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Channel: Iris e Libellule
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Apparizioni in regalo

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Vitamina era molto stanca. Per qualche giorno aveva avuto due lavori da fare, uno la mattina fino alle due e mezzo e l'altro la sera dalle sei a mezzanotte. Ce la stava facendo, ma non le rimaneva molto tempo per pensare. Aveva quest'abitudine di pensare che non sapeva quanto fosse buona, solo che ormai le era indispensabile, pensare nel silenzio della sua testa, rimuginare, lasciare che i pensieri stessero lì, poi si collegassero, trovassero nuove linee e prospettive. Così le venivano le idee. Sempre più rare, cercava di mettere un freno alle idee, cercava di bloccarle sul nascere,  le idee fanno sognare, chiedono di essere realizzate, ma troppo spesso aveva dovuto rinunciare, o aveva trovato ostacoli insormontabili, o aveva perso il desiderio di farlo davanti alle barriere dei "NO", o  mentre affrontava pratiche burocratiche e stupidaggini del genere che esaurivano le sue energie prima di aver combinato alcunché di buono.. Le energie spumeggiano, frizzano, ma in certi uffici c'è gente che fa l'effetto opposto, li guardi, e parli con loro, e vedi l'elenco di fogli che ti mettono in mano pieni di adempimenti inutili e le energie spariscano, si sgonfiano. Lo sguardo di un impiegato comunale saturo di noia può uccidere la speranza. Meglio non farsi venire idee, non sperare, che soffrire perché non puoi realizzare niente. Questo lo diceva lei e non sempre ne era convinta, e neppure è necessario condividerlo. 
Tornava a casa nel colmo della notte, come tutte le sere, salvo una alla settimana e c'era molta nebbia. C'era nebbia ovunque in Italia, in quei giorni. Nebbia e freddo. Una delle ultime notti la nebbia era solo intorno, ma non sopra la testa: lassù il cielo splendeva di luci, con le costellazioni invernali ben visibili e Giove davanti a Castore e Polluce che rubava il palcoscenico notturno a Orione e alla luminosa Sirio, lì accanto. Ma tutti sanno che quando appare Giove gli altri vengono eclissati, non a caso è il re degli dei greci. Quella notte lì la nebbia era dappertutto, intorno, davanti, sopra e quasi sembrava che fosse anche sotto l'auto.  Se non fosse stato per le asperità della strada sembrava di camminare su un materasso di vapore ghiacciato. Vitamina procedeva lentamente, stanca e amareggiata da molte cose, ma ci metteva tutta la sua attenzione, ci mancava solo che finisse con l'auto in un fosso. Con tutta quella nebbia riconosceva male la strada, le parve ad un certo punto, di non essere più sulla via di casa, ma in un'altra sconosciuta. Le venne un brivido per la schiena ... davanti a lei, molto vicino, una sagoma fine ed elegante si delineò, come disegnata nella nebbia appena più solida: un capriolo. Rallentò e si fermò a guardare. L'animale, senza nessuna paura, si era fermato alla luce dei fari e aveva rivolto la testa indietro, con un balzo il suo compagno, dal buio del campo l'aveva raggiunto e ora stavano spiccando un salto insieme verso destra. Sparirono in un attimo, ma ci fu il tempo per lei di guardarli incantata. Le vennero due lacrime di emozione. Grazie, pensò, grazie, chiunque tu sia che mi mandi questa visione. Visione? No, i caprioli erano molto reali, e molto presenti nel territorio, ed era alta la probabilità di incontrarli a quell'ora della notte. Grazie lo stesso, Dio, per avermi scaldato il cuore con la vista delle tue creature, grazie. Continuò a dire grazie fino oltre il cancello di casa.

Questo raccontino vero di Natale è per le mie amiche di blog, Grazia, Sari, Cinzia, Ommarì, Gio, Adriano Maini che non compare da tanto tempo,Alberto Cane, Loretta, ovvio, ma con lei ci sentiamo,  Julia Lampone, e tutti gli altri. Buon Natale, buon anno nuovo...

Bella torna a casa

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Qualche giorno prima di Natale una ragazza ( alta, imbacuccata e incappucciata per il freddo, molto carina) si trovava ad Arezzo in piazza della stazione quando vide fra le auto un cagnolino. Spaventatissimo, rischiava ogni tre per due di essere schiacciato, schizzava di sotto le ruote di una macchina solo per infilarsi  quasi sotto quelle di un'altra...Lo stette a guardare per un pò, sperando che qualche umano  lo venisse a cercare, ma non arrivava nessuno e il cagnolino sempre più agitato e confuso  non riusciva a togliersi dal traffico. La ragazza lo andò a prendere, lo prese in braccio e se lo portò a casa. Non era la prima volta che raccoglieva una bestiola dalla strada. Era successo anni prima col gatto Sandro, e  quando era piccola col cane Maciste, e anche qualche altra volta...
Arrivata a casa telefonò alla sua mamma e la avvisò della cosa. La madre disse che non aveva nessuna intenzione di impelagarsi con un altro cane, che non le saltasse in mente di rifilarlo a lei che poi si sarebbe affezionata e in questo momento nella sua vita c'era già abbastanza da fare. La ragazza si procurò un guinzaglio, un collare e del cibo per cani; la cagnolina, che si era rivelata di sesso femminile, per parte sua  pareva molto contenta di essere stata prelevata dalla strada. La mattina dopo salutò con una bella leccata di faccia la sua salvatrice e sua sorella, al risveglio. La ragazza portò in giro la cagnolina per tutto il giorno con sé e si rivolse ad un'associazione cinofila. Si vide che aveva un microchip e si risalì ai proprietari. La ragazza riportò la cagnolina ai suoi umani. Si trattava di due giovani rumeni che erano piuttosto disperati di aver perso il cane e abbracciarono commossi sia lei che la bestiola parecchie volte. "C'erano due barboni bulgari, ubriachi, per la strada, e avevano questo cucciolo dentro un sacchetto di plastica. Ho detto "Ti do vento euro, dammi quel cane." L'ho portata a casa con me. Non posso vivere senza di lei! " Disse il giovane rumeno. Per tutto questo chiedo a chi legge di immaginare la voce e l'accento rumeno, ne verrà fuori un racconto piuttosto buffo e colorito. Erano molto felici di averla ritrovata. Alla ragazza la cagnolina era sembrata molto brutta, simpaticissima, ma brutta, aveva detto alla sua mamma "Mai visto un canino brutto così, mamma, occhi sporgenti, una salsiccia, ma a loro sembrava una meraviglia, l'hanno chiamata Bella! " 
"Oh, io ero molto preoccupata-aveva detto la proprietaria-  sicuro chi prendeva lei la voleva tenere, perché lei è moolto bella!" L'amore è cieco! 
Devo dire che la famiglia della ragazza in questione, dopo l'iniziale diffidenza di qualche anno fa, intrattiene rapporti (saltuari e anche stabili) piuttosto gradevoli, fino a molto affettuosi con famiglie di nazionalità rumena.

Per una volta una piccola storia a lieto fine, accaduta in questi giorni ad una ragazza moolto vicina a me. Se  i telegiornali riportassero queste storie ci sentiremmo tutti meglio, come l'altra vicenda che ha reso orgoglioso il mio collega filippino: una giovane donna filippina disoccupata per strada ha trovato il portafoglio pieno zeppo di soldini di un'anziana donna italiana che aveva appena riscosso la pensione e l'ha restituito. Il giorno dopo la giovane filippina ha ritrovato il lavoro. Secondo il mio collega in qualche modo Dio in persona si è mosso vedendo la buona azione. E forse è così, almeno per questa volta. Storie piccole, quotidiane e positive o piacevoli, ma probabilmente, se le riportasse il telegiornale, diremmo "Ma che cavolo ci vengono a raccontare?"

fra Natale e Capodanno

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Questi giorni fra Natale e Capodanno  mi piacciono molto. Stanno fra una festa che ti rimette tutto in discussione e un'altra che fa la stessa cosa, ma da un altro punto di vista. Natale è festa religiosa anche per i laici, nel senso di re-ligio, le cose che legano, i legami essenziali, sacri, che pensiamo dovrebbero essere perfetti, puliti e quando arriva il Natale ne vediamo tutti i limiti, perché siamo noi ad essere limitati e reali e le nostre famiglie sono come noi, le abbiamo fatte noi, chi ci precede e chi ci segue, e magari ognuno ha fatto il proprio meglio, ma non è bastato.  Il Capodanno è una festa perfino trasgressiva, pagana, con tutte le previsioni degli oroscopi, i tentativi di sapere ciò che accadrà, di evitare il male e di acchiappare la fortuna. E anche lei ti fa guardare un'altra parte della vita, che sembra separata dall'altra ma non lo è: sei stato abbastanza bravo, hai avuto abbastanza successo, o soldi?...Questi giorni stanno nel mezzo, sono come una tregua, contengono comunque un pò di magia,  siamo sempre nelle dodici notti sante, e  con calma e senza obbligo invitano a farsi tante domande. Te le puoi fare oggi, tutte le domande scomode, senza avvertirle troppo pressanti, in fondo è il 28 dicembre, l'anno non è ancora finito e sei in questo clima come quello indotto dal Coefferalgan ieri sera: una leggera ubriacatura, per niente spiacevole, e un senso di isolamento, come se tutto arrivasse ovattato e meno fastidioso del solito. Una nevicata interiore. La prima volta che ho preso il Coefferalgan, una ventina di giorni fa, sono arrivata in pizzeria con le gambe molli e la sensazione di essere drogata, senza dolori addosso, spariti tutti insieme. In effetti l'avevo preso perché stavo male... Ieri sera lo stesso, avevo anche la febbre, ma non potevo dire all'ultimo momento che non andavo a lavorare, non sanno come sostituirmi, e ho ripreso la mia droga. Sono filata leggera e un pò ubriaca tutta la sera, senza sentire febbre e dolori. Queste giornate sono così, intermedie, interlocutorie, ti permettono di pensare senza sentirne il tragico peso e l'obbligo. Le mie figliole dicono che ho la tendenza a prendere sul tragico ogni cosa, e forse è vero, e che sono "autosvalutante". E anche questo è vero. Sono arrivata a quel punto della vita che non posso far altro che prender nota di quanto molte cose che non riuscivo a riconoscere siano vere e mi riguardino. Non che mi interessi farmi il ritratto, serve soprattutto a fare meno guai nei rapporti con tutti gli altri. Questo anno passato è servito a questo, credevo di conoscere ormai i miei limiti ed ecco che ne appaiono di nuovi e che quelli vecchi sono ancora lì irrisolti. Vanno bene quasi sessant'anni per crescere o sono in ritardo? No, credo che ci si evolva tutta la vita, come mi ha fatto notare un'amica di recente. 
"Non dire crescere, basta crescere, crescere non si può più. Ma evolvere sì. " Anche lei aveva qualcosa da correggermi, evidentemente. Eccoci tutti in strada di nuovo e sempre sul cammino dell'eroe, che si crede tanto lontano dalle nostre vite e invece tutti siamo su questa via accidentata, anche nel senso che si mandano tanti accidenti. 





