marito e il figlio di un anno, se ne perdono le tracce, alcuni suoi colleghi la cercano da anni, si trovano tutti a Marsiglia e alcuni lavorano, precari con contratti a termine, per la locale Università. La dottoressa M'Baye è nota per lo studio sul pesce “diavolo” delle profondità oceaniche.
Gigliola chiamò sua figlia: “Allora era tutto vero...Potremmo farle una sorpresa, che ne dici? Una telefonata su Skype? Un incontro con questi amici che la cercano?”
Provo ad organizzare, mamma.” 
“Ma come hai fatto a trovare queste informazioni? Io ho cercato su Internet...”
Mamma! E' il mio mestiere! E comunque non è così semplice, digiti il nome e non compare sulle prime pagine, si deve approfondire la ricerca.”

Un pomeriggio Gigliola fece sedere Nthanda e Abu davanti al computer. Si era procurata una webcam.
Nthanda era sorpresa e vagamente incuriosita, Abu era allerta, seduto diritto e concentrato accanto a lei. Gigliola attivò la comunicazione e sullo schermo apparve l'immagine di cinque persone di colore sedute anche loro. Una donna pianse, gli uomini si alzarono, quasi potessero raggiungere la persona che vedevano attraverso lo schermo, un'altra donna toccò la webcam come per toccare lei, e per un attimo si vide solo il palmo della sua mano: Nthanda aveva gli occhi pieni di lacrime. Si sentirono voci commosse dire, in francese: “E' lei? E' cambiata...è invecchiata... più seria, più bella... e il bambino è il piccolo Abu? Tandie, sei viva, sei tu, proprio tu?”
Dietro di loro un uomo bianco, alto e più anziano degli altri, disse con un bel sorriso “ Ben trovata, dottoressa M'baye. E' proprio il caso di dirlo, ben trovata! Felice di conoscerla! Sono Charles Latouche, insegno qui e sono responsabile di un progetto di ricerca che potrebbe interessarle. Sono anni che questi cinque la cercano, avevamo perso le speranze. “ 
Gigliola si alzò per lasciare la stanza in punta di piedi, ma Nthanda la fermò. 
”No, la prego, Gigliola, rimanga, mi aiuti a sopportare questa emozione, senza di lei non ci sarebbe stato niente...” 
Gigliola si sedette di nuovo. Era presa da tanti pensieri. La chiamavano Tandie, lei non l'aveva mai detto di avere avuto questo nomignolo affettuoso, ed ora compariva il nomignolo insieme con l'altra vita... dottoressa M'Baye... e lei che le aveva offerto di lavorare come colf, ora se ne vergognava...no, non sarebbe rimasta con loro, doveva tornare alla sua vita vera.
Cosa fai, Tandie, devi raccontarci tutto...dove ti trovi?”
Giulia era in comunicazione anche lei e fece apparire sullo schermo la mappa di Google dove si vedeva la Chianella: “Ma è un posto piccolissimo!”
Sì, ma meraviglioso.”disse Nthanda.
Oh!- una delle donne rise- Ma che ci fai lì?”
La colf.”
“Colf? Cos'è la colf?”
La donna di servizio.”
Oh no! Non mi dire che...?”
Te lo dico invece, è una storia talmente lunga che ci vorrebbero giorni a raccontarla, da quando ci siamo visti l'ultima volta e io stavo partendo, anzi fuggendo via con Abu e Assam... siamo stati anche in un paio di campi profughi, poi Assam è morto, e noi siamo finiti nei campi di accoglienza in Italia, persi come in un mare umano, ma ora mi sono fermata, non scappo più e ho un lavoro.”
Tutti parlavano in francese , ma per Gigliola, grazie al suo SYM, capiva tutto perfettamente.
Oh! Tandie!” la donna piangeva per lei, per se stessa, per l'Africa, per tutto quello che era successo.
Ma tu non puoi fare quello, non tu..”
Posso, posso invece, e anche voglio farlo. Voi non capite. Per me vedervi è capire che è esistita davvero una vita che credevo di aver solo sognato, lontanissima ed estranea.”
No, non dire così. Devi venire, Tandie, devi venire a Marsiglia, ti troveremo qualcosa, puoi stare da noi, nel nostro alloggio, ti troveremo un lavoro vero, adatto...”
Ma io ce l'ho, non capite, qui stiamo lavorando ad un doposcuola, con le pulizie ho ritrovato la dignità di lavorare e mantenere il mio bambino...”
Basta, Tandie, non ti voglio più ascoltare, mi fai male al cuore, vieni, torna a casa..”
Gigliola ascoltava e si sentiva mortificata, commossa e sorpresa... certo quella donna non era mai stata una colf. E ora se ne sarebbe andata. Quando la conversazione finì Nthanda piangeva. 
Gigliola le accarezzò la spalla. “Mia cara...” le disse. 
Da quando aveva il SYM diceva spesso alle altre donne “mia cara”. Nthanda la guardò “Oh, Gigliola! Erano secoli che nessuno mi chiamava più dottoressa! Nei viaggi, negli innumerevoli controlli dei documenti, poi quando i documenti li perdi, finisci per non essere più nessuno...non conta ciò che hai fatto, se hai studiato, cosa hai vissuto..” 
Nthanda piangeva lacrime trattenute interi anni e Gigliola restò con lei finché non le ebbe piante tutte. 
Con Giulia organizzarono la partenza. Nthanda non aveva denaro sufficiente per il viaggio per sé e Abu, e Giulia disse che se aveva pazienza qualche giorno le avrebbe trovato un passaggio per Marsiglia con dei colleghi.
 

Primavera

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Valentino

Oh! Valentino vestito di nuovo,
come le brocche dei biancospini!
Solo, ai piedini provati dal rovo
porti la pelle de' tuoi piedini;
porti le scarpe che mamma ti fece,
che non mutasti mai da quel dì,
che non costarono un picciolo: invece
costa il vestito che ti cucì.
Costa; ché mamma già tutto ci spese
quel tintinnante salvadanaio:
ora esso è vuoto; e cantò più d'un mese
per riempirlo, tutto il pollaio.
Pensa, a gennaio, che il fuoco del ciocco
non ti bastava, tremavi, ahimè!,
e le galline cantavano, Un cocco!
ecco ecco un cocco un cocco per te!
Poi, le galline chiocciarono, e venne
marzo, e tu, magro contadinello,
restasti a mezzo, così con le penne,
ma nudi i piedi, come un uccello:
come l'uccello venuto dal mare,
che tra il ciliegio salta, e non sa
ch'oltre il beccare, il cantare, l'amare,
ci sia qualch'altra felicità.

