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Channel: Iris e Libellule
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Avrete visto che ho cancellato alcuni post, ora non posso spiegare il perché . Sono immersa in un problema familiare , normale, non particolarmente grave , ma molto ostico. Forse un giorno potrò scriverne con il necessario distacco, non ora che sono troppo coinvolta e rischio di creare ulteriori motivi di screzi e difficoltà. Periodo nebbioso, sotto tutti gli aspetti. Di notte torno a casa a passo d'uomo, non si vede nulla. Ma in giardino, dove vado ormai troppo di rado, la lonicera fragrantissima fiorisce e anche il calicanto. Un fiore qua e uno là, per sentire il profumo vado proprio lì col naso, ma che meraviglia. Che anno si preparerà? Speriamo nelle nostre capacità e nelle nostre energie !

la vita difficile

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Care amiche e cari amici. Dico così perché sento affinità e amicizia, vere tutte e due, da parte di chi, lontano e mai visto se non in qualche sporadica foto (Sari, Loretta) si affaccia qui da me. Qui ancora non nevica, il giardino è in parte infradiciato per tutta l'acqua scesa dal cielo, ma appena esco di casa sento il profumo agrumato della lonicera... consolazione dell'inverno. Il giorno della Befana la mia suocera, che era andata a pranzo da una parente, è caduta. Era sola quando è successo e mio marito è stato avvisato solo dopo qualche ora. Lei si è ritrovata sola all'ospedale e non ricordava neanche i numeri di telefono, lì per lì. Poi si è ricordata quello del fratello, che usa tutti i giorni. Si è rotta solo una costola, per fortuna, ma ha perso i sensi e la memoria dell'accaduto, ed ha ematomi in gran parte del corpo. Ha anche molto dolore e questa cosa proprio non ci voleva. Ora non riesce più a fare neanche quel pochino che faceva finora, e non è grave per ciò che non fa, ma perché rischia di fermarsi e cadere nell'apatia. Avrei molte cose da dire su questo che è successo, ma rischio di creare ulteriori tensioni e screzi, perché ormai in questo blog ci capitano parenti e conoscenti, magari solo per le foto, ma poi leggono qua e là, pensano di riconoscersi e possono offendersi.. Anche se qui la prima a mettersi in discussione sono io . Sapete che sono a volte anche brutale nella descrizione delle cose, perché è così, siamo sempre in preda di emozioni e stati d'animo opposti ed è più difficile armonizzare questi aspetti interiori che "fare le cose". Se potessimo fare le cose come robot senza emozione in questi casi sarebbe molto meglio. Invece ci sono pensieri ed emozioni. I miei li posso raccontare in  parte e sono questi:
 la pena nel vedere la mia suocera che soffre, si è rotta una costola nella caduta e per questo non si può fare niente, inoltre è ancora più disorientata, sente che sarà difficile riprendersi da questo incidente. A volte, quando ci parlo, vedo che con difficoltà cerca le cose da dire, come se dentro la sua testa i vuoti fossero sempre un pò più grandi. E' molto triste.
la rabbia perché non riesco a togliere questo peso dalle spalle delle mie figlie, che non avrei mai voluto mai che diventassero le badanti della nonna. Sono molto brave, ma  sono a contatto con questa lunga "fine vita" e con parti di se stesse non proprio piacevoli da scoprire. Sono grandi e maggiorenni tutte e due, ma io sono la loro mamma. Mi dicevano a volte che sono anaffettiva, o che non esprimo bene l'affetto che provo, ma sono in pena anche per loro e non lo posso evitare. Cerco di non rompere, ma non sempre mi riesce.
altra rabbia diffusa per contatti esterni che non intendo raccontare ma che si aggiunge e peggiora l'insieme
l'amarezza nel vedere nella mia suocera  quello che toccherà a noi.


Basta.  Questo in soldoni, mi piacerebbe scriverne più in profondità, ma come dicevo rischio di rompere le uova su cui mi trovo per il momento a camminare. Prima, quando non mi leggeva quasi nessuno, ero più libera di indagare nelle profondità dei  pensieri, nelle zone oscure e mettere alla luce ciò che in fondo tutti proviamo e ci scandalizza. Ora devo fare più attenzione, ma prima o poi ci metterò mano, qualcuno deve prendersi il carico di dire le sconcertanti verità. .
Se si vuol provare ad ottenere aiuti dal servizio sanitario si deve perdere moltissimo tempo per uffici, e questo adesso tocca a me, è il mio modo di partecipare non alla soluzione, ma alla gestione della cosa. Con risultati pari quasi a zero. Per questo sono assente e silenziosa, per ora. E' una cosa spiacevole, ma c'è da dire che cadere, negli anziani, è cosa frequentissima. Tutto resta nella normalità e non c'è da lamentarsi. Molto più difficile affrontare ciò che succede a Renato e alla sua famiglia, che seguo, ma trovo difficile commentare. Renato è un uomo coraggioso, eroico, che mette in comune la durezza della sua situazione e le sue speranze.
Ora spero che non ci si metta anche la neve!

Ridere!

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Il giorno di Natale mi hanno raccontato una barzellettina. Ci ho riso abbastanza, ma ci ho riso molto di più dopo, quando l'ho raccontata io. Siccome il post precedente è abbastanza triste oggi ve la racconto anche a voi . Quando ero giovane raccontavo molto le barzellette, ma non  mi soffermavo sugli aspetti narrativi, le premesse della comicità, che sono sempre poco credibili. Anche in questo caso sono poco realistici, ma è una barzelletta!
C'è un gufo che vola in una notte tempestosa e viene sbatacchiato di qua e di là, finché il vento non lo spinge verso la finestrina aperta di una chiesetta. Siccome la finestrina è spalancata, anche nella chiesa c'è vento e il gufo continua ad essere sbatacchiato in giro, ma poi trova una porticina aperta, quella del tabernacolo, ci finisce dentro e si sente al sicuro. Il vento con un'ultima folata ce lo chiude dentro. E siamo arrivati alla fine incredibile della premessa : abbiamo un gufo chiuso dentro ad un tabernacolo e ci si crede. La mattina dopo arriva il prete per la Messa, davanti ad una piccola folla di vecchine e vecchini, e questo, vista la situazione attuale, è credibilissimo. Apre il tabernacolo per prendere il calice con le ostie consacrate e vede gli occhi gialli del gufo che lo fissano . Chiude immediatamente e dice: "Fratelli, oggi niente Comunione... ha cert'occhi da matto!"

Italo Calvino: apologo sull'onestà

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Oggi voglio fare un omaggio ad una blogger che seguo proponendo per intero un suo post, che è suo per averlo scelto, ma è di ITALO CALVINO. Leggere Calvino è sempre un godimento, lieve , sapido, acutissimo e scritto OGGI. Questo scritto è di molto tempo fa eppure sembra steso stamattina. Esprime molte cose che mi girano in testa e non ho modo di organizzare bene . La Blogger che l'ha selezionato è Emilia e il suo blog ha un nome bellissimo "Pensare in un'altra luce".  Grazie.


C’era un paese che si reggeva sull'illecito  Non che mancassero le leggi, né che il sistema politico non fosse basato su principi che tutti più o meno dicevano di condividere. Ma questo sistema, articolato su un gran numero di centri di potere, aveva bisogno di mezzi finanziari smisurati (ne aveva bisogno perché quando ci si abitua a disporre di molti soldi non si è più capaci di concepire la vita in altro modo) e questi mezzi si potevano avere solo illecitamente cioè chiedendoli a chi li aveva, in cambio di favori illeciti. Ossia, chi poteva dar soldi in cambio di favori in genere già aveva fatto questi soldi mediante favori ottenuti in precedenza; per cui ne risultava un sistema economico in qualche modo circolare e non privo d’una sua armonia.

Nel finanziarsi per via illecita, ogni centro di potere non era sfiorato da alcun senso di colpa, perché per la propria morale interna ciò che era fatto nell’interesse del gruppo era lecito; anzi, benemerito: in quanto ogni gruppo identificava il proprio potere col bene comune; l’illegalità formale quindi non escludeva una superiore legalità sostanziale. Vero è che in ogni transizione illecita a favore di entità collettive è usanza che una quota parte resti in mano di singoli individui, come equa ricompensa delle indispensabili prestazioni di procacciamento e mediazione: quindi l’illecito che per la morale interna del gruppo era lecito, portava con se una frangia di illecito anche per quella morale. Ma a guardar bene il privato che si trovava a intascare la sua tangente individuale sulla tangente collettiva, era sicuro d’aver fatto agire il proprio tornaconto individuale in favore del tornaconto collettivo, cioè poteva senza ipocrisia convincersi che la sua condotta era non solo lecita ma benemerita.

Il paese aveva nello stesso tempo anche un dispendioso bilancio ufficiale alimentato dalle imposte su ogni attività lecita, e finanziava lecitamente tutti coloro che lecitamente o illecitamente riuscivano a farsi finanziare. Perché in quel paese nessuno era disposto non diciamo a fare bancarotta ma neppure a rimetterci di suo (e non si vede in nome di che cosa si sarebbe potuto pretendere che qualcuno ci rimettesse) la finanza pubblica serviva a integrare lecitamente in nome del bene comune i disavanzi delle attività che sempre in nome del bene comune s’erano distinte per via illecita. La riscossione delle tasse che in altre epoche e civiltà poteva ambire di far leva sul dovere civico, qui ritornava alla sua schietta sostanza d’atto di forza (così come in certe località all’esazione da parte dello stato s’aggiungeva quella d’organizzazioni gangsteristiche o mafiose), atto di forza cui il contribuente sottostava per evitare guai maggiori pur provando anziché il sollievo della coscienza a posto la sensazione sgradevole d’una complicità passiva con la cattiva amministrazione della cosa pubblica e con il privilegio delle attività illecite, normalmente esentate da ogni imposta.  

Di tanto in tanto, quando meno ce lo si aspettava, un tribunale decideva d’applicare le leggi, provocando piccoli terremoti in qualche centro di potere e anche arresti di persone che avevano avuto fino a allora le loro ragioni per considerarsi impunibili. In quei casi il sentimento dominante, anziché la soddisfazione per la rivincita della giustizia, era il sospetto che si trattasse d’un regolamento di conti d’un centro di potere contro un altro centro di potere.
Cosicché era difficile stabilire se le leggi fossero usabili ormai soltanto come armi tattiche e strategiche nelle battaglie intestine tra interessi illeciti, oppure se i tribunali per legittimare i loro compiti istituzionali dovessero accreditare l’idea che anche loro erano dei centri di potere e d’interessi illeciti come tutti gli altri.

Naturalmente una tale situazione era propizia anche per le associazioni a delinquere di tipo tradizionale che coi sequestri di persona e gli svaligiamenti di banche (e tante altre attività più modeste fino allo scippo in motoretta) s’inserivano come un elemento d’imprevedibilità nella giostra dei miliardi, facendone deviare il flusso verso percorsi sotterranei, da cui prima o poi certo riemergevano in mille forme inaspettate di finanza lecita o illecita.

In opposizione al sistema guadagnavano terreno le organizzazioni del terrore che, usando quegli stessi metodi di finanziamento della tradizione fuorilegge, e con un ben dosato stillicidio d’ammazzamenti distribuiti tra tutte le categorie di cittadini, illustri e oscuri, si proponevano come l’unica alternativa globale al sistema. Ma il loro vero effetto sul sistema era quello di rafforzarlo fino a diventarne il puntello indispensabile, confermandone la convinzione d’essere il migliore sistema possibile e di non dover cambiare in nulla.