Auguri da Arezzo e da me. Vedete com'è bella , nelle foto di Mauro. Auguri per l'anno nuovo, che si immagina sempre migliore di quelli passati e ci impegneremo per farlo essere così.

la Befana

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La Befana

Viene viene la Befana,
vien dai monti a notte fonda.
Come è stanca! La circonda
neve, gelo e tramontana.
Viene viene la Befana.

Ha le mani al petto in croce,
e la neve è il suo mantello
ed il gelo il suo pannello
ed il vento la sua voce.
Ha le mani al petto in croce.

E s’accosta piano piano
alla villa, al casolare,
a guardare, ad ascoltare
or più presso or più lontano.
Piano piano, piano piano.

Che c’è dentro questa villa?
Uno stropiccìo leggero.
Tutto è cheto, tutto è nero.
Un lumino passa e brilla.
Che c’è dentro questa villa?

Guarda e guarda...tre lettini
con tre bimbi a nanna, buoni.
guarda e guarda...ai capitoni
c’è tre calze lunghe e fini.
Oh! tre calze e tre lettini.

Il lumino brilla e scende,
e ne scricchiolan le scale;
il lumino brilla e sale,
e ne palpitan le tende.
Chi mai sale? Chi mai scende?

Co’ suoi doni mamma è scesa,
sale con il suo sorriso.
Il lumino le arde in viso
come lampada di chiesa.
Co’ suoi doni mamma è scesa.

La Befana alla finestra
sente e vede, e s’allontana.
Passa con la tramontana,
passa per la via maestra,
trema ogni uscio, ogni finestra.

E che c’è nel casolare?
Un sospiro lungo e fioco.
Qualche lucciola di fuoco
brilla ancor nel focolare.
Ma che c’è nel casolare?

Guarda e guarda... tre strapunti
con tre bimbi a nanna, buoni.
Tra la cenere e i carboni
c’è tre zoccoli consunti.
Oh! tre scarpe e tre strapunti...

E la mamma veglia e fila
sospirando e singhiozzando,
e rimira a quando a quando
oh! quei tre zoccoli in fila...
Veglia e piange, piange e fila.

La Befana vede e sente;
fugge al monte, ch’è l’aurora.
Quella mamma piange ancora
su quei bimbi senza niente.
La Befana vede e sente.

La Befana sta sul monte.
Ciò che vede è ciò che vide:
c’è chi piange e c’è chi ride;
essa ha nuvoli alla fronte,
mentre sta sull’aspro monte.

Giovanni Pascoli
(1855-1912)

A che serve Google? Per esempio, se ti ricordi un pezzettino di una poesia, perfino sbagliato, è capace di ritrovartela giusta e intera e scopri che l'ha scritta Giovanni Pascoli... La Befana abita in Casentino, in una casina sperduta, in cima al Pratomagno, in un posto che nessuno può vedere e anche se un camminatore arriva lì vicino con lo zaino in spalla non la può vedere, perché è nascosta da una magia. Potrebbe stare anche in cima ai Monti Rognosi, vicino ad Anghiari, o anche sui monti della Regina, o sull'Appennino Modenese e forse conosceva non tanto Francesco Guccini, ma il suo nonno, il Chicon, che faceva il mugnaio... Mi sa che il Chicon era intimo con la Befana. La Befana è mezza nonna (o vecchia fata) e mezza strega. Vola come le streghe a cavallo di una scopa, si vede che è parente. Non è così benevola come Babbo Natale e nelle calze che i bambini lasciano appese al camino, chi ce l'ha, un tempo lasciava anche del carbone. Ma il carbone non si usa più, i bambini non sanno che roba è. Aglio, ecco, portava anche aglio in segno di punizione, e quello lo usiamo ancora. Aglio e un pezzettino di carbone, fichi secchi, datteri e mandarini, nelle calze dei nostri genitori... e  nelle nostre tanti , troppi dolci, e stanotte ci apre la porta dell'anno nuovo.

POZZETTO SGRASSATORE

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L'estate scorsa avevo fatto realizzare davanti al finestrone di cucina un pozzetto sgrassatore. E' un pozzetto in cui l'acqua di scarico del lavello di cucina , e forse in casa nostra anche della lavatrice, entra per un tubo con una curva verso il basso e poi esce di nuovo per un altro tubo anche quello curvo, che ha l'imboccatura più in basso. Il pozzetto, obbligando l'acqua a passare dalle due curve a diverso livello,  serve a trattenere grassi e residui dei detersivi che sono più leggeri dell'acqua e rimangono a galla. Comunque se non sono stata chiara e magari ho sbagliato qualcosa trovate spiegazioni in rete digitando pozzetto sgrassatore. Ce ne sono in vendita già pronti, noi l'abbiamo fatto più piccolo per questione di spazio. L'avevamo fatto su disegno di Italo, idraulico e amico, che era anche capitato a pranzo; insieme avevamo aperto il coperchio, ma ancora dentro non c'era quasi niente, solo acqua sporca. Mi ero prefissa di aprirlo di nuovo durante l'inverno, in una bella giornata, il grasso in inverno resta più solido ed è più facile rimuoverlo, perché il pozzetto sgrassatore ogni tanto va ispezionato e pulito. Perché fare un pozzetto sgrassatore? Intanto credo che stia diventando obbligatorio averlo in uscita dalle cucine, per le abitazioni come la nostra che sono isolate e non collegate alla fognature. Si dice in questi casi che gli scarichi sono "a dispersione", ma un muratore che era venuto a lavorare nella prima casa in cui abbiamo abitato, un certo Pipi, diceva che gli scarichi erano "a sperdizione", cosa che mi evocava immagini di dannati che bruciano nel fuoco infernale e ovviamente mi faceva morir dal ridere.  Dunque questi scarichi a dispersione o sperdizione che dir si voglia finiscono di solito in un fosso o direttamente nella terra, comunque nell'ambiente circostante l'abitazione, senza essere trattati e io cerco sempre di immettere meno sporco possibile, chimico e non, di quello che inevitabilmente produciamo. Il passo successivo, se mi riuscirà, sarà un piccolo fitodepuratore familiare, a cui penso spesso... 
Insomma oggi che è domenica,  l'aria è tiepida, e c'è perfino un pò di sole, abbiamo aperto il pozzetto e, meraviglia delle meraviglie, si era formato uno spesso strato puzzolente e quasi solido di ... robaccia, che non è stato difficile rimuovere con una paletta da giardinaggio. Questa roba qui la mando all'inceneritore, in gran parte sono grassi. Mio marito era piuttosto schifito, e abbastanza soddisfatto, ma io, che ultimamente non ho grandi soddisfazioni, mi sono sentita colma d'orgoglio. Il mio aggeggio era stato realizzato dal mio amico G. col mio aiuto (modesto in questo caso) e la mia supervisione, perché lui non aveva idea di come lavorasse e a che servisse, quindi lavorava abbastanza alla cieca. Oggi ho visto che FUNZIONA! 
Funziona e senza elettricità, senza nient'altro che un pozzetto e un paio di tubi, tecnologia minima che evita di spargere un bel pò di sporco nel campo dove c'è lo scarico.  Mi congratulo da sola e mi dico evviva, come dire che me la canto e me la suono tutta da sola. 