Alberto ha scritto il primo verso di questa poesia di Giovanni Pascoli e io sono andata a ricercarla. Ha il sapore delle cose di altri tempi, considerando che il poeta poteva essere il mio bisnonno (era nato nel 1855) e io sono arrivata ai 60. E' una delle poesie che mi ricordo, ma solo fino al pollaio che canta. Oltre ad avercela insegnata la maestra, la mia mamma ce la declamava, e insisteva sul cocco: un cocco, un cocco, ecco un cocco per te! Il "cocco"è l'uovo di gennaio, perché gennaio è "ovaio" e chi sta in campagna dovrebbe saperlo...ma soprattutto la felicità, che è una cosa né tanto grande né tanto difficile da ottenere, sta molto nel beccare cantare e amare, ognuno secondo la sua specie.

incomprensioni

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Prima cosa: voglio fare gli auguri alla Loretta, che oggi è il suo compleanno. La Loretta venne a trovarmi un paio di anni fa e mi portò delle piante: stanno tutte bene e la clivia in vaso davanti alla finestra di cucina, quest'inverno è fiorita. Un fiore bellissimo che ogni giorno ci ha fatto pensare a lei. Mi mandò anche in regalo delle bandierine tibetane: le mettemmo attaccate a due olivi vicino a casa. Su ogni quadrato di stoffa, coloratissimo, ci sono scritte delle preghiere e il vento e la pioggia le portano in giro per il mondo. Il giorno dopo che le avevamo attaccate grandinò. Raccontai alla Paola della grandine e delle bandiere di preghiera, senza metterle in relazione, lei mi disse "Ma te lo sai cosa c'è scritto sopra? Bisogna accertarsi di cosa c'è scritto, perché magari poi grandina..." Avrei dovuto conoscere il tibetano. Mi fece schiantar dal ridere. 
Ora le bandierine sono tutte stinte, ma ancora intere. Le preghiere sono andate e vanno ancora in giro, che ce n'è tanto bisogno, nel "piccolo" (microcosmo) come nel grande.
Buon Compleanno Loretta, un abbraccio forte!

Il tema di oggi, che, sottolineo, con la Loretta non c'entra niente.
Ieri la Holly abbaiava e Mauro, che potava un grosso olivo vicino alla strada, mi ha chiamato. C'era una signora lungo la via che voleva sapere come si chiama la Clematis Armandii che è fiorita. La Clematis Armandii in fiore è uno spettacolo, ora poi è diventata molto grande, occupa alcuni metri quadrati sulla recinzione. La signora ne aveva colto un fiore, e questo già mi ha innervosito. E aveva anche un grosso ramo di una mimosa che non è mia, ma è vicino a noi, non importa, strappato via senza forbici. E anche un sacchetto di insalata di campo, che, ha detto, avrebbe buttato via perché troppo dura. Allora perché l'hai colta?
Con un atteggiamento piuttosto arrogante mi ha chiesto se quella pianta era un ciclamino. Sapete quando le relazioni vanno storte dall'inizio? 
D'altra parte la comunicazione non verbale è molto più efficace di quella verbale.
Non è un ciclamino, ho detto io, altrimenti sarebbe alta così, ho fatto segno con le mani, cioè una ventina di centimetri al massimo. 
"No, non volevo dire ciclamino, ma gelsomino, io ce ne ho due, uno azzurro, e uno bianco, ma quello azzurro è morto."
"Se era azzurro allora sarà stato un solanum, non un gelsomino, perché, che sappia io, gelsomini azzurri non ce ne sono."
" Accidenti, lei è come la mia amica, che si ricorda tutti i nomi dei fiori, io non me ne ricordo nessuno! Mi fa rabbia!"
"E' un guaio, signora, perché non si può parlare di piante senza sapere i nomi, almeno all'ingrosso, comunque questa è una clematide.. che le posso dire.. parente della vitalba!"
"AH!- finalmente le è passato un lume negli occhi- La vitalba, mi pareva un gelsomino, gli stessi fiori.!"
No, per niente, se li osserva i fiori sono completamente diversi, ma sorvoliamo sui fiori, speriamo solo che si impegni ad osservare cose più importanti per la sua vita, forse lo farà, forse sarà un'osservatrice migliore di me dei suoi figlioli, di suo marito. 
Abbiamo parlato per un pò e la signora continuava ad avere l'atteggiamento di chi ti vuole sopraffare, affari suoi e motivazioni sue, ma comunque che fastidio. Alla fine le ho regalato una piantina di emerocallis e lei ha detto che non si sarebbe mai ricordato il nome. Ci credo. Perché raccontare quest'episodio insignificante?
Perché è un simbolo, o un paradigma. In questo luuungo periodo va così.



SYM 26

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Per la Pasqua vi accompagno in un posto speciale: il giardino dell'Irene Di Segni, descritto solo a grandi linee, perché non c'è niente da fare, in un giardino bisogna esserci, vedere, toccare, ascoltare, respirare... Buona festa a tutti.