Così tutte le forme d’illecito, da quelle più sornione a quelle più feroci si saldavano in un sistema che aveva una sua stabilità e compattezza e coerenza e nel quale moltissime persone potevano trovare il loro vantaggio pratico senza perdere il vantaggio morale di sentirsi con la coscienza a posto. Avrebbero potuto dunque dirsi unanimemente felici, gli abitanti di quel paese, non fosse stato per una pur sempre numerosa categoria di cittadini cui non si sapeva quale ruolo attribuire: gli onesti.

Erano costoro onesti non per qualche speciale ragione (non potevano richiamarsi a grandi principi, né patriottici né sociali né religiosi, che non avevano più corso), erano onesti per abitudine mentale, condizionamento caratteriale, tic nervoso. Insomma non potevano farci niente se erano così, se le cose che stavano loro a cuore non erano direttamente valutabili in denaro, se la loro testa funzionava sempre in base a quei vieti meccanismi che collegano il guadagno col lavoro, la stima al merito, la soddisfazione propria alla soddisfazione d’altre persone. In quel paese di gente che si sentiva sempre con la coscienza a posto loro erano i soli a farsi sempre degli scrupoli, a chiedersi ogni momento cosa avrebbero dovuto fare. Sapevano che fare la morale agli altri, indignarsi, predicare la virtù sono cose che trovano troppo facilmente l’approvazione di tutti, in buona o in malafede. Il potere non lo trovavano abbastanza interessante per sognarlo per sé (almeno quel potere che interessava agli altri); non si facevano illusioni che in altri paesi non ci fossero le stesse magagne, anche se tenute più nascoste; in una società migliore non speravano perché sapevano che il peggio è sempre più probabile.  

Dovevano rassegnarsi all’estinzione? No, la loro consolazione era pensare che così come in margine a tutte le società durante millenni s’era perpetuata una controsocietà di malandrini, di tagliaborse, di ladruncoli, di gabbamondo, una controsocietà che non aveva mai avuto nessuna pretesa di diventare la società, ma solo di sopravvivere nelle pieghe della società dominante e affermare il proprio modo d’esistere a dispetto dei principi consacrati, e per questo aveva dato di sé (almeno se vista non troppo da vicino) un’immagine libera e vitale, così la controsocietà degli onesti forse sarebbe riuscita a persistere ancora per secoli, in margine al costume corrente, senza altra pretesa che di vivere la propria diversità, di sentirsi dissimile da tutto il resto, e a questo modo magari avrebbe finito per significare qualcosa d’essenziale per tutti, per essere immagine di qualcosa che le parole non sanno più dire, di qualcosa che non è stato ancora detto e ancora non sappiamo cos’è. 

Dopo questo scritto io mi sento di più come mi sento di solito, una mucca da mungere, che non si ribella.

Novità

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Io e la mia amica Paola, Editore e Coach, siamo arrivate alla fine di un lungo lavoro, fra poco uscirà il libro, mio, ma anche nostro, per tutto il lavoro da "editor" che lei ci ha profuso. Dovrei essere entusiasta e fare un annuncio trionfale, e invece sono un pò impaurita.

Continua a tornarmi in mente il giorno che io e Mauro ci sposammo. Ero andata dalla sarta, una sarta bravissima, una professionista vera, zia di un mio caro amico, Mario, che adesso è il marito di una delle mie più care amiche. Ci ero andata per indossare il vestito per il matrimonio, che era un bel vestito rosso e il mio amico mi accompagnava in comune. Gli dissi che all'improvviso mi era presa una gran paura, che era un passo enorme quello che stavo per fare e non ero più sicura. Lui non sapeva come aiutarmi e mi disse che invece di fare la strada più breve sarebbe passato da San Domenico, per la via più lunga, così avevo tempo di calmarmi. Arrivati in piazza del Comune vidi Mauro vestito da festa con gli occhi che brillavano. Notare che all'inizio era stato lui il meno convinto.
Mi disse " Tò, hanno invitato anche te a questo matrimonio?" Mi fece ridere e la paura mi passò completamente. Dalla mano di Mario passai a quella di Mauro e ce ne andammo su per le scale del Palazzo Comunale. Erano trent'anni lo scorso 8 gennaio. Questa volta avremmo voluto festeggiare, ma non l'abbiamo fatto perché era caduta la nonna.
Ora che deve uscire questo libro ho la stessa identica paura, me ne accorgo. Diecimila domande si affollano, diecimila dubbi .

Giorni fa sentivo a "Fahrenheit" sul terzo della rai, una discussione su ciò che viene  pubblicizzato e venduto nelle librerie. Raffaele La Capria lamentava il fatto che vengono pubblicizzati di più i libri dei conduttori televisivi (Vespa) dei comici (Zelig, Littizzetto) eccetera, piuttosto che dei letterati. Diceva che si genera confusione nei lettori che sono convinti che questi libri siano anch'essi letteratura. Poi cos'è  letteratura e cultura? Quale il criterio da seguire per definire un'opera di qualità? A me pare che ci sia tanta roba di scarsa qualità in vendita ed è difficile orientarsi.
Il tempo per leggere è poco e come diceva un mio amico "Non ho ancora letto Omero, come pretendi che legga ciò che mi proponi?"

In questo panorama penso che il mio/nostro libro farà parecchia fatica a farsi conoscere, se si vuol essere realisti. Eppure, come per un figlio, voglio sperare che si faccia largo nel mondo. Nel libro ci sono già i ringraziamenti per gli amici blogger,  non lo sapete del tutto, ma ognuno di voi mi ha incoraggiato parecchio e vi sono molto grata. Avevo sognato spesso di pubblicare un libro, ma restava nei sogni irrealizzabili, la fiducia degli altri blogger mi ha molto rinforzato. Ci sono state alcune congiunzioni favorevoli.
Considerate che è una nave che sta per partire per un viaggio e voi ne siete tutti  madrine e padrini.  Non voglio fare nomi per non rischiare di dimenticare qualcuno, anche solo uno di quelli che commentano poco, per esempio Gio o Maria che lasciavano commenti qualche tempo fa, ma che considero ugualmente importanti.Grazie alla Paola e a Vincenzo dell'"Archivio Dedalus" di Milano, che hanno avuto il ruolo di Mario quando mi sposai e anche di più, perché il libro ha preso la sua ultima forma grazie al lavoro fatto insieme. Grazie ad Elisabetta Brambilla, la mia prima vera lettrice, nel senso che non mi conosceva per niente quando ha letto il libro, ed è riuscita ad afferrare esattamente ciò che volevo esprimere. Grazie alla seconda Coach, Grazia del blog "Senza dedica".
Adesso, appena le copie saranno stampate, si tratterà di spingere la nave al largo e farle prendere bene il mare, in modo che il viaggio sia lungo e sicuro e che possa arrivare forse non subito ai porti più grandi dove si perderebbe, ma ai porti piccoli e riparati, dove qualcuno aspetta un messaggio in bottiglia ed è pronto ad ascoltare una lunga storia, anzi è avido di racconti...
Quindi faccio un appello a tutti quelli che possono offrire un'occasione di presentazione del libro, in casa propria, in un circolo, in una qualunque sede. Lasciatemi un commento, se vi va, sennò va bene ugualmente. Ho parlato di questo con la Loretta del Roseto in via Cerreto e lei diceva che in ogni modo è una nuova fase che si apre, una manciata di semi gettati al vento, e sarà bello vedere le piantine che germoglieranno, perché di una cosa sono sicura, che tutto questo l'ho fatto con amore e non può restare senza frutto.

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Come faccio a ringraziare tutti in modo efficace? Qui si dice : A buon rendere! Significa che ci sarà bene un'occasione, oppure la creeremo apposta! Va bene, per chi vuole acquistare il libro vi giro le informazioni dell'Editore:

il codice del libro è  ISBN  9788897602026
il prezzo è di 15 euro


a - si può scrivere una mail alla casa editrice Edizioni Archivio Dedalus info@dedaluspoemvideo.it
per chi lo richiede direttamente, dicendo che è un lettore del blog Iris e Libellule, sconto del 10% sul prezzo di copertina e spedizione gratuita  

b - si può andare alla propria libreria di fiducia e chiedere a loro di ordinarlo sempre allo stesso indirizzo; ricordo che il codice isbn è 9788897602026 

c - chi abita a Milano può venire direttamente alla sede dell'Archivio Dedalus, in via Pietro Custodi 18. Il telefono è 02 36550497, gli orari sono quelli di ufficio. Meglio comunque telefonare per preavvisare. Anche a chi viene direttamente sarà fatto lo sconto del 10% sul prezzo di copertina.

Io e Mauro siamo un pò ubriachi. Io per questa faccenda della pubblicazione. Torna efficace la tartaruga, se leggerete il libro capirete perché, ma forse qualcuno ricorderà un vecchio post... L'immagine è questa: la tartaruga ha prodotto un libro, e da creatura invisibile, o convinta di esserlo, diventa almeno per un pò visibile e al centro di una seppur limitata attenzione. E che fa? Prova il desiderio di rientrare nel guscio!! Ma il guscio non c'è più, la trasformazione è iniziata....
Questa sono io. 
Mauro invece, dirò solo questo, è stato chiamato dalla sua azienda e gli hanno detto che va in pensione, non fra un mese o due, fra neanche una settimana . E' rimasto steso. Ha detto che gli girava la testa. Oggi il suo giorno di riposo, strano un giorno di riposo quando fra sette giorni sarai di riposo fisso, e lui è uscito di casa e ancora deve tornare. Si sente libero, dopo tanti anni di lavoro, e si prende delle libertà.  

Per fortuna che ho il lavoro in pizzeria, anonimo, sempre uguale che mi tira in basso, mi da pesantezza, perché ora mi sento anche io come se fossi un palloncino che rischia di esser portato via dal vento... troppe novità tutte insieme!! ( però sarebbe bello fare un giro in cielo)
Mi raccomando, se potete offrirmi l'occasione di presentare il libro nel luogo dove vivete, anche a pochissime persone, in modo essenziale, verrò volentieri. Siamo o non siamo per la decrescita felice? Facciamo le cose con semplicità, ma facciamole. Non vedo l'ora di conoscervi di persona. Per quelli che vivono a Milano, mettetevi in contatto con Archivio Dedalus, con Paola o Vincenzo, e segnalate l'eventuale disponibilità ad incontrarsi da loro o in un'altra sede. Grazieee!