POZZETTO SGRASSATORE 2

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Vedo che questo pozzetto sgrassatore ha destato interesse! Mi ci sono imbattuta la prima volta in uno dei vari ristoranti che ho frequentato per lavoro. Il locale era stato risistemato da poco secondo criteri imposti dalla ASL, e c'era questo riquadro nel pavimento di cucina, evidentemente un coperchio di qualcosa, da cui, dopo qualche mese, cominciò ad uscire un odore molto sgradevole. Funziona così: i locali, negli anni delle liberalizzazioni berlusconiane, a cui però tutti aderirono convinti, furono trasformati da cantine e fondi in ristoranti, bar, birrerie tutti stipati uno accanto all'altro col risultato che nessuno lavora perbene e guadagna abbastanza. Mettiamoci anche il fatto che molti proprietari e gestori si riciclano in lavori che credono facili e di nessuna fatica... Le ASL imposero certi adempimenti, ma poi i gestori non sapevano neanche bene a che servivano, o meglio forse lo sapeva il primo di loro, che poi rapidamente cedette l'attività o la sua gestione e non si curò di dire a che serviva quel pozzetto in cucina o cosa copriva quel coperchio. Così ci trovammo davanti al pozzetto che esalava un odore veramente schifoso proprio in mezzo alla cucina e il titolare decise di guardarci dentro.  Fece bene perché all'apertura si vide una massa che sembrava ribollisse e stesse per esplodere di materiale grigiastro striato di giallo putridume, rosso e  verdastro palude come la "cosa venuta da un altro mondo", mentre non era altro che l'insieme di grasso, sporco e detersivo del lavaggio di tutto ciò che si deve lavare in cucina, e neanche tutto perché una buona parte, quella pesante come l'acqua, se ne era andata nelle fognature. La cosa più impressionante era certamente l'odore, anzi il fetore proveniente da quella roba, uguale a quello che proviene dagli allevamenti di maiali. I grassi alimentari, animali e non, che cominciano a fermentare e trasformarsi puzzano così. Orribile. Mentre a casa nostra, dove lo scarico si mischia con quello della lavatrice e poi non siamo un ristorante, l'odore è piuttosto diverso, meno aggressivo. Una componente è il "mercaptano", composto dello zolfo, odore di bottino, di fossa biologica, ma solo un pezzo di quell'odore, che d'altra parte è componente anche del profumo del tartufo, sì, proprio del meraviglioso tartufo, in cui il mercaptano si mescola con l'odore di terra pulita e con altre componenti e tutto insieme diventa a tutti gli effetti un profumo, che sveglia l'appetito. Puzzi e profumi, bello e brutto, buono e cattivo, c'è da riflettere... 
 Quella sera svuotammo il pozzetto della roba solida e lo richiudemmo, per un pezzo non sarebbe stato necessario ripetere l'operazione. 
Il pozzetto dei grassi nei ristoranti raccoglie moltissima robaccia e risparmia lavoro al depuratore, inoltre tutta quella roba tende a fermarsi e ad attaccarsi alle tubazioni chiudendole, avete presente un'arteria aterosclerotica? 
Insomma fa risparmiare anche di idraulico.  In ogni modo ogni tanto bisogna pulire il pozzetto e il materiale che si toglie, qui da noi, dove c'è un inceneritore, si manderà là, con la spazzatura indifferenziata, ma forse c'è ancora un modo di recuperare quella roba, chissà... ora non mi ci voglio addentrare. 
Il gestore del ristorante dovrebbe scriversi in agenda di ispezionare il pozzetto e pulirlo per esempio ogni 4/5 mesi. Tanto poi se non lo fa l'odore lo avvisa. Quell'operazione a cui avevo partecipato con grande interesse mi stimolò l'immaginazione fino a realizzare il pozzetto a casa nostra e scoprire che diventava obbligatorio farlo. In ogni modo è bello vedere che sfruttando le semplici proprietà dei materiali si può ottenere un oggetto tanto utile. Quando si apre, poi, e si vede quel ribollire si torna bambini, quella massa di robaccia sembra veramente infernale e in fondo è abbastanza innocua, ci fa fare esperienza del male senza incontrarlo davvero e comunque tenendolo sotto controllo.

il capitale umano

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Siamo stati a vedere il Capitale umano di Paolo Virzì. Mi piacciono molto i suoi film, non li ho visti tutti, ma da "Caterina va in città" in poi mi è nata una passione e li rivedo e ogni volta ci trovo qualcosa di nuovo, che significa che ci sono strati di significati, livelli di lettura, e non solo un piano che si esaurisce subito. 
Per questo film, che ho sentito definire un triller noir e anche in altri modi, io personalmente non ho una definizione. Immaginate di entrare in una storia, una delle tante storie di questi anni, che riguarda gente molto ricca e altra gente benestante e altra gente ancora che sopravvive e basta. Si pensa che tutta questa gente viva in contenitori stagni e non venga a contatto, come nelle società divise in classi separate dell'India della tradizione, ma non è così, fanno tutti parte della stessa società umana e si mescolano, soprattutto si mescolano i giovani delle varie famiglie, sono sempre i giovani a mescolarsi. Immaginate di entrare in questa storia ed essere subito irritati dai primi personaggi con cui avete a che fare, sono miseri e odiosi, prepotenti e striscianti... La storia ci viene raccontata dal punto di vista di tre di loro, Dino, che è Fabrizio Bentivoglio, titolare di un'agenzia immobiliare, Carla, che è Valeria Bruni Tedeschi, moglie di un finanziere ( il bravissimo Fabrizio Gifuni) ricchissimo e insopportabile (per me) e Serena, la figlia di Dino, ragazzina che si orienta male nel mondo intorno a lei in cui le è toccato in sorte di vivere, ma ci prova. Dall'inizio alla fine non sono riuscita a staccare gli occhi dallo schermo e sono arrivata alla fine trascinata dal racconto, ma anche dalle emozioni, non tutte nere, non tutte cattive, dei personaggi. Virzì è un genio, gli attori, forse perché guidati da lui, bravissimi. Di più. Il capitale umano è un film bellissimo, da cui si esce come da un tunnel veloce, un lungo scivolo in cui scorri e non ti riesce di soffermarti, eppure pensi moltissimo e partecipi moltissimo, senza identificarti in quel personaggio o in quell'altro, che, seguiti in certi momenti molto privati, rivelano debolezze che nessuno vorrebbe avere, ma nessuno, neanche il pescecane della finanza è del tutto pessimo. Sono umani, e te che guardi scorri dentro le loro storie e vedi il loro punto di vista e sai, alla luce dell'esperienza della tua vita, che è tutto vero, e poi ne esci, come sputato dal tunnel delle loro vite intrecciate e ti chiedi che ne sarà di Carla, e che ne sarà di Serena e di Luca e anche di Roberta. Degli altri ti importa poco. Niente è risolto, non c'è una morale definita, è la vita. Un pezzo di vita raccontato con grande maestria. Dicono che Virzì fa commedie, alla faccia delle commedie! Il cinema italiano è vivissimo e non ha niente da guardare al passato con rimpianto, questa gente è bravissima, tutta gli attori e il regista e gli sceneggiatori. Grazie.

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Venerdì prossimo al Centro Puecher a Milano, alle 20,30 ci sarà un incontro di presentazione e di discussione sul mio libro. Ho chiesto un giorno di ferie in pizzeria e dopo un lungo periodo di lavoro da operaia e basta credo che sarà una boccata di ossigeno. Quindi se qualcuno che abita a Milano e dintorni vuol cogliere l'occasione...per una volta metto qui la locandina: 

www.associazionepuecher.it – www.centropuecher.it – info@associazionepuecher.it



CENTRO PUECHER

Spazio del sole e della luna

(ex Casa della Pace)



Via U. Dini 7 – 20141 Milano

(tram 3 e 15; MM2-capolinea piazza Abbiategrasso)





Venerdì 24 gennaio 2014, ore 20.45





 UN PERCORSO DELLA MEMORIA



Presentazione del libro di Lorenza Mori,

E’ il freddo di questa notte,

Archivio Dedalus Edizioni, Milano 2013



Modera

Giuseppe Deiana, presidente Associazione Puecher





Intervengono

Elena Marini, docente di letteratura italiana, Liceo Classico Parini di Milano

Alberto Liguoro, avvocato e giornalista

Lorenza Mori, autrice del romanzo


Mi è arrivata anche una recensione del libro scritta dalla giornalista Francesca De Carolis e metto qua il link, se vi va di leggerla.  


Ringrazio ancora Francesca per le sue parole.

Al Centro Puecher

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Per chi ha letto il post precedente, soprattutto la mia amica Sari, che abbraccio, che partecipa con entusiasmo: venerdì intorno a mezzogiorno sono partita per Milano. Tempo orribile da noi, in via di miglioramento mentre il treno correva verso nord, ma ancora grigio e fradicio. Guardavo dal finestrino nei dintorni di Modena per vedere le tracce di tutto quel disastro che è successo, ma non ho visto niente di rilevante. Il giorno dopo, sabato, alle 10,30 ero già sul treno di ritorno con due nuovi libri con me, quello di Alberto Liguoro (Nola cronaca di un eccidio) a cui ho dato solo un'occhiata, me lo voglio leggere con più concentrazione a casa, e un altro comprato alla libreria Feltrinelli della stazione, che credevo puramente ricreativo, leggero. Veramente cercavo Farm City, per regalarlo, ma non ce l'ha più nessuno. Che brutta sorte i libri, anche se sono belli e pieni di vita il mercato li mette da parte quasi subito. Lo ordinerò via Internet. Al suo posto, guidata solo dal titolo, ho comprato "La moglie dell'uomo che viaggiava nel tempo" e non sono per niente delusa. Il tema del viaggio nel tempo è ormai sfruttato da telefilm e romanzi vari, ma dipende sempre da come si tratta e questo è molto bello, è una storia d'amore che percorre tutta la vita di Clare e Henry e va perfino oltre, perché l'Henry non ancora morto, può tornare, da questi strani tempi personali, a visitare sua moglie anche dopo la propria morte. Ma non l'ho letto tutto e non ve lo voglio sciupare, se mai decideste di leggerlo. Mi sono già persa.