Primi di settembre 2013:  il giardino dell'Irene Di Segni


Nthanda era partita da qualche giorno con Abu. Paolo e Gigliola si sentivano un po' soli, senza Abu e sua madre sempre in giro per casa. Paolo disse a Gigliola che avevano un invito a cena da parte di Guido e soprattutto dell'Irene Di Segni, sua moglie. Gigliola, in tutti gli anni precedenti, quando aveva sentito parlare dell'Irene Di Segni aveva detto “Chi? Quella faccia a topino?” 
 Stava per ripeterlo anche quella volta ma si fermò a tempo: il suo SYM le suggeriva una maggiore tolleranza. Lei e l'Irene Di Segni erano come l'acqua e l'olio, se si trovavano insieme non sapevano mai di che parlare, erano diverse e non mescolabili, e per niente interessanti l'una per l'altra. 
Gigliola era estroversa, un po' superficiale, bionda, da giovane, con i capelli mossi, il fisico prorompente, allegra e alla moda. Da quando aveva contratto il contagio aveva lasciato che i capelli crescessero grigi, ma il luccichio del SYM e il suo SYM particolare, che aveva compreso quanto fosse vanitosa, avevano dato alla capigliatura una sfumatura cangiante, alla luce, fra il rosa chiarissimo e l'azzurro pallido, secondo l'inclinazione dei raggi solari, e ora Gigliola sembrava la nonna della Barbie, famosa bambola degli anni sessanta. 
Irene era introversa, profonda, castana, occhi scuri, esile, malinconica; era sempre stata carina, ma per niente interessata al proprio aspetto. I capelli di Irene erano rimasti del loro colore, salvo qualche raro filo bianco. Erano invecchiate tutte e due, tutte e due mogli di medici, di due cari amici e da qualche tempo c'era un tratto in comune, tutte e due avevano il SYM. 
Gigliola aveva sempre lavorato, Irene invece non l'aveva mai fatto. O meglio non aveva lavorato fuori di casa propria. 
I Di Segni abitavano alla Chianella ad un paio di chilometri dalla casa dei Giusti. Gigliola c'era stata una decina d'anni prima, ma non ricordava quasi nulla, solo che l'edificio era ad una curva del canale della Chianella, in una zona ombrosa e bassa dove il terreno declinava verso il corso d'acqua.
Una sera, verso la fine dell'estate, che era stata caldissima e lo era ancora, Paolo e Gigliola andarono a casa dei Di Segni. Gigliola era nello stato d'animo sonnacchioso e disinteressato di chi sa che nelle prossime due o tre ore si annoierà molto e dovrà sforzarsi di tenersi sveglio. L'Irene Di Segni l'accolse con il suo viso da topolino, ma sorrideva molto e questo non era male, Guido era affettuoso come sempre. Gigliola e Paolo entrarono in una stanza abbastanza fresca con delle poltroncine di vimini, e lei si sedette chiacchierando, ma il suo sguardo fu subito attratto dall'esterno: oltre il grande finestrone spalancato c'era una profusione di vasi, disposti in modo simmetrico rispetto al centro, che contenevano piante dalle grandi foglie a forma di cuore, alcune screziate di bianco, alcune di un verde azzurro quasi grigio, altre macchiate di giallo. Hosta, disse Irene quando Gigliola le chiese che piante erano. Gigliola ne fu subito attratta e uscì nel piccolo cortile, circondato da una siepe alta che chiudeva il panorama come se si trattasse ancora di una stanza della casa. Al centro, davanti al finestrone, un cancellino di ferro battuto arricciolato invitava ad andare oltre. “Oh, che posticino delizioso!” disse Gigliola sinceramente sorpresa, guardandosi intorno. Le piante erano fresche e in buona salute, nonostante il lungo periodo di caldo opprimente, l'ennesima ondata di calore africano dell'estate che per fortuna stava per finire. C'erano anche molte piantine fiorite che si alternavano ai vasi di Hosta, e il tutto dava una sensazione di freschezza ed armonia.
E di là dal cancellino che c'è?” Chiese Gigliola.
Il giardino, di là c'è il giardino..” Disse Irene con un sorrisino timido."Se vuoi ti faccio fare un giro...” La precedette ed aprì il cancello.
Si inoltrarono per alcuni passi in una specie di tunnel vegetale che girava e per qualche momento si aveva la sensazione di essere persi in un labirinto. Poi, di sorpresa, Gigliola si trovò in uno spazio vasto delimitato anche questo da alberi e da una siepe bassa che lasciava vedere la campagna intorno. Lungo la siepe un sentiero segnato solo dal taglio dell'erba e in mezzo un'aiola di fiori in tante tonalità del rosa e dell'arancio. Gigliola non ne conosceva i nomi, ma si trattava di gaillardie e rudbeckie, cosmee, gipsophile, dalie e gigli tardivi, tutte un pò spettinate e in parte sfiorite. Al centro dell'aiola un piccolo padiglione in ferro battuto verniciato di un rosa chiarissimo.
Ma è....” esclamò Gigliola cercando le parole adatte.
E'?... “ chiese Irene pendendo letteralmente dalle sue labbra.
Non trovo la parola giusta. Incantevole?”
Ah!- fece Irene con un sospiro di sollievo. -Credevo che non ti avrebbe interessato. I colori non ti sembrano troppo chiassosi?”
Chiassosi? Per niente! -Disse Gigliola che amava moltissimo i colori accesi.- E' una meraviglia! Ma chi te lo fa?”
Io, io lo faccio- disse Irene sempre col suo sorriso da topolino e Gigliola notò per la prima volta il fisico non esile ma asciutto e forte, e i muscoli sotto la pelle abbronzata.
Lo fai te?”disse Gigliola incredula.
Sì-disse l'Irene Disegni piena d'orgoglio- Diciamo che l'ho creato io e da qualche anno c'è un ragazzo che mi aiuta per i lavori più pesanti, Francesco. Un giardiniere appassionato come me. Ma non è finito, vieni vieni...” Insieme si inoltrarono nel giardino e quando risalirono chiacchierando, almeno un'ora dopo, erano diventate amiche. In fondo cosa sono due amiche, se non due persone che provano piacere nella comunicazione e nella reciproca compagnia?


