Capisco che questo capitolo potrà risultare irritante per qualcuno. Anche per me! Mi sono chiesta come sarebbero state le persone che non accettavano il SYM, la novità. Mi servivano nel racconto persone impaurite, e sono andata a cercare esperienze e tipi umani, conosciuti nel corso della vita, pieni di nevrosi, compresa me. I ritratti che seguono sono un collage di impressioni raccolte negli anni. Non ho nulla contro gli omeopati, sia chiaro!
febbraio 2013: L'omeopata
La dottoressa Maria Teresa Ridolfi era in auto quando suonò il cellulare. “Pronto?”
Dall'altra parte silenzio, poi una voce da oltretomba. “Pronto, dottoressa, sono io. Sono Daniela Santillo.” Daniela Santillo era una signora benestante paziente di Maria Teresa da qualche anno. Dentro di sé la dottoressa Ridolfi sospirò, alzò gli occhi al cielo, poi si stampò un sorriso in faccia anche se quella non poteva vederla e fece una voce specialmente allegra e sonora.
“Oh, Daniela! Come va?”
“Male, dottoressa, male.”
“Che si sente? La febbre come l'altra volta?”
“No, quella è passata. E' che.. non riesco a mangiare niente.
Mi viene sempre da vomitare, mi fa schifo preparare da mangiare.”
La dottoressa cercò un punto lungo la strada dove accostare l'auto e spense il motore.
“Ecco, ora la posso ascoltare, sa, sono in macchina... Diceva che le viene da vomitare.. ma tutto questo le è già successo.”
“Sì, qualche mese fa, ma stavo meglio.”
“Ecco, ora la posso ascoltare, sa, sono in macchina... Diceva che le viene da vomitare.. ma tutto questo le è già successo.”
“Sì, qualche mese fa, ma stavo meglio.”
“Ha di nuovo paura di prendere la tigna?”
“No no, quello è passato.”
Qualche mese prima la donna aveva trovato nel suo giardino un cane adulto, ammalato. Non era la prima volta che curava un animale non suo, lo faceva per un obbligo interiore, provava per quelle creature una pietà rabbiosa, uno strano sentimento che la dottoressa Ridolfi non aveva mai incontrato nel corso non della sua carriera di medico, ma della propria vita. Daniela aveva portato il cane dal veterinario e aveva scoperto che aveva la tigna, una micosi che si attacca anche agli esseri umani. Daniela si era maledetta per aver accolto il cane, l'aveva consegnato al canile municipale, e aveva cominciato a provare un'ossessione che la tormentava, aveva paura di ammalarsi anche lei e i suoi familiari. Passava in rivista il marito e la figlia ogni giorno e trascorreva molto tempo ad esplorare il proprio corpo, ogni arrossamento la inquietava e andava subito dal medico di famiglia a farsi esaminare, ma non voleva prendere i farmaci necessari. Daniela prendeva quasi solo rimedi erboristici o omeopatici. La dottoressa Ridolfi aveva faticato non poco per farle riacquistare un minimo di equilibrio. Daniela aveva scelto quel modo di curarsi molto tempo prima, quando aveva scelto anche di essere ambientalista e vegetariana, aveva deciso che era la sua medicina, si curava con prodotti omeopatici anche quando erano evidentemente inefficaci e le era capitato di soffrire molto nell'attesa della guarigione sperata. Sottoponeva anche i familiari allo stesso trattamento. Oltretutto non aveva trovato un medico omeopata che le piacesse nella città dove viveva, che era Arezzo. La dottoressa Ridolfi stava a Siena, quindi era necessario prendere la macchina o l'autobus per andare da lei. Daniela rendeva ogni cosa estremamente difficile e complicata da eseguire, tutta la sua vita si stava trasformando in un grande, complesso rito, che era come un labirinto, una tana della mente.
“E allora cosa c'è che la turba, Daniela?”
“E' che.. non sto bene."
“Ho capito che non sta bene, ma di solito lei ha dei pensieri che la inquietano, non vuole cercare di individuarli, di esprimerli? C'è sempre un pensiero all'origine dei suoi malesseri. Sa che se lo individua lo può superare..”
“Ha sentito di questa pioggia luminosa?”
La dottoressa drizzò le antenne e disse solo ”Sì. E allora?”
“E allora.- Ripeté le parole della dottoressa, stizzita- Possibile che lei non si preoccupi? Sono solo io a capire quanto sia … pericolosa e stranissima questa situazione?”
“Mi dica invece perché si preoccupa lei.”