Dunque, si diceva :Milano.
La mia amica Paola mi aveva detto che c'era uno sciopero dei mezzi ed era difficile che venisse gente al Centro Puecher. Non mi importava: bastava già rivedere il prof Deiana, persona piacevolissima, colto e  attivissimo, che ha fondato l'associazione Puecher, e conoscere sia Alberto Liguoro, a cui ho già accennato, che Elena Marini, una collega di Paola a cui lei aveva dato il libro, che si era prestata ad una piccola presentazione. Sono sempre curiosa di ciò che le persone pensano del mio/nostro lavoro. Vincenzo, Vincenzo Pezzella, compagno di Paola, ma soprattutto, l'Editore, ci ha messo fretta, e abbiamo fatto un viaggetto in taxi con un tassista simpatico milanese doc che voleva far sentire a Vincenzo Radio Maria. Siamo arrivati proprio precisi. 
Già all'arrivo c'erano un pò di persone, ma poi la sala, nonostante le difficoltà per arrivare, si è quasi riempita ed era una sala abbastanza grande! Bello. Bello quando c'è qualcuno che legge in profondità ciò che scrivi e comprende. Il mio libro si presta a parecchie letture e può suscitare interesse per diversi motivi, uno è che racconta cose lontane accadute nella seconda guerra mondiale, ma non le racconta di rimbalzo, come ricordi soltanto, anzi nel ricordo non esistono quasi più, mentre tutte due le protagoniste devono tornare indietro a cercare, perché non sono solo ricordi, ma la radice, forse, per una parte, di certi dolori e conflitti del presente. La storia con la esse minuscola, quella che è stata dimenticata perché giudicata da chi l'ha vissuta poco importante o molto personale e comunque dolorosa e Pericolosa, non degna di memoria e di osservazione, è tessuta nella Storia con la esse maiuscola, quella dei grossi libri e delle commemorazioni, e diventa carne delle persone. Deiana diceva: è stupefacente come Cecilia( una delle protagoniste), insegnante di lettere e STORIA, non si ponga domande sulla PROPRIA storia... e invece è successo così, questa storia dei piccoli posti è stata conservata in Santini, per chi crede, o figurine, come la figurina della zia Lida, un album di figurine familiari, cristallizzata l'immagine e fissata per sempre, ma la zia Lida era una persona vera, come gli altri martiri della Resistenza e c'era qualcun altro con lei quella notte che la presero, e poi i suoi parenti, a loro, che accadde? ... 

 Elena (Elena Marini) ha toccato il mio cuore con le sue parole e credo che le ritroverete presto sulla pagina Facebook che la Paola Magi, mio supremo Editore, ha creato a mio nome, che però finora gestisce lei divertendosi un mondo, oltretutto.  Elena, non so se capiterà qui a leggere, mi ha fatto sentire profondamente compresa e si è stabilito un immediato legame di empatia. I suoi studenti sono fortunati. Lo sanno?

Una serata molto bella che mi ricarica intimamente e mi consente di andare incontro con più forza ad un altro periodo di full immersion nel lavoro della pizzeria. Ringrazio qui tutti quelli che sono venuti per incontrarmi, il che mi sorprende sempre tanto, perché certo si tratta di ascoltare la presentazione di un libro, ma dietro il testo scritto c'è una persona. Ringrazio Maria Teresa Mosconi, mi piacerebbe abitare più vicino per vedersi, una donna generosa. Lascio qui la mia mail per chi volesse scrivermi le proprie impressioni o semplicemente fare amicizia. 

vitamina_magnum@yahoo.it

Si diceva con la Paola che ci sono persone che si sentono in soggezione di fronte a chi scrive un libro, ma ricordate che io sono prima di tutto un giardiniere che lavora come operaia in pizzeria e ha scritto un libro, uno solo. 

Al ritorno in treno leggevo. Il cielo era finalmente azzurro come oggi e tutto più sereno che nei giorni precedenti. Ad un certo punto ho alzato gli occhi e ho visto per un pò l'orizzonte. Che meraviglia ! Si vedeva tutta la linea spezzata dei monti dietro Milano ( fra cui c'è il Resegone, mi pare) coperti fino in basso di neve, la prima immagine invernale di questa stagione, così poco invernale, invece come un lungo autunno fradicio e nebbioso. Posso affermare che le Alpi si vedono fino a Reggio Emilia. Mi è venuta voglia di tornare indietro e camminare fino alle Alpi e salire. Poi ho pensato che giusto un anno fa è cominciata la storia avventura del libro, ci siamo presi per mano e abbiamo cominciato a camminare, ora andiamo insieme, io, lui e la mia famiglia, e la Paola e Vincenzo,  verso un orizzonte di monti innevati? Di mare aperto? 
Di città straniere? Chi lo sa? 

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Ho preso quest'immagine dal sito web della Libreria Fogola di Pisa, suggeritomi dalla Paola Magi. Ci sono moltissime immagini belle, che piaceranno molto alla Loretta o alla Sari. Ci sono anche le foto dell'Arno che ha raggiunto la massima portata...
La lettura!
Che bellezza! Mentre leggi molte altre cose ti germogliano nella testa, scritte da altri e pensate da te, perfino antichi rotoli e taccuini di appunti, tutte legate da un unico filo di pensieri. 
Piove da voi? Sento un coro di voci che diventa un grido
" Ma sì!! Che dici, pioverà? Piove in tutta Italia! Che domanda stupida!"
Quando piove viene voglia di leggere, in effetti. La mia figlia maggiore, quando andava alla scuola elementare, disse che da grande voleva vivere in Svezia. Svezia?, le dicemmo noi: e perché? 
Perché le giornate durano poco e si può stare molto tempo in poltrona a leggere. 
Questa ragazza presa nella lettura mi ricorda lei, la mia figliola. Ultimamente ha compiuto 29 anni, qualche mese fa. Ha detto con la voce incrinata che ormai andava per i trenta. No, è diverso 30 da 29. Ho detto io. Ma è così che si vive l'ultimo anno di ogni decade, forse anche il nono anno di vita è compreso, si vive come se dovesse durare poco, come una brevissima parentesi prima del decennio successivo. Come per me ora che inizierà il 59esimo... un inciampo e poi si cade nel decennio successivo. Eppure non è così, io nel mio ventinovesimo anno per esempio ho avuto lei, la mia figlia maggiore, ed è stata una cosa meravigliosa. Non un anno di passaggio, dove sembra che non succeda niente, ma un Anno cruciale e bellissimo. Già, ma vaglielo a spiegare.

l'aggressione a Laura Boldrini

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Ultimamente quando sono indignata me lo tengo per me. Sono talmente tante le cose che possono indignare, ma mi sembra già un sollievo non sentir parlare di Silvio, che era diventata un'ossessione, ogni cinque minuti. Già questo è un miglioramento. Oggi però ci sono stati questi attacchi a Laura Boldrini e non posso starmene zitta. Anche se non so neanche da dove cominciare, tanto mi pare grave quello che succede: avevamo una certa fiducia nel movimento 5 stelle  e ora sinceramente crolla. Come posso aver fiducia io che sono una donna in gente che offende un'altra donna perché non la pensa come loro? Non solo la offende ma le augura di essere affidata ad uso sessuale ad un campo rom, cosa che unisce il disprezzo per le donne a quello nei confronti dei rom, evidentemente. Oppure vorrebbe mandarla a fare il suo mestiere (di prostituta) nelle strade di notte...Laura Boldrini non è di sicuro un'espressione della politica tradizionale e dei potenti, oltretutto.  
Volgarità, violenza verbale che può diventare facilmente violenza fisica, disprezzo verso una metà dell'umanità, e tutto questo approvato e incoraggiato dal leader Grillo. Tutto ciò che di buono M5 aveva da dire affoga tristemente in queste cose e la speranza che esprimeva si spegne. Non che io non sia arrabbiata come loro per molte cose che loro denunciano, ma per questa legittima rabbia non si può comportarsi come loro stanno facendo e incoraggiare i peggiori.   

Il punto di svolta di Fritjof Capra, iniziare a leggere e soprattutto a capire

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Per Natale una delle mie figliole ha comprato per tutti noi "Il punto di svolta" di Fritjof Capra (quello del Tao della fisica). Ha detto qualcosa circa il fatto che doveva servirci per la nostra formazione. E' un libro dell'82 e non so quanto possa essere ancora considerato innovativo, anche se per me lo è molto. Sto cominciando a leggerlo e lo leggo in macchina, una mezz'ora prima di entrare al lavoro, a voce alta, me lo leggo così perché è piuttosto difficile e tratta di cose che non mi sono tanto familiari, anche se rimandano alla lettura del Tao della fisica di cui mi pareva di non aver conservato niente e invece si vede che il mio cervello ne aveva ricavato abbastanza, perché ora leggere questa roba non è così ostico. In un capitolo iniziale che si intitola La nuova fisica, parla del fatto che a livello subatomico quelle che vengono chiamate particelle (la fisica delle particelle) si comportano sia come particelle che come onde, hanno cioè natura corpuscolare ma anche ondulatoria, e la differenza la fa  il modo di osservare, cioè l'osservatore non è neutrale rispetto a ciò che accade, se pone una domanda alla particella, risponderà la natura di particella, ma se pone una domanda all'onda, sarà questa a rispondere... Il discorso sulla non neutralità dell'osservatore rimanda al principio di indeterminazione di Heisemberg, che credo tutti abbiano sentito nominare più di una volta. Tutt'altra cosa è riuscire a capire/riferire di che si tratta e le sue implicazioni in campo filosofico e scientifico. Al livello molto piccolo, subatomico, non è tanto importante il singolo oggetto, elettrone, neutrone, positrone che sia, ma le relazioni esistenti fra gli oggetti, anzi gli oggetti quasi spariscono e restano le relazioni e le interconnessioni. Le particelle, confinate dentro lo spazio definito dell'atomo, si muovono in esso ad una velocità vicina a quella della luce e in quelle condizioni non si può più parlare di oggetti come quelli che rientrano nella nostra esperienza.  C'è un breve passaggio, letto ieri, che continua a frullarmi in testa, che oggi voglio lasciare per voi. 