Il Giardino di Irene era un pò strano, rifletté Gigliola il giorno dopo. Di solito un giardino si fa per mostrarlo, come un bel vestito o un gioiello. Invece qui dalla casa di Irene non si vedeva niente. Anzi: pareva avesse creato volontariamente degli ostacoli alla visione. C'era quella specie di galleria vegetale, con quella luce verde... la porta stretta del Vangelo? Pensò Gigliola. Un passaggio stretto per un Paradiso. Il terreno, come ricordava, declinava verso il torrente e Irene aveva creato delle terrazze sfalsate con un piccolo dislivello l'una dall'altra, solo alcuni scalini, ma ognuna era diversa. Intorno, grandi alberi proiettavano un'ombra fine.
Gli alberi,- diceva Irene camminando davanti a Gigliola- sono salici, ontani, magnolie, cercis, querce, meli da fiore, pruni...e mi hanno permesso di fare un giardino ombroso, anzi: mi hanno quasi obbligato. Qui non posso coltivare rose, per esempio, non vengono bene e ci ho rinunciato, ma posso coltivare le camelie...” Le camelie a fine estate non erano fiorite, ma erano ugualmente belle, col loro verde lucente e sano. 
“Queste piante sembrano sane e .. felici?-esclamò Gigliola- Il mio SYM ne è incantato!”
Vieni vieni!- disse l'Irene Di Segni, incoraggiata dal commento di Gigliola. -Questa è la terrazza delle camelie, sotto invece c'è il giardino di primavera.” 
“Che vuol dire?”
Bè, semplice, che fiorisce di più a primavera e ci sono tanti bulbi. Fioriscono le kolkwitzie e le spiree, le forsizie bianche, i lillà, i philadelphi, alcune clematidi sulla recinzione, e gelsomini, che sono intervallati da macchie di tulipani e narcisi, un piccolo tappeto di scille azzurre...Vedi, ho dovuto recintare, altrimenti non ci sarebbe rimasto neanche un bulbo a pagarlo oro!”
Già, anche qui sarà frequentato da cinghiali e istrici!”
Famiglie intere! Devo tenerle alla larga!”
Gigliola, a sentirle nominare quelle piante, si stupiva. Lei non conosceva il nome di nessuna pianta e d'altra parte non coltivava niente, neanche un cespo di prezzemolo. Fino all'estate scorsa era stata l'Isolina a mettere qualche geranio nei vasi intorno alla casa. Anche casa sua sarebbe stata più bella con un giardino intorno! Ogni tanto, poi, Irene aveva collocato delle sorprese: statue e panchine, campane a vento, mangiatoie per gli uccelli...sembrava quasi il giardino dei giochi di una bambina. 
Intanto camminavano verso le ultime terrazze. 
“Qui ho lasciato spazio alle piante spontanee. Se guardi bene vedrai già qualche ciclamino fiorito..” 
“E' vero! Oh, che nostalgia! Erano anni che non ne vedevo!”
Ciclamini, ellebori, anemoni del Giappone... questi non sono spontanei, ma ci stanno così bene.. ajuga, e altre tappezzanti, fra cui una che adoro, la lisimachia vulgaris..”
Ma come fai a ricordarti tutti questi nomi?”
E' una passione, che ti devo dire? Mi ricordo e basta.. ora che invecchio qualche nome mi sfugge, faccio fatica a ritrovarlo, a volte... e poi vedi, si arriva fino all'acqua della Chianella, con una spiaggetta, e non ti dico che concerti di ranocchie! Ora è asciutta, ma per il resto dell'anno...Ecco: qua ci sono le salcerelle ed altre erbe acquatiche...” Gigliola notò delle spighe viola alla fine della fioritura, molto fitte e belle. “Vedi, uno dei miei progetti sarebbe di creare una piccola chiusa quaggiù, una specie di diga, per metterci delle ninfee, o dei fior di loto.. sarebbe bellissimo!” Disse Irene che dentro di sé già vedeva tutto.
Oddio!- esclamò poi guardando il vecchio orologio da polso- Credo che stiamo facendo tardi! Guido e Paolo avranno fame! Ho preparato una cena fredda, perché di solito succede così, che la visita al giardino si prolunga e preferisco aver tutto pronto in anticipo...Torniamo?”
Sì, solo se mi prometti che posso venire di nuovo a vederlo, questo giardino dell'Eden! Posso portare i bambini del doposcuola?”
Mentre risalivano incontrarono Guido e Paolo.
Eri già venuto qua, Paolo?” chiese Gigliola.
“Sì, parecchie volte. Irene e Guido mi hanno sopportato spesso negli ultimi anni, a cena o solo a spasso per il giardino.” Irene gli sorrise. Gigliola rimase male. “Ma quando... quando è successo? Io non ne so nulla!”
Non so se hai presente che per un paio d'anni noi non ci siamo...”
Certo che ho presente.” fece Gigliola e arrossì.
E non mi ci hai mai portato!” 
Gigliola! E' la prima volta che ti sento manifestare un interesse per qualcosa di verde che non sia un vestito!” Gigliola scoppiò a ridere.
E' vero! Però ora l'Irene mi ha conquistato! E' un posto magico!”
Per me lo è stato davvero. Mi ha curato dalla malinconia e dalla tristezza che provavo, camminare e sedersi e ascoltare il giardino crescere e vivere è stata una medicina..” Paolo tornava ancora lì e Gigliola si sentiva curiosa, invidiosa, e gelosa, perfino. 
 Chiacchierarono fino alla fine della cena che era buonissima e lasciò stupita Gigliola. Si sarebbe aspettata un pasto insipido, da dimenticare, e invece mangiò con gran gusto e anche il SYM assaporò i frutti dell'orto di Irene.
Ma dov'è quest'orto, Irene, l'orto non me l'hai fatto vedere!”
E' quassù, vicino alla casa, in una zona più soleggiata, l'orto ha bisogno di sole, soprattutto in inverno.”
Come? Fai l'orto anche in inverno?”Certo che sì! Sennò come facciamo senza .. porri, cavoli broccoli, cappuccio, cavolo nero, rape, radicchi e insalata invernale? Dimentico di sicuro qualcosa. Ma veniamo al dunque.”
C'è un dunque?”
Eh sì... diciamo che l'invito a cena non è privo di uno scopo.”
E sarebbe?” disse Gigliola curiosissima.
Vedi, io faccio questo giardino, lo faccio per me, e per il giardino stesso, che in fondo è un essere vivente di per sé...per Guido, a cui piace tanto, per qualche amico che viene a trovarci.. ma credo che sarebbe bello che qualcun altro ne potesse godere, qualcuno tipo i tuoi bambini del doposcuola, o le loro famiglie... E' una grande scuola, sai?Fare un giardino è una grande scuola... Si possono osservare tante cose stando qui, vengono tanti animali, si impara molto... e in fondo, adesso, da quando ho il SYM, sento proprio il desiderio di condividerlo!”
E' una cosa bellissima, Irene.” disse Gigliola sincera posando la mano sulla sua.
E poi c'è un'altra cosa, molto più pratica: fare questo giardino ha un costo! Se potessi trovare il modo di guadagnare qualcosa, per contribuire a pagare almeno lo stipendio di Francesco...E' Paolo che mi ha suggerito di coinvolgerti, dice che sei tanto brava in queste cose!”
Gigliola pensava, corrugando la fronte.
Vedi Guido, - disse Paolo - quando fa così, e aggrotta la fronte, vuol dire che pensa. E quando pensa sono guai grossi, ne scappa sempre fuori qualcosa di pericoloso. Qualcosa che non sarà affatto invisibile, come ci aveva raccomandato Alan.”
Gigliola lì per lì era talmente concentrata che non aveva capito, ma quando capì si mise a ridere.
E così se penso sono guai grossi? Allora attento a te...”
Guido disse: “Paolo, cosa dicevi a Giulia l'estate scorsa, quando venivate qua insieme? Che Irene è una realizzatrice e Gigliola è...un catalizzatore?”
Che Irene sia una realizzatrice non c'è dubbio, si vede da tutta questa enorme .. non saprei come dire .. opera d'arte?, che ha messo in piedi, ma io un catalizzatore? Sarebbe un complimento?” Disse Gigliola, che intanto aveva messo da parte l'informazione che anche sua figlia aveva frequentato il giardino dei Di Segni.
Non so -disse Paolo- come ti sembra? A patto che tu ricordi cos'è un catalizzatore...”
Mi prendi per un'ignorante? Un catalizzatore è una sostanza che serve per far partire o accelerare una reazione chimica... dico bene? Sì, credo che lo considererò un complimento.”
Senonché- disse Paolo- a volte tu sei un catalizzatore inconsapevole...
Era molto tardi quando Paolo e Gigliola si avviarono verso casa. Guido disse loro che, dato che erano venuti a piedi, avrebbero fatto prima prendendo la scorciatoia che usava Paolo. 
“Dalla radura delle camelie?..”
Sì, non è cambiato nulla, sempre da lì.” 
Irene e Guido li accompagnarono fino ad un cancellino nascosto nella siepe. Paolo e Gigliola si inoltrarono nella campagna, che nella luce pallida della mezza luna sembrava un posto nuovo e sconosciuto, mentre Irene e Guido tornavano per mano verso casa.
“Quei due si vogliono un sacco di bene.” affermò Irene.
Sì, ma non sono sicuro che lo sappiano.” disse Guido.

SYM 27

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Sotto la luce della mezza luna

Gigliola aveva preso Paolo per mano, più perché si sentiva incerta che perché non ci vedesse. Infatti il SYM aveva reso anche la visione notturna più efficace. Camminarono in silenzio poi Paolo disse: ”Insomma: ora ti piace l'Irene Di Segni?”