Una vecchia foto e l'ultimo giorno di lavoro di Mauro

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Una mia parente che vedo molto poco perché vive in un'altra città, e nonostante questo le sono affezionatissima, mi ha fatto avere recentemente un paio di foto vecchie, anzi vecchissime. Sono in bianco e  nero, risalgono al 1946, e ritraggono un gruppo di giovani fra cui i miei genitori.
Loro due e anche altri dicevano degli amici del tempo della gioventù "Siamo stati ragazzi insieme."
Eccoli qua un gruppo di quei ragazzi in cui posso riconoscere la mia mamma, una sua parente, lontana cugina, il mio babbo, sua sorella e la sua cugina, altri due cugini di primo grado della mamma ...insieme ad altri la cui identità resta misteriosa.
 Tutti giovanissimi e tutti  "belli", di quella che la mamma definiva la "bellezza dell'asino" cioè della gioventù, di cui non vale vantarsi, perché tocca a tutti. La più carina è quella che io chiamavo la zia Anna, che insegnava, alla fine della carriera lavorativa, al Ponte Buriano .
Tanti visi, tante storie, e ognuno manifesta già, in quella vecchia foto, la propria attitudine nella vita: c'è chi si mette dietro agli altri, e dice che vuol restare in secondo piano, vuol avere una vita semplice e riservata,  c'è chi sta davanti e ride perfino troppo. I miei genitori, in questa foto è evidente, ancora non stavano insieme, e invece, dall'atteggiamento, da una mano posata su una spalla e dallo sguardo, si capisce che il babbo doveva fare il filo ad un'altra ragazza, che proprio in questi giorni, ormai vecchissima, è morta. Una foto e immagini tante cose, ormai perdute nel tempo, che nessuno potrà più raccontarti. Cose che forse non ti riguardano affatto, sono solo delle possibilità che non si sono sviluppate, o forse si sono realizzate in un altro universo parallelo a questo in cui viviamo ...
Eccoli lì i miei genitori giovanissimi, lui tornato da poco dalla prigionia, lei e gli altri appena usciti dalla guerra, sorridenti e ben vestiti, e noi, i loro figli, non esistiamo neanche nell'immaginazione, eppure mi viene da pensare che siamo già ben scritti, a lettere di fuoco, nel loro futuro.


Questa foto esprime bene felicità e un velo di malinconia dell'inverno, della fine di qualcosa e dell'inizio di qualcos'altro... Mauro si arrabbierà che gliel'ho presa, perché ora vuol fare un blog anche lui dal titolo "Una fila di legnate .it"


Ieri era l'ultimo giorno di lavoro di Mauro, l'ultimo dopo  decine d'anni di ferrovia. Tanti anni che sembrano volati in un soffio, eppure a ripensarci quante cose abbiamo fatto , vicini o distanti, per mano e in armonia oppure separati come da un mare in tempesta, ma sempre insieme. Insieme è questo, che l'ultimo giorno di lavoro del tuo compagno è un pochino anche tuo, che sei felice per la libertà che acquista e ha meritato, e sei triste per l'ufficio dove il lavoro turbolento e impegnativo procederà senza di lui e a poco a poco i colleghi lo dimenticheranno, gli stessi che hanno stampato una foto dove compare  Mauro con le braccia alzate seduto sulla sedia dell'ufficio, con lo sfondo di una spiaggia tropicale e sopra c'è scritto WWW. una fila di legnate.it- in bocca al lupo dai tuoi colleghi, sconto 100% vacanza per sempre (paga trenitalia) da buio a buio . tel 055/ma chi kxxò rompe i ...Una fila di legnate sono quelle che minaccia da anni in casa e in Ferrovia, mentre "da buio a buio" è un'altra minaccia ai colleghi, che si lamentavano per l'orario di lavoro, e lui diceva che li avrebbe mandati a lavorare da buio a buio, cioè per dodici ore di fila. Mentre " chi kxxo rompe i c..." era il modo di rispondere, qualche volta, al telefono. Ora tutto questo va raccontato con l'imperfetto narrativo, perché appartiene definitivamente al passato.
I buddisti parlano dell'impermanenza ed il concetto torna utile oggi, che ci sembrerà di sparire un pò dal mondo, con la pensione, ma sarà bello che il ricordo di noi sia sorridente e lieto, e domani la vita ricomincia daccapo .

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Questa è un'informazione di servizio destinata ai blogger che vivono a Milano e dintorni. Andrò a Milano il 13 febbraio, la settimana prossima e ci sarà un paio di incontri organizzati da Archivio Dedalus nel pomeriggio e dopocena . Lascio qui di nuovo il numero di telefono per chi avesse desiderio, voglia, tempo di chiacchierare con me del libro e di altro, o anche solo di incontrarsi.
02 36550497
Grazie.
Per il resto sono stanca. Ma proprio stanca! In pizzeria continuiamo a lavorare, per fortuna. Il Natale è stato buono  e anche ora non c'è male. Potrei raccontare cose interessanti, ma devo astenermi, sapete com'è... Il locale è aperto dal 1965 ed è sempre stato della stessa famiglia, quindi i clienti conoscono i proprietari molto bene. Arriva un cliente e dice a Dino, il pizzaiolo e proprietario : "Oh Dino, come va? Quando ci vai in pensione?"
"Io in pensione non ci vado. Voglio schiantar qui davanti." E indica la bocca del forno. Chiaro che mi viene da ridere, ma mi devo trattenere, perché Dino in certe cose non ha senso dell'umorismo. Una di queste sere sono arrivati, con babbi e mamme, due bambini piccoli, 5 o 6 anni d'età, armati. Uscendo un attimo dal mio loculo ho detto a Dino che avevamo due piccoli clienti armati, e ho visto comparire un'increspatura da una parte della bocca. Era un inizio trattenuto di risata. Non si ride coi dipendenti. Uno dei due bambini aveva un fucilino e l'altro una mitragliatrice. Lo squilibrio era evidente. Eppure moriva sempre quello col  mitra. Uscivo dal loculo per portare i piatti lavati e vedevo quello col mitra che  si buttava per terra e moriva, gli doveva piacere un sacco. Era evidente che imitava scene di film visti alla televisione e lo faceva abbastanza bene, efficacemente, direi. Un futuro attore.
E' un anno che lavoro di nuovo e forse è il caso di citarmi in un post dell'inizio del 2012. Lo trovate qui. Pare che in un anno non succeda quasi niente e invece qualcosa è successo, un lavoro nuovo, la forza di tenerlo, il libro... questa lavapiatti si è data da fare nel 2012. Intanto leggo il commento di Sari e mi entra dentro come una medicina . Sto molto meglio, grazie Sari.

URLA A BASSA VOCE. Francesca De Carolis

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Dietro ordine della Paola, che è il mio editore, ormai lo sapete anche voi che leggete, sabato sono andata alla presentazione di un libro, non il mio! ma di una giornalista,. Francesca De Carolis, che tempo fa aveva intervistato la Paola  alla radio, Radio 1, il primo canale della Rai .
La Paola ha scritto un libro che si intitola "Il pianista che ascolta con le dita" e la trasmissione tratta argomenti che riguardano, come il libro, i diversamente abili.
Insomma ci sono tre libri in campo: quello della Paola, "Il pianista che ascolta con le dita", il mio, che la Paola mi aveva spedito da Milano in un'unica copia perché lo consegnassi a Francesca De Carolis, e quello di Francesca De Carolis  "Urla a bassa voce: dal buio del 41 bis e del fine pena mai". La Paola mi ha mandato una mail perché andassi, nell'occasione della presentazione, a portare il mio libro a questa signora anche a suo nome.
Ora non è che io vada spesso alle presentazioni dei libri né da altre parti. Normalmente nella vita mi ci entra di lavorare in pizzeria, in casa (pulizie, cibo, lavatrici, stirare, orto , giardino olivi ...niente fatto tanto bene) e stare un pochino al computer sentendomi anche in colpa perché ci sono stata .
La presentazione era alle 16, ma ancora, come nella migliore tradizione aretina, non c'era quasi nessuno. La signora De Carolis non era per niente pomposa e distante, si è ricordata subito della Paola, e del mio testo ha detto "Lo leggo subito" e io per un pò ho guardato il libro in mano  a lei, con una notevole emozione, come forse si guarda un figliolo ben preparato che sta per affrontare un esame. Ma era una specie di esame anche per lei, che doveva presentare il suo, di libro. Però prima hanno parlato la presidente della biblioteca, il presidente dell'Arci, un'assessora del Comune e alla fine mi sentivo molto nervosa e frustrata perché il tempo che avevo a disposizione prima di entrare al lavoro si stava consumando.

Alla fine ha parlato lei come una mitragliatrice, consapevole del fatto che l'attenzione  era già stata largamente e inutilmente provata e si doveva recuperarla e cercare di far passare dei contenuti. Bene, questo "Urla a bassa voce" credo che sia una raccolta di lettere, un'epistolario fra lei e alcuni carcerati di quelli specialmente "cattivi" che sono in galera per reati di mafia particolarmente gravi ed efferati. Gente che sta all'ergastolo e non ne verrà mai fuori. Francesca dice che l'ergastolo non ha senso e che una pena senza speranze e senza luce, nelle condizioni delle carceri italiane, che penso sentirete anche voi tutti i giorni quali sono,  è nella sostanza una tortura . Dice anche che una pena ci deve essere, che perfino i carcerati stessi ne sono consapevoli, e che lei era presente ai funerali di Falcone e che sa bene da che parte sta . Dice anche molte altre cose...Quando lei ha finito di parlare ha iniziato un altro signore che fa da molti anni il volontario nelle carceri  e  quello che aveva da dire era realmente molto interessante, come sempre quando si  vive un'esperienza  sul campo, ma io ho dovuto andar via.

Ero andata a questa presentazione sotto "ordine" della Paola, diversamente l'idea non mi avrebbe sfiorato, sono veramente stanchissima. Mi ero sorbita una ventina di minuti di chiacchiere  molto politically correct, che hanno sottratto tempo a me e  alla Francesca De Carolis. Oltretutto c'era stato un disguido per cui il libro, fisicamente, non c'era, non era disponibile per l'acquisto.
Però lo stesso il lavoro appassionato di questa signora mi ha incuriosito parecchio e mi ha interrogato.
Avrei voluto dire, molto terra terra, che si parlava di gente di cui di solito si dice di buttarla in galera e buttar via la chiave, che ha commesso reati talmente atroci e tipicamente umani, (perché le bestie non si comportano mai così, a meno che la frequentazione degli umani non le inquini), che sinceramente saperli chiusi in un buco è un sollievo. Lei diceva che in questi casi la pena comminata sembra una vendetta,  ma a me pare più che sia un voler rimuovere loro e gli atti commessi, metterli in un posto in cui non possono più nuocere e poterli un pò dimenticare. Ah sì! Si dice dopo anni, mi ricordo di quella donna  che aveva ucciso il suo bambino in quella terribile maniera ! E c'è, sopra l'episodio, grazie a a Dio, la cenere del tempo che lo ingrigisce e gli toglie un pochina di drammaticità.

Eppure queste vite sono vite anch'esse vite e buttarle via senza dar loro speranza e senza offrire almeno la via della riconciliazione interiore e del recupero è disumano. E' vero che ogni vita che si perde in questo modo ci interroga, che finché c'è anche un'unica persona in un buco buio, condannata e sola senza una mano tesa in aiuto siamo tutti diminuiti, perché forse non ne siamo sempre consapevoli, ma siamo tutti legati, da solo nessuno si salva. Non so se mi sono spiegata . Già, è il senso della frase "nessuno tocchi Caino", mi par di capire.