Dal "Punto di svolta"

La teoria della relatività ha conferito vita, per così dire, al tessuto cosmico, rilevandone il carattere intrinsecamente dinamico; dimostrando che la sua attività è l'essenza stessa del suo essere.Nella fisica moderna l'immagine dell'universo come macchina è stata trascesa dalla concezione che vede in esso un tutto indivisibile, dinamico, le cui parti sono essenzialmente interrelate e possono essere intese solo come strutture di un processo di vastità cosmica. Al livello subatomico le interrelazioni e interazioni fra le parti che compongono il tutto sono più fondamentali delle parti stesse. C'è un moto, ma non ci sono, in definitiva, oggetti che si muovono; c'è attività, ma non ci sono attori; non ci sono danzatori, c'è solo la danza. 

Non ci sono danzatori, c'è solo la danza. La danza dell'energia. 
Dentro le nostre molecole e gli atomi che ci compongono c'è solo, si fa per dire, una danza di energia pura. Il Libro tibetano dei morti dice : il nulla è tutto e il tutto è nulla. 

Per sdrammatizzare questi concetti così affascinanti si potrebbe scendere terra terra e osservare :"E allora perché combiniamo tutto questo casino?"
Anche questa è una fantastica domanda da porsi.

La moglie dell'uomo che viaggiava nel tempo

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Mi capita, leggendo certi libri, di rimanere stupita e anche ammirata dalla capacità dell'autrice, in questo caso Audrey Niffenegger, di costruire un racconto introducendo un elemento inesistente nella vita come il viaggio nel tempo. Ci si complica molto la vita, come narratori, intendo. Il libro si intitola "la moglie dell'uomo che viaggiava nel tempo" (The time traveler's wife), comprato alla libreria Feltrinelli della stazione di Milano in occasione dell'ultimo incontro al Centro Puecher. Comprato come faccio qualche volta attratta dal titolo. 
Da bambina, io, più grande, dopo cena dagli zii, mentre le mie cuginine più piccole andavano a letto, ormai tutte e due in pigiama, chiedevo quale favola dovevo raccontare proponendo tre titoli, inventati lì per lì. Scelto il titolo, e anche quella era una faccenda divertente,  mi avventuravo nella storia e non sempre me la cavavo bene; qualche volta, quando mi ero impantanata nel racconto, venivo salvata dai miei genitori che mi chiamavano per andare a casa. Questo di comprare libri dal titolo è una variante di quell'altra storia di raccontare, a partire dal titolo, ma a volte, seguendo questo criterio "estetico", si può sbagliare del tutto l'acquisto. Questa volta no.

Si potrebbe pensare, per questa "moglie dell'uomo che viaggiava nel tempo", che si tratti di fantascienza, ma no, non direi. Si tratta di un  racconto di vita in cui è stato introdotto questo elemento disturbante, una malattia genetica che si presenta in un bambino, Henry De Tamble, che ogni tanto si trova scaraventato in un altro tempo e in un altro luogo, nudo, ovviamente, perché la malattia riguarda lui e non i suoi vestiti. Non va mai troppo lontano, non capita nella preistoria o in futuro lontanissimo, va in genere in luoghi e tempi familiari, come il posto/tempo dove muore la sua mamma e lui è bambino e si salva dall'incidente d'auto solo grazie ad un piccolo salto spaziotemporale. A questo incidente assisterà centinaia di volte, torturandosi, tenterà anche di modificare le cose, impedire che accada, e scoprirà che non è possibile. 
C'è quindi questa bella parte della storia in cui il bambino Henry, che potrebbe essere sopraffatto dalla malattia e dalle sue conseguenze, viene aiutato da un Henry più grande ed esperto che arriva dal futuro e che lui all'inizio non riconosce. Questo Henry grande gli fa vedere prima di tutto che non è così brutto "viaggiare", e gli mostra un meraviglioso libro, lui che, adulto, fa il bibliotecario proprio nella biblioteca in cui si trovano per la prima volta nel colmo della notte, rendendo questo  incontro indimenticabile. In seguito gli insegnerà parecchie cose che non si dovrebbero fare, come sfilare portafogli dalle tasche, procurarsi abiti, correre molto veloce, picchiare forte, ma che sono indispensabili se ci capita di arrivare nudi in un posto sconosciuto, o anche noto, ma in cui non ci si dovrebbe trovare per vari motivi. 
Poi c'è Clare Abshire, che incontra Henry nella radura vicino a casa da bambina, a sei anni, in un posticino nascosto dove ha l'abitudine di andare a giocare.  Henry è adulto ed ha una lista, che non ricordo come gli è arrivata, forse fa parte del suo disturbo (o forse è una libertà che si prende l'autrice per agevolare la narrazione); si tratta di un elenco di date del futuro di Clare in cui loro due si incontreranno di nuovo, che arriva fino ai diciotto anni di lei, dopodiché non si vedranno per due anni, e si incontreranno nella realtà di entrambi quando lei avrà 20 anni e Henry 28. In questa serie di date (in cui Henry andrà a trovare Clare bambina e poi ragazzina, mentre lui sarà adulto di età diverse, provenendo da punti diversi del futuro) lui la guarderà crescere, le insegnerà a giocare a scacchi,  l'aiuterà a fare i compiti e studiare le lingue, sapendo che poi, in un futuro reale condiviso, lei sarà sua moglie. In una di queste date accade qualcosa, quando Clare ha tredici anni, è giorno di caccia e il padre e il fratello di Clare sparano a qualcosa che si muove nell'erba alta, vanno a vedere e non c'è altro che una macchia di sangue. C'è anche Henry, che si ferma  a parlare con i due, Clare lo vede e lui le fa segno di tacere.
Quest'episodio misterioso risulterà importantissimo nella vita di entrambi. 
A vent'anni Clare incontra Henry nel presente di tutti e due, Henry che è ancora troppo giovane per conoscerla, mentre lei lo conosce perfettamente. D'altra parte lui gliel'aveva detto l'ultima volta che si erano visti, sii gentile con me, non dirmi tutto insieme, per favore. La storia scivola via come un normale rapporto a due molto movimentato da questa grossa complicazione del viaggio nel tempo, per esempio il giorno dello sposalizio non è l'Henry del presente a sposarsi con Clare, ma un altro Henry arrivato per fortuna dal futuro, perché  quello che doveva sposarsi è saltato nel tempo... lo sposo appare ai presenti improvvisamente invecchiato e più magro, ma solo un pò. Ci sono i tentativi di avere figli, abortiti perché i bambini saltano nel tempo già nella pancia della mamma. Si trova un medico e una cura e nasce Alba. 

Ho già raccontato troppo e da ora in poi chi vorrà procederà da solo, procurandosi il libro. La storia lascia la sensazione della circolarità del tempo, delle cose che all'inizio di un rapporto forse sono tutte già successe, come un vero e proprio destino già scritto. Una sensazione che si prova anche se non si hanno gravi malattie genetiche che ci sbalzano da un tempo all'altro. 
E' capitato, per me e per delle amiche, che trovassimo, da giovani, dei ragazzi con certe caratteristiche fisiche e di carattere, con cui però le cose non funzionavano e la storia finiva. Dopo un pò incontravano (incontravamo) un altro ragazzo simile, per certi tratti, a quello di prima, ma questo andava bene, era lui. Come se la prima volta ci fosse stato un tentativo di trovare la persona giusta avendo in mano un ritratto approssimativo, un identikit che somigliava molto a quello della persona "scritta", ma non era lei, poi quella giusta era arrivata. Nella "casa degli spiriti" Isabel Allende crea il personaggio di Clara (altra Clara) che è una sensitiva. Quando vede quello che sarà suo marito lo riconosce perché vede il futuro insieme, non è detto che sia la persona con cui si vivrà d'amore e d'accordo per sempre, ma è comunque la persona scritta per quella vita, con cui capiterà di tribolare parecchio, ma non ci si potrà sottrarre. Non so se mi sono spiegata.