Era inutile fare un'analisi della cosa se non si capiva prima cosa esattamente angosciasse Daniela, i suoi percorsi di pensiero erano imprevedibili.
“Cosa vuole che mi preoccupi. Mi preoccupa TUTTA questa faccenda, da morire. Dicono che si tratta di un parassita che viene dallo spazio. Ma se lo immagina? Una specie di contagio... poi però dicono che è una cosa buona, che può farci solo bene e far addirittura progredire la razza umana...”
La voce le si incrinò e mentre parlava singhiozzava e piangeva, in preda ad una crisi nervosa. La dottoressa pensò che era peggio dell'altra volta. Pensò anche che i mezzi d'informazione creavano una gran confusione nella testa di queste persone fragili.
Disse: “Ha preso il Rescue Remedy?”
“Sì sì, l'ho preso. Ma la paura non mi passa. Penso solo a quello e non riesco più a mangiare, ho lo stomaco serrato e l'amaro in bocca tutto il giorno. Sa come mi succede, mi viene una specie di.. fissazione. Me ne accorgo, cosa crede? Fare da mangiare è diventata una tortura, sento tutti gli odori della verdura forti e disgustosi e il mi' marito e la mi' figliola voglion trovare il pranzo pronto quando tornano.”
Quando si agitava parlava in dialetto.
“Come faccio, poi, a esser sicura di non venire a contatto con questa specie di...peste? Come faccio a evitare che la mi' figliola la prenda? A scuola ce la devo mandare! Per forza, è la scuola dell'obbligo, ci controllano! E poi ora è grande, se avesse fatto ancora le elementari avrei potuto tenerla a casa, fare come mi pare, dire che era malata, ma ora è lei che ci vuole andare!”
“Mi sembra una cosa sana che voglia andare a scuola...” Azzardò la dottoressa.
“Sana? Ma è impazzita? Questa cosa è come una polvere nell'aria, non c'è modo di fermarla! E'...è una cosa che entra con l'aria che si respira e prende possesso di noi, ci cambia, ci infetta, forse ci ammazza!”
Ora piangeva a dirotto. La dottoressa tacque e aspettò un po' prima di rispondere. Poi cercò dentro di sé le parole giuste . “Vede Daniela, ormai lo sa, ha la tendenza a ingigantire le cose che le accadono, o che accadono a tutti in generale, come questa. Non dico che non ci siano motivi di preoccupazione. Poi lei ha questa ipersensibilità per gli aspetti che riguardano la salute. E va bene. Ma proviamo a esaminare le cose. Cos'è successo alla fine? Niente di grave. Quelli che l'hanno preso cosa hanno avuto? Una febbrata, niente di più e alla fine stavano meglio di prima.”
“Ma sono morte delle persone!”
“E' vero, ma legga i fatti come sono accaduti: erano due donne anziane, già ammalate. Vada a leggere i resoconti dei giornali, o forse no, meglio di no, le mando una mail con alcuni siti dove può trovare informazioni valide e non gonfiate.“
“Ho già letto dei siti internet, dottoressa, e sa che dicono? Dicono che si tratta di un'invasione aliena, che arriveranno presto degli invasori in carne ed ossa e che questo serve solo a preparargli la strada. Ecco che dicono! Qualcun altro dice che dopo essere entrati nei nostri corpi ci uccideranno tutti! Sarebbe stato meglio eliminare i primi ospiti, ecco! Ucciderli, meglio uccidere poche persone prima per evitare una strage in un secondo momento, non le sembra?”
“Come è drastica! Vede, non sarebbe servito a niente, perché, come dice lei, si presenta come una polvere e se l'hanno presa degli esseri umani è caduta anche sugli alberi, sugli animali selvatici.. prima o poi sarebbe comunque arrivata all'uomo. Avrebbe voluto che intervenissero con una bomba atomica?” Disse questo con ironia affettuosa.
Daniela gridò: “E allora come ci si salva? Come si evita? Non c'è modo, questa volta non c'è modo!”
La dottoressa scosse la testa. “ Daniela, Daniela, lei non può vivere con tutta questa paura e rabbia. Le fa male! Fa male a lei e ai suoi, pensi a sua figlia, santo Dio! E' questa rabbia il contagio che avvelena!
Potrebbe essere anche davvero la fine del mondo e noi, lei e io, che ci possiamo fare? L'unica cosa che è in nostro potere è reagire con equilibrio, senza farci portare via la poca serenità che abbiamo!”