Mi ha anche colpito quello che diceva Francesca riguardo alle storie. ognuno di questi cattivissimi e terribilissimi, capace di murare viva una persona nel cemento fresco e di sparare ad un bambino, ha una storia. Ascoltavo le storie dei vecchi, quando il mio suocero era in ospedale, le ascoltavo con avidità. Se ti metti ad ascoltare le storie sei finito, è un pò come Ulisse e le sirene, ti devi legare all'albero maestro per non seguirle tutte, per non caderci dentro, ogni storia ti chiama, ti affascina ed ha un significato che pare impossibile lasciar perdere nel nulla... eppure è ciò che alla fine succede, tutto si perde e niente si perde, tutto si disfa e torna nel ciclo vitale, e la bellezza, anche quella tragica e tremenda, svanisce . Ricordo una Pasqua a Taizé di moltissimi anni fa, io avevo 17 o 18 anni. Uno dei frères , Gianni Novello, italiano, parlava con noi dei nostri nomi, dei nomi che Dio dà agli uomini. Il nome di ognuno è il succo di ciò che siamo stati nella vita, una parola sacra, una formula matematica, qualcosa di definitivo e riassuntivo di noi, un'essenza. Eccole le essenze a spengersi nel buio di una cella...
"Siamo qualcosa che non resta , frasi vuote nella testa, e un cuore di simboli pieno..." (Francesco Guccini)
Prendete di questo post quello che vi serve o vi piace, quanto al libro è scaricabile da Internet e penso valga veramente  la lettura. Stavo per dire valga la pena ...

Non habemus Papam.

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Che notizia! Il Papa va in pensione! Roba da matti, ha ragione Vendola, questa è la Storia, Storia con la esse maiuscola! Comunque una buona notizia, almeno per un motivo, che toglie il sipario a Silvio. Francamente, neanche per motivi politici, di Silvio io non ne posso più, con tutte le cavolate che spara. Il condono tombale mi ha nauseato: praticamente la legalizzazione dei reati in tutti i settori. Ora per fortuna si parlerà del Papa almeno fino al 25 febbraio e ci lasceranno decidere in santa pace di che morte morire con le elezioni.

Ma torniamo al Papa. Quanti pensieri mi ha suscitato! Mi ha ricordato Habemus Papam di Nanni Moretti... Avrà perduto la fede? In ogni modo fare il Papa in questa situazione per un anziano sacerdote deve essere un'opera titanica, penso solo a tutti i casi di pedofilia e alle famiglie omosessuali . In negativo e in positivo il rovesciamento di tutti gli schemi. Era sconvolto dalla notizia anche Padre Lombardi che rileggeva la dichiarazione del Papa cercandoci dentro qualcosa che chiarisse le idee anche a lui.

Provo ad immaginare: il Papa legge uno scritto durante il Concistoro, un sonnacchioso Concistoro in cui si leggono di solito le vite dei santi. Lo scritto è in latino, e lì per lì i convenuti dormicchiano, non si sforzano neanche tanto di capire, ma poi qualcuno afferra di che  si tratta... il Papa lascia, dopo le ore 20 (fuso orario di Roma) del 28 febbraio prossimo, fra una quindicina di giorni, finirà di essere Papa. L'ultima volta è successo centinaia di anni fa. Che dice Nostradamus? L'altro grande vecchio, Napolitano, ancora perfettamente presente e attivo, pronuncia parole piene di rispetto e dice che si tratta di una decisione coraggiosa. Il pensiero va all'altro Papa, Giovanni Paolo secondo, il polacco, che non mollò fino alla fine, pur minato dal Parkinson e, non so perché, io lo apprezzai tanto in quel periodo finale della vita . Forse perché un Papa è un pastore, un padre ( Papa/ papà) e non solo un Capo di Stato e una figura ufficiale. Vedergli affrontare la morte debole e forte insieme, non domato, è stato un grandioso esempio anche per chi, come me, sta al margine della chiesa, diciamo pure fuori confine.
 Immagino che i cattolici  vivranno questa scelta come un abbandono, ma non saranno disposti a riconoscerlo. Questo Papa è tedesco, appare razionale, colto e rigido, difficile per lui essere elastico e illuminato come lo era il cardinale Martini, che d'altra parte in qualche modo se lo poteva permettere, poteva essere soprattutto un uomo di fede, non essendo Papa. Vedete quanti pensieri profondi saltano fuori e seguendo ognuno si andrebbe molto lontano. Ma io fra poco vado in pizzeria ... essendo toscana mi si formano nella mente le immagini di almeno due vignette: una col Papa che ha inforcato un paio di occhiali neri e sta comodo su una sdraio in una spiaggia tropicale, con le gambe accavallate.
L'altra col Papa , fra un paio di mesi , in una birreria di Monaco, con una pinta di birra rossa che dice "Al diafolo! Qvesti italiani mi afefano proprio scocciato. Prosit!"

PS: scrivo raramente dei post scriptum , ma questo ci vuole proprio. La mia figliola grande nel corso del tempo ha detto più volte che da grande voleva fare il Papa. Perché lei quando è in forma e allegra fa morir dal ridere. Oggi l'ho chiamata per dirle se sapeva che il posto era vacante dal 28/02 prossimo, di mandare un curriculum. Ha detto che lo farà, che spera che lo stipendio sia buono.

Secondo PS:  giravano voci in pizzeria stasera, accreditate, una specie di Gola Profonda ( qualcuno ricorda "Tutti gli uomini del  Presidente", film degli anni settanta, Robert Redford e Dustin Hoffman?) pare che il papa si sia ritirato perché coinvolto nello scandalo del Monte dei Paschi, come non l'ho capito davvero... La Giusi dice che si dovrebbe chiedere al maggiordomo che aveva spifferato dei segreti... io il maggiordomo me l'ero proprio dimenticato.

La morte di Carlo

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In questi giorni  se ne è andato il nostro amico Carlo, che era tennista, maestro di tennis,  aveva un negozio di articoli sportivi ed era noto in tutta Arezzo. Era malato di cancro da alcuni anni e aveva veramente fatto di tutto per affrontare la malattia, che l'aveva comunque divorato quasi interamente fino a renderlo poco riconoscibile. Pare che i medici si chiedessero come aveva potuto durare così a lungo, ma i medici si chiedono sempre queste cose, e le malattie durano spesso oltre il dovuto, sotto parecchi punti di vista. I malati trovano forze insospettabili dentro di sé che li rendono capaci di resistere non solo al male, ma anche ai suoi terribili rimedi. Non credo di rivelare un segreto dicendo che Carlo non ha lasciato che la morte se lo prendesse con calma. Come uno che si trova  su un nastro trasportatore che lo porta inesorabile sull'orlo di una voragine  e non può tornare indietro a un certo punto ha scelto di buttarsi da solo. Anche Luca, l'estate scorsa, ha fatto così, per motivi diversissimi. Si tratta di scelte su cui non riesco a dire assolutamente niente. Nonostante questo ha avuto un funerale religioso, impensabile fino ad alcuni anni fa, che penso desiderasse. Anche questo è un segno dei tempi nuovi che viviamo, il rito religioso che accompagna anche chi non lascia la vita secondo le regole codificate dalla Religione. Ma altrimenti a che serve la religione, se non a celebrare i momenti in cui il mistero che viviamo è più evidente e terribile nelle nostre vite ? Se non ci da un aiuto a leggere ciò che ci accade ed è irrimediabile e definitivo? Il rito è stato celebrato nel Duomo di Arezzo, nella cappellina della mamma della città, la Madonna del Conforto. La Madonna del Conforto arrivò ad Arezzo nel 1796, in un momento triste della città, dopo alcuni anni in cui si erano ripetuti terremoti e disgrazie e la popolazione era spaventata e povera. Qui trovate la sua storia. Non si tratta di un vero miracolo, un'immagine della Madonna appesa in un'osteria della Chiesa, ma pur sempre osteria,  durante un terremoto, da sporca e affumicata che era, apparve luminosa e pulita e questo fu considerato un fatto miracoloso. Molti  anni fa fu dedicata una mostra ai documenti relativi alla Madonna del Conforto. In uno di essi un sacerdote dell'epoca incaricato dell'indagine ufficiale diceva che non si capiva cosa ci fosse stato di eccezionale nell'immaginetta della Madonna "pulita", ma che comunque si doveva interpretare l'episodio come un momento di conversione collettivo e di fronte a queste manifestazioni di fede era bene arrendersi e non andare a cercare e indagare tanto. Fatto sta che molta gente, per paura, per trovare un motivo di speranza, era tornata a frequentare le chiese e aveva trovato rifugio nel volto della grande madre, personificata nella Madonna. Il clero aveva "cavalcato la tigre". La Madonna del Conforto da allora è la protettrice di Arezzo, insieme a San Donato, e il funerale di Carlo è stato celebrato il giorni prima di quello a lei dedicato, nella sua cappella che era piena di gente, perché Carlo era giovane e molto benvoluto. Negli ultimi anni aveva fatto di tutto per combattere la malattia, sempre aiutato,  sostenuto e accompagnato dalla moglie, che io ho conosciuto giovanissima e ora è una donna bella, intelligente e serena. Questo ha significato che hanno vissuto intensamente fino in fondo e insieme, trovando nel male un'ultima occasione di crescita e di esplorazione di sé. Anche di lui, come di Luca, come di Maurizio Carboni, che se ne andò allo stesso modo alcuni anni fa, mi chiedo cosa gli abbia attraversato la mente negli ultimi istanti . Parlavamo con Mauro di Oscar Pistorius, che sembrava un eroe ed era così debole, e mi è venuto da dire che Carlo è stato eroico e molto coraggioso in questa scelta finale, come nel modo di affrontare la malattia..E ora spero che un angelo, se esistono gli angeli, sia venuto a prenderlo nel momento della morte, consolandolo dopo tanta paura e dolore.

Cacciatori di arcobaleni.

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Quando il pomeriggio vado a lavorare con l'auto la strada che va in città segue la direzione nordest. Dietro di me ieri  il sole pallido stava appena calando e davanti  il cielo era grigio e compatto e pioveva una pioggia fine. Ho guardato bene perché so cosa succede... il cielo non sembra più tutto unito, perde di compattezza e si vedono delle parti cambiare, come se attraverso di esso si potessero afferrare altre dimensioni, si strappasse la realtà, invece ... eccolo là!
 Un pezzo di arcobaleno!
L'arcobaleno è un effetto ottico, la luce del sole  batte sulle numerosissime goccioline di pioggia che formano  una specie schermo che rifrange la luce,  si forma un arco di tutti i colori che il nostro occhio può percepire e a volte più di uno, anche due o tre uno sull'altro, insomma è una meraviglia!
Giorni fa  avevo visto solo un pezzo di arco, ma quasi verticale: che fatica sarebbe stata arrampicarsi sul ponte degli dei con quella pendenza!
Invece ieri sera quasi subito l'arcobaleno si è formato per intero e preciso sopra la strada, sembrava di doverci passare in mezzo. Sembrava proprio un arco di ingresso. Un'estremità dell'arco, sulla destra, pareva camminasse con me, procedeva sul terreno del campo arato con la velocità dell'auto, d'altra parte l'arcobaleno è una cosa che sta fra l'occhio dell'osservatore e il cielo, grandissima, ma molto soggettiva. Ecco, ho pensato, se cercassi la pentola piena d'oro alla base dell'arco non la troverei, perché la base  si sposta insieme a me. Di là invece l'arco finiva in un punto imprecisato fra i boschi e veniva il desiderio di andarlo a cercare.