Mi piace, sì. Ora ci parlo, cioè: ci parliamo, tutte e due. Abbiamo trovato un filo che ci unisce, ma mi è capitato anche con altri, da quando abbiamo il SYM. Quello che invece mi fa un po' male è che ci sono cose che non so di te... di quando siamo stati separati.”
Te lo potevi immaginare: non è che sono morto, nel periodo che non siamo stati insieme. Ho vissuto e una delle cose che facevo, che mi ha aiutato, era venire qua dai Di Segni. Irene mi aveva suggerito di passare dal passaggio segreto, che è il varco che usa Francesco per entrare, per non farmi vedere dalla gente del paese. Sai come piaceva a tutti chiacchierare! Se sapevano che venivo qua avrebbero detto che io e Irene, quando Guido era al lavoro... ti puoi immaginare anche questo. Lei lavorava, girava con le forbici, la falce, la carretta, i secchi, lavora duro l'Irene! Mi lasciava solo, come se sapesse che il luogo, cioè solo il fatto di stare qui, mi stava curando. A volte, se sapeva che ero qua, veniva con una tazza di tè, o un bicchiere di limonata in estate. O mi chiamava in casa e stavamo un po' a chiacchierare. Mi ha aiutato, è una brava persona, una donna che mi piace molto. E' un po' strana, chiusa in questo suo mondo separato...”
Come, strana?” fece Gigliola subito interessata.
Te ne sarai accorta anche te, che questo posto pieno di piccole meraviglie è il suo mondo privato. Una persona che ha costruito con tanta.. forza e determinazione un mondo privato è per forza solitaria e un po' asociale. Prendeva anche dei farmaci per certe angosce che la coglievano, soprattutto in inverno, anni fa... ma poi è arrivato il SYM.”
E lei l'ha preso anche con i farmaci? Cioè: lui , o loro, hanno preso lei anche se prendeva i farmaci?”
Ma lo sai bene che quella del contagio SYM che non funziona con chi prende psicofarmaci è una balla. La questione vera è l'affinità e qui, c'era, l'affinità. Chi poteva essere più affine al SYM di un'anima buona, malata di solitudine, ma in sintonia col mondo naturale?”
E così anche la perfettina Irene Di Segni ha i suoi punti deboli...” rifletté Gigliola.
Più che punti deboli, sono veri e propri disagi psicologici. Guido l'ha sempre protetta molto e ha minimizzato i problemi, se abbia fatto bene non so.. l'ha aiutata tanto anche nella realizzazione del giardino. Fare il giardino è stata, ed è, una terapia, che Irene ha trovato da sola. La sedia del Pensatore invece è di Guido.”
La sedia del Pensatore?” -Gigliola rise-“Irene me l'ha fatta vedere. Quel trabiccolo su cui si sta malissimo seduti e sopra ci sono tutte quelle cosine appese, quei mobiles..carino, ma impossibile star lì a pensare!”
E' proprio quello che Guido voleva dire, che pensare è difficile e si è continuamente distratti da altri pensieri difficili da scacciare, come quelle cosine appese...Irene e Guido sono, come si dice, due anime in un nocciolo, inseparabili, uniti, forse anche perché non hanno figli... e quando sono venuti a vivere qui si sono allontanati dalla rispettive famiglie, che vivono molto lontano. Irene e Guido sono quasi una persona sola.”
Perché?- disse Gigliola - Noi non siamo uniti, non siamo due anime in un nocciolo?”
Che discorsi, Gigliola!- disse Paolo un po' irritato- Come fai a fare paragoni! Loro per esempio non sono stati mai separati come noi, non hanno mai avuto relazioni extra matrimoniali!”
E questo vuol dire che noi non ci amiamo?” la voce di Gigliola era incrinata, stava per piangere.
Amare, lo sai che non mi piace usare questa parola da sceneggiatura di film! Sì, ci vogliamo bene, non è così? Molto bene, moltissimo... vuoi sentirmelo dire?”
No, cioè, ci vogliamo meno bene di loro? Lo so che è un discorso stupido, ma mi dispiace così tanto pensare che...”
Gigliola, ogni coppia si vuol bene a modo suo, come sa, come può, come gli riesce...”
Sì, non ho bisogno che me lo dica te.. e quello che è stato, la nostra separazione, non si può cambiare più, resterà fra noi..”
Ma possibile che ci faccia così fatica vivere il presente? Va bene, siamo stati separati, e ti ricordo che sei te che te ne sei andata per andare con quello... “
Non dire di nuovo quella parola, ti avverto!”
Stavano per litigare. Paolo si fermò e l'abbracciò.
Ora non c'è niente che ci divida e forse anche quella separazione ci voleva, era necessaria. Per noi magari era necessaria, in quel momento, e forse per Irene e Guido sarebbe stata mortale, per il loro rapporto, o impossibile anche solo da immaginare. Sai, mi pare che siano più indissolubili, se mi passi l'espressione, i matrimoni o le unioni laiche, che quelle celebrate davanti al prete, come la nostra.Ci promettiamo amore eterno e scivoliamo su una buccia di banana. Ci fissiamo un obbiettivo altissimo e siamo attratti dalla trasgressione. Guido e Irene si sono sposati in tutta fretta, senza tanti orpelli, davanti al sindaco...e poi, che io sappia, non si sono mai lasciati.”

Primavera 2015

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Capisco che due post in un giorno sono troppi, ma oggi va così, d'altra parte è Pasqua, io sono stanchissima, il mio corpo è stanco, e mi concedo di fermarmi a scrivere. Volevo dire che l'usignolo ha cominciato a cantare, lo sento mentre entro in casa, a notte fonda. Dell'usignolo pensavo, da giovane, che fosse un animale letterario, presente solo nelle poesie e nei romanzi. Una sera che ero dal professore, e avevo circa 27 anni, uscendo dalla casa sentii questo canto bellissimo. Il professore mi disse "E' l'usignolo."
"L'usignolo? Ma allora esiste!" dissi io. Chissà come, pensavo che ogni cosa bella fosse estinta. Invece sono passati più di trent'anni e anche se gli uomini, come specie,  non si comportano affatto bene, ci sono ancora tante cose e creature bellissime. Molte però sono sparite o sono in grave pericolo e non bisogna dimenticarlo.
Tutto si muove veloce, si aprono le foglie della lonicera e del calicanto d'inverno, ci sono gemme rosse sui melograni, fiori rossi come piccole pigne sul'abete bianco, che ne è quasi coperto. L'abete è un monumento, per le dimensioni del mio giardino, e sembra che non faccia niente, alto e immutabile, invece fa un sacco di cose, ora fa queste pignoline rosse piene di polline e poi aprirà le gemme incelofanate, ma fra un pò di tempo, mentre sottoterra le radici sensibili e intelligenti camminano per cercare nutrimento e curiosare, molto oltre il cerchio della chioma. L'abete fa veramente un sacco di cose, in silenzio, piano piano, col tempo degli alberi, e ospita tanti uccellini. 
Ho lavorato parecchio in giardino e ho avuto un aiuto, mia figlia. Quando c'è lei a lavorare con me tutto va più spedito ed è anche più piacevole. L'altra notte è arrivata in casa e mi ha detto se volevo conoscere una persona.
Pensavo che avesse portato un'amica a dormire e invece aveva in mano un rospo molto carino con gli occhi belli. L'aveva tolto dalla strada, perché era proprio sul punto dove passano le ruote delle auto. Poi l'ha messo vicino alla vasca dei pesci, chissà se ha socializzato con gli altri rospi e le rane. Lei dice che era una femmina, si è informata sui rospi perché con una sua amica, figlia di una mia amica, vanno a salvarli in quest'epoca dell'amore, non ho capito benissimo, ma insomma li levano dalle strade dove vengono acciaccati e li portano in prossimità degli stagni dove si riproducono. Non so che pensare di queste cose, mi vien da pensare che siano cose da bambini delle elementari, se le paragono a quello che succede con l'Isis e tutto il resto, ma certo sono anche poetiche.  Non che mia figlia  e la sua amica stiano tutto il tempo a sognare, questo no.
E' un pò assurdo, ma mi chiedo se gente che salva i rospi abbia qualche possibilità nel confronto con i tagliateste. 
In giardino prima sono fioriti i narcisi, ora invece ci sono lunarie e tulipani, tulipani un pochino inselvatichiti, tendenti al verde, alcuni, ma molto bellini lo stesso. E poi scille peruviane in boccio, e altre scille, "Hyacinthoides non scripta" (come mi piace questo nome, chissà perché non scripta, cosa dovrebbe essere scritto e dove) che sono poi le campanelle azzurre dei prati di sua quasi maestà Carlo d'Inghilterra, per citare la Loretta che ne parla qui
Mi dispiace che Mauro non riesca a fare foto, vedremo di rimediare.