E' un libro molto bello in cui si cade senza riuscire a smettere di leggere o di pensarci, con una conclusione non sorprendente, ma prevedibile e comunque molto commovente. Ho scritto questo post ieri, e ieri sera, per caso, ma non so se il caso esista, su RAI 2 c'era il film tratto da questo libro, a cui è stato dato un titolo insipido "un amore all'improvviso", perché di tutto si tratta fuorché di questo. Anzi come dicevo è un amore destinato a cui non è possibile sottrarsi. Ovviamente vedere il film non è leggere il libro, perché il libro è più completo, forse anche più bello del film. Una persona che lascia qui dei commenti ha scritto che la storia è una storia di attese, perché Clare è sempre in attesa che Henry torni. Storia anche di ansie, perché Henry può capitare dovunque, in mezzo al traffico, sul bordo di un precipizio... Questa che vedete qui sotto è Audrey Niffegger, nata nel 1963.  Che brave queste donne scrittrici, grazie! Ora Gianni si chiederà perché leggere anche questo libro: forse anche per me come per te la realtà è poco digeribile in questa fase, meglio evadere un pò col pensiero. E Mariolino, che fine ha fatto?

la stagione dell'acanto

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Questo febbraio 2014 fin qui è stato uno stanco, sfibrato prolungamento di una stagione fradicia e non ben identificata che non si può definire inverno. E non è nemmeno primavera! Le piante sembra che dicano: quando si dorme? quando arriva un pò di freddo? o è il momento di svegliarsi perbene ? 
E' tutto molto incerto e vago, fa caldo, troppo, continua a piovere ogni tanto, le rane, certe grosse inquietanti rane verde grigiastro, hanno fatto i loro tubi di gelatina pieni di uova ma già non li vedo più. Non è che mi interessi tanto, siamo pieni di rane; la notte, non tanto convinte anche loro, gracidano qua e là intorno alla vasca. Mauro ha potato gli olivi intorno a casa e io ho bruciato le frasche, ma comincio a sentirmi in colpa quando brucio le frasche, per tutta la storia della CO2 , eppure non ho alternative, che ci facciamo altrimenti? Ho ricominciato lentamente a mettere a posto il giardino, che ha bisogno di un lavoro grosso di spostamenti di piante che sono nate da sole dove gli è parso. Prima che siano troppo grosse dovrei toglierle, chissà se mi riesce, più che altro di trovargli un posto migliore. Gli ellebori sono tutti fioriti ed è una delle bellezze della stagione, quest'anno apprezzo molto l'elleboro bianco che è più eretto degli altri e mostra bene i suoi fiori. Qualche pianta è sparita. L'eremurus gigante, l'asparagione, non ha messo fuori dalla terra il suo germoglione a forma di uovo, penso che sia morto. Può darsi che sia marcito, con tutta questa pioggia, agli eremurus non piace il bagnato. Lavorare fuori i primi giorni dopo l'inattività invernale dovuta più che altro alla pioggia è faticoso, ma c'è un'altra cosa che lo rende difficile: sono degli insetti che non identifico che mi pungono attraverso i vestiti, mi trovo bubboni che prudono dappertutto. In ogni modo vedere la terra rivoltata e scura intorno agli arbusti, le lavande e le santoline riportate in forma, le rose potate, e il secco rimosso è una soddisfazione. Lo dico sempre e lo ripeto: è come rimettere ordine in testa. Taglio cortissime le edere, che si infilano in ogni pertugio e hanno continuato a crescere tutto l'inverno. La lonicera fragrantissima, inutile dirlo, è tutta un fiore e anche la piantina ottenuta per talea è fiorita. Ne avevo data una all'Antoinette che in poco tempo era diventata grandissima, con dei rami sparati in giro di un metro e mezzo. Si vede bene che crescerà molto più grande delle mie. La terra del suo giardino le si confà, è terra profonda, fresca e sabbiosa da frutteto. Ero andata a vedere se fioriva, ma non aveva neanche un fiorellino per campione. La penultima volta che siamo andate a vedere le ho detto, alla lonicera, che era una stronza. Sei una grandissima stronza che non vuoi fiorire qui dall'Antoinette, che da me sei PIENA di fiori!  La volta dopo sembrava che mi avesse sentito perché alla fine aveva aperto i suoi fiorellini profumati. 
E' bello avere piante che fioriscono e profumano in pieno inverno, per questo ho piantato il calicanto, il gelsomino primulinum, quello di San Giuseppe, gli ellebori e le violette mammole. Gli ultimi due giorni devo dire che il tempo si è rimesso. La notte fa freddo, senza andare sotto zero, e le giornate sono molto belle. E' la stagione dell'acanto. L'acanto è la pianta dei capitelli corinzi della Grecia antica. Ai greci piaceva così tanto che l'avevano immaginata sostenere e ornare soffitti e travi. E' una gigantessa che in estate soffre molto il caldo e sparisce, la sua stagione, qui da noi, è decisamente questa: fresca e fredda, umida e con tanto humus nella terra che permette alla pianta di allargare le sue enormi foglione frastagliate. Non dimentichiamo i fiori: quelli dell'acanto sono molto alti e poco colorati , spighe alte e architettoniche. John Brookes nei suoi libri mette l'acanto fra le piante con spiccate caratteristiche architettoniche, insieme, per esempio, alle yucche, ai formium...Che difetti ha l'acanto? 
 E' adatta ai grandi parchi ombrosi, al sottobosco e all'ombra degli alberi. 
 Primo difetto. E' grande, troppo! Invade lo spazio intorno a sé e lo colonizza con i suoi semi vitalissimi. Quindi in un piccolo giardino come il mio è un pò una minaccia.
Secondo difetto: impossibile spostarla o eliminarla. Vai con la vanga e non riesci mai a togliere tutto, e ogni porzione di radice che non si è individuata nel terreno da origine ad una nuova pianta. 
Terzo difetto: d'estate fa pena, il caldo fa afflosciare le foglione e poi si seccano miseramente. Al suo posto c'è una macchia di secco. Questo succede da me, ma è possibile che in luoghi più freschi sia sempre verde. 
Quarto difetto: piace moltissimo alle lumache che la riducono in condizioni miserevoli.
Però ora è bella, bellissima.

Insalata di campo

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Ci sono piante che scelgono questo periodo dell'anno per fiorire e farsi vedere, poi spariscono oppure diventano insignificanti.  Le bulbose fanno così: il colore fresco e allegro dei giardini di primavera è dovuto, oltre che all'erba nuova, ai gialli tenui o accesi dei narcisi, ai tulipani, all'azzurro delle scille... che rapidamente spariscono dalla scena. Intanto però i giardini di metà febbraio, marzo e aprile restano indimenticabili grazie a queste piante fresche, succose e colorate, e io ricordo in particolare certi scorci deliziosi di piccoli giardini francesi della zona di Cluny, dove andavo con Don Sergio e tutti gli altri da ragazza, per trascorrere la Pasqua a Taizé.
 Senza impegnarsi ad acquistare e piantare bulbi  ci sono delle bulbose spontanee che allietano la stagione, come il ranunculus ficaria, detto volgarmente favagello. E' una piantina così graziosa! Nasce da dei bulbetti simili a patate minuscole bianche e traslucide. Le foglie bellissime somigliano vagamente a quelle dei ciclamini, verde intenso striate e chiazzate di nero, fra cui spuntano fiori grassotti giallo lucido. Da me un grosso cespo è cresciuto fra due  ajuga tappezzanti color rosso scuro, un accostamento casuale e molto azzeccato. In un altro posto in cui ho abitato c'erano gli anemoni rosa, ma qui il terreno non è adatto. Fra un pò ci saranno anche i fiori di ornithogalum , la stella di Betlemme. Un certo simphytum, non chiedetemi il nome esatto, che qui è spontaneo, fa tutto quello che deve fare in un paio di mesi fra la fine dell'inverno e l'inizio della primavera, poi sparisce del tutto fino all'anno dopo. Molto carino! Il giardino di primavera è abitato da piante che fra poco non ci saranno più, e se ne sentirà la mancanza. 
Il favagello è una delle tantissime erbe commestibili. Qualche giorno fa ho fatto un giro e ho trovato tante di quelle insalate che ho dovuto per forza raccoglierne un pò. Provo a fare un elenchino, che non sarà preciso come quello di Francesca, che sta facendo un corso sulle erbe che si mangiano, io vado per esperienza, mi mancano, di queste erbe , i nomi botanici, come ho già detto in un post visitatissimo che si intitola "i nomi dei fiori". 
C'è un greppo ripido dove trovo una cicoria che produce fiori ma soprattutto grandi soffioni in piena estate. Lì c'è anche la ginestrella, buona in insalata. Lungo un muretto è nata tanta di quella valeriana che sembrava ce l'avessi seminata. In mezzo alle perenni del giardino ho trovato cespi grandi di raponzolo. Il raponzolo, o raperonzolo, quello della fiaba, ( ma anche il nome di un rivenditore tedesco di alimenti bio, il famosissimo Rapunzel), è una piantina che produce appunto un cespo di foglie molto saporite ma soprattutto una radice gustosa. Da ragazza lo trovavo ai margini dei boschi e lo coglievo senza rimpianti, finché scoprii che in estate fa delle campanule azzurre molto belle, infatti si chiama campanula rapunculus. Ora lo colgo con parsimonia e vedo di lasciare sempre qualche pianta, perché si riproduca. Quest'anno dev'essere stata, con tutta questa pioggia, una stagione molto favorevole, perché si trovano tanti raponzoli. Poi poi... si trova molto sonchus oleraceus. Che sarà mai ? Un'erba che punge solo pochino, è comunissima e nelle insalate fa soprattutto volume, perché non ha un sapore eccezionale. Sa di erba. Qui la chiamiamo crespignolo. A me piace mettere anche un pò di daucus carota, la piantina giovane della carota selvatica, che ha un sapore/odore forte e gradevole, ma non a tutti è gradita. Se fossi andata nel bosco avrei trovato il poterium sanguisorba, o pimpinella o salvastrella, che sa di cetriolo. Per non parlare dei giovani papaveri, della nipetella, del finocchio selvatico, del tarassaco, della silene...
Ho colto un sacchettino pieno di erbe tenere e mi ci è voluto un bel pò di tempo a pulirle e lavarle, ma poi quando le ho mangiate dopo averle condite tutti gli odori si sono mescolati formando un bouquet piacevolissimo che a me ricorda primavere di molti anni fa, quando ero ragazzina e già mi piaceva cercare le insalate. La memoria olfattiva riporta indietro, anche se in questa fase non sono in vena di ritorni al passato, ma questo ricordo non è malinconico, è piuttosto il ricordo di giornate in cui, cercando le erbe, mi immergevo nel presente, ero tutta lì, senza avere una gamba nostalgica e l'altra proiettata nel futuro, che oltretutto si sta scomodi. L'erba di campo è sempre l'erba del presente, tanti sapori buoni dovuti al fatto che ogni erba cattura di più un elemento chimico, come per esempio l'acetosa che è acidula perché contiene acido ossalico. Ogni sapore è un messaggio chimico, ma è anche un gusto, un profumo, e l'insalata di campo mi fa quest'effetto, mi cala nel presente, mi mette piedi a terra, elimina le nubi dalla testa.