L'arcobaleno nella Bibbia è il segno dell'alleanza fra gli uomini e Dio dopo il Diluvio, e ieri mi sentivo così, perché dopo aver scritto il libro e averlo pubblicato ho avuto molto timore di alcuni giudizi a cui tenevo particolarmente. Ora che arrivano e sono positivi mi sento meglio e quell'arcobaleno sembrava proprio un segno, l' arco di luce colorata sopra la strada davanti a me. Puoi venire, siamo in pace, diceva, o così risuonava dentro di me. Uno di questi giorni di pioggia, quando il cielo cambia e io al volante vado a cercare con gli occhi l'arcobaleno, uscirò di strada. Per adesso non è successo...

Non ho foto fatte da noi, ne ho presa una dalla rete.

Elezioni

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Credo che ognuno di noi abbia accumulato nel corso degli anni personali motivi di risentimento nei confronti di chi ha gestito la cosa pubblica. Io evito di parlarne perché mi scoccia apparire patetica, risentita, piena di nostalgie e di rimorsi e rimpianti per ciò che avrebbe potuto essere e non è stato.
Per esempio molti anni fa fu costruita una casa abusiva, oggi villa, quasi in cima alla collina dove abitavamo,  che era in vista sulla città,completamente protetta e non edificabile. La costruirono delle persone che fra l'altro ci avevano ucciso i cani avvelenandoli. Io testimonai e andai al processo. Ad un certo punto l'imputato morì ( di morte naturale) e io mi trovai prima dell'udienza, sola,  in presenza del giudice. Gli dissi che l'imputato era morto. Mi disse che allora potevo andare a casa, che il reato finiva con la morte di chi l'aveva compiuto e il processo avrebbe seguito gli eredi, ma per il momento non ci sarebbe stata nessun dibattimento. Gli chiesi allora se comunque l'edificio abusivo sarebbe stato abbattuto. IL magistrato si arrabbiò  e mi disse che non spettava a lui, che il Comune aveva tutti gli strumenti per agire e se non lo facevano evidentemente non volevano, stavano proteggendo uno che aveva commesso un reato. La casa è sempre in piedi ed ora  è una villa, ancora se ci penso mi arrabbio, ma è chiaro che è difficile spiegare i motivi di tanto risentimento e amarezza, perché legati a vicende personali, anni di tormenti subiti e culminati nella morte di parecchi  gatti e di tre cani avvelenati, che oltretutto lasciano il pensiero che sei stata te in qualche modo ad esporli a quella fine orribile. Quindi è anche colpa tua.Inoltre penso che, per la capacità che abbiamo visto dispiegarsi negli di Silvio, l'illegale deve essere diventato legale da tanti anni e l'edificio abusivo ormai è perfettamente in regola.
Il Comune ad Arezzo è  quasi sempre stato gestito dalle sinistre e come si vede non sempre con giustizia e rispetto delle leggi . Qualche volta è stato gestito in modo veramente equo , innovativo e sostenibile, mentre quando c'è stato il PDL è stato uno sfacelo.

Quando aprimmo il negozio di prodotti biologici la pratica in Comune stazionò dei mesi, girando a vuoto da una scrivania all'altra, alla fine l'impiegata che dirigeva l'ufficio alla mia richiesta umile se l'iter fosse concluso, davanti ad una fila di colleghi nulla facenti che guardavano tutti me fisso come se fossi una bestia rara, chiese ad uno di loro se la pratica era pronta da consegnare. "Non lo so - disse quello senza cambiare neanche posizione, che era semisdraiato sul bancone- ci dovrei guardare ." Chiesi se allora gentilmente ci poteva guardare . " Ora no- disse la responsabile dell'ufficio- perché io unn'ho voglia." E così mi costrinse a tornarci un'altra volta il giorno dopo nella speranza che il sadismo fosse diminuito e la voglia di far qualcosa aumentata, senza protestare, ché magari potevano insabbiarla ancora per mesi. E così via, potrei raccontare io come tanti molti episodi, che sembrano barzellette, che paiono strullate, ma che hanno influito pesantemente sulla mia vita e sulla vita di altri, creando una reale e tangibile disuguaglianza fra chi sta da una parte e chi sta da quell'altra, o da nessuna parte politica. Qualche volta non era importante appartenere a un partito, quale che sia, quanto essere amico, anche se di parte politica diversa, di una certa persona.

 Poi ci sono stati episodi locali, qui a Civitella c'è stata la questione della Chimet, un'azienda che tratta rifiuti tossici e crea danni alla salute ed è come una piccola ILVA, e i politici locali, sempre sinistra, hanno chiuso un occhio per conservare una realtà produttiva nel territorio ma a che prezzo ... Certamente a gestire queste cose, ILVA insegna, si fanno male tutti.

C'è anche il fatto che uno entrato in politica fa comunque carriera e se ha fatto male l'assessore o il sindaco non torna a fare il lavoro di prima, ma viene premiato dal partito per la sua cattiva prestazione  con un incarico politico e con un bello stipendio di quelli che noi comuni mortali non abbiamo mai visto neanche col binocolo.  In tutto questo il lavoro degli onesti, di quelli perbene che considerano fare il parlamentare o l'amministratore un vero lavoro al servizio della comunità, quasi sparisce.

Ho sempre votato rimuovendo questi pensieri e ricordi, facendo la "signora" (per modo di dire)  e superando  rancori e scontentezze  in vista del bene comune. Pensando che se io avevo avuto certi problemi non potevo ragionare in un'ottica personale, che sarebbe stato egoista come quelli che votano Berlusconi perché non vogliono pagare le tasse e desiderano solo essere tutelati nel delinquere (come lo chiamate il condono tombale?).

Questi episodi singoli e quasi privati hanno poi  ridondato anche nel pubblico, per esempio la storia della gestione personalistica  del Monte dei Paschi, dell'Università di Siena  a cui hanno seccato le casse per comprare, fra l'altro, un appartamento da usare una volta all'anno con vista sul Palio, perché ai senesi il Palio non glielo puoi toccare. .
Sono andata a votare per il meno peggio,  e anche per la governabilità, perché certo è meglio un certo malcostume  poco dannoso di quello di Silvio  scandaloso,  macroscopico e legato con le mafie .

Ma c'è chi non è votato al sacrificio personale, chi non gliene frega niente di fare il "gransignore", chi gli va bene di sembrare meschino e attaccato alle proprie piccole cose, chi anche gli piace sognare di cambiare il mondo, cosa a cui noi che abbiamo votato PD forse abbiamo rinunciato, votando il familiare e  talvolta mediocre per paura del nuovo che non conosciamo e che francamente fa un pò paura per ottimi motivi, perché Grillo ditemi voi che affidamento può dare.

Scusatemi, sono anche io piccina e meschina e patetica, ma almeno mi sono vuotata le tasche. Queste elezioni lasciano un senso di grande amarezza, ma chissà che i grillini siano meno peggio di come sembra ? E ora comincio più di prima a lavorare e darmi da fare, come ha detto Grazia del Blog "Senza dedica" in un commento letto stamattina . Di sicuro abbiamo tutti bisogno di gente che:

 A) consideri essere in Parlamento un vero lavoro, neanche una missione, un lavoro basta, come una parlamentare PD con cui ho avuto a che fare di recente,  di Arezzo, che è veramente un'ottima persona.

B) che non si attacchi alla sedia col superattack, e sia disposta a tornare al lavoro di prima o a cercarselo a rischio di non trovarlo, come un qualunque cristiano nel 2013, dopo un certo numero di anni di politica

C) che non abbia una pensione da favola e neanche uno stipendio da favola, col discorso che altrimenti è ricattabile, se sei ricattabile non fai per noi, stai a casa tua

D)che abbia a cuore il destino di qualcun altro oltre al suo proprio e della sua ristretta cerchia

E) che abbia una certa competenza delle cose di cui si deve occupare , cosa che mi pare alquanto difficile

Sta a vedere che sono d'accordo con Grillo.

ELLEBORI

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Ellebori. Se si vogliono avere fiori nel colmo dell'inverno bisogna coltivare degli ellebori. Ce ne sono parecchie varietà spontanee, passando per le strade di montagna qui da noi si vedono nelle radure queste macchie verde scuro sormontate da ciuffi verde più chiaro, solo da vicino si capisce che sono fiori, anche molto belli nella forma. Nei boschi vicino all'Arno ci sono, in questo periodo, ellebori profumati spontanei, insieme agli anemone epatica e ai ciclamini.  Le foglie dei ciclamini formano tappeti variegati di parecchie tonalità di verde e nero, bellissimi. Degli ellebori si dice, sui monti e i colli vicini ad Anghiari, di non coglierli e non toccarli perché fanno cadere le unghie. E' una leggenda raccontata ai bambini e Italo, un amico che ha la mia età, ancora rabbrividisce quando li vede in fiore a casa mia, perché quello che ci  dicono da bambini resta indelebile. Certamente sono velenosi, ma lo sono anche molte altre piante, basta non mangiarli. Sono fiori  un pochino inquietanti, con questa fioritura invernale, che sembra fuori tempo, verdastra e strana,  disegnati da un pittore medievale, solitari su terreni brulli e spogli, terreni temporaneamente morti, sotto cieli grigi e gelidi. Gli ellebori e la morte non sono per niente distanti, perfino il loro nome, in greco, significa "che uccide, che consuma".
Da un pò di anni gli ellebori riempiono i banchi del mercato del sabato, in città, soprattutto Helleborus Niger, la stella di Natale, fiorito già dal tardo autunno. L'Antoinette, che  ha il giardino in mezzo a un bosco di querce, ne ha moltissime piante, tutte riprodotte da sé. Le numerose varietà degli ellebori orientali sono più tardive. Se il giardino ha zone ombrose e fresche si possono coltivare. A me piacciono tanto per diversi motivi:
che fioriscono quando c'è poco o niente, quando il giardino sembra morto
che sono belli!
che sono resistentissimi!
che si riproducono con estrema facilità!
quest'ultima cosa va sottolineata: Cinzia (Ai piedi di una collina  di Betulle)diceva che aveva colto degli ellebori  spontanei nel bosco, che sono protetti, ma che negli ultimi anni si sono tanto moltiplicati. Fanno dei semi neri abbastanza grossi e luccicanti, la prima volta pensai che fossero insetti, vedendone tanti tutti insieme. Dai semi nascono veloci tante piantine molto forti, che poi si possono spostare dove c'è più spazio, altrimenti si forma  una folla intorno alla pianta madre.




Gli ellebori si ibridano fra di sé e ne vengono fuori nuovi colori. Comprai una pianta di elleboro orientale color bordeau spruzzato ( guttatus dal latino), l'anno dopo in mezzo spuntarono fiori bianco verde, evidentemente c'erano semi di quest'altro tipo. Le due varietà si sono sposate e ora ho piantine fiorite di un colore verde rosato con orlo bordeau e spruzzi.
Se cercate immagini di ellebori nella rete rimarrete stupiti dalle varietà bellissime che si trovano in commercio, di molti colori, dal rosa all'arancio al giallo pallido al bordeau, viene voglia di averli tutti. Poi però si deve stare attenti di conservare le piante  madri, perché i figlioli nati dai semi non gli somiglieranno.