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Tandie e Abu tornano da Marsiglia

Nthanda tornò da Marsiglia dopo quindici giorni e Gigliola andò a prenderla a Camucia, alla stazione. Desiderava molto rivedere l'amica e il piccolo Abu, ma sentiva anche una grande malinconia, perché sapeva che non sarebbero rimasti con loro, ma sarebbero andati a vivere a Marsiglia, dove c'erano gli amici africani e probabilmente, un vero lavoro per Nthanda. Gigliola, con il cuore stretto, chiese a Tandie, perché ormai tutti la chiamavano così, quando sarebbero partiti. La donna la guardò preoccupata: “Vi serve la casa?”
No no, ma pensavo che sareste andati a Marsiglia...”

No, cioè... solo se la casa vi serve, e anche in quel caso potrei chiedere a Cristina di trovarmi un altro alloggio..”
Gigliola sentì un gran sollievo: “Allora restate?”
Sì! Credo che questa sia ormai la nostra casa, o comunque la Chianella sia il nostro posto, i nostri SYM dicono che è così, se per voi va bene... certo, solo se per voi va bene..”
Ma come farai con l'Università? “
Non so. Ancora non so, mi hanno fatto delle proposte ma niente di preciso. Potrei andare in Francia qualche giorno al mese e poi c'è Internet.. è tutto da pensare, ma sicuramente non posso togliere Abu da qui ora che ha riacquistato sicurezza, anche grazie a te e al dottore. E anche io qui sono a casa mia.” 
Era la prima volta che le dava del tu. Gigliola l'abbracciò divincolandosi fra i sedili e i lacci della cintura di sicurezza.

Gigliola si propone come manager

Un paio di giorni dopo Gigliola capitò da Irene accompagnata dalla Chiarina. Chiara era la bambina del doposcuola a cui piacevano di più fiori e piante e Gigliola aveva chiesto al sindaco, la sua mamma, se poteva portarla con sé. Irene non era abituata ai bambini. Si studiarono un po', si presero per mano e ignorando Gigliola andarono in giro mentre la donna adulta spiegava alla donna piccolina molte cose, dai nomi dei fiori alla composizione delle aiuole. Chiara ascoltava, come se capisse tutto.
Sono affascinata dalla vostra intesa -disse Gigliola che faceva fatica a stargli dietro- ma anch'io avrei bisogno di parlare con te, Irene. Non possiamo sederci … per esempio qui?” disse indicando una bella panchina all'ombra. Irene si sedette e Chiara se ne andò in giro per conto suo.
Ecco: ho pensato qualcosina. Le cose che desideri sono due: condividere il giardino e fare qualche soldino oppure ottenere un aiuto per la manutenzione del giardino.”
Sì, più o meno.” convenne Irene.
Bene. Ho chiamato un fotografo di Camucia, un vecchio amico che ora lavora con suo figlio. Verranno a vedere il giardino, perché spazi di questo genere sono richiesti per le foto di matrimoni e cerimonie varie. Ogni volta se ne possono ricavare un po' di soldi, tipo un centinaio di euro, con loro, che lavorano qua in campagna, ma se poi il giardino si fa conoscere magari se ne ricava di più... per questo ho chiamato la mia compagna di Università, la Serafina Raspoli di Firenze..” Irene fece una faccia come dire “e chi è questa?”.
La Serafina Raspoli.. eppure leggi Gardenia.. “
La faccia di Irene si illuminò. La signora in questione era appartenente ad una famiglia nobile fiorentina, era presente in quasi tutti i comitati organizzativi delle mostre di giardinaggio toscane e scriveva su alcune riviste specializzate. 
Vedo che ce l'hai presente-disse Gigliola- Ho faticato a farmi riconoscere, questi fiorentini hanno una puzza sotto il naso che li rende … insopportabili! ma insomma capiterà qui anche lei perché deve venire a Lucignano al giardino della signora Crespi, sai la fondatrice del FAI? Lei."
 A Irene già girava la testa.
Dovrò mettere tutto a posto!”
Più di così? No! Non c'è bisogno. Ho accennato anche al sindaco qualcosa, il sindaco è la mamma della Chiarina, perché potrebbe mandarti un operaio o due, giardinieri,eh!, a dare una mano, gratis! Si intende. Se va come penso la Serafina Raspoli dovrebbe fare un servizio su una delle riviste su cui scrive, almeno è questo che le chiederò. Poi naturalmente ci sarebbe la possibilità di affittare tutto come location per matrimoni, cioè non solo foto, ma come sede per delle cerimonie e rinfreschi; sarebbe da valutare, perché pagano bene, ma certo poi c'è l'impatto della gente, la gente è terribile, pagano, ma fanno anche dei danni ed è una cosa che tu non vorresti.. o sbaglio?”
Irene era un po' scombussolata. Era vero che quella donna era un catalizzatore, anzi, un vulcano!
Gigliola continuò: “Poi ci sarebbe il fatto dei concerti, questo non dovrebbe dispiacerti, uno dei collaboratori del doposcuola è violinista e gli piacerebbe organizzare qui un concerto notturno, pensa che bello, benché forse bisognerebbe far tacere le rane!” Gigliola rise. “Per ora è tutto. Che dici?”
Irene prese fiato. “Sono... sono … non so come sono! Ieri non c'era niente e ora tutte queste possibilità! Non so che dire.. non riesco a immaginare una folla che gira per il giardino divorando crostini e mi lascia le aiuole piene di piatti di plastica.”
Certo, sì, è da prevedere, senza parlare dei bambini che pestano i fiori, e degli adulti mezzi ubriachi che pisciano sui cespugli. “
Irene rabbrividì. “Immagino che sia il rovescio della medaglia .. non so veramente che dire, ma se voglio far conoscere il giardino e avere qualche possibilità in più credo che valga la pena tentare, magari evitando i catering..” Guardò Gigliola con occhi imploranti. 
Gigliola aveva lo sguardo fermo. “Non preoccuparti. Vaglieremo le possibilità e scarteremo le peggiori. Intanto però non è che verresti tu da me per darmi qualche consiglio, anzi, fare proprio un progettino per un giardino a casa nostra? Casa mia è peggio del deserto dei Tartari.”