Massoneria

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L'altra sera parlando con degli amici che erano venuti a cena, abbiamo saputo che un altro vecchio amico comune era diventato massone.Ormai da tantissimo tempo, forse per questo non ci frequentiamo più. Arezzo è nota per Licio Gelli, personaggio inquietante che nella tranquillità di questa piccola città di provincia, muoveva le fila del Potere attraverso la creazione di una loggia massonica segreta e deviante detta P2. Gelli aveva ad Arezzo una vera e propria corte. Non sono abbastanza informata, a volte ho visto dei servizi in televisione, e delle interviste in cui lui stesso diceva che c'era stato un progetto di eversione non violenta, anche se poi certi attentati e stragi si possono ricondurre a questo, e quindi non violenta non si può chiamare,  e alla fine faceva intendere che il ventennio di Berlusconi era stato quel progetto messo in essere... Come ho detto, non sono in grado di parlarne in modo approfondito, mi resta l'impressione che la parola "democrazia" sia appunto solo una parola e che le masse, di cui anche io faccio parte, siano manipolate e usate ai fini di pochi potenti e sia assai difficile informarsi sul serio e conoscere la realtà. L'unica cosa che conosciamo bene, sempre dopo anni che sono stati causati, sono i danni ambientali, culturali e della salute pubblica, che non possono essere nascosti e che sempre derivano da questa gestione delle cose. Ma mentre vengono compiuti pare non si possa fare niente per evitarlo. Per quel che riguarda la massoneria chi le appartiene, ed è fiero di appartenerle, ne parla  come di un'associazione culturale che lavora per migliorare il mondo. 
Quanto al mondo non so, ma per le condizioni economiche degli adepti funziona. Diversi amici liberi professionisti, avvocati, architetti o  medici, anche delle ASL, sono stati contattati per aderire. Pare che in ospedale ci sia un pienone di massoni. Quelli che hanno declinato l'invito hanno avuto le porte chiuse nei concorsi, negli appalti, e in sostanza, pur essendo persone di valore indiscusso, non hanno avuto la possibilità di fare carriera. Si sono ritrovati isolati nel lavoro, come in un vicolo cieco. Fare carriera secondo il merito e la capacità, aldilà delle condizioni economiche, significa anche per esempio avere in ospedale un primario di reparto che sa fare il suo mestiere, un bravo avvocato che lavora onestamente e gestisce cause magari di interesse pubblico ( tutte le cause, anche private, hanno risvolti pubblici) , eccetera. Avere in mezzo la massoneria significa il contrario della meritocrazia, come si usa dire di questi tempi. Ricordo molto bene, ed è un ricordo doloroso, un professionista a me molto vicino che era, nel suo campo, il più bravo della Toscana, all'epoca. Era il più bravo, ma non contava niente, perché comunque, per lavorare, dovette aderire alla massoneria. L'esperienza di cui non parlava dovette deluderlo profondamente. Nel corso degli anni l'idea che essere bravo e competente  non valeva niente, ma era comunque subordinata all'essere massone, e al potere del gran maestro del tempo, gran manipolatore per dirla con una parola gentile, turbò quest'uomo a tal punto da farlo cadere in una forma di depressione. Un uomo buono con dei sogni, quando vede che la propria vita e quella di molti altri è gestita in gran segreto da poche persone che amano  denaro e potere e non condividono alcun vero valore, può deprimersi. Ed è comunque un pensiero che mina la fiducia in se stessi quello di doversi rivolgere ad un'associazione più o meno segreta per poter lavorare, e non essere escluso dai giochi. Un punto a favore la massoneria ce l'aveva, che non riguardava le donne, ma ora pare che ad Arezzo ci sia una loggia femminile, con cui credo di aver avuto a che fare, in una situazione complicata e imbarazzante che ho dovuto affrontare. Mi viene da pensare ad un ragazzo o ragazza, alle mie figlie in special modo, che si troveranno fra poco ad avere a che fare con tutto questo per lavorare, con le raccomandazioni ( che non hanno), con i legami e le solidarietà massoniche (che non hanno)... spero proprio che se ne vadano lontano da questo paese, in qualche posto dove si compete correttamente e si considera il talento un valore e non un impiccio. Forse, per questo aspetto, per me è una fortuna fare l'operaia, e non avere a che fare con questo marcio. Altro marcio, ma non questo, come testimoniano alcuni vecchi post, che si riferiscono ad esperienze passate.

ISTRICI E STORIA DI SNOOPY

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Due notti fa, mentre tornavo a casa ed era l'una e mezza circa, nell'ultimo tratto di strada diritta che passa in mezzo ai campi coltivati, hanno attraversato due istrici. Il primo l'ho visto da lontano; allarmato dalla luce dei fari aveva già rizzato gli aculei, che non ricoprono tutto il corpo, ma sono presenti in due fasce ben delimitate: una intorno alla testa e un'altra sulla groppa. Gli istrici non sembra che camminino, sembra che scorrano su un nastro, perché non si vede muovere niente del corpo. Si può dire che procedono, anche piuttosto veloci, ma non camminano. Sono molto grandi e strani con tutti questi aculei addosso, sono una visione davvero selvaggia che dà l'idea di come siamo circondati da creature molto diverse da noi, primitive, in un mondo che crediamo tutto noto e dominato dall'uomo, e non è così. Credo siano animali timidi e non aggressivi, l'unica arma sono questi loro aghi. 
Molti anni fa un nostro cane fu ucciso da un istrice. Era un cane con una storia complicata: era nato in casa nostra, figlio della Nera, una femmina molto amata che fu avvelenata da umani a noi ben noti insieme a due suoi cuccioli. Lui invece era andato a vivere con un ragazzo che aveva risposto ad un annuncio che avevamo messo su un giornale. Quando venne ci sembrò un giovane in gamba, pieno di entusiasmo e responsabile, che prendeva il cucciolo per la moglie, come regalo. E' sempre difficile per me dare in "adozione " i cuccioli dei miei cani, o dei gatti,  non si sa mai che fine faranno. 
E' capitato di ritrovare gente che mi ha abbracciato come una parente anche dopo dieci anni, raccontandomi tutta la storia d'amore con il cane che gli avevo dato, ma quella volta invece ritrovai il ragazzo dopo alcuni mesi in un posto della città che era diventato il ricovero dei tossici, e lui era uno di loro, sporco, spettinato, molto confuso e senza cane. Gli chiesi dove era finito, il cane. Mi disse che l'aveva portato al canile municipale, e mi fece un discorso ingarbugliato sui motivi di questa scelta. Intanto la Nera era già morta tragicamente e anche i suoi cuccioli. Così andai al canile a riprendere l'altro cane. Mi pareva di doverlo alla Nera. Non volevo che uno dei suoi figli finisse la sua vita prigioniero. Al canile chiesi se potevano darmi  Snoopy, così l'aveva chiamato il ragazzo, e senza tante cerimonie lo caricai nel bagagliaio dell'auto e lo portai a casa, ma poi mi accorsi che avevo rischiato, perché il ragazzo aveva abituato il cane a giochi violenti e inoltre una donna doveva averlo picchiato, perché aveva una gran paura delle persone di sesso femminile. A casa con noi avevamo già la Lilli, un cucciolo meticcio, che è stata con noi fino alla fine della sua vita. Il posto dove stazionava il ragazzo non era tanto distante dal mio negozio, così passai di lì e gli dissi che ora Snoopy era con noi, che se lui si fosse rimesso in sesto poteva riprenderlo, ma non doveva assolutamente più abbandonarlo. Fu allora che mi raccontò che una sorella della moglie aveva picchiato il cane diverse volte. Un giorno venne in negozio e disse che era stato a casa nostra, per salutare il cane, un pomeriggio che non c'era nessuno. Poteva farlo perché purtroppo non c'erano recinzioni. Snoopy però non l'aveva riconosciuto e gli aveva ringhiato. Il cane, molto sensibile, aveva capito che non era in sé e che non era più lo stesso che l'aveva adottato da cucciolo. Snoopy con noi era piuttosto felice, nonostante che dovesse trascorrere parecchio tempo chiuso o legato, per il rischio che fosse avvelenato anche lui. Non aveva mai perso quell'abitudine noiosa di mordere il braccio, giocando, ma con una certa forza. Lo liberavamo solo quando eravamo presenti a casa. In effetti in quel bel posto di campagna vivevamo abbastanza male, minacciati noi e i nostri animali. Abbiamo delle foto delle bambine, che erano piccole, e dei due cani che giocano nella neve alta di quell'inverno. Snoopy era diventato a tutti gli effetti il nostro cane e ci volevamo bene. 
Intanto avevamo trasferito il negozio e c'era bisogno di qualcuno che realizzasse uno stencil in alto sulla parete. Io non avevo ancora il coraggio di cimentarmi in quest'impresa, ora lo farei. Una mattina la signora che lavorava con me disse che aveva trovato un tipo disponibile e mi vidi arrivare in negozio il ragazzo del cane. Mi allarmai parecchio, ma la mia socia insistette e alla fine il ragazzo fece il suo lavoro solo nelle ore in cui anche noi eravamo presenti, perché io non mi fidavo. Fece un ottimo lavoro, realizzò da solo una mascherina e usò i colori naturali della Auro che ci eravamo procurate, alla fine sulla parete c'era una fila di gruppetti di mele pere e uva in queste tinte minerali, che sono molto diverse dai colori acrilici e molto piacevoli. Ci chiese una cifra abbastanza piccola per il lavoro e ci lasciammo che io avevo un pò cambiato opinione rispetto a lui. Mi chiese anche del cane. Poi però dopo un pò si presentò chiedendo che gli cambiassimo un assegno. Io non volevo, ma la mia collega disse: "Non vorrai mica fregare proprio noi che ti abbiamo fatto lavorare quando ne avevi bisogno?""Nooo!" disse lui. E infatti ci diede un assegno a vuoto che ci procurò parecchie rogne. Pazienza, dicemmo noi due, che eravamo entrambe abbastanza fataliste, vuol dire che il lavoro di decorazione l'abbiamo pagato il doppio, alla fine. Passò del tempo. Una notte feci uscire  Snoopy per fare i suoi bisogni, lui corse nel bosco vicino e non tornò. Lo chiamammo tanto. Ci illudemmo che avesse seguito l'odore di una femmina in calore. Dopo pochi giorni passarono i cacciatori. Avevo un pessimo rapporto con i cacciatori. Si fermarono e dissero che io ce l'avevo con loro perché  sparavano ai gatti, ( e anche agli uccelli , e a qualunque cosa viva, aggiungo io) ma questa volta il cane non l'avevano ammazzato loro, ma l'istrice. L'istrice non c'era mai stato lì intorno, da allora in poi invece tutto ciò che coltivavamo fuori della rete dell'orto venne mangiato o assaggiato regolarmente. In realtà l'istrice non aveva ucciso il cane, il cane si era ucciso da solo, perché non aveva esperienza e vedendo quel bestione coperto di aculei gli si era buttato addosso ed era rimasto infilzato dalla gola all'addome. Lo trovammo così, nel folto del bosco. 
Dopo pochi giorni qualcuno capitò in negozio e mi raccontò che anche il ragazzo era morto per overdose, l'avevano trovato in una galleria poco illuminata di una grande città. Qualche volta è così, il legame fra uomo e cane arriva per vie misteriose fino alla morte. Credo che fossero morti a distanza di pochi giorni, forse addirittura lo stesso giorno. Adesso che ricordo, tutto il dolore e la fatica di quegli anni e il tentativo continuo di rimanere equilibrati e positivi nonostante certe cose che accadevano si stemperano, per fortuna, in una sensazione di malinconia, ma anche di grande tenerezza, se rivedo i cani e le bambine che crescono e giocano insieme.  L'altra notte i due bellissimi istrici sposi mi hanno ricordato Snoopy, cane coraggioso, sventato e sfortunato, e il ragazzo che l'aveva adottato.