Gli ellebori conservano i fiori molto a lungo, fino a maggio, la pianta è sempre bella, se è annaffiata e sta all'ombra. L'unico difetto è che il colore dei fiori  svanisce presto, quando cominciano a formare i semi diventano verdi, l'elleboro è verde e al verde torna. L'elleboro, con questo suo nome forte e sonoro, col veleno che contiene, colla fioritura nel profondo inverno indifferente al freddo, è un fiore saturnino, maschile,  solitario e forte. Come gli altri che abbelliscono l'inverno insegna la resistenza e anche l'indifferenza, non gli piace tanto mischiarsi con altre piante e anche nei boschi compare isolato.Forse per questo fiore si dovrebbe usare il termine "resilienza" con cui aveva familiarizzato mio padre negli anni prima di morire, nei suoi studi di fisica. La resilienza  in psicologia è un tipo di elasticità, capacità di adattamento, resistenza alle avversità della vita. Anche Cinzia della Collina di Betulle l'aveva citata e magari ci può spiegare meglio cosa significa.
Ellebori per il profondo inverno, insieme alla Lonicera fragrantissima, al calicanto, alle Hamamelis (chi può) alle violette... visto che le estati non possiamo più godercele come una volta, facciamo fiorire l'inverno. .

DUE VITE

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Mercoledì sera sono andata in libreria in città a portare il mio libro, la sola copia che mi era rimasta, per prendere contatti e lasciarlo in conto vendita, quando ne avrò portati altri da Milano. Mentre aspettavo ho notato il signore accanto a me, e ora devo un pò camuffarlo, perché non sia riconoscibile: diciamo alto, dritto, ma troppo dritto, rigido, occhiali spessi, pochi capelli, baffi e barba come gli uomini che cercano un abbellimento ma anche un nascondiglio... in bocca una pipa, spenta. E' un amico dei tempi del liceo, uno dei tanti con cui sono stata amica e poi ci siamo perduti, però all'epoca facevamo delle conversazioni piacevoli tornando insieme a casa, lui era molto colto, un ragazzo davvero studioso di latino e filosofia, con amici studiosi come lui.  Forse era lui che chiamavano Tertulliano, dal nome di un erudito latino. Mi faceva morir dal ridere questa cosa di chiamare un ragazzo Tertulliano.
Tutti  i ragazzi di questo gruppo sono diventati persone notevoli, in città. Lui non l'avevo più visto, pare che lavori in un ufficio pubblico dove è direttore, infatti un signore l'ha salutato così in libreria " 'Sera direttore!"
L'ho salutato anch'io " Oh! Ciao Gigi!" Perché ero piacevolmente sorpresa.
Lui ha fatto un sorriso un pochino scocciato vedendomi. "Oh!, Claudia! Quanto tempo!"
Non mi chiamo Claudia. Chissà che avrà pensato la ragazza della libreria, perché il mio nome è scritto sulla copertina del libro e io invece non ho fatto una piega, come se mi chiamassi davvero Claudia, per non creargli imbarazzo.
Come fecero quei giapponesi che pregarono un ospite europeo di togliere le scarpe all'ingresso in casa. Lui lo fece ma aveva un calzino bucato. Dopo un paio di minuti tutti i giapponesi avevano un calzino bucato.

Vedevo bene che era imbarazzato, avrei potuto ignorarlo, ma mi era venuto spontaneo di salutarlo anche affettuosamente, nel tono della voce e nel sorriso. Gli ho chiesto come andava. A questa domanda a volte le persone tentano di raccontarti gli anni che siamo stati lontani in due minuti e poi ti dicono " Vediamoci!" anche se sanno che forse non accadrà mai più, e ti chiedono di te, se hai figli o marito, se sei felice, ma lui ha detto una cosa che mi ha spiazzato, ha detto " E' tanto tempo che non ci si vede... ma è passata, alla fine è passata, ed è bene così..." Ho tentato una risposta, ma sono rimasta senza parole, anche perché ha ripetuto "E' passata"  più volte e  velocemente si è allontanato salutandomi "Stammi bene, Claudia." Nella mia nuova identità di  Claudia l'ho lasciato andare.

Avere questa lonicera fiorita per i mesi invernali è stata una vera consolazione e una fonte di cibo per gli insetti impollinatori.
Non so se ci indovino, ma quell' "E' passata, alla fine è passata" si riferiva, in generale, alla vita, al suo periodo più impegnativo, in cui normalmente si fanno molte cose, ci si accoppia, sposati o no, si hanno dei figli, si realizzano progetti. So che lui non si è sposato e un amico mi diceva di averlo visto per lunghi anni dietro una scrivania, in quest'ufficio dove lavora, piuttosto triste, mentre da ragazzo aveva dei sogni in testa anche lui.
E' la prima volta che sento dire la vita in una sola parola, "E' passata" come una tempesta, un accidente che ti è toccato attraversare, una malattia esantematica che sai che ti deve prendere e sei sollevato quando finisce e ti lascia libero. Forse quando mi ha visto dopo tantissimi anni, dalla fine del liceo, l'epoca delle promesse, ha visto anche,  in un solo istante, tutti il tempo passato e gli è sembrato così. Sicuramente il tempo è trascorso per lui come per tutti attimo per attimo, ma senza lasciare segni tangibili o senza costruire niente dentro di lui, o gli è sembrato così mentre parlava con me e sentiva di dovermene rendere conto...chissà!

Poche parole che mi hanno lasciato un'eco indelebile. Questo amico ha solo un paio d'anni più di me. Mi ricorda dei sogni che ho fatto per un periodo lungo, in cui io, pur essendo sposata e già mamma delle mie bambine, vivevo in casa dei miei genitori, non avevo mai sposato mio marito, e mi chiedevo angosciata quando avrei potuto avere dei figli. Sogni molto brutti.


Stamani invece mi ha telefonato la Luisa per dirmi che è morto il babbo di un'altra carissima amica, la Concetta. Se n'è andato il mitico prof. Aiello. Per chi ha frequentato il liceo Classico Francesco Petrarca di Arezzo nei nostri anni, e anche molto prima e molto dopo, si trattava quasi un mito, un omone altissimo, con sopracciglia cespugliose e ricurve da iconografia diabolica, che spesso sostituiva il preside, che era un prete, nei compiti istituzionali, soprattutto quando qualcuno si prendeva a botte, raramente, in un Liceo Classico! Il prof. Aiello entrava in mezzo come una furia, mentre il preside era molto timoroso, per dirla per benino... Quando vennero sotto la scuola dei picchiatori fascisti fu lui che intervenne, e non era mica di sinistra! Era complessivamente un brav'uomo, anche se gli ho sentito negare, in assemblea,  l'esistenza della mafia in Sicilia.
 "La mafia? - disse con quell'espressione siciliana tipica fra il disgusto e l'indifferenza- Si tratta di una cosa da niente, un giro intorno alle arance..." Era siciliano e gli doleva di sentir parlare della Sicilia in certi termini.

La foto non è bellissima, ma vedete l'ape in volo con le borse delle zampe posteriori cariche di polline?

Era di quelli che dicono che politica a scuola non si fa, e io mi imbestialivo, perché pensavo che ogni cosa è politica, e anche scegliere di non parlarne , a scuola, è una scelta di parte. La politica di quegli anni, la parte migliore degli anni settanta! Ho apprezzato il prof Aiello da più grande, come padre della mia amica e dei suoi fratelli.
Il prof Aiello e sua moglie, che è stata mia insegnante, hanno avuto cinque figli e sono sopravvissuti alla morte precoce della prima, da poco sposata, la Dora, una ragazza solare e dolce...
Domenica scorsa, alla venerabile età di 96 anni, aveva festeggiato la laurea di uno dei suoi nipoti, con gran parte della grande famiglia che ha generato.
La mia mamma, quando moriva uno così anziano, diceva sempre "Non l'ha mica strozzato la balia!" Mi faceva ridere. Però è un pò così, se ne va una persona che ha vissuto a lungo e con profitto, che ha avuto una vita piena di tutto, figlioli, case, terreni, giardini di arance, come chiamano in Sicilia gli aranceti.


Due vite, quella di Gigi, che lui sente già trascorsa inutilmente, e quella del prof Aiello, intensamente vissuta fino all'ultimo. Due formule, due modi di campare. Addio professore, addio Peppino, così lo chiamava  sua moglie, anche se era alto circa due metri e aveva l'aspetto di una montagna. La Concetta ne sarà addoloratissima. Un abbraccio, cara amica!


E ora Emma Bonino alla Presidenza della Repubblica.

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Considerate che sono veramente stanchissima: per questo non scrivo da un pò di tempo. Ma dentro di me la situazione ribolle. Avete visto l'Etna che casino ha combinato? Zafferana Etnea è stata coperta da una coltre di cenere nerissima e sassolini. Io faccio la stessa cosa. Erutto malumori e stanchezza, neri come la pece, che però presto diventeranno un substrato fertile...

Intanto grazie: grazie a Julia, cara ragazza, che ha ordinato il mio libro e presto mi dirà che ne pensa!
Grazie alla sconosciuta Maura che si è scomodata per andare a prenderlo all'Archivio Dedalus ! Spero di sentirla presto!
Grazie a Maria Teresa Mosconi, con cui ci siamo scambiate delle mail. Maria Teresa conduce con grandi risultati un gruppo di scrittura a Milano e il mio editore, l'Archivio Dedalus di cui sopra, ha pubblicato un delizioso libro "Un soffio di luce" con le loro poesie e una testimonianza del rapporto fra Maria Teresa e suo figlio disabile, che non c'è più. Bello, tenerissimo e molto commovente.
Grazie ai colleghi di mio marito per essere venuti a trovarci e aver pranzato con noi sopportando la disorganizzazione, grazie da parte mia per il meraviglioso tralcio fiorito di orchidea!

Quante cose stanno succedendo! Sarà che sono stanca e quando uno è stanco è più vulnerabile, ma quando hanno annunciato il nuovo Papa mi sono commossa parecchio, quando poi ha parlato è stato un attimo e mi ha conquistato. Sarà l'età? (La mia!)  Mi viene voglia di andare a Roma a vederlo, dargli la mano e parlarci, anche solo una parola... un effetto così lo faceva Frére Roger Schutz,   priore di  Taizè, ai miei tempi.Mi ritrovo come da ragazza, tutta la speranza repressa e ammutolita dentro di me ora è incarnata in quest'uomo solo apparentemente semplice, autorevole e saggio. Sorridente. Mi ha riportato indietro in un balzo alla giovinezza quando ha detto "Come mi piacerebbe una chiesa povera!" E io a piangere come una stupida.  Con poche parole ha legittimato tutti i poveri, senza lavoro, ma anche gli onesti, quelli senza raccomandazioni e senza padrini che negli anni scorsi avevano acquisito il marchio di "sfigati".

Quindi abbiamo in posizione strategica Papa Francesco, e ora anche gli onorevoli Laura Boldrini e Piero Grasso. Onorevoli per davvero, già prima di entrare in Parlamento, per il loro lavoro e la loro storia.  Mi viene da paragonare loro due a De Gregorio, o come si chiama quello pagato da Berlusconi per saltare nello schieramento del PDL. Tre milioni di euro. Vi pare che fra questo tipo di persone e Laura Boldrini e Piero Grasso ci sia un'unità di misura comune?

Quando vedevo le prime volte Laura Boldrini in televisione mi colpiva sempre la passione, l'educazione e il rispetto per chi non la pensava come lei, ma anche la fermezza con cui sosteneva le sue opinioni e la femminilità. E' una donna bella e non finta, femminile e forte. Sono molto contenta che sia Presidente della Camera. Naturalmente per il PDL si tratta di un'estremista pericolosa, eletta infatti nelle liste di SEL, nonostante abbia lavorato nell'Alto Commissariato dell ONU per i rifugiati, che è difatti una nota organizzazione eversiva. Ma che occhiali hanno?