La proposta del sindaco

Il sindaco telefonò a Irene. “Signora Di Segni, sono il sindaco, la mamma di Chiara.. mia figlia mi dice che lei ha un bel giardino, viene molto volentieri da lei, sì, e ho parlato con la signora Giusti, che mi ha detto che lei avrebbe bisogno di un aiuto per la manutenzione… ho una propostina, se vuol capitare da me, diciamo domattina alle undici? Ci vorrà una mezz'oretta... allora ci vediamo.” Irene chiamò Gigliola e la mattina dopo andarono insieme.
Gigliola dette la mano al sindaco e così Irene, poi il sindaco,Annamaria, sedette dietro la scrivania e guardò interrogativamente Gigliola come dire che non capiva il significato della sua presenza e che se ne poteva andare.
No, io rimango.” disse Gigliola col suo sorriso più gentile.
Non aveva alcuna intenzione di lasciare Irene in balia di quella marpiona. “Bè, ma a che titolo rimane?”
La signora Di Segni è un'artista.” dichiarò Gigliola, mentre Irene si girava verso di lei e sbarrava gli occhi. “Mi consideri pure la sua agente.”
Ma..” balbettò Irene e Gigliola le fece cenno di tacere. “Cara, lasciamo parlare Annamaria.”
Annamaria era già in imbarazzo, ma le ci volle un secondo per tornare al centro.
Mi dicono del suo giardino, signora Di Segni, che è molto bello e originale...”
Scusi se la interrompo, sindaco. -disse subito Gigliola- Ma è più di questo, glielo assicuro, infatti in questi giorni deve venire una famosa giornalista del settore, la Se ra fi na Ra spo li, -Gigliola scandì bene perché il sindaco lo tenesse a mente- mia compagna d'Università, una vera autorità in fatto di giardini, a visitarlo, per concordare un servizio su una rivista internazionale. Passerà lo stesso giorno in cui visiterà l'altro giardino della signora Crespi, che lei conoscerà senz'altro, quello famoso di Lucignano ..” 
 Annamaria sbarrò gli occhi e disse ”Crespi? Quella del FAI?”
Proprio lei.” disse asciutta Gigliola.
Annamaria scrisse su un biglietto “Serafina Raspoli”, per controllare più tardi su Internet ed era proprio ciò che Gigliola voleva. 
In ogni modo, signora Di Segni, Gigliola mi dice che lei avrebbe bisogno di una mano, e io potrei mandarle ogni tanto un paio dei nostri giardinieri, se lei volesse, in qualche modo, ricambiare. - Esibì un largo sorriso cavallino, falso come una moneta di stagno. -La mia mamma diceva “se vuoi che l'amicizia si mantenga bisogna che un panierino vada e uno venga” e in questi tempi di crisi devo, a maggior ragione,giustificare una cosa del genere con chi mi ha eletto... Pensavo che la Coop locale sta ammodernando la sua sede e intendono rifare il parcheggio, e rinnovare le aiole spartiauto. Queste le pagherà il Comune, e se lei volesse dare un contributo di progettazione e supervisione, per noi sarebbe un buon risparmio...”
Irene stava per aprire bocca, quando Gigliola esclamò:
Vedo che non ci siamo capiti. Aiuole spartiauto? Annamaria, Irene non ha un vivaio campagnolo! Non è neanche una hobbista del fine settimana. No, no. Assolutamente no. Ribadisco: Irene è un'artista!” Di nuovo Irene la guardò stupefatta.
Non so, se si trattasse di mettere le mani nel restauro del giardino del convento delle carmelitane, che ho sentito si sta prospettando, se ne potrebbe parlare, un luogo storico che ha bisogno di un intervento colto, rispettoso e sensibile, ma un parcheggio della Coop...-la faccia di Gigliola esprimeva profondo disgusto- no, sono io che dico no, non Irene, lei potrebbe sottovalutarsi e accettare... C'è un equivoco, e bisogna ricominciare daccapo. Deve venire lei stessa a vedere il giardino, a rendersi conto con i suoi occhi. Vede, sarebbe come … -ci pensò un attimo- come avere qui Raffaello e proporgli di disegnare i cartelloni pubblicitari del camion dello spurgo delle fosse biologiche. Sono abbastanza chiara?”
Irene stava per mettersi a ridere e quasi non riusciva a trattenersi. Il sindaco era rossa di rabbia. Balbettò che non voleva offendere nessuno, in fondo, disse, non le ho mica chiesto di scavare le buche per le piante, le ho chiesto di fare un progetto. Ma Gigliola non le lasciò il tempo di arrabbiarsi per bene. Invece le disse: “Annamaria, se qui alla Chianella fosse ritrovata in un podere una tomba etrusca intatta lei sarebbe felice? Immagino di sì. Non è che alla Chianella, diciamoci la verità, abbiamo chissà che attrazioni! C'è l'ospedale e solo quello. Qua intorno ci sono Cortona, Montepulciano, Lucignano, Siena, Chiusi, Arezzo! Tutte traboccanti di bellezza e opere d'arte! Ma noi siamo persi nel mezzo della val di Chiana dove c'erano solo paludi e anche ora...Pensi a questo giardino in questi termini: un'attrazione e non per le masse, ma per un pubblico colto, di qualità, per le scuole... potrebbe funzionare esso stesso come scuola pratica di giardinaggio, potremmo collegarci all'istituto delle Capezzine...Insomma lei deve considerare il giardino Di Segni come un'opportunità per il territorio che amministra, e lei stessa potrebbe essere ricordata come il sindaco che l'ha scoperto e valorizzato, perché in fondo si tratta di trovare, o scoprire, o forse è meglio dire svelare, un vero tesoro. Che c'è già, e non c'è neanche bisogno, come per una tomba etrusca, di scavarlo e portarlo alla luce.” Gigliola tacque e Annamaria anche. Irene era sorpresa e anche ammirata. Quella donna era una forza della natura. Ma ad averla nemica ci sarebbe stato da aver paura. Gigliola cercò la sua mano sotto il tavolo e la strinse forte. Il sindaco, stremata come se fosse passata attraverso una breve, ma intensa tempesta, disse che sì, sarebbe venuta di persona a vedere questo tesoro.