Primavera anticipata

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In questo periodo ho tanto lavoro dentro e fuori casa, senza contare quello per la pagnotta, e non riesco ad essere presente con il blog. Però prima che siano fuori stagione metto queste foto di Mauro che  ha interpretato lo spirito degli ellebori e della clematis Armandii. Per quest'ultima  pianta immaginate cinque metri quadrati di fiori che scendono dall'alto e profumano
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Holly, clematide e mimosa

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Holly e la Clematis Armandii











 E' un pò ripetitivo mettere altre foto della clematis, ma fino all'anno prossimo non fiorirà di nuovo ed è così bella e grande...nella prima foto la Holly si slancia per inseguire il postino che sente arrivare, nell'altra foto il postino se n'è andato e si riposa.L'inseguimento del postino è il suo unico "lavoro". Non ci si pensa, ma anche i cani lavorano volentieri, cioè ai cani piace molto sentirsi impegnati  e coinvolti, ma devono essere addestrati per capire l'utilità e il senso del lavoro, altrimenti lo prendono per un gioco. Quando metto a posto la legna o la porto in casa per la stufa, lei ne prende un pezzo in bocca, ma non lo porta in casa, lo lascia in giro, perché non ha capito a che serve quel lavoro, mi sembra la bambina nata sorda e cieca di un bellissimo film con Ann Bancroft : "Anna dei miracoli". La bambina del film viene addestrata dalla sua maestra, ma il momento davvero commovente è quando capisce il senso e collega le parole, che le sono state insegnate con uno speciale alfabeto che si "fa" con le mani, con le cose. Una serie di segni sulla mano è ACQUA. Si apre un mondo di cose a cui dare finalmente un nome. E dare nome alle cose è prenderne possesso.  In questi giorni ho pulito i greppi del podere, pieni di rovi e erbe. Non riesco a chiamarle erbacce. I greppi sono le pendenze fra un livello e l'altro del terreno e non so trovare per essi un altro nome. Ripenso a quando siamo venuti qui la prima volta: abbiamo lasciato la macchina davanti al cancello e io ho dato un'occhiata al greppo di fianco  alla stradina: era la fine di febbraio e pullulava di erbe selvatiche, notiscordardime, silene, insalate di campo, fiorellini gialli e malva, sedum...una varietà grande di piantine spontanee. Mi è piaciuto subito e questa varietà nella flora spontanea ha influito tanto sulla scelta della casa. Qualcuno penserà che sono un pò strulla a scegliere una casa per le piantine che crescono  nel terreno intorno. Avevamo visto tante case in posti dove c'erano solo romici, gramigna e poco altro. La varietà di piante , mi pare, dice qualcosa sulla possibilità di vivere bene in un posto. 

GIARDINITE 2

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Sto lavorando. E' quel periodo dell'anno che mi dovrei fare in quattro per tutte le cose che c'è da fare: una delle quattro dovrebbe lavorare in casa, per non vivere come barboni, la seconda in pizzeria a lavorare per la pagnotta, la terza a lavorare in giardino, che ce l'hai a fare il giardino se non è in ordine quando è più bello?,  e la quarta nell'oliveto, per avere l'olio a novembre o almeno provarci. Quattro che lavorano in un modo faticoso e pressante. Qui ci siamo io e Mauro, che fa anche altre cose. Ne mancano due e cerchiamo di rimediare all'assenza, col risultato che io qualche volta la sera dormo in piedi.
Per fortuna che il lavoro in pizzeria è ripetitivo e impegna solo in parte il cervello. Si è rotto il filo dell'avviamento del tagliaerba e Mauro ha provato a sostituirlo, poi l'ha portato a accomodare. Sono rimasta senza aggeggio per qualche giorno e già c'era uno sconfortante effetto giungla. Mi ero fatta un regalo, dopo trent'anni in campagna avevo comprato una sega circolare per tagliare la legna, attrezzo molto femminile e amato dalle donne, come è noto...
L'ha montato Mauro con un amico, l'abbiamo provato e funzionava bene. Il giorno dopo non funzionava più. Ahi noi! Tornato dal venditore, lì la sega vigliacchissima funzionava. Ora deve tornare di nuovo qui. Monta e smonta, porta qua e porta là, un sacco di tempo perso. Intanto, siccome quest'anno lavorando tanto siamo avanti con i lavori all'aperto, mi sono messa a ripulire un confine dove non avevamo messo mai le mani. Che soddisfazione vedere crollare a terra montagne di rovi secchi e edera arborea! Ho gli avambracci che sembra mi sia torturata per i graffi, nonostante i guanti, ma il lavoro è stato grandioso. 

E' di questo che volevo parlare oggi, i confini. Il giardino è moltissimo "ordine", nel senso che se guardi un giardino ordinato ne ricavi una sensazione di pace e bellezza. Non troppo ordinato. Troppo ordinato, per me, è effetto lager. E in questo ordine sono importanti i confini, i limiti. Se il prato è tagliato e i limiti rifilati con la vanga, come faccio io, si ha questa bella sensazione, anche quando si permette ad una pianta, o più di una, di varcare il confine e spargersi sull'erba. Significa che c'è un limite, una regola, ma si concede a qualcuno di ignorarla, di andare oltre. La situazione resta sotto controllo e non c'è rivoluzione. Il prato tagliato, anche un similprato come il mio che nessuno ha seminato e arieggiato e ci nasce quello che gli pare, è uno sfondo adatto per far emergere tutto ciò che emerge adesso e cioè veramente quasi tutto, peonie arbustive, peonie erbacee in boccio, ultimi tulipani, i ceanothus che stanno per esplodere le palline blu, il maggiociondolo che stavolta è pieno di fiori e tanto altro. All'ombra una Phuopsis stylosa, regalo di Valeria del Posto delle Margherite, è diventata molto grande e prepara le palline rosa. Non vedo l'ora!

In tutto questo Mauro arriva e dice "Che c'è per pranzo?"
Ma niente, non c'è niente per pranzo. Se tua moglie ha la giardinite a primavera non le interessa di mangiare, e il problema non è solo del marito frustrato, ma anche di lei che ingrassa perché mangia qualunque cosa, non fa più nessuna selezione, il cervello è orientato solo al lavoro in giardino. In questo esatto momento se mi chiedono che vorresti fare direi avere del tempo libero. Per far che ? Per lavorare in giardino. Lavorare di meno per lavorare di più. Da matti, certo. L'ho detto: GIARDINITE. In tutto ciò Mauro sta diventando molto bravo con le foto, non vi pare?


tulipani


il loro riflesso
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