Per l'onorevole Grasso non c'è neanche bisogno di commento. Grillo lo ha definito "un forte raffreddore" e ha detto che è stata una trappola per i suoi proporlo per  la presidenza del Senato contrapposto a Schifani, ma mi chiedo se il PD doveva proporre un mediocre per essere corretto agli occhi del comico.

Vedrei bene come presidente della Repubblica Emma Bonino, è tanto che ci penso.. Oltre al suo impegno di una vita per i diritti delle donne e i diritti civili in generale, ricordo che per un periodo ha lavorato in Egitto, dove non si dedicava a feste e ad incontri mondani, ma lavorava tanto e tutti i giorni seguiva lezioni di arabo, per imparare bene la lingua. Mi colpì molto questo impegno tosto, questo lavoro costante su di sé.

 Ma il PDL vuole la massima carica per sé. Sentiamo: chi hanno in mente? Ne trovano uno che non sia indagato e abbia una buona reputazione? Pare che ieri ci sia stato uno scontro fra Alfano e Lucia Annunziata, che ha definito le personalità appartenenti al PDL impresentabili. Alfano ha detto che non ha rispetto per gli elettori del PDL. Direi che si può avere rispetto per gli  elettori se non votano persone indagate, delinquenti,
 malfattori ...Altrimenti il diritto al rispetto lo perdono. Non è automatico che un partito sia rispettabile solo perché riceve voti, no? Anche Hitler, per fare il solito esempio banale, aveva un vasto consenso. Anche i mafiosi e i camorristi hanno un vasto consenso. Lo so, queste sono davvero banalità, ma te le levano di bocca.

Gesuiti, Borghezio e segni di speranza...

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Nella primavera del 2000 lavoravo in un negozio di prodotti bio di Arezzo. Avevo chiuso il mio negozio un anno prima, ma restavano tutti i contatti e rapporti allacciati in 10 anni. Un giorno parlando con una cliente/amica,  mi disse che la sua figliola andava, in estate, in vacanza a Selva di Val Gardena, una specie di corso estivo per i ragazzi delle scuole superiori organizzato dai Padri Gesuiti di Milano. Anche io da ragazzina ero andata in vacanza in montagna con Don Sergio Carapelli e tanti altri ragazzi, e sono tuttora fra i ricordi più belli della mia vita. Scoprivo la montagna, i fiori alpini e l'amicizia di  ragazzi come me molti dei quali sono tuttora fra i miei più cari amici.  Don Sergio ci faceva camminare tanto, lunghe e faticose escursioni in luoghi bellissimi, e alcune giornate erano dedicate in gran parte ad un lavoro di approfondimento su temi religiosi e di impegno sociale. Ricordate? Erano gli anni settanta, pieni di stimoli e speranze, anche se alcuni ricordano solo il sei politico e la la libertà sessuale. Per noi un periodo meraviglioso per diventare grandi.

Quella primavera del 2000 mi feci dare dalla Daniela il numero di telefono di Piazza San Fedele a Milano. Avevamo appena comprato la casa ed eravamo completamente asciutti, non potevamo permetterci di andare in vacanza, ma le ragazze dovevamo mandarcele in qualche modo.La vacanza a  Selva era anche accessibile come costo.  La mia figlia più grande aveva l'età giusta per partecipare e ci andò con un'amica. Fu così che lei  e poi noi avemmo il primo contatto con i padri gesuiti. Nei loro confronti c'è un forte pregiudizio, sono chiamati i soldati di Cristo e fra gli ordini religiosi sono fra i più colti. Io però non sapevo granché di questo.  Le mie figlie non sono state battezzate, per mia scelta principalmente, perché se avessi insistito mio marito non credo che si sarebbe opposto. Avevo vissuto intensamente e criticamente nella Chiesa, a cui forse chiedevo troppo, di essere povera e semplice e pura, di non assecondare e coprire le ingiustizie e alla fine, di fronte a certe esperienze sconcertanti, avevo rifiutato tutto, e non volevo che le mie figlie crescessero nell'ipocrisia e nella confusione. Alcune cose gliele ho insegnate io e capitava di verificare spesso che ne sapevano più loro di questioni religiose, di molti bambini battezzati. Una volta la più piccola, che frequentava le elementari, aveva parlato del Battesimo con i suoi compagni, durante la ricreazione e  aveva detto di non essere battezzata. Un bambino molto bravo e studioso l'aveva guardata intensamente e poi le aveva detto, dopo una riflessione profonda "Allora, se non sei battezzata, non puoi avere la carta di credito!"  Tanto per dire che intreccio c'era nella sua famiglia fra religione e denaro, da scambiare la carta d'identità con la carta di credito.

A Selva venivano accolti tutti i ragazzi, battezzati e non, credenti e non credenti, e non si tentava di trasformarli, ma gli si dava un aiuto per crescere. La sera veniva celebrata la Messa, ma non c'era obbligo di partecipare e in alternativa chi lo desiderava poteva fare yoga con Padre Filippo. Padre Filippo fra tutti i padri che si trovavano a Selva era la personalità più affascinante. Come immaginavo quando la Fiamma al ritorno scese dal treno piangeva, avrebbe voluto restare a Selva per sempre, l'esperienza che aveva vissuto era stata piena e stimolante e vissuta in assoluta libertà . Venne da piangere anche a me riconoscendo le emozioni che avevo vissuto tanti anni prima.E' tornata a Selva altre due volte in estate, non ha mai manifestato l'intenzione di farsi battezzare, poi i rapporti si sono allentati. Credo di non sbagliare se dico che Selva è stata forte esperienza di formazione nella vita sua e dell'altra mia figlia. Un' estate siamo andati io e Mauro per una settimana, c'era un seminario sul Cantico dei Cantici ed il succo di tutto era che due persone che si amano, sposate o non sposate, vivono un rapporto che è sacro, la dimensione del sacro che tocca tutti, in qualunque religione e nell'assenza di essa. Ora non posso approfondire, ma è bellissimo scoprire nella propria piccola esistenza queste cose. I due coniugi che tennero il seminario si servirono di musica e dipinti per sviluppare questo tema, e ricordo un quadro meraviglioso di Chagall , con gli sposi, il violinista, la luna, le capre...
In quell'occasione conoscemmo alcuni padri gesuiti, Padre Beppe, Padre Filippo e altri. Riportai a casa un libretto sui gesuiti nel mondo. Sono pochi, forse un migliaio di persone, che vivono lontani gli uni dagli altri. Ora girano notizie sull'ordine dei Gesuiti che lo dipingono come una setta o un'organizzazione di potere. Io che li ho conosciuti ho avuto la sensazione opposta. A Milano Padre Filippo, che qualche estate fa morì durante un'ascensione in montagna, viveva a Villa Pizzone, in grande semplicità. Qui trovate delle informazioni su Villa Pizzone. La Fiamma mi raccontò che una volta ci fu un incendio e bruciarono moltissimi suoi libri, ne fu molto addolorato, ma poi disse che era un'esperienza utile anche quella, che in fondo doveva imparare a lasciar andare anche i libri, l'unico bene materiale a cui era rimasto attaccato.

Il nuovo Papa Francesco è un gesuita e io ne sono contenta, se somiglia a quelli che abbiamo conosciuto. I gesuiti sono molto colti e questo è utile. Di notte  sento la radio tornando a casa, dopo mezzanotte c'è la replica di una brutta trasmissione, "La zanzara" in cui i conduttori esagerano con la volgarità perché evidentemente devono seguire il copione che hanno messo in piedi e che li rende ormai famosi. Ieri sera qualcuno aveva intervistato uno dei nuovi onorevoli 5 stelle che riconosceva con disarmante semplicità di non sapere bene che fosse la Perestroika, qualcosa avvenuto in Russia all'epoca di Stalin ... Purtroppo le nostre peggiori previsioni si avverano Non dico che tutti debbano conoscere la storia passata e recente, ma forse quelli che vanno in Parlamento sì, dovrebbero andarci i  migliori fra noi. O no? Ho anche  sentito per radio vari tentativi di sporcare sia Padre Bergoglio che Laura Boldrini. Ho sentito Borghezio definirla "Fancazzista buonista internazionale". Che sinceramente fa parecchio ridere.Anche la rabbia con cui dice queste cose fa ridere, deve avere un generatore perpetuo di rabbia dentro di sé.  Sarebbe solo buffo se non l'avesse detto qualcuno che ha un ascendente sulla gente comune, un pò di potere.

 In genere sono anche io molto critica  e cerco di vedere oltre le apparenze. Sono critica e diffidente. Ma ho voglia e bisogno  di pensare che stia cambiando qualcosa di importante. Pianino, piccole parti che mutano, ma conquiste permanenti. Mi scuso con chi non la pensa come me, mi perdonerà se trova questi post fra quelli sul giardino, ma per me va tutto insieme, giardino, religione, spirito, carne, terra, fiori, politica...tutto è vita, la nostra vita e non sono abituata a disinteressarmene, anche se spesso capisco che le mie sono osservazioni semplici e ingenue, come le potrebbe fare un bambino. Ma c'è tanta roba nel WEB, ci sono blog pieni di fiocchi e cuori, ci può stare anche il mio, senza pretese.
Un'ultima cosa. A me come a molti piace tanto il Dalai Lama. Una delle caratteristiche dei religiosi buddisti è l'umorismo, ridono molto, colgono nella realtà gli aspetti buffi ( la realtà ne è piena, vedi Borghezio) e sdrammatizzano. In fondo nel Creato noi possiamo considerarci un incidente ed è opportuno ricordarselo qualche volta, anche se Papa Francesco non approverebbe questo concetto. Anche lui ride molto, sorride e ride e uscito da una chiesa, domenica, si è diretto in direzione opposta a quella verso cui doveva andare, non verso il Vaticano, ma verso la città,  verso la folla che lo chiamava, a stringere mani e carezzare visi. Evviva!   

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Questo post solo per dire che il mio libro "E' il freddo di questa notte " da oggi è al Viaggiatore Immaginario di Arezzo, in Piazza della Borsa merci, vicino alla stazione .