SYM 29

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LA PISTOLA. Ottobre 2013

Il ragionier Barbetti e Daniela si incontravano ogni tanto, ma non più al bar. 
“Troppo in vista.” - aveva detto lui- “Meglio cambiare posto.”

Per qualche giorno avevano scelto una piazzola abbastanza vicina al bar, che era lontana dall'ingresso dell'ospedale e quindi quasi sempre semideserta. Sedevano su una panchina all'ombra di un tiglio che non era stato potato da tanto tempo e aveva formato una grande cupola di fronde, che ora erano diventate giallo oro e arrivavano quasi a terra. Lì sotto non li vedeva nessuno, ma loro potevano vedere l'ingresso del bar, che era, dopo l'ingresso dell'ospedale, il posto più frequentato del paesino. Non era più capitato di vedere Giulia, ma Gigliola sì, spesso, e anche suo marito in compagnia del suo amico Guido Di Segni. Daniela non aveva amici, conoscenti sì, ma con nessuno si era confidata come col ragioniere. Gli si era affezionata come ad un padre. 
Lui la consolava, la capiva, condivideva i suoi terrori profondi, li alimentava, ma lei non se ne accorgeva. A poco a poco era diventata dipendente da lui, dai suoi consigli, perfino dalla sua voce. Lo chiamava spesso al cellulare e lui era sempre disponibile, aveva sempre qualche minuto per rassicurarla, e lei aveva finito per non chiamare più la dottoressa Ridolfi. Sergio Barbetti durante i loro incontri suggerì a Daniela di procurarsi un'arma.
E' matto? Sono sempre stata pacifista! Che me ne farei di un'arma?” Ribatté lei. “Non so sparare e non ho il porto d'armi, quindi non posso usare una pistola, che faccio, prendo un coltello? Mi ci vede ad accoltellare la gente? Neanche per difesa personale...”
Certo, sì. - Si affrettò a dire il ragioniere- Proprio quello, intendevo per difesa, con tutta questa gente contagiata dal SYM non si può mai dire...”
A me sembrano pacifici...Dice che sono pericolosi?”
Un parassita che scende dal cielo, viene da chissà dove nello spazio profondo e prende possesso della mente degli ospiti secondo lei non è pericoloso? Glielo devo ricordare io? Mi pareva che la pensassimo nello stesso modo!”
Oddio sì! Ogni tanto mi rilasso e mi dimentico!”
Mai abbassare la guardia! Mai! Posso suggerirle dove trovare una pistola adatta a lei, per signora, col silenziatore, ma efficiente e a buon prezzo, tanto prima o poi, con l'aumento della criminalità, le servirà di sicuro. C'è modo di avere queste cose...sottobanco. Le insegnerò ad usarla.”
In quel periodo un pò dappertutto in Italia, salvo che alla Chianella, avvenivano episodi spaventosi, mariti che uccidevano le mogli, figli che uccidevano i genitori e viceversa, e c'era una diffusione capillare della microcriminalità dovuta anche alla gravissima crisi economica. 
Sa che faccio, Sergio? Prendo le sue informazioni, caso mai mi dovessi convincere...
Nelle settimane seguenti Daniela si procurò l'arma di nascosto dal marito e dalla figlia, e Sergio Barbetti trovò un posto nuovo per i loro incontri, perso nella campagna, dove Daniela poteva imparare a sparare con comodo senza essere vista. Daniela era esaltata dall'avere un'arma e dall'imparare ad usarla, si sentiva potente e forte come mai le era accaduto. Era stupita dalla metamorfosi di Sergio, che pareva espertissimo nell'uso delle armi, come se le avesse maneggiate tutta la vita. Era anche molto attento a scegliere posti che non potessero essere visti dall'alto. "Lei non sa, non immagina, ma ci spiano, vedono tutto..." aveva detto a Daniela. Aveva detto anche che aveva per le armi una vera passione, da giovane voleva fare il militare di carriera, ma poi aveva avuto una malattia durante il servizio che lo aveva reso inidoneo ed era stato scartato. Daniela in quel periodo cominciò a sdoppiarsi definitivamente: una parte si esaltava e fantasticava sull'eliminazione di almeno uno di questi schifosi “Primi”, per dare l'esempio e incitare alla rivolta contro il SYM e l'invasione aliena, un'altra parte era immersa ormai costantemente in uno stato d'animo scuro e tetro, fra sensi di colpa e timori, che le causava dolore e paura.

Serafina Raspoli

Una mattina Gigliola ricevette la telefonata della Serafina Raspoli. La signora aveva dormito, non troppo bene, in un agriturismo di Lucignano, dopo aver visitato il giardino Crespi, il giorno prima, con un fotografo, e ora, come concordato, era disposta a venire a dare un'occhiata a quello di Irene. Gigliola disse subito di sì e le andò incontro con l'auto. Da Irene, ad attenderla c'era anche Tandie. La Serafina Raspoli era una donna alta e segaligna, con la pelle giallastra, i capelli grigi che teneva lunghi, legati in una coda e tutti spettinati intorno al viso. Girava per giardini da anni e ne era visibilmente annoiata. Vestita in modo sciatto ma molto costoso, scese dalla macchina lamentando un dolorino al fondoschiena (sarà una sciatica?, disse). Si aggirò per il giardino mentre Irene la precedeva, in grande ansia per il giudizio. La Serafina Raspoli non aveva il SYM. Girò e girò e alla fine si fermò davanti a Gigliola ignorando Irene.
E va bene, l'è un gran lavoro, enorme se è vero che fanno tutto due persone.“ disse ostentando l'accento fiorentino. “Ma il succo, qual'è? Questo è il sogno di un'anziana rimasta all'infanzia, o l'incubo di una vecchietta con la casa piena di bomboniere...niente che sia lineare, coerente, razionale...Sarà che oggi cominciano a farmi male anche i piedi... ma la signora non ha mai visto una rivista di giardinaggio che sia un pochino ATTUALE? Se non si sa fare almeno si imiti! Meglio una modesta imitazione, di una creazione allo sbando!”
Irene si allontanò perché si vergognava a farsi vedere piangere. Gigliola accompagnò la Serafina Raspoli all'ingresso e tornò indietro che pareva una furia. Tandie intanto cercava di consolare Irene.
E' evidente che quella vecchia strega non capisce niente! E' anche una gran maleducata!” gridò Gigliola.
Ma se hai detto-disse Irene soffiandosi il naso- che è più giovane di noi?” 

La visita della Serafina Raspoli distrusse i progetti di Gigliola e l'autostima di Irene, che si ripresero con fatica.
“Il sindaco non deve assolutamente sapere che quella strega è venuta qui. Men che meno conoscere il suo parere!”
Quindi siamo fermi all'inizio? Niente di fatto?”
Non infierire, Irene, ti prego.” Disse Gigliola.





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