La donna si era ricomposta e parlò con rabbia fredda.
“Ho capito, ho capito. Lei dice sempre le stesse cose, ma la ringrazio, davvero, la ringrazio tanto. Ha ragione, farò come dice lei, fiori di Bach e calma, tanto se ci invadono, se ci si ammala tutti e si muore o ci si trasforma in qualcos'altro che male c'è?"
“Adesso non sia sgradevole! Cosa vuole che le dica? Non ho soluzioni, non ce le hanno i governanti che osservano le cose da un punto di vista tanto più alto e hanno più informazioni, figuriamoci se ce le ho io, il tempo ci dirà come risolvere le cose, se ci sarà bisogno di interventi e se questi saranno possibili. Pensi piuttosto alla crisi siriana, quelli hanno veramente problemi seri, li ammazzano ogni giorno, e che dovrebbero fare? Se lei fosse lì forse non avrebbe pensieri ossessivi!” Era la prima volta che le scappava la pazienza. Tentò di riprendersi. ”Via, su, non si offenda, dico questo per esagerare, per il suo bene. Cerchi di recuperare equilibrio, di mettersi nei panni degli altri e di valutare con distacco la sua condizione. Vive in campagna, in una bella casa che le piace, è in buona salute, ha una bella famiglia, perché non guarda le cose buone che ha? Ha la vita che desiderava e non riesce a godersela. Il problema non è nelle cose esterne, è dentro di lei. ”
Daniela disse “Sì sì, scusi se l'ho disturbata .”
Si sentiva nel tono della voce la convinzione di aver parlato a vuoto, di non esser stata compresa, e la volontà di interrompere una conversazione inutile.
“No, aspetti, -disse la dottoressa Ridolfi- quando ci vediamo? Quando ha il prossimo appuntamento con me? “
“ Fra un mese.”
“Bene, allora ci vediamo fra un mese. E ne riparliamo, vedrà che tutto si sarà stemperato. Prenda i fiori di Bach e aggiunga Gelsemium omeopatico, si ricorda? Nella stessa dinamizzazione dell'altra volta.”
Si salutarono.
La dottoressa Ridolfi chiuse la comunicazione sentendosi estremamente frustrata. Per un verso era rattristata, non riusciva ad aiutare quella paziente, per un altro verso era arrabbiata, quella donna era il suo più grande insuccesso, intemperante, prepotente, rabbiosa, irrispettosa e disturbata. Si accorse che per la prima volta le saliva alla coscienza una parola. Una malata psichiatrica? In passato l'aveva indirizzata da una collega psicologa di Siena. Non conosceva nessun psicologo ad Arezzo e neanche lei si fidava dei servizi pubblici. Daniela allora era più accondiscendente e c'era andata, ma solo due volte. Aveva detto che era troppo complicato, troppo lontano, troppo grande la spesa nei viaggi, troppo tempo perduto per un'ora scarsa di colloquio. Era tutto vero. Maria Teresa aveva chiesto alla collega cosa ne pensava e quella le aveva detto che la donna era paranoica e doveva soffrire molto, ma non si lasciava aiutare. Forse aveva bisogno di farmaci. Secondo lei Maria Teresa avrebbe dovuto invitarla e anzi spingerla con decisione ad un colloquio con il servizio d'igiene mentale della città dove viveva. Era essenziale che si curasse per la salute propria e soprattutto della famiglia. C'era una figlia minore da tutelare. Maria Teresa si era giustificata, aveva detto che la donna non voleva, che si fidava solo di lei e che lei aveva la sicurezza di riuscire ad aiutarla. La psicologa aveva affermato che non si trattava di una delle sue solite pazienti, donne borghesi con poco da fare che hanno solo bisogno di essere ascoltate, questa era una situazione a rischio, aveva il dovere di intervenire e di mollare questa paziente e lasciare che qualcuno veramente competente l'aiutasse.
“Mollare questa paziente”, aveva usato quest'espressione, come se lei non volesse lasciarla andare. E aveva detto “veramente competente”.
E lei cos'era? Avevano finito per litigare al telefono e la collega l'aveva invitata con durezza a darsi una mossa se voleva evitare conseguenze gravi.
“Di che tipo?” aveva chiesto lei. “Potrebbe far del male a se stessa o a qualcuno della famiglia, ti avverto.” Maria Teresa era consapevole della delicatezza della situazione, della difficoltà anche solo di conservare la fiducia di Daniela, e aveva continuato a incontrarla periodicamente e darle dei farmaci omeopatici.