Librerie

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Il mio babbo aveva uno zio che era un libraio. All'inizio aveva avuto un'edicola, negli anni del fascismo, ma poi, siccome era socialista, i fascisti aretini gliel'avevano bruciata. Era una vecchia storia che si raccontava in casa, questa dell'edicola bruciata, ma lo zio Orazio l'aveva superata e aveva aperto un negozio vero e proprio, centralissimo, che vendeva articoli di cancelleria, giornali e libri. Quando io ero piccola era una delle poche librerie della città, per me l'unica, andavamo sempre lì a comprare i libri per la scuola e i libri da leggere, che consideravo cose ben distinte. Ci lavoravano lo zio, i suoi figlioli e i loro coniugi, c'erano delle scale  appoggiate agli scaffali di legno scuro che tappezzavano le pareti e in cima c'era sempre qualcuno appollaiato a cercare un certo libro non proprio a portata di mano, e da lì chiacchierava con il cliente che stava a testa in su, in mezzo ad una piccola folla di gente che comprava gomme per cancellare, fogli a protocollo, lapis... C'era anche un giovane fattorino che chiamavano Bruscolino....chissà che fine ha fatto.
 Leggere mi piaceva tanto fin da piccina, perché ero una bambina timida, che viveva in un ambiente di adulti, introspettiva e per niente interessata alle attività fisiche. Leggere era immergersi in un'altra realtà. Dalla libreria dello zio Orazio venivano tutti i miei libri di fiabe, ma anche tutta la fantascienza che leggeva il babbo e poi passava a me. Dalla libreria venivano anche le scatole di matite acquarellabili con cui disegnavo. Acquarellabili, perché bastava immergere la punta nell'acqua per avere un colore denso e pastoso. Con lo zio Orazio non credo di aver scambiato tante parole, era severo e indaffarato, magro e con i capelli tutti bianchi, portava un gilet e gli occhiali da lettura calati sul naso.
Quando il negozio, che era ormai degli eredi dello zio, vecchi anche loro, è stato venduto, mi sono sentita orfana e sperduta, anche se il nome è rimasto. Ho capito meglio cosa significa diventare vecchi, cioè non riconoscere più la realtà come familiare, perdere i punti di riferimento. Era stata chiusa la calzoleria delle altre zie in Corso Italia, chiusa la "Casa del miele", chiuso il negozio che in città si chiamava "gli svizzeri" (Konz) , chiusa da tempo la ferramenta del babbo del mio amico Nico, il Tondini, e tanti altri negozi che erano stati aperti per decenni. La geografia commerciale del centro era irriconoscibile, le "attività commerciali" (ora i negozi si chiamano così ) aprono e chiudono con una rapidità che sconcerta, ci sono tante librerie... fra tutte però ce n'è una che mi piace più delle altre, che per me ha sostituito quella dello zio Orazio. Devo dire che anche questa è molto longeva, nonostante che io abbia la sensazione che sia aperta  solo da ieri, ormai devono essere passati almeno 20 anni . Si chiama "Il viaggiatore immaginario" ed ha come logo un tipo che dorme sdraiato in poltrona con un libro aperto sulla fronte a parare la luce che disturberebbe il sonno. E' evidente che la lettura ha ispirato dapprima un sogno ad occhi aperti, ma è anche chiaro che il lettore, come tale, non si prende tanto sul serio. Non tanto come la Margherita, figlia della mia amica Paola, che ho visto cercarsi in casa un posto comodo per leggere, fra il divano e una poltrona più esposta alla luce, senza staccare un attimo lo sguardo dalla pagina del volume di Harry Potter in cui era evidentemente immersa. Quello sì che è LEGGERE!  Lei non sa che la sua mamma, molti anni fa, faceva esattamente la stessa cosa con la stessa espressione.
Ho portato il mio libro al Viaggiatore Immaginario. Cinzia ( Blog "Ai piedi di una collina di betulle") mi ha fatto i complimenti, ma per ora non c'è stata nessuna presentazione, solo una consegna di poche copie in conto vendita. Quando ci sono entrata vedendo tutti quei libri esposti, quel mare di pagine stampate in cui il mio "figliolo" si sarebbe perso, mi è venuto l'impulso di fare dietro front, ma poi ho resistito. Il libraio mi ha confermato che è tanto difficile vendere libri, anche quelli molto pubblicizzati e promossi, e che il mio libro non lo conosceva nessuno, sconosciuto anche l'editore, quindi si trattava solo di un esperimento.... Io ho detto che forse sarebbe venuto almeno un parente a comprarlo. Invece ci è già andata Imma! Grazie! Attendo notizie.

Agnello per Pasqua

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Il 25 aprile del 1986 ci fu l'incidente di Cernobyl. Io avevo la mia prima bambina che era ancora piccolissima e la grande paura che mi prese,  la consapevolezza, e il desiderio conseguente di reagire e realizzare cose che rendessero il mondo migliore, per mia figlia e tutti i bambini, furono uno dei motori  che mi spinsero ad informarmi sull'agricoltura biologica, o organica, come dicono gli anglosassoni. All'inizio trovai libri a Milano, da Milano me ne tornai a Firenze, dove esisteva già un'associazione di produttori biologici che sarebbe diventata negli anni successivi una componente importante dell'AIAB. Da loro ebbi indirizzo e numero di telefono di un'azienda agricola della provincia di Arezzo, telefonai  e una domenica andammo a trovarli con mio marito e la mia bambina. Dopo aver percorso una strada in salita e molto dissestata che ci sembrò lunghissima,  arrivammo in questo podere dell'alto Casentino ancora immerso nell'inverno, con pochi segni primaverili , e nonostante questo incantevole. Ero impaziente di vedere con i miei occhi e toccare con le mie mani una vera azienda bio, un'utopia in terra, un passo in Paradiso. Trovammo la Fulvia e Claudio, suo marito, che stavano combattendo con un vecchio aspirapolvere. La cosa li impegnava talmente che lì per lì non ci prestarono tanta attenzione. Mi sembrò una cosa stramba essere andati a cercare dei veri agricoltori bio e trovare una coppia che letica con un elettrodomestico riluttante a fare il suo lavoro. La Fulvia aveva degli impossibili capelli rossi che anche quelli mi parevano cozzare con l'idea stessa del biologico, ma avrei imparato ad andare al di là delle apparenze. Erano arrivati da Milano alcuni anni prima, avevano comprato un podere con una casa da ristrutturare ( erano tutte da ristrutturare), avevano avuto un'esperienza di comune( sì, proprio le comuni post 68), poi avevano messo su questa aziendina con un gregge di 70 pecore. La Fulvia, come se in vita sua non avesse fatto altro, si era messa, con l'aiuto di un libro, a fare il formaggio. Le veniva benissimo: cucinava molto bene, in gioventù aveva fatto paracadutismo, sapeva tessere, filare e tingere le lane e fare una quantità di altre cose. Un pochino anche il muratore. Il pecorino della Fulvia aveva il sapore di quello che mangiavamo nella nostra infanzia e la ricotta era una vera favola, per non dire del gusto fresco del raviggiolo e della densità sapida e grassa dello yogurt. Ogni tanto faceva anche una buonissima cacioricotta...Sapete che il latte di pecora contiene il 24% di grasso? Che è il latte più grasso fra quelli di mucca e di capra e  che è il grasso a dare l'ottimo sapore e la tipica cremosità allo yogurt e al pecorino? La Fulvia faceva lo yogurt dopo aver fatto bollire il latte, che deve essere sterile, perché attecchiscano quei particolari microrganismi . Mescolava i fermenti al latte tiepido e involtava il contenitore in una coperta di lana, per mantenere il calore. Non usava neanche la yogurtiera. Claudio mungeva le pecore, mattina e sera, e la Fulvia lavorava il latte. Un anno e mezzo dopo, la Fulvia , io e un'altra donna mettemmo su un piccolo negozio di prodotti bio ad Arezzo, che si chiamava "L'Erba Salvia". La Fulvia vendeva in negozio i suoi prodotti a base di latte di pecora. Il latte di pecora, ma anche di capra, si ottiene dalle bestie dopo che sono nati gli agnellini o i capretti, sono stati allattati per un pò e poi staccati dalle madri. Il momento del distacco è tragico, arriva l'agnellaio, che porta via gli agnelli o li uccide in azienda. La pecore madri, diceva la Fulvia, piangevano e chiamavano i figlioli per un paio di giorni, poi si rassegnavano. Quando veniva l'agnellaio la Fulvia arrivava in negozio sempre piuttosto stranita, l'esperienza della separazione delle madri dai piccoli era difficile da mandar giù, ma era tutto parte del ciclo produttivo dell'azienda, non si sarebbe potuto tenere tutti gli agnelli, il gregge sarebbe diventato troppo numeroso e il terreno da pascolo sarebbe stato insufficiente, senza dire poi del lavoro di mungitura e trattamento del latte... La Fulvia e Claudio  avevano fatto altri mestieri, avevano una preparazione culturale superiore alla media, una gran curiosità  e il desiderio di migliorare il mondo e migliorarsi. La morte primaverile degli agnelli era una cosa che li sconvolgeva, ma che era necessaria. Erano venuti da lontano e avevano creato un'azienda zootecnica, piccola, ma soggetta a regole che non si possono cambiare. Facevano gli agricoltori e gli allevatori in modo  piuttosto creativo, ma alla morte degli agnelli non ci si poteva sottrarre, salvo i casi rari in cui si riuscisse a vendere dei capi per riproduzione.

Un altro esempio. C'è una donna che conosco a cui piace molto la campagna, le piace fare della teoria sul metodo più ecologico per fare i lavori necessari. Una volta che le parlavo della potatura degli olivi, lavoro che abbiamo cominciato a fare in questi giorni, mi disse: "Non mi dire che bruci le frasche di olivo? Ma lo sai quanta anidride carbonica produci? Una verde come te non sa che è meglio non bruciare?" Obbiettai che non sapevo come fare altrimenti. "Potresti spezzettare i rami con le forbici in pezzi molto piccoli che poi si sfaranno nella terra, non mi dire che non hai voglia di perderci un pò di tempo!" Evidentemente non aveva la minima idea della quantità di frasca di olivo che si produce con la potatura, non avendo mai fatto un lavoro agricolo in vita propria. Quando parlo con gente così mi devo controllare perché vado facilmente di fuori. Avrei potuto dirle che esistono dei trituratori che si possono attaccare al trattore, ma costano delle cifre che non sono giustificate dalla produzione dell'olio. Ma sarebbe stato fiato sprecato.

La stragrande maggioranza delle persone mangia cibi di cui non ha la minima idea di come vengono prodotti, si lamenta del costo e non sa quanto lavoro c'è dietro ogni singolo boccone e neanche che strada fa il cibo, quali sono le tecniche produttive e cosa significa fare il contadino. C'è una separazione schizoide fra il consumatore, cioè tutti, e i produttori. Ci siamo trasformati in animali d'allevamento che si stupiscono se in inverno, in certi periodi molto freddi, non si trovano pomodori o melanzane in vendita oppure sono cari. Una mia cara amica aveva piantato dei cavoli in autunno in pieno campo, senza serra o protezioni. Si è lamentata che nel corso dell'inverno non erano cresciuti. "Ha fatto freddo!" le ho detto. "E allora?" ha detto lei. "Col freddo le piante si fermano! Non cresce niente, si muovono quando fa di nuovo un pò caldino, a primavera!" "Sul serio?"
Ecco perché trovo ipocrita e falsa l'ormai  consueta campagna primaverile contro la strage degli agnelli di Pasqua. Penso che sia una campagna che può attecchire solo in chi ignora come si produce il cibo e vuole restare nell'ignoranza.  Non che non mi dispiaccia pensare alla separazione dalle madri e alla uccisione di queste bestioline, mi riempie di pietà come molte altre cose a questo mondo. Probabilmente questo mi impedirebbe di fare la pastora. Ma se si vuole mangiare del buon formaggio qualcuno deve anche mangiare la carne di agnello. La carne di agnello è uno dei prodotti delle aziende casearie. Qualcuno ha sentito dei problemi che hanno i pastori sardi per farsi pagare il latte un prezzo ragionevole? Qualcuno di questi  che fa la battaglia contro la strage di Pasqua sa qualcosa del lavoro vero della campagna? Soprattutto la Michela Brambilla ne sa qualcosa o le piace soltanto cavalcare l'onda dei clienti ignari e animalisti di supermercato? Tutt'altra cosa è scegliere di smettere di mangiare carne e diventare vegetariani